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Full text of "Opera colle controversie sulla Gerusalemme"

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% 


OPERE 

DI  ''j~i"'r 

TORQUATO 

TASSO 

COLLE  CONTROVERSIE 

SULLA. 

GERUSALEMME 

POSTB  IN  MIGLIORB  ORDINE  ,  RICORRETTX 
SCLi/  EDIZIONE  FIORENTINA  ,  ED  ILLU- 
STRATE   DAL   PROFESSORE    GIO.    R05INI  . 


VOLUME  XXIX. 


PISA 

PRESSO  NICCOLÒ  CAPURRO 

MDCCCXXII. 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA 

DI 

TORQUATO 

TASSO 


TOMO  n. 


PISA 

PRESSO  NICCOLÒ  CAPURRO 

HDCCCXXII. 


"^m-.t 


.   T 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  DECIMOTERZO 

ARGOMENTO 

Nd  bel  giardin  dell'intricato  albei^o 
Trova  Riccardo  alla  sua  diva  in  seno 
La  coppia ,  e  fa,  ch'indi  ei  ne  volga  il  tergo 
Seco  sdegnoso.  Adopra  incanti  appieno  » 
£  preghi  )  e  pianti ,  e  '1  segue  invano  a  tergo. 
Perchè  resti ,  la  maga ,  ondo  vien  meno  • 
Yiva  il  minaccia ,  Araldo  la  incatena  , 
Sparìace  il  tetto,  essa  ivi  resta  in  pena  . 

JLondo  è  il  ricco  edificio,  e  nel  più  chiuso 
Grembo  di  lui,  cb'è  quasi  centro  al  giro, 
Verdeggia  un  bosco  oltra  natura  ed  uso 
Di  quanti  più  famosi  unqua  fiorirò. 
Ordine  inosservabile  e  confuso 
Di  logge  intorno  i  Demon  fabbri  ordirò, 
E  tra  l'oblique  vie  di  quel  fallace 
Ravvolgimento,  impenetrabil  giace. 

Per  la  maggior  di  cento  porte  e  cento, 

Ch'avea  queir  ampio  albergo,  entrar  costoroi 
Dove  stridea  l'effigiato  argento 
Su' cardini  del  fino  e  lucid'oro. 
Fermar  nelle  figure  il  guardo  intento. 
Che  vinta  la  materia  è  dal  lavoro. 
Manca  il  parlar;  di  vivo  altro  non  chiedi. 
Né  questo  manca  ancor,  s'agii  occhi  credi. 

6.  Gcwf .  7.  IL  1 


n  LA  GERUSALEMME 

tu. 

Mirasi  qui  fra  lascivette  ancelle 

Favoleggiar  con  la  conocchia  Alcide: 
Se  r  Inferno  espugnò,  resse  le  stelle. 
Or  torce  il  fuso  ;  Amor  sei  guarda  e  ride  • 
Mirasi  Jole  colla  destra  imbelle, 
Per  ischerno  trattar  Tarme  omicide: 
£  'ndosso  ha'l  cuojo  del  leon ,  che  sembra 
Ruvido  troppo  a  belle  e  dolci  membra. 

IT. 

D'incontra  è  un  mare,  e  di  canuto  flutto 
Vedi  spumanti  i  suoi  cerulei  campi,. 
E  r  un  ordine  e  V  altro  in  mezzo  instrutto , 
Con  navi,  ed  arme,  e  uscir  dall'arme  i  lampi. 
D'oro  fiammeggia  Tonda,  e  parche  tutto 
D'incendio  marzial  Leucate  avvampi . 
Quinci  Augusto  i  Romani,  Antonio  quindi 
Trae  TOriente,  Egizj,  Assiri,  ed  Indi. 

T. 

Svelte  nuotar  le  Cicladi  diresti 

Per  Tonde,  e  i  monti  co' gran  monti  urtarsi: 

Tanto  impeto  sospinge  e  quelli,  e  questi 

Ne' torreggia n ti  legni  ad  incontrarsi. 

Già  volar  faci ,  e  colpi  agri  e  funesti 

Vedi,  e  di  negro  sangue  i  mari  sparsi  : 

Ecco  (  nér punto  ancor  la  pugna  inchina) 

Ecco  fuggir  la  barbara  Regina. 

▼1. 
E  fugge  Antonio ,  e  lasciar  può  la  speme 

DelT  imperio  del  mondo,  ov'egli  aspira. 

Non  fugge  no ,  non  teme  no ,  non  teme  ; 

Ma  segue  lei ,  che  fugge,  e  seco  il  tira. 

Vedresti  lui ,  simile  ad  uom ,  che  freme 

D'amore  a  un  tempo,  e  di  vergogna,  e  d'ira, 

Mirar,  volgendo  gli  occhi,  or  la  crudele 

E  dubbia  guerra ,  or  le  fugaci  vele . 


CONQUISTATA 


▼  II. 


Nelle  latebre  poi  del  Nilo  accolto 

Attender  pare  la  grembo  a  lei  la  morte; 
£  nel  piacer  d'un  bel  leggiadro  volto 
Sembra,  ch'il  duro  fato  egli  conforte  . 
Di  cotai  segni  variato  e  scolto 
£ra  il  metallo  delle  regie  porte. 

I  duo  guerrier,  poiché  dal  vago  obbietto 

Rivolser  gli  occhi ,  entrar  nel  dubbio  tetto . 

▼III. 
Qual  Meandro  fra  rive  obblique  e  incerte 

Scherza, econ  dubbio  corso  or  scende,  or  monta: 

Queste  acque  a'fonti,  e  quelle  al  mar  converte; 

E  mentre  ei  vien  ,  se  y  che  ritorna,  affronta: 

Tali  e  più  inestricabdi,  e  men'erte 

Son  queste  vie,  ma*l  libra  in  se  V  impronta, 

II  libro ,  don  del  veglio ,  e  *a  breve  modo 
Degli  errori  dispiega  e  solve  il  nodo  • 


n. 


Poiché  lasciar  gli  avviluppati  calli  ^ 
In  lieto  aspetto  il  bel  giardin  s'aperse. 
Acque  stagnanti, mobili  cristalli. 
Gigli,  rose,,  e  viole,  e  bianche,  e  perse. 
Prati  erbosi ,  alti  colli,  apriche  valli , 
Selve,  e  spelunche  in  una  vista  offerse  : 
V  arte,  che'l  bello  e'I  caro  accresce  all'opre , 
L'arte,  che  tutto  &,  nulla  si  scopre. 

Stiman  negletto  in  parte  il  dolce  loco, 
£  che  Natura  sta,  ch'ivi  dipinga. 
Di  Natura  arte  sembra  ,  e  quasi  un  gioco. 
Che  la  sua  itt>ilatrice  assembri,  e  fìnga. 
Ma  l'aura,  che  d'amore  inspira  il  foco. 
L'aura,  cb'al  dolce  mormorar  lusinga. 
L'aura ,  che  sempre  vola ,  e  sempre  é  vaga, 
Opra  è  d'incantk) ,  e  di  mal'arte  maga. 


LA  GERUSALEMME 


XI. 


Vezzosi  augelli  infra  le  verdi  fronde 
Temprano  a  prova  pur  lascive  note  . 
Morraora  Taura^  e  fa  le  foglie  e  Tonde 
Dolce  garrir,  mentre  l'increspa  e  scuote . 
Quando  taccion  gli  augelli,  alto  risponde, 
Quando  cantan  gli  augei ,  leggier  percuote . 
Non  di  più  colpo,  che  soave  vento  , 
Ond'  accresca  dolcezza  al  bel  concento  • 

SII. 

Musica  è  Taura ,  el  fonte ,  e'I  rivo ,  ci  bosco ^ 
£  mastre  d* armonia  le  fronde,  i  rami , 
Scuola  d' Amor  quel  seggio  ombroso ,  e  fosco^ 
Ove  ei  Febo ,  e  le  Muse  inviti ,  e  chiami , 
Mentre  vi  sparge,  e  miete  il  dolce  tosco, 
£  mille  tende  intorno,  e  reti,  ed  ami, 
£  vi  son  di  lacciuol  forme  si  care. 
Che  ventura  il  cadervi,  e  gloria  appare. 

XIIT. 

Vola  fra  gli  altri  augei  con  piume  sparte 
Di  color  varj  un ,  ch'ha  purpureo  il  rostro, 
£  larga  lìngua,  ond*ei  distingue,  e  parte 
Il  suo  parlar,  che  più  simiglia  il  nostro: 
Questi  ivi  allor  con  si  mirabile  arte 
S'udì  cantar,  che  parve  un  raro  mostro: 
Tacquero  gli  altri,  ad  ascoltare  intenti, 
£  fermaro  i  susurri  in  aria  i  venti . 


XIT. 


Deh  mira  (egli  cantò)  spuntar  la  rosa 
Dal  verde  suo,  modesta  ,  e  verginella , 
Che  mezza  aperta  ancora  ,  e  mezza  ascosa , 
Quanto  si  mostra  men,  tanto  è  più  bella  : 
£cco  poi  lieta  il  seno ,  e  baldanzosa 
Dispiega,  ecco  poi  langue  ,  e  non  par  quella 
Quella  non  par, che  desiata  avanti 
Fu  da  varie  donzelle ,  e  varj  amanti  • 


CONQUISTATA  8 

XT. 

Così  trapassa  al  trapassar  d'un  giorno, 
Della  vita  mortale  il  fiore,  e'I  verde. 
Né  perchè  faccia  indietro  Aprii  ritorno, 
Si  rinfiora  ella  mai,  né  si  rinverde . 
Cogliam  la  rosa  in  sul  mattino  adorno 
Di  questo  di ,  che  tosto  il  seren  perde . 
Cogliam  d*amor  la  rosa  .  Amiamo  or  quando 
S*ama,  e  riama,  in  dolci  modi  amando. 


XTI. 


Tacque  ;  e  divaghi  augelli  il  lieto  coro. 
Quasi  approvando,  il  canto  indi  ripiglia. 
Raddoppia n  le  colombe  i  baci  loro  ; 
Ogni  animai  d^amar  si  riconsiglia. 
Parche  la  dura  quercia,  e'I  casto  alloro, 
E  tutta  la  frondosa  ampia  famiglia, 
Par  che  la  terra,  e  Tacqua  e  formi ,  e  spiri 
Dolcissimi  d' amor  sensi,  e  sospiri. 

Fra  melodia  sì  molle,  e  fra  cotante 
Vaghezze  allettatrìci  e  lusinghiere , 
Già  quella  coppia  rigida,  e  costante 
AWezzi  dell'inganno,  e  del  piacere  . 
Ecco  vedea  su  nel  mirare  avante, 
Tra  fronda  e  fronda,  o  le  parca  vedere; 
Vedea  pur  certo  il  vago  ,  e  la  diletta, 
Ch'egli  è  in  grembo  alla  donna,  essa  alFerbetta, 

XTI1I. 

]|Qla  dinanzi  al  petto  ha  il  vel  divisò, 
E'I  crin  sparge  negletta  al  vento  estivo  : 
Langue  per  vezzo ,  e  V  infiammato  viso 
É  rugiadoso,  e  vezzosetto,  e  schivo . 
Qual  raggio  in  onda,  le  scintilla  un  riso 
Negli  umidi  occhi  tremulo,  e  lascivo. 
Sovra  lui  pende  ;  ed  ei  nel  grembo  moU^ 
Le  posa  il  capo ,  el  viso  ai  viso  attoUe 


LIL  GERTTSÌlLEMHB 


XI«. 


E  i  famelici  sguardi  avidameote 

In  lei  pascendo  si  consuma  e  strugge. 

S* inchina,  e  i  dolci  baci  ella  soTente 

Liba  or  dagli  occhi ,  e  dalle  labbra  or 'sugge  : 

Ed  in  quel  punto  sospirar  si  sente 

Profondo  sì,  che  pensi,  or  Falma fugge» 

E'n  lei  trapassa  peregrina:  ascosi 

Mirano  i^ue  guerrter  gli  atti  amorosi. 

E  veggion  lei ,  che  le  steilanti  ciglia 

Da  lui  non  torce,  e  placida  il  ira^ieggia; 
Ma  nel  sero'biante  Venere  simiglia, 
Che  d\\mor  (com*è  fama)  arde  e  fiammeggia. 
La  sua  gonna  or  cerulea,  ed  or  vermiglia 
Diresti,  ed  or  s' infiora  ,  ed  or  verdeggia  ; 
Sicch'uom  sem{)re  diversa  a  se  lei  vede, 
Quantunque  volte  a  riguardarla  riede . 

XXI. 

Così  piuma  talor ,  che  di  gentile 
Amorosa  colomba  il  collo  cinge, 
Mai  non  si  mostra  a  se  stessa  simile, 
Ma'n  diversi  colori  al  Sol  si  tinge: 
Ord*accesi  rubin  sembra  un  monile. 
Or  di  verdi  smeraldi  il  lume  fin^e. 
Ora  insieme  gli  mesce  ;  e  varia  e  vaga 
In  cento  modi  occhi  bramosi  appaga. 

xxir. 

Dal  fianco  deiramante,  estranio  arnese. 
Un  cristallo  pendea  lucido  e  netto  : 
Sorse;  e  quel  fra  le  mani  a  lei  sospese, 
Ne'misterj  d'Amor  ministro  eletto. 
Con  luci  ella  ridenti ,  ei  con  accese , 
Mirano  in  varj  oggetti  un  solo  obbietto: 
Ella  del  vetro  a  sé  fa  specchio,  ed  egli 
Gli  occhi  di  lei  si  fa  lucenti  spegli. 


CONQUISTATA  7 

XKIII 

Latino  di  servitù,  l'altra  d'impero 

Si  gloria ,  ella  in  se  stessa ,  ed  egli  in  lei  : 
Volgi ,  dicea,  deh  volgi ,  il  cavaliero , 
A  me  quegli  occhi ,  onde  beata  bei. 
Conosci  r^rme,  ond'io  languisco  e  pero, 
Nelle  mie  piaghe,  e  negl'incendj  miei . 
Mira  più  bel ,  ch'in  vetro,  o'n  gelide  acque 
L' idolo  tuo  nel  cor ,  che  sol  ti  piacque . 

XXIT. 

E  s*io  ti  spiaccio  ancor,  com'egli  è  vago 
Mirar  almen  potessi  il  proprio  volto: 
Che'l  guardo  tuo ,  s^  altrove  ei  non  è  pago , 
GioirebI>é  felice  in  se  rivolto , 
Non  può  specchio  ritrar  sì  dolce  imago , 
Ne  in  picciol  vetro  è  un  paradiso  accolto  ; 
Ma  di  sefnbiaaae  isi  ridenti  e  belle 
Specchio  è  sol  degno  il  del  coli'  atiree  stelle . 

Ride  ella  al  suon  di  dolci  note  impresse. 
Ne  lascia  il  vagheggiarsi ,  o  i  bei  lavori  ; 
Ma  degli  erranti  crini  allor  ripresse 
Con  aurei  nodi  i  lascivetti  errori: 
£  queir anro ,  ch'Amore  avvolge  e  tesse  , 
Tutto  cosparse  d' odorati  fiori: 
E'n  bianco  sen  le  peregrine  rose 
Giunse  a' nativi  gigli ,  e'I  vel  dispose . 

XXTf- 

NèU  superbo  pavon  sì  vago  in  mostra 
Spiegala  pompa  dell'occhiute  piume, 
Né  l'iride  sì  bella  indora,  e  innostra 
Il  curvo  grembo  e  rugiadoso  al  lume . 
Ma  bel  sovra  ogni  fregio  il  cinto  or  mostra, 
Che  di  lasciar  giammai  non  ha  costume  : 
Vario  tessuto,  e  di  sua  man  dipinto 
Coir  ago,  gn^'ii  bel  fianco  adorno  ^  cinto  * 


8  LA  GERUSALEMME 

ZXTII. 

Ivi  lusinghe  e  vezzi  a  mille  a  mille    * 
Erano  fatti ,  ivi  susurri ,  e  baci , 
E  molli  sdegni ,  e  placide  e  tranquille 
Repulse  in  bel  contesto,  e  care  paci. 
V'era  amore ,  e  desio  con  sue  faville, 
Anzi  con  vive  fiamme,  e  vive  faci. 
V*era  il  quasi  parlar ,  ch'in  dolci  modi 
Fa  sovente  a* più  saggi,  inganni ,  e  frodi. 


XXTIII. 


Fine  alfin  posto  al  vagheggiar,  richiede 

Congedo,  el  bacia,  e*n  sul  partir  l'invoglia . 
Ella  per  uso  il  dì  se  n'esce ,  e  riede, 
E  spia  d' intorno  la  vietata  soglia  : 
Egli  riman,  ch'a  lui  non  si  concede 
Lasciar  loco,  o  mutare  abito  e  spoglia: 
E  tra  le  fiere  alberga,  e  tra  le  piante. 
Se  non  quanto  è  con  lei  romito  amante . 


XXIX. 


Ma  quando  Tombra  con  silenzi  amici 
Copre  al  furto  d'amore  i  servi  accorti, 
Traggono  le  notturne  ore  felici , 
Con  nodi  affissi  più  tenaci  e  forti . 
Or  mentre  ricercava  altre  pendici 
Armida,  abbandonando  i  suoi  diporti, 
L'  uno  e  l'altro  guerrier,  quasi  d'agnato. 
Usci,  di  ricche  e  lucide  arme  ornato. 


XKX. 


Qual  veloce  destrier,  ch'ai  faticoso 
Onor  dell'arme  vincitor  sia  tolto; 
E  lascivo  marito  in  vii  riposo 
Soglia  tra  verdi  paschi  errar  disciolto  : 
Da  metallo  sonoro  o  luminoso 
Con  gran  nitrire  all'improvviso  è  volto; 
Già  già  brama  Turringo ,  e  brama  il  corso, 
£  scoter  del  nemico  il  grave  dorso  : 


CONQUISTATA 


ZXZI. 


Tal  8Ì  fece  il  garzon,  quando  repente 

Detrarrne  il  laropò  gli  occhi  suoi  percosse ^ 
Quel  sì  guerrier ,  quel  si  feroce  ardente 
Spirto  pur  dianzi  allo  splendor  si  mosse , 
Benché  tra  gli  agi ,  e  nel  piacer  languente, 
£  quasi  oppresso  da  letargo  éi  fosse . 
Intanto  Araldo  oltra  ne  viene  ;  e'I  terso 
£  luminoso  scudo  ha  in  lui  converso  • 


ZXXII. 


Egli  tosto  allo  scudo  il  guaito  gira. 
Onde  si  vede  in  lui  qual  siasi ,  e  quanto 
Con  barbarica  pompa  adorno  spira 
Tutto  odori ,  ed  amori  il  crine,  e  '1  manto  : 
£'n  vece  della  spada  ,  avere  ei  mira 
Un  chiaro  speglio,  che  gli  pende  accanto, 
Con  feminei  istromenti,  ond'orni,  e  coma, 
Parta,  e  distingua  lunga  ed  aurea  chioma  • 

XXXIII. 

Quàl  uom  da  grave  ed  alto  sonno  oppresso, 
Dopo  vaneggiar  lungo ,  in  sé  riviene; 
Tale  ei  tornò  nel  rimirar  se  stesso  ; 
Ma  se  stesso  mirar  già  non  sostiene  « 
Già  vede  il  volto,  e  timido  e  dimesso. 
Guardando  a  terra  la  vergogna  il  tiene . 
Sicché  n'andrebbe  e  sotto  il  mare,  e  dentro 
Il  foco,  per  celarsi,  e  giù  nel  centro. 

XXXIT. 

Araldo  allora  incominciò  parlando: 

Va  r  Asia  tutta,  e  va  l'Europa  in  guerra  : 
Chiunque  pregio  brama,  all'ozio  il  bando 
^  Dato  ,  guerreggia  nella  sacra  terra . 
Te  solo,  o  figlio  di  Guglielmo ,  amando, 
Femina  avvolge  in  laberinto  e  serra  : 
Te  sol  delTuniverso  il  moto  or  nulla 
Muove,  egi:egio  campion  d'empia  fanciulli. 


le  LA  6ERUSALEMBIE 


Qual  sonno,  o  qualletu^o  ha  si  supito 
Il  tuo  valore?  o  qmal  viltà  T alletta  ? 
O  quale  attendi  glorioso  invito. 
Se  te  nel  campo  la  vittoria  aspetta? 
Vieni,  o  guerrier  sobliiDe,  e  sia  fornito 
Il  ben  comincio  amallo;  e  Tempia  setta  , 
Che  già  crollasti ,  a  terra  estinta  cada 
Sotto  la  tua  fulottivea  e  invitta  spada. 

nnrri. 

Tacque  il  giovane  socauto  e  m«sto ,  e  fi^oo 
Parve  e  confuso,  e  senea  motO',  •  voce* 
Ma  sdegno  usci  della  vergogna  in  loco, 
Sdegno, guerrier  della  ragion  feroce: 
Ed  al  rossor  del  vòlto  nn  nuovo  foco 
Repente  ivi  mandò  V  ira  veloce  ; 
Onde  cruccioso  egli  squarciò  l'indegne 
Pompe, di  servitù  misere  insegne. 

xxxrti. 

E  la  confusion  torbida  e  torta 

Lasciando ,  ei  se  n'  uscì  del  laberinto  • 
Intanto  Armida  della  regia  porta 
Mirò  fuggito  ogni  custode  e  vinto  . 
Sospettò  prima  ,  e  si  fu  poscia  accorta , 
Ch'era  il  suo  vago  al  dipartirsi  accinto: 
E'i  vede  (  ahi  fera  vista  !  )  al  dolce  albergo 
Dar  frettoloso  fuggitivo  il  tergo . 

XXXTIII. 

Volea  gridar:  Dove,  o  crudel,  me  sola 

I^sci?  ma  '1  varco  al  suon  chiuse  il  dolore  ; 
Sicché  la  rotta  sua  flebil  parola 
Tornò  dolente  a  rimbombar  sul  core. 
Misera,  i  suoi  diletti  ornai  l'invola 
Forza,  e  saper  del  suo  sa|>er  maggiore: 
Ella  sei  vede ,  e  di  morir  contenta 
E,  se  noi  ferma,  e  Tarti  sue  ritenta. 


CONQtJISTATA  ii 


Quante  mormorò  mai  profane  note 
Tessala  maga  colla  bocca  immonda. 
Ciò  che  arrestar  può  le  celesti  rote, 
E  Talmetrar  della  prigion  profonda, 
Sapea  ben  tutte  ;  e  pur  oprar  non  puote 
Cb*almen  Tlnferno  al  suo  voler  risponda  . 
Lascia  gF incanti,  e  vuol  provar,  se  vaga 
Lagrimosa  beltà  sia  miglior  maga . 

XX.. 

Corre,  e  non  ha  d'onor  cura  o  ritegno. 
Ahi  dove  or  sono  i  tuoi  trionfi ,  e  i  vanti? 
Costei  d'Amor ,  quantunque  gira ,  il  regno 
Volse  e  rivolse  (  e  sol  co'  cenni  )  avanti: 
E  cosi  pari  al  fasto  ebbe  lo  sdegno , 
Ch'amò  d' essere  amata,  odiò  gli  amanti , 
A  cui  fur  legge  incerta  i  chiari  lumi. 
Col  variar  de'  suoi  dolci  costumi . 


XX.I. 


Qr  negletta,  e  delusa,  in  abbandono 
Rimasa,  segue  pur  chi  fugge,  e  sprezea . 
E  procura  adornar  col  pianto  il  dono , 
Rifiutato  per  sé ,  di  sua  bellezza . 
Vassene;  ed  al  pie  tenero  non  sono 
.  Quel  gi<^  intoppo,  o  quella  dura  asprezza: 
£  per  messaggio  il  grido  innanzi  invia , 
Per  lui  fermar  nella  selvaggia  via . 

Xtll. 

Forsennata  gridava:  O  tu,  che  porte 
Teco  parte  di  me ,  parte  ne  lassi  ; 
O  prendi  l'una,  o  rendi  l'altra,  o  morte 
Dà  insieme  ad  ambe:  arresta  arresta  i  passi: 
Sol  che  r  ultime  voci  a  te  sian  porte, 
Non  dico  i  baci;  altra  più  degna  avrassi 
Quelli  da  te  :  che  temi ,  empio,  se  resti  ? 
Potrai  negar  ,  poiché  fuggir  potesti  ? 


I  a  Là  GERUSALEMME 

aubiii. 

Dissegli  Araldo  allor  :  Già  non  conviene , 
Che  d*  ascoltar  costei ,  Signor,  ricusi  ; 
Di  beltà  armata  e  de'suoi  preghi  or  viene , 
Dolcemente  nel  pianto  amaro  infusi  : 
Qual  più  forte  di  te?  se  le  Sirene 
Vedendo,  ed  ascoltando ,  a  vincer  t'usi:. 
Cosi  ragion»  tranquilla  alta  regina 
Si  fa  de*  sensi,  e  se  medesraa  affina  » 

sili?. 

Allor  rimase  il  cavaliero:  ed  ella 
Sovraggiuose  anelante  e  lagrimosa  ; 
Dolente  si, che  nulla  più;  ma  bella 
Altrettanto  però,  quanto  dogliosa. 
Lui  guarda,  e'n  lui  s'affisa,  e  non  fevella  : 
O  che  adegua ,  o  che  pensa,  o  che  non  osa  « 
Ei  lei  non  mira ,  e  se  pur  mira ,  il  guardo 
Dolente  volge ,  e  vergognoso ,  e  tardo . 


ZLT. 


Qual  musico  gentil ,  pria  che  disnodi 
La  dotta  lingua  in  alta  voce  e  chiara , 
Con  dolcissimi  accenti  in  bassi  modi 
All'armonia  gli  animi  altrui  prepara: 
Tal  costei  non  obblia  Farti,  e  le  frodi 
Anco  per  doglia ,  o  per  fortuna  amara; 
Ma  de' sospiri  fa  concento  in  prima , 
Per  dispor  l'alma,  in  cui  le  voci  imprima. 

XLTI. 

Poi  cominciò:  Non  aspettar,  ch'io  preghi , 
Crudel,  te,  com'amante  amante  deve. 
Tai  fummo  un  tempo;  or  sei  ricusi  e  neghi^ 
E  stimi  tal  memoria  acerba  e  greve. 
Come  nemico  almeno  ascolta  :  i  preghi 
D*un  nemico  talor  Taitro  riceve. 
Ben  quel  ch'io  chieggo  è  tal,  che  darlo  puoi  ^ 
E  integri  conservar  gli  sdegni  tuoi  • 


CONQUISTATA 
a'oflj,  e'ii  ciò  dileitu  e  gioja  e 


i3 


Se  m'oflj,  e'ii  ciò  dileitu  e  gioja  or  senti, 
Hon  ten  vengo  a  |jrìvar.  Godi  pur  d' esso  . 
Giusto  a  te  pare,  e  siasi.  Anch'io  le  genti 
D'Italia  odiai ,  noi  nego,  odiai  te  stesso. 
Nacqui  Pagana,  usai  l'arti  possenti, 
Acciocché  fosse  il  vostro  imperio  oppresso. 
Te  persegui",  te  presi,  e  te  lontano 
Dall'arme  trassi  in  luogo  ignoto  e  strano  . 

igginngi  a  quesloancor  quel,  cli'a  maggiore 
Onta  tu  rechi,  ed  a  maggior  tuo  danno  : 
1" ingannai,  t'allettai  nel  nostro  amore, 
Empia  lusinga  certo,  iniquo  inganno: 
Lasciarsi  corre  il  virginal  suo  fiore  , 
Far  delle  sue  bellezze  altrui  tiranno. 
Quelle,  ch'a  mille  antichi  in  premio  sono 
Negate,  offrire  a  novo  amante  in  dono. 

Sia  questa  pur  tra  le  mie  frodi,  e  vaglia 
Si  la  mia  grave  col])a,  o'I  mio  difetto, 
Che  tu  quinci  ti  parta  ,  e  non  ti  caglia 
Di  questo  albergo  tuo  già  si  diletto. 
Vattene,  passa  il  mar,  pugna,  travaglia, 
.Struggi  la  fede  nostra,  anch' io  t'affretto. 
Che  dico  nostra?  ah  non  più  mia:  fedele 
Sono  a  te  sola,  idolo  mìo  ttiudele. 

I  Solo,  ch'io  segua  te  mi  si  conceda, 
Picciola  fra'nemici  anco  richiesta. 
Non  lascia  indietro  il  predator  la  preda  . 
Va  il  trionfante,  il  prigionrer  non  resta. 
Me  tra  l'altre  tue  spoglie  Ìl  campo  veda, 
Ed  all'altre  tue  lodi  aggiunga  orquesta  , 
Che  l'altrui  schei-nilrireahbi  schernito, 
Mostrando  me,  sprezzata  aticelhi,  a  dito. 


i4  LA  GERUSALEMME 

Sprezzata  ancella ,  a  chi  si  nudre,  e  serva 
La  bionda  chioma ,  or  eh*  a  te  falla  è  vile  ? 
BaccorceroUa  :  al  titolo  di  serva 
Più  converrassi  un  abito  servile . 
Te  seguirò,  quando  Tardor  più  ferva 
Della  battaglia ,  entro  la  turba  ostile  • 
Animo  ha  certo ,  ho  quel  vigor ,  che  baste 
A  portarti,  Signor,  gli  arnesi  e  Taste  • 

Sarò ,  qual  più  vorrai ,  scudiero  o  scudo  ; 
Nou  fia ,  eh'  in  tua  difesa  il  cor  risparmi  * 
Per  questo  sen ,  per  questo  collo  ignudo  , 
Pria  che  giungano  a  te,  passeran  l'armi. 
Barbaro  forse  non  sarà  si  crudo, 
Che  ti  voglia  ferir ,  per  non  piagarmi  : 
Donando  ogni  piacer  di  sua  vendetta 
A  questa,  qual  si  sia ,  beltà  negletta. 

LUI, 

Misera,  ancor  presumo,  ancor  mi  vanto 
Di  schernita  beltà,  che  nulla  impetra. 
Volea  più  dir  ;  ma  Tinterruppe  il  pianto, 
Che  qual  fonte  sorgea  di  viva  pietra  . 
Prendei^li  cerca  allor  la  destra, e '1  manto. 
Miserabile  in  atto,  ed  ei  s'arretra. 
Resiste,  e  vince;  ed  onde  Amor  eschide, 
Al  lagrimoso  umore  il  varco  chiude. 

LIT. 

Non  entra  Amore  a  rinovar  nel  seno 
La  fiamma  più  fervente ,  e  meno  antica  : 
V'entra  pietate  in  quella* vece  almeno, 
Pur  compagna  d'Amor,  benché  pudica: 
£  lui  commove  in  guisa  tal,  ch'a  freno 
Può  ritener  le  lagrime  a  fatica . 
Pur  quel  tenero  affetto  entro  ristrmge, 
E  quanto  può  l'acqueta ,  e  la  rispinge  • 


CONQUISTATA  i5 

I.T. 

Poi  le  risponde:  Armida,  assai  mi  pesa 
Di  te,  si  potess'io,  come  il  farei , 
Del  mal  concetto  ardor  T  anima  accesa 
Sgombrarti:  odj  non  son>  ne  sdegni  i  miei: 
Né  vo* vendetta,  né  rammento  offesa , 
Né  serva  tu  ,  né  tu  nemica  or  sei. 
Errasti  è  vero,  e  trapassasti  i  modi, 
Ora  gli  amori  esercitando,  or  gli  odj, 

ut. 

Ma  che?  son  colpe  umane,  e  colpe  usate; 
Scuso  la  natia  legge ,  il  sesso,  e  gli  anni  • 
Anch'io  parte  fallii;  s'a  me  pietate 
Negar  non  vo ,  non  6a,  eh'  io  te  condanni. 
Fra  le  care  memorie  ed  onorate, 
Mi  sarai  nelle  gìoje,  e  negli  affanni  : 
Sarò  tuo  cavalier,  quanto  concede 
La  guerra  d'Asiane  coH'onor  la  fede. 

Deh  sia  del  fallir  nostro  or  questo  il  fine' 
£  di  nostra  vei^ogna;  e  non  ti  spiaecia 
eh'  in  quel  monte,  del  Ciel  -quasi  confine, 
La  memoria  di  lor  sepolta  giaccia  : 
Ed  in  parti  remote,  e'n  più  vicine 
Sola  dell'opre  mie  questa  si  taccia: 
Deh  non  voler  che  segni  ignobil  fregio 
Tua  beltà,  tuo  valor,  tuo  sangue  regio. 

Rimanti  in  pace;  io  vado:  a  te  non  lìce 
Meco  venir:  chi  mi  conduce  il  vieta. 
Rimanti,  o  va' per  altra  via  felice, 
E  come  saggia  i  tuoi  consigli  acqueta. 
Ella ,  mentre  il  guerrier  cosi  le  dice , 
Non  trova'  luogo,  torbida  inquieta. 
Già  mioaccNioéo  in  disdegnosa  fionté 
Torva  rigii»da,  alfin  prorompe  all'onte: 


i6  LA  GERUSALEMME 

Nè'n  te  Lucia  s'iocinse;  e  non  sei  nato 
Di  Latin  sangue  tu:  te  Tonda  insana 
Del  mar  produsse ,  o'I  Caucaso  gelato, 
E  le  marame  allattar  di  tigre  Ircana  : 
Perchè  m' infingo  più  ?  Y  uomo  spietato 
Pur  un  segno  non  feo  dì  mente  umana. 
Forse  cambiò  color  ?  forse  al  mio  duolo 
Bagnò  almen  gli  occhi,  o  sparse  un  sospir  solo? 

Quali  cose  tralascio?  o  quai  ridico  ? 

S'offre  per  mio,  mi  lascia,  e  m'abbandona. 
Quasi  buon  vincitor,  di  reo  nemico 
Obblia  r offese,  e  i  falli  aspri  perdona. 
Odi  come  consiglia,  odi  il  pudico 
Zenocrate  d'amor  come  ragiona . 
O  Cieli ,  o  Dei,  perchè  soffrir  questi  eropj  ? 
Fulminar  poi  le  torri ,  e  i  vostri  tempj  ? 

LXI. 

Vattene  pur,  crudel,  con  quella  pace. 
Che  lasci  a  me,  vattene,  iniquo,  omai: 
Me  tosto,  ignudo  spirto,  ombra  seguace. 
Indivisibilmente  a  tergo  avrai. 
Nuova  furia  coir  angue,  e  colla  face. 
Tanto  t'agiterò,  quanto  t'amai: 
E  s'è  destin ,  ch'esca  del  mare,  e  schivi 
Gli  scogli ,  e  r  onde ,  ed  all'  Italia  arrivi  ; 

I.XXI. 

Prima  de' tuoi  più  cari,  egro,  e  languente, 
Piangerai  l'aspra  morte,  empio  guerriero, 
E,  sconsolato  bramerai  sovente 
Figlio  d' Armida  ,  e  frate  al  bel  Ruggiero. 
Or  qui  mancò  lo  spirto  alla  dolente, 
Né  questo  ultimo  suono  espresse  iutiero  : 
E  cadde  tramortita ,  e  si  diffuse 
Di  gelato  sudore,  e  i  lumi  chiuse. 


CONQUISTATA  17 

Chiudesti  gli  occhi ,  Armida;  il  Cielo  avaro 

Invidio  il  conforto  a' tuoi  martiri. 

Apri  misera  gii  occhi  :  il  pianto  amaro 

Itegli  occhi  al  tuo  nemico  or  che  non  miri? 

O  s  udir  tu  '1  potessi!  o  come  caro 

T  addolcirebbe  il  suon  d'alti  sospiri! 

Dà  quanto  ei  puote,  e  prende  (  ah  tu  noi  vedi) 

Pietoso  in  vista,  gli  ultimi  congedi. 

1.XIT. 

Or  che  farà?  dee  sulF  ignuda  arena 
Costei  lasciar  cosi  tra  viva  e  morta? 
Cortesia  lo  ritien ,  pietà  V  affrena  ; 
Ma  voler  più  costante  il  muove  e  porta . 
Intanto  quel,  eh'  a\ea  T aspra  catena, 
Non  oblia  di  canuta  e  saggia  scorta 
Il  severo  consiglio,  anzi  ei  si  cela 
Per  udir  chi  minaccia  e  si  querela. 

I.X?. 

Poich'ella  in  se  tornò,  deserto,  e  muto, 
Quanto  mirar  potè  dintorno  scorse  : 
Ito  se  n*  è  pur  (  dihse  )  ed  ha  potuto 
Me  qui  lasciar  della  mia  vita  in  forse. 
Ne  un  momento  indugio,  né  breve  ajuto 
Nel  caso  estremo  il  traditor  mi  porse. 
Ed  io  pur  anco  Tamo,  e  qui  rimango , 
E  invendicata  ancor  m'assido,  e  piango? 

LXTI 

Che  fa  più  meco  il  pianto?  altre  arme,  altre  arti 
Io  non  ho  dunque?  ah  seguirò  pur  l'empio: 
Né  l'Abisso  per  lui  ripc»sta  parte, 
Nè'l  Ciel  sarà  per  lui  securo  tempio. 
Già'l  giungo, e  'l  prendo,  eì  cor  gli  svello,  e  sparte 
Le  membra  appendo,  a' dispietati  esempio; 
Mastro  è  di  ferità,  vo* superarlo 
Nell'arti  sue:  ma  dove  son?  che  parlo? 

G.  Con^,  T.  IL  % 


i8  LA  GERUSALEMME 

Misera  Armida,  allor  dovevi  (e  degno 
Bea  era)  alF empio  dar  crudo  martire. 
Che  tu  prìgion  V  avesti  :  or  tardo  sdegno 
. T infiamma,  e  muovi  neghittosa  ali'  ire  • 
Pur,  se  beltà  può  nulla,  o  scaltro  ingegno. 
Non  fia  voto  d'effetto  alto  desire. 
O  mia  sprezzata  forma,  a  te  s' aspetta 
(  Che  tua  V  ingiuria  fu  )  l'aspra  vendetta. 

&XTI1I. 

Questa  bellezza  mia  sarà  mercede 
Del  troncator  dell'  esecrabil  testa . 
O  miei  famosi  amanti,  ecco  si  chiede 
Da  voi,  diffidi  si ,  ma  impresa  onesta. 
Io,  che  sarò  d'ampie  ricchezze  erede, 
Della  vendetta  al  premio  ornai  son  presta: 
E  s' io  pur  di  tal  prezzo  indegna  sono, 
Beltà  sei  di  natura  inutìl  dono. 

txtx. 

Dono  infelice,  io  te  rifiuto;  e'nsieme 
Odio  r  esser  regina  e  l' esser  viva , 
E  Tesser  nata  mai.  Sol  fa  la  speme 
Della  dolce  vendetta  ancor  eh'  io  viva  • 
Cosi  in  voci  interrotte,  e  irata  freme, 
E  volge  il  piede  alla  deserta  riva  , 
Mostrando  ben  quanto  ha  furore  accolto , 
Sparsa  il  crin,  bieca  gli  occhi,  accesa  il  volto. 

I.XX. 

Ma  dell'ascose  insidie  uscito  Araldo, 
La  cauta  man  gli  avvolse  entro  a' capelli  ; 
Torcendo  il  viso  al  viso  umido  e  caldo, 
E'i  a' preghi,  di  fede  ancor  rubelli  : 
E  con  quel  laccio  sì  tenace  e  saldo 
Legò  le  braccia,  e  i  pie  fugaci  e  snelli 
Co'  nodi  d'adamante ,  e  di  topazio  ; 
Ne  fece  altra  di  lei  vendetta  o  strazio  • 


CONQUISTATA  19 

Ma  la  zona ,  onde  intorno  andò  recinta. 
Colla  severa  man  le  ha  tolto ,  e  disse  : 
Tu  starai  qui  su  questa  pietra  avvinta 
A  contemplar  le  stelle  erranti  e  fisse, 
Sin  che  la  mole  tua  bugiarda  e  finta 
Disfaccia ,  e  segua  ciò,  eh*  il  Ciel  prescrisse  : 
Che  non  ti  lega  violenza ,  o  forza  ; 
Ma'l  senno,  e  la  virtù ,  cui  nulla  sforza . 


1.XX11. 


Ella,  mossa  a  quel  dir,  chiamò  trecento 
Con  fera  lingua  deità  d'Averno . 
S*  empie  il  Ciel  d*atre  nubi^  e  'n  un  momento 
Impallidisce  il  gran  pianeta  eterno  : 
E  soffia,  e  scuote  i  gioghi  alpestri  il  vento  : 
Ecco  già  sotto  a'  pie  mugghiar  V  Inferno . 
Quanto  gira  il  palagio ,  udresti  irati 
Sibili,  ed  urli,  e  fremiti,  e  latrati. 


Lxxttr. 


Ombra,  più  che  di  notte ,  in  cui  di  luce 
Raggio  visto  non  è,  tutto  il  circonda  : 
Se  non  eh'  intanto  un  lampeggiar  riluce 
Per  entro  la  caligine  profonda. 
Cessa  alfin  V  ombra  ;  e  i  raggi  il  Sol  riduce 
Pallidi,  né  quelF  aura  anco  è  gioconda. 
Ne  più  il  palagio  appare,  o  pur  le  sue 
Vestigia ,  né  dir  puossi:  Egli  qui  fue. 

LXXIT. 

Come  imagi n  talor  d'eccelsa  mole 
Forman  nubi  nelFaria,  e  poco  dura, 
eh'  il  vento  la  disperde ,  e  solve  il  Sole, 
Come  sogno  sen  va  ,  eh*  egro  figura  : 
Cosi  sparver  gli  alberghi ,  e  restar  sole 
L'ombre,  e  l'orror,  che  fece  ivi  natura: 
t^  si  vedean  tra  boschi  ermi  e  selvaggi 
Arsi  i  cipressi,  e  fulminati*  i  faggi  • 


ao 


Lh.  GERUSALEMME 


&XXT. 


Avean  securo  fine  i  feri  incanti, 

Onde  gli  Dei  d'Inferno  ella  costrìnse; 
Ma  4  laccio  di  topazzi,  e  d'adamanti 
Non  era  sciolto,  e  quel  eh' a*  piedi  il  cinse ^ 
Disse  :  Or  securì  andremo,  e  tu  rimanti, 
Perchè  senno,  e  valor  cosi  t'avvinse  : 
E  vinta  infernal  fraude,  onore  avranno 
Perfida  lealtate ,  e  fido  inganno  • 


'mmm 


^» 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  DECIMO  QUARTO 

ARGOMENTO 

Con  8acre  note ,  e  sacrificio  puro 
II  pio  campo  dal  ciol  soccorso  chiede; 
Indi  Elia  assale 9  e  scuote  inver  l'Arturo^ 
Ma  dagli  empi  difesa ,  mentre  il  piede 
Muove  il  Buglion  sul  dirupato  muro. 
Lo  trafigge  Clorinda ,  ei  parte ,  e  riede 
Ben  dall'Angiol  sanato,  e  perch'annotta. 
Cessa,  e  vuol  racconciar  la  torre  rotta. 

JVla  *I  Duce  pio  delle  famose  genti , 

Volto  avendo  alF assalto  ogni  pensiero, 

Fuor  le  schiere  traea ,  d*  arme  lucenti  ; 

Quando  a  lui  venne  il  solitario  Piero; 

E  trattolo  in  disparte,  in  tali  accenti 

Gli  parlò,  venerabile  e  severo  : 

Tu  muovi,  o  Capitan,  forze  terrene; 

Ma  di  là  non  cominci,  onde  conviene. 

II. 

Sia  dal  Cielo  il  principio;  e  invoca  avanti 
Nelle  preghiere  pubbliche  e  devote , 
La  milizia  del  Ciel  d'Angeli  santi. 
Che  ne  dia  la  vittoria,  ella  che  puote . 
Preceda  il  coro  in  sacre  vesti ,  e  canti , 
Con  soave  armonia ,  pietose  note  : 
£  da  voi  Duci  gloriosi  e  magni 
Pietate  il  volgo  apprenda  ^  e  v'  accompagni . 


34  LA  GERUSALEMME 

Quelli  ancor,  la  cui  peana,  o  la  favella , 
Insegnata  ha  del  Ciel  la  via  smarrita; 
£  la  cara  di  Cristo  e  fida  ancella  , 
Ch'elesse  la  più  santa  e  pura  vita  : 
E  le  Vergini  chiuse  in  c^sta  cella, 
Che  Dio  con  alte  nozze  a  se  marita  : 
E  quelle,  ch'ai  tormento  invitta  Talma 
Ebbero,  e  meritar  corona  e  palma. 

Xlt. 

Cosi  cantando  il  popolo  devoto 

Con  larghi  giri  si  dispiega  e  stende; 
E  drizza  al  sacro  monte  il  tardo  moto , 
Che  dall'olive  il  suo  bel  nome  prende, 
Per  chiara  antica  fama  al  mondo  noto , 
In  cui  poggiando  incontrai  dì  s'ascende  • 
E  quando  nasce  in  Cielo  il  Sole,  o  l'Alba  , 
Ei  primo  a'raggi  l'aria  fosca  inalba. 

XIII 

Tra  Talte  mura  e  la  sublime  costa, 
Che  d'Oriente  la  città  vagheggia; 
Ed  al  som:no  di  lei  meno  s'accosta, 
Dov'è  il  gran  tempio,  e  la  famosa  reggia; 
La  cupa  Giosafat  in  mezzo  è  posta, 
E  Cedron  il  torrente  entro  v'ondeggia. 
Per  matutine  piogge,  o  per  notturne, 
Accresciuto  da  fresche  e  lucide  urne. 


«IT. 


Ed  ora  per  ombrosa  e  fresca  valle  , 
Soave  mc)rmora(ldo,or  per  deserto. 
Sparge  di  lucide  acque  umido  Ciille, 
Portando  al  morto  mar  tributo  incerto. 
Questo  il  buon  Re,  volte  al  figliuol  le  spalle  , 
Passò,  il  pie  nudo,  e'I  capo  avea  coperto; 
E'I  varco  Cristo,  allorch'ai  monte  ascese, 
Là  've  l'adorno  coro  ancor  discese . 


CONQUISTATA  a5 


XT. 


In  quel  secreto  orror  del  loco  sacro 
Ogni  anima  fedel,  temendo,  adombra; 
Ne  di  fiorila  vista,  odi  lavacro 
Vaghezza  qiielF  orror  dal  petto  sgombra  : 
Che  per  idolo  sparso ,  o  simulacro 
Nasce  vie  meno,  ovver  per  tomba,  ed  ombra. 
Ma  cresce  a  ripensar  Testrerao  giorno , 
eh'  in  bianca  nube  il  Re  dee  far  ritorno. 

XTI. 

S'invia  lassù  l'esercito  canoro: 

E  ne  suonan  le  valli  ime  e  profonde , 
E  gU  alti  colli,  e  le  spelonche  loro, 
E  da  ben  mille  parti  Eco  rispr>ii«]e: 
E  quasi  par,  eh' un  bel  silvestre  coro 
Fra  quelli  antri  si  celi,  e*n  quelle  sponde: 
Si  chiaramente  rimbombar  s^udiva 
Cristo,  Gesù,  Maria  di  riva  in  riva. 

XTII. 

D'in  sulle  mura  a  rimirar  fra  tanto 
Cheti  si  stanno  e  timidi  i  Pagani, 
I  tardi  passi,  e  i  giri ,  e  Fumil  canto , 
E  r insolite  pompe,  e  i  riti  estrani* 
Poiché  cesso  dell'ordin  sacro  e  santo 
La  maraviglia ,  i  miseri  profani 
Alzar  le  strida,  e  di  bestemmie,  e  d'onte 
Muggì  '1  torrente,  e  la  gran  valle ,  e  '1  monte . 

XTIII. 

Ma  da  quell'armonia  sacra  e  soave 
L'oste  fedel  non  si  rimove,  o  tace. 
Né  si  volge  a  quei  gridi,  o  cura  n'have, 
Più  che  di  stormo  avria  d'augei  loquace  : 
Ne  da  sasso ,  o  da  strai  s  arretra ,  o  pavé , 
(]he  giungano  a  turbar  la  santa  pace 
Di  si  lontano,  o'I  suon  pietoso  e  dolce, 
A  cui  l'ira  del  ciel  b  acqueta  e  molce  • 


LA  GERUSALEMME 


xrx. 


Su)  duro  monte,  ovel  Signore  esempio 
Dar  volle  a'  fidi  suoi ,  che  seco  elesse , 
Tornando  al  Ciel ,  dopo'l  suo  fero  scempio^ 
Lasciò  de'piedi  alte  vestigia  impresse  : 
Le  quai  poi  cinse  di  sublime  tempio 
Elena,  a  cui  tal  grazia  Iddio  concesse; 
Ma  ricusò  de'  marmi  il  fino  incarco , 
Da  terra  al  ciel  riroaso  aperto  il  varco . 

XX. 

Quivi  d'auro  e  d'argento  ornato  altare 
Di  santo  cibo  al  sacerdote  è  mensa  ; 
£  quinci  e  quindi  luminosa  appare 
Sublime  lampa,  in  lucid'oro  accensa. 
Quivi  altre  spoglie,  e  pur  dorate  e  care 
Prende  Guglielmo,  e  pria  tacito  pensa  : 
Indi  con  chiaro  suon  la  voce  spiega  , 
Se  slesso  accusa,  e  Dio  ringrazia  ,  e  prega. 

XXI. 

Sono  ivi  i  duci  ad  ascoltar  primieri  : 
Vhanno  gli  altri  le  viste  intese  e  fisse. 
JMa  poiché  celebrò  gli  alti  misteri 
Del  puro  sacrificio:  itene  (  ei  disse) 
E'n  fronte  alzando  a*popoli  guerrieri 
La  sua  sacrata  man,  lor  benedisse. 
Allor  sen  ritornar  di  poggio  in  valle , 
Per  lo  dianzi  da  lor  segnato  calle. 

XXI  f. 

Giunti  nel  vallo,  eTordine  già  sciolto, 
Si  rivolge  Goffredo  all'ampia  tenda  : 
£  l'accompagna  stuol  calcato  e  folto; 
£  '1  lascia  poi ,  perchè  riposo  ei  prenda . 
Egli  tutti  licenzia,  iudietro  volto, 
Se  non  se  i  duci,  il  cui  giudicio  intenda  : 
E  gli  raccoglie  a  mensa  ;  e  vuol,  ch'a  fronte 
Sieda  Giovanni^  e  presso  il  saggio  Conte. 


CONQUISTATA  ay 

ZXTII. 

Poiché  de' cibi  il  naturale  amore 

Fu  in  lor  ripresso,  e  T importuna  sete. 
Disse  adduci  il  Gran  Duce:  Al  nuovo  albore 
Tutti  air  assalto  voi  pronti  sarete  : 
Quel  fia  giorno  di  guerra  e  di  sudore, 
Questo  sia  di  riposo ,  e  di  quiete  • 
Cosi  diss'egli;  e  rispondea  Raimondo, 
Ch'ai  destro  lato  gli  sedea  secondo . 

XXIT. 

Delle  machine  a  me  la  prima  cura. 

Signor ,  fu  data,  ora  è  condotta  al  fine  : 
Talché  potrem  ,  come  fia  notte  oscura , 
Portarle  alla  città  viepiù  vicine  • 
Ma  da  qual  lato  le  superbe  mura 
Faran  con  maggior  danno  alte  ruine, 
Dubbio  son  io,  benché  gli  antichi  esempi 
Siano  i  medesmi  quasi  in  varj  tempi . 

XZT. 

Da  quella  parte,  ove  Aquilone  avverse 
Porta  all'alma  città  nubi,  e  procelle^ 
Il  Re  di  Babilonia  il  passo  aperse 
Prima  alle  genti  di  pietà  rubelle  ; 
Quando  il  popol  di  Dio  V  empio  disperse, 
£  fece  di  Sion  le  figlie  ancelle  ; 
E  s'accampò  tra  quello  stagno  e'I  colle 
Goreh  ,  eh' a  Borea  ancor  la'cima  eslolle. 


XXTf. 


Sull'altro  monte  sbattendo  Pompeo, 

Lo  qual  più  verso  Borea  innalza  il  giogo, 
E  fu  nemico  non  crudele  e  reo , 
E  pose  alla  città  men  duro  giogo . 
Ma  del  Romano  duce ,  o  del  Caldeo , 
Non  scelse  Tito  poi  lontano  il  luogo  : 
Quivi  s' assise  ancor  fra  torre  e  torre  9 
Né  volle  in  altro  lato  assedio  porre. 


28  LA  GERUSALEMME 


XXTIf. 


Oingean  tre  mura  la  cittale  antica , 
Com'una  non  bastasse  ampia  corona. 
£  tre  mura  espugnò fonsa  nemica. 
Che  tutto  vince ,  ed  a  uuii*uom  perdona. 
Né  di  periglio  teme,  o  di  fatica. 
Che  giusta  ira  del  ciel  rinfiamma  e  spronar 
£  poi  rimase  in  quel  crudel  contrasto 
La  rocca,  il  tempio^  e'I  monte  e  preso,  e  guasto, 

X«YIII. 

Cosi  dair  Aquilon  tre  volte  offende 

Turbo  di  guerra,  e  porta  ultimo  danno: 

£d  or  dair Aquilon,  se  più  contende, 

S' oppugni  e  vinca  il  barbaro  Tiranno: 

Dove  inalzasti  le  sublime  tende, 

£  le  machine  eccelse  al  Ciel  sen  vanno  ; 

Ne  potrà  sostener  V  invitta  forza  ; 

Né  dal  meriggio ,  ov'  egli  men  si  sforza  . 

XXIX. 

Qui  tace ,  in  guisa  d' uom,  eh'  a  gloria  aspiri , 
£  ponga  alle  sue  voglie  un  saldo  freno. 
Ma  soggiunge  Tancredi:  Ovunque  io  miri 
L'ampia  cittate,  e  Tinegual  terreno; 
Non  so  donde  accampar  Caldei ,  o  Assiri  ^ 
Spero  presta  vittoria,  o  tarda  almeno, 
Se  pur  cede  al  valore  orrida  costa , 
£  se  machina  ancora  ivi  s'accosta. 


XXX. 


Onde  noi  troverem  (se  dritto  estimo) 

Più  frale  e  men  guardata  ogni  altra  parte; 
Dando  l'assalto  il  dì  secondo ,  e  primo , 
Donde  il  Sol  nasce,  e  donde  poggia,  o  parte. 
£  sino  al  sommo  portcrem  dall'imo 
Machine  gravi  con  falica,  ed  arte: 
£  tanto  fia  più  rara  e  nuova  gloria , 
Quanto  avrà  meno  esempj  alta  vittoria . 


CONQUISTATA  ag 

xxxi. 

Però,  se  guerra  a  noi  l'Egitto  iudice, 
Più  non  si  tardi,  e'n  ciò  non  sia  contesar 
Ma  se'l  conte  farà  d'alta  pendice 
Alla  gran  torre  di  Sion  offesa , 

10  spero  di  tentar  (  se  ciò  mi  lice  ) 
Se  la  torre  angolare  è  ben  difesa  : 
E  seguendo  i  di  lui  saggi  ricordi, 
Saremo  in  varie  parti  almen  concordi. 

XXZII. 

Ma  quel ,  che  già  sì  caro  al  grande  Augusto, 
Vive  or  la  quarta  età  conduci  illustri, 

11  secolo  novel,  più  del  vetusto, 

Ha  (  disse  )  fatti  i  suoi  guerrieri  industri  : 
Perchè  lo  spazio  è  della  vita  angusto, 
E  si  fa  esperta  al  variar  de' lustri  : 
E  savissimo  è  il  tempo,  e  quasi  padre, 
O  quasi  mastro  almen  d'arti  leggiadre. 

XXSIIII. 

Però ,  mentre  fiorì  di  Carlo  il  regno  , 
E  Tarte  militare  in  pregio  salse: 
Il  mio  Signor,  che  fu  d'onor  si  degno , 
Vinse ,  espugnò,  domò  quanto  égli  assalse  ; 
Ma  più  dell'arte,  e  del  sottile  ingegno. 
Il  verace  valor  si  vide,  e  valse: 
E  risplendean ,  quasi  fulminei  lampi , 
Isuoi  guerrieri  in  mille  aperti  campi. 

XXXIT. 

Or  la  novella  etate  (  o  cosi  parmi  ) 
Di  minore  ardimento  è  minor  possa 
Produce  i  suoi;  ne  fra  le  schiere  e  Tarmi 
Fa  maraviglie,  da  valor  commossa  : 
Ch'io  spesso  vidi  (e  non  vorrei  vantarmi) 
E  rado  or  veggio  orribile  percossa  ; 
Ma  più  sovente  in  disusati  modi, 
Mura,  machine ,  vallo ,  industrie,  e 


So  hk  GERUSALEMME 


Ma  che  dich'io,  percosse,  o  feri  colpi , 

0  maraviglie  di  possanza  estrema  ? 
Quasi  natura  indebolita  incolpi  ^ 

E  non  più  tosto  la  virtù ,  che  scema  • 
Qual  uomo  è  più,  dove  si  snervi,  e  spolpi  ^ 
Che  l'ordine  non  lasci  oggi  per  tema  ? 
Cui  non  par  grave  manto  iniquo  fascio  ? 
£  Tarmi,  el  cibo,  e*l  vallo  a  dietro  lascio  • 

E  sol  talora  i  tempi  antichi ,  e  V  uso , 

Ond'ebber  gli  occhi  esperienza,  io  narro  , 
E  '1  Re  Lombardo  vinto ,  e'ntorno  chiuso  • 
Ma  di  qual  cosa  mai  si  spesso  io  garro  ? 
Or  qui,  per  mio  parer,  saria  conchiuso, 
Che  la  parte  anco  volta  al  freddo  carro 
Ed  air  Orse  si  tenti  ;  e  non  si  pecchi 

1  nuovi  modi  preponendo  a' vecchi . 

ZXXTII. 

DogUomi,  che  tardare  in  grave  assedio. 
Ch'ampia  cittateomai  circonda  e  serra. 
Non  può  la  gioventù  ,  che  schiva  il  tedio , 
E  d' Egitto  aspettiam  vicina  guerra; 
Ma  centra  Carlo  non  v'avea  rimedio, 
Perchè  nemico  egual  non  ebbe  in  terra: 
Onde  qui  vìnse  ancor  senza  periglio  . 
Tacque;  e'I  duce  lodò  Taito  consiglio. 

XXTIII. 

Allor  di  trombe  udissi  un  bel  concento  ; 
Ed  Evardo  alle  turbe  accolte  insieme  : 
Evardo,  la  cui  voce  avanza  il  vento, 
E'I  tuono,  e  la  procella,  e'I  mar,  che  freme; 
Sicché  di  cento  il  grido,  e  cento,  e  ceiito. 
Meo  faria  rimbombar  le  parti  estreme: 
L'assalto  pubblicò;  riposo  e  tregua 
Dando  al  travaglio  insino  al  di ,  che  segua  • 


I 


CONQUISTATA  3i 

Ancor  dubbiala  luce,  td  immaturo 
Era  nell'Oriente  i!  auovo  giorno, 
Né  la  terra  fendea  l'aratro  duro, 
Me  fea  il  pasture  a' prati  anco  ritorno: 
Stava  tra'  rami  il  vago  augel  sicuro  , 
E  'n  selva  non  s'  udia  latrato ,  o  corno  : 
Quando  a  cantar  sonora  orribd  tromba 
Comincia  all'arme:  all'arme  d  Ciel  rimbomba . 

All'arme,  all'armesiibito  ripiglia 

Ogni  altra,  e'ntiamma  l'animose  schiere  : 
Sorge  il  forte  Goffredo,  e  già  non  pigliai 
La  gran  corazza,  o  l'arme  sue  primiere  , 
Ma  sua  lorica  :  ed  un  pedon  simiglia 
Coll'aUre  lucidissime  e  leggiere; 
E  quando  il  leve  peso  indosso  aveva, 
L'anticbissirao  Duce  ancb'eì  sì  leva. 

Questi,  veggendo  armato  in  cola!  modo 
L'invitto  Duce,  il  suo  pensier  comprese: 
Ov'è(gli  disse)  il  grave  usbergo  esodo? 
Ov'è,  Signor,  l'altro  più  grave  arnese? 
Perchè  sei 'n  parte  inerme?  io  gii  non  lodo. 
Che  vada  con  sì  debili  difese; 

kMa  da  tai  segni  scopro  altri  desiri , 
Ch'a  nuova  meta  ancor  di  gloria  aspiri, 
eh  che  ricerchi  tu?  privata  pedina 
Di  salilor  di  mura  ?  altri  le  saglia  , 
Ed  esponga  meri  degna  e  nobilalma 
Ne  rischi  (  come  dee  )  d'aspra  bailaglia; 
Tu  rìpreuttt ,  Signor,  l'usata  salma, 
E  di  te  stesso  a  nostro  prò  li  caglia  : 
L'anima  tua  ,  mente  del  rampo  e  vila, 
2(oÌ  Sidvìi  e  Qou  ci  atterri  empia  ferita  . 


I 


3a  Lh.  GERUSALEMME 

Rispose  il  pio  Goffredo  :  Al  Magno  Carlo , 
Già  vecchio  Augusto,  disegual  soo  io  ; 
Ma  s'Orlando  vedesti  ;  a  seguitarlo 
Lecito  fosse,  è  il  mio  sommo  desio . 
Però  fatica ,  e  rischio  (  e'I  vero  parlo) 
Schivando,  in  guerra  andrei  quasi  restio 
A  quella  d*alta  gloria  eccelsa  meta , 
Che  r anima  di  morte  ancor  h  lieta. 


XLI?. 


Taccio ,  eh*  io  sono  (  e  tu  sovente  il  dici  ) 
Povero  duce  ancor  di  povera  oste . 
Dunque  poscia  che  fian  contra  i  nemici 
Tutte  le  genti  già  mosse  e  disposte  , 
Ben  è  ragion  (  ne  forse  mei  disdici  ) 
eh' alle  mura,  puguando,  anch'io  m'accosle: 
£  la  fede  promessa  al  Cielo  osservi  : 
Egli  mi  custodisca,  e  mi  conservi. 

ZLT. 

Cosi  disse  egli  ;  e  i  cavai ier  Francesi , 
Quasi  mossi  a  quel  dir  d'acuti  sproni, 
£  gli  altri  Duci  ancor ,  men  gravi  arnesi 
Parte  vestirò,  e  si  mostrar  pedoni. 
Ma  i  Pagani  frattanto  erano  ascesi 
Là  dove  a' sette  gelidi  Trioni 
Si  volge,  e  piega  all'Occidente  il  muro. 
Che  nel  più  facil  sito  è  più  sicuro . 

XLff. 

Però  ch'altronde  la  città  non  teme 
Dall'assalto  nemico  offesa  alcuna. 
Quivi  non  pur  il  fero  Argante,  insieme 
Col  gran  Baldacco  ,  i  suoi  guerrieri  aduna  ; 
Ma  chiama  ancora  alle  fatiche  estreme 
Fanciulli ,  e  vecchi  l'ultima  fortuna  ; 
£  van  questi  portando  a' più  gagliardi 
Calce,  e  zolfo,  e  bitume ,  e  sassi ,  e  dardi. 


CONQUISTATA  33 

XLTII. 

E  di  machine,  e  d'arme  hàn  pieno  avante 
Tutto  quel  muro,  a  cai  soggiace  il  piano  : 
£  quinci,  in  forma  d'orrido  gigante , 
Sorge  da' fianchi  in  su  Tempio  Soldano: 
Quindi  tra  merli  il  minaccioso  Argante 
Torreggia  ;  e  discoperto  è  di  lontano  : 
E'n  sulla  torre  altissima  angolare 
Sovra  tutti  Clorinda  eccelsa  appare. 

XftTIII. 

A  costei  la  faretra,  e'I  grave  incarco 
Dell'acute  quadrella  al  tergo  pende  : 
Ella  già  nelle  mani  ha  preso  l'arco  ,    . 
E  già  lo  strai  v'ha  sulla  corda ,  e  '1  tende  : 
£  desiosa  di  £efire ,  al  varco 
La  bella  arciera  i  suoi  nemici  attende  : 
Tal  già  credean  la  vergine  di  Delo 
Tra  r  alte  nubi  saettar  dal  Cielo . 


XLIX. 


Scorre  più  sotto  Doldechino  a  piede, 
Dall'una  all'altra  porta;  e'n  su  le  mura  ^ 
Ciò  che  prima  ordinò ,  cauto  rivede, 
£  i  difensor  conforta,  e  rassecura  : 
E  qui  genti  rinforza  e  là  provede 
Di  maggior  copia  d'arme  ;  e'I  tutto  cura. 
Ma  se  ne  van  l'afflitte  madri  al  tempio 
A  ripregar  Nume  bugiardo  ed  empio  • 

La  Regina  Funebria  al  mesto  coro 

E' scorta,  e  nacque  già  d'un  duce  Armeno: 
Lugeria  è  seco,  ch'i  suoi  fregi  e  Foro 
Depone,  umida  gli  occhi,  e'I  volto ,  e  1  seno  y 
Il  cui  gran  padre  fra  T Assirio  e'I  Moro 
Di  più  regni  ed  imperj  ha  il  ricco  freno. 
Or  va  dolente  in  veste  oscura  e  negra , 
£  segue  T  altra  turba  afflitta  ^  egra . 


34  LA  GERUSALEMME 


XI. 


Deh  spezza  tu  del  predator  Francese 
L'asta,  Signor,  colla  man  giusta  e  forte  ; 
£  lui ,  che  tanto  il  tuo  gran  nome  offese  , 
Ancidi,  e  spargi  sotto  l'alte  porte  • 
Così  dicea  ;  ne  fur  le  voci  intese 
Laggiù  tra'l  pianto  dell' eterna  morte. 
Or  mentre  il  debol  volgo  e  plora,  e  prega. 
La  gente,  e  l'arme  il  pio  Buglioa  dispiega. 

LII. 

Tragge  egli  fuor  l'esercito  pedone 

Con  molta  providenzà,  e  con  bell'arte  ; 

E  contra'l  muro,  ch'assalir  dispone 

Obliquo,  e  scevro  in  duo  lati  il  com parte: 

Le  baliste  per  dritto  in  mezzp  pone, 

E  gli  altri  ordigni  dell'  orribil  Marte  • 

Onde  in  guisa  di  fulmine  si  lancia 

Vèr  le  merlate  cime  or  sasso ,  or  lancia  . 


LUI. 


E  mette  in  guardia  i  cavalier  de'  fanti 
Da  tergo;  e  manda  i  corridori  intorno. 
Dà  il  segno  poi  della  battaglia  ;  e  tanti 
Gli  arcieri  son  ,  che  se  n'oscura  il  giorno: 
E  da  machine  Tarme  al  ciel  volanti 
A'difensori  fanno  oltraggio  e  scorno: 
Altri  v'è  morto,  e'I  loco  altri  abbandona  : 
Rara  è  del  muro  già  l'alta  corona . 

UT. 

La  gente  Franca  impetuosa  e  ratta, 

Allor,  quanto  più  puote,  affretta  i  passi , 
E  parte  scudo  a  scudo  insieme  adatta, 
E  di  quelli  un  coperchio  al  capo  fassi; 
E  parte  sotto  machine  s'appiatta , 
Che  fan  riparo  al  grandinar  de' sassi: 
Ed  arrivando  al  fosso,  il  capo  e'I  vano 
Cercano  empirne,  ed  adeguarlo  al  piano. 


CONQUISTATA  38 

LT. 

Era  quel  fosso  di  palustre  limo, 

O  pur  d'acqua,  che  stagni,  umido  e  molle  ; 
Ma  rhan  ripieno,  ancorché  largo,  ed  imo. 
Le  pietre ,  i  tronchi ,  e  le  tenaci  colle  : 
L'arditissimo  Ermanno  intanto  il  primo 
Scopre  la  testa,  ed  una  scala  estolle  : 
E  noi  ritien  dura  tempesta,  o  pioggia 
Di  fervidi  bitumi  ;  e  su  vi  poggia . 

LTX. 

Yedeasi  in  aria  Drogo,  altrove  asceso  y. 
Mezza  F aereo  calle  aver  fornito; 
Segno  a  mille  saette,  e  non  offeso 
D'alcuna  si,  che  fermi  il  corso  ardito: 
Quando  un  sasso  ritondo ,  e  di  gran  peso. 
Veloce,  come  di  bombarda  uscito, 
Nell'elmo  il  coglie,  e'I  risospinge  a  basso  , 
Gelido  più  di  quel  medesmo  sasso . 

LTII. 

Non  è  mortai,  ma  grave  il  colpo ,  e'i  salto, 
Sicch'ei  stordisce,  e  giace  immobil  pondo . 
Argante  allora  in  suon  feroce  ed  alto  : 
Caduto  è  il  primo;  or  chi  verrà  secondo? 
Che  non  uscite  a  manifesto  assalto, 
Appiattati  guerrier,  s'io  non  m'ascondo? 
Non  gioveranvi  le  caverne  estrane  : 
Ma  vi  morrete  come  belve  in  tane  • 


X.TItI. 


L'occulta  gente  a  quel  parlar  non  cessa  ; 
Ma  fra  ripari  ascosa  angusti  e  cavi , 
£  sotto  gli  alti  scudi  unita  e  spessa 
Le  saette  sostenta,  e  i  pesi  gravi. 
Già  gli  arieti  alla  gran  torre  appressa , 
Machine  grandi,  e  smisurate  travi, 
C  han  testa  di  monton  ferrata ,  e  dura  : 
TemoQ  le  porte  il  cozzo,  e  l'aite  mura  • 


36  LÀ  GERUSALEMME 

UT. 

Gran  mole  intanto  è  di  lassù  rivolta , 

Per  cento  mani  al  gran  bisogno  or  proafe. 

Che  sovra  la  testuggine  più  folta 

Buina ,  e  par  che  vi  traboccKi  un  monte  : 

£  degli  scudi  l'union  disciolta 

Più  d*  un  elmo  vi  frange  e  d'una  fronte  ; 

£  ne  riman  la  terra  sparsa  e  rossa 

D' arme ,  e  di  sangue,  e  di  cervella,  e  d'ossa , 


LX. 


L' assalitore  allor  sotto  il  coperto 
Delle  machine  sue  non  si  ripara  ; 
Ma  da' ciechi  perigli  al  rischio  aperto 
Fuori  se  n'esce,  e  sua  virtù  dichiara. 
Altri  poggia  le  scale,  e  va  per  l'erto  : 
Altri  percuote  i  fondamenti  a  gara. 
Si  crolla  il  muro,  e  ruinoso  i  fianchi 
Già  rotti  mostra  all'impeto  de' Franchi . 

IiXI. 

E  ben  cedeva  alle  percosse  orrende , 

Che  doppia  in  lui  l'espugnator  montone; 
Ma  quel  volgo  da' merli  anco  il  difeude, 
Con  usata  di  guerra  arte  e  ragione  : 
(^h' ovunque  la  gran  trave  in  lui  si  stende 
Cala  fasci  di  lana ,  e  gli  frappone  : 
Prende  in  se  le  percosse ,  e  fa  più  lente 
La  materia  arrendevole  e  cedente. 

LXII. 

Mentre  con  tal  valor  s'erano  strette 
L'ardite  schiere  alla  tenzon  mortale. 
Curvò  Clorinda  sette  volte  ;  e  sette 
Rallentò  l'arco,  e  n'avventò  lo  strale: 
£  quante  in  giù  volar  dure  saette , 
Tante  n'insanguinaro  il  ferro,  e  l'ale; 
Non  di  sangue  plebeo,  ma  del  più  degno , 
Che  sprezza  quell'altera  ignobil  segno. 


CONQUISTATA  3; 

LXIII. 

Ed  il  primo  guerrier ,  ch'ella  piagasse  ^ 
Fu  il  forte  Anselmo  ,  onor  del  suo  paese , 
Da*suoi  ripari  appena  il  capo  ei  trasse, 
^he  la  mortai  percossa  in  lui  discese  : 
E  cW  la  destra  man  non  gli  trapasse , 
Ilguanu  dell' acciar  nulla  contese: 
Sicché  inuti*^  all'arme  ei  si  ritira , 
Fremendo  ,^  n^uo  di  dolor ,  che  d' ira . 

HIT 

Enrico  di  jialerno  in  ma  al  fosso; 
E'n  sulla  scala  poi  Dudoue  'J  Franco; 
Quegli  mori,  trafitto  il  braccio e'I  dosso; 
Questi  dall' un  passato  all'altro  ca^to  : 
Sospingeva  il  monton ,  quando  è  percosso 
D'Amico  il  destro,  a  Ponzio  il  lato  mancia; 
Sicché  tra  via  s'allenta ,  e  vuol  poi  trarne 
Lo  strale,  e  resta  il  ferro  entro  la  carne  • 

All'incauto  Aristeo,  ch'era  da  lunge 
La  fera  pugna  a  riguardar  rivolto , 
La  fatai  canna  arriva,  e'n  fronte  il  punge: 
Stende  ei  la  mano  al  loco,  ove  l'ha  colto; 
Quando  nuova  saetta  ecco  soggiunge 
Sovra  la  mano ,  e  la  confige  al  volto  : 
Ond'egli  cade,  e  fa  del  sangue  sacro 
Sull'arme  feminili ampio  lavacro  • 

LXfl. 

Ma  non  lunge  da'  merli  a  Palamede 

(  Mentre  ardito  egli  sprezza  ogni  periglio, 
E  su  per  gli  erti  gradi  innalza  il  piede  ) 
Cala  il  settimo  ferro  al  destro  ciglio  : 
E  trapassando  per  la  cava  sede , 
E  tra  i  nervi  dell'occhio ,  esce  vermiglio, 
Di  retro  per  la  nuca  ;  egli  trabocca , 
£  muore  appiè  dell'assalita  rocca: 


38  LA.  GERUSALEMME 

I.XTII. 

Tal  saetta  costei.  Goffredo  intanto 

Con  nuovo  assalto  i  difensori  opprime  ; 
Drizzata  avendo  all'  alte  mura  accanto 
Delle  machine  sue  la  più  sublime. 
Questo  è  Castel  di  legno,  e  s'erge  tan*>f 
Che  potea  pareggiar  Teccelse  cim^* 
Castel,  che  grave  d'uomini,  e'aroi*to, 
'i  ra  la  porta  e  la  torre  è  al  6ielo  alzato. 

S'erge  avventandola  terribil  mole 

Lance,  e  quad^^H^^  e  quanto  può  s'accosta  : 
E  come  na*^  in  guerra  a  nave  suole. 
Tenta  d'^^nirsi  a  quella  parte  opposta;     , 
Ma  ^^i  lei  guarda,  ed  impedir  tiò  vuole^ 
J.*urta  la  fronte  ,  e  l'una  e  l'altra  costa, 
La  respinge  coli' aste,  e  le  percuote 
Or  colle  pietre  i  merli,  or  ponti ,  or  rote. 


LXIX. 


Tanti  di  qua  ,  tanti  di  là  fur  mossi 

£  sassi ,  e  dardi ,  ch'oscuronne  il  cielo. 
S'urtar  duo  nembi  in  aria,  e  là  tornossi 
Talor,  respinto,  onde  partiva  il  telo. 
Come  di  fronde  sono  i  rami  scossi 
Dalla  pioggia  indurata  in  freddo  gelo, 
£  ne  caggion  i  pomi  anco  immaturi: 
Cosi  gli  empj  cadeau  dagli  alti  muri. 

LXX. 

Però  che  scende  in  lor  più  grave  il  danno , 
Che  di  ferro  assai  meno  erau  forniti. 
Parte  de'vìvi  ancora  in  fuga  vanno. 
Della  gran  mole  al  fulminar  feriti. 
Ma  quel,  che  già  fu  di  Nicea  tiranno. 
Vi  resta,  e  fa  restarvi  i  pochi  arditi, 
£  mentre  avventa  in  lei  macigno,  o  selce  , 
Le  oppone  il  fero  Argante  od  orno,  od  elee 


CONQUISTATA  3^ 

LXXI. 

E  da  sé  la  rispinge ,  e  tien  lontana 

Quanto  la  trave  è  lunga,  e  '1  braccio  forte , 
Pronta  v'accorre  allor  turba  Pagana, 
E  de' perigli  altrui  si  fa  consorte. 
Frattanto  i  Franchi  alla  pendente  lana 
Le  funi  recideano ,  e  le  ritorte , 
Con  lunghe  falci;  onde  cadendo  a  terra , 
Lasciava  il  muro  disarmato  in  guerra. 

I.XXIT. 

Cosi  il  Castel  di  sopra ,  e  più  di  sotto, 
L'impetuoso  il  batte  aspro  ariete; 
Onde  comincia  ornai  forato  e  rotto 
A  discoprir  V  interne  vie  scerete . 
Essi  non  lunge  il  Capitan  condotto 
A  ruinosa  e  tremula  parete, 
Nel  suo  scudo  maggior  tutto  rinchiuso , 
Che  rade  volte  ha  di  portare  in  uso. 

LXXIIf. 

E  quivi  cauto  in  rimirando  spia, 
E  scender  vede  Solimano  a  basso, 
E  porsi  alle  difese,  ove  s'apria 
Tra  le  mine  il  periglioso  passo: 
E  rimaner  della  sublime  via 
Argante  in  guardia,  di  pugnar  non  lasso  : 
Cosi  guardava;  e  già  sentiasi  il  core 
Tutto  avvampar  di  generoso  ardore . 

I.XXlf. 

Onde  rivolto  al  suo  fedele  Unchero,    • 
Che  gli  portava  un  altro  scudo,  e  Tarco: 
Ora  mi  porgi,  o  mio  fedel  scudiero , 
Un  altro  men  gravoso  e  grande  incarco. 
Che  tenterò  di  trapassar  primiero 
Su  dirupati  sassi  il  dubbio  varco  : 
E  tempo  è  ben ,  che  qualche  nobile  opra 
Della  nostra  virtute  omai  si  scopra . 


4o  LA  GERUSALEMME 

UUIT. 

Così  (  mutato  scudo  )  appena  disse , 
Quando  a  lui  venne  una  saetta  a  toIo, 
£  nella  gamba  il  colse,  e  la  trafisse 
Nel  più  nervoso,  ov*è  più  acuto  il  duolo  • 
Che  di  tua  man ,  Clorinda,  il  colpo  uscine. 
Tu  sol  ten  vanti,  e  tuo  Tonor  n*è  solo • 
Se  questo  di  servaggio  e  morte  schiva 
La  tua  gente  Pagana,  a  te  s'ascriva. 

Ma  'I  fortissimo  eroe ,  come  non  senta 
Della  ferita  il  duol  »  quasi  mortale , 
Dal  cominciato  corso  il  pie  non  lenta^ 
E  su  gli  alti  dirupi  ascende,  è  sale: 
Pur  s' avede  egli  poi ,  che  noi  sostenta 
La  gamba,  offesa  dal  pungente  strale. 
Però  che  il  grave  duol  troppo  s'inaspra. 
Tanto  la  piaga  fu  pungente  ed  aspra  • 

LXHTII. 

E,  chiamato  Raimondo  a  sé  con  mano , 
A  lui  diceva  :  Io  me  ne  vo,  costretto; 
Tu  qui  in  mia  vece,  o  cavalier  soprano. 
Della  mia  lontananza  empi  il  difetto . 
Ma  picciGl'ora  io  vi  starò  lontano. 
Vado,  e  ritorno,  e  si  partia,  ciò  detto: 
Ed  ascendendo  in  un  leggier  cavallo. 
Giunger  non  può ,  che  non  sia  visto,  al  vallo. 

LXXTIII. 

Al  partir  del  gran  Duce,  allor  si  parte. 
Quasi  cedendo,  la  fortuna  Franca  : 
Cresce  il  vigor  nella  contraria  parte; 
Sorge  la  speme,  e  gli  animi  rinfranca: 
E  l'ardimento,  col  fervore  in  parte. 
Ne' cor  fedeli ,  e  l'impeto  già  manca  . 
Già  corre  lento  ogni  suo  ferro  al  sangue, 
E  delle  trombe  istesse  il  suono  or  langue. 


CONQUISTATA  4t 

E  già  tra  merli  a  comparir  non  tarda 
Lo  stuol  fugace,  ch'il  timor  caccionne: 
E  mirando  la  Vergine  gagliarda. 
Vero  amor  della  patria  arma  le  donne: 
Correr  le  vedi,  e  collocarsi  in  guarda, 
Con  chiome  sparse,  e  con  succinte  gonne: 
E  lanciar  dardi ,  e  non  mostrar  paura 
D' esporre  il  petto  per  T  amate  mura . 

LXXX. 

£  quel,  ch^a'Franchi  più  spavento  or  porge, 
E  toglie  a'difensof  d'ampia  cittade, 
£  che  Fulgerio  invitto  (e  se  n'accorge 
Questo  popolo  e  quel  )  percosso  cade  : 
Sublime  il  trova  sua  fortuna,  e  scorge 
D'un  sasso  il  volo  per  l'aeree  strade: 
E  da  sembiante  colpo,  al  tempo  istesso. 
Colto  è  Bulferio,  onde  giù  cade  anch'esso* 

LXXXI. 

D' Ambuosa  il  conte  ancor  percosso  e  punto 
Fu  con  Eustachio ,  ed  Engerlano  ardito  : 
Nè*n  questo  a' Franchi  fortunato  punto 
Con  tra  lor  da' nemici  è  colpo  uscito, 
(Che  o' uscir  molti)  onde  non  sia  disgiunto 
Corpo  dall'alma,  o  non  sia  almen  ferito: 
E'n  tal  prosperità  l'orgoglio  accresce 
Il  fero  Argante,  e  i  suoi  perturba  e  mesce  • 

LftXXlI. 

E'n  guisa  tal  del  suo  furor  s'accende 
Il  cavaliero,  oltra  ogni  stil  audace, 
Che  quell'ampia  città,  ch'egli  difende. 
Non  gli  par  campo  del  suo  ardir  capace  : 
E  si  lancia  a  gran  salti ,  ove  si  fende 
Il  muro ,  e  ruinoso  il  varco  face  : 
Ed  ingombra  Tusclta,  e  grida  intanto 
A  Soliman ,  che  si  vedea  da  canto  : 


'4a  LÀ  GERUSALEMME 

IXX&III. 

Solimano ,  ecco  il  luogo ,  ed  ecco  Torà , 
Che  non  fa  del  valor  giudicj  ingiusti  : 
Che  cessi  ?  o  di  che  temi?  Or  costa  ftiora 
Cerchiam  pregio  sovran  da' più  vetusti. 
Così  gli  disse;  e  l'uno  e  l'altro  allora    • 
Precipitoso  uscia  de'  lochi  angusti  ; 
L'un  da  furor,  l'allro  da  onor  rapito, 
E  stimolato  dal  feroce  invito . 


I.1JCXIT. 


Giunsero  inaspettati  ed  improvvisi 

Sovra  i  nemici;  e'u  paragon  raostrarse; 

E  da  lor  tanti  ftir  guerrieri  uccisi , 

Ed  arme  d'ogn' intorno  e  rotte  e  sparse , 

E  scale  tronche,  ed  arieti  incisi. 

Che  di  lor  parve  quasi  un  monte  farse  : 

E  mescolati  alle  ruine,  alzaro, 

In  vece  del  caduto,  ampio  riparo. 

LXXXT. 

La  gente,  che  pur  dianzi  ardi  salire 
Al  pregio  eccelso  di  murai  corona  ; 
Non  che  d'entrar  nella  cittate  aspire; 
Ma  sembra  alle  difese  ancor  mal  buona  : 
E  cede  al  nuovo  assalto  ;  e'n  preda  all'  ire 
De' duo  guerrier  le  machine  abbandona. 
Che  ad  altra  guerra  omai  saran  poco  atte, 
Tanto  è'I  furor,  che  le  percote  e  batte. 

LXXXYI. 

L'uno  e  Taltro  Pagan  ,  come  il  trasporta 
L' impeto  suo,  già  più  e  più  trascorre  : 
Già'l  foco  chiede  a' suoi  seguaci  ;  e  porta 
Due  pini  fiammeggianti  invér  la  torre: 
Cotali  uscir  dalla  Tartarea  porta 
Sogliono,  indi  sossopra  il  mondo  porre, 
Tie  ministre  di  Pluto  empie  sorelle, 
Lor  ceraste  scuotendo,  e  lor  facelle. 


CONQUISTATA  43 

LXXXTIT. 

Ma  l'invitto  Tancredi  affretta,  e  move, 
£  rinforza  all'assalto  amiche  genti; 
Quinci  veggendo  l'incredibil prove, 
Eia  gemina  fiamma,  e  i  pini  ardenti; 
Tronca  in  mezzo  le  voci,  e  corre  altrove, 
Dove  i  Franchi  vedea  paurosi  e  lenti: 
Seco  Ettorre ,  e  Ramusio  al  lato  destro. 
Seco  Aristolfo ,  in  guerreggiar  maestro . 

I.XXXTIII. 

E  '1  fiero  Evardo ,  il  qual  coperto  e  sparso 
Di  cener  vide  spesso,  e  di  faville , 
Il  bel  lido  nativo ,  al  foco  apparso  , 
Corre,  e  del  regno  stesso  altri  ben  mille, 
Né  qui  par  della  vita  avaro  o  scarso 
Ottone ,  o  Sforza  ,  o  l'animoso  Achille  : 
E  pareano  onde  gonfie  al  ruco  strido, 
Ch'Austro  sospinga,  mormorando, al  lido. 

LXXXIX. 

Qual  in  corso  talor,  ch'è  dubbio  e  corto. 
Alzar  nocchieri  audaci  accesa  lampa, 
Quando  è  nubilo  più  l'Occaso ,  e  TOrto, 
£  freme  il  vento  avverso ,  e  l'aria  avvampa  ; 
Ma  poi  rispinti  al  mal  sicuro  porto , 
Là  dentro  l'un  e  l'altra  appena  scampa, 
Che  l'Austro  il  sen  rinchiuso  anco  pertqrba  ; 
Tal  cedean  quelli  all'animosa  turba  . 

Mentre  d'aspra l>attaglia  il  dubbio  stato, 
Cosi  cangiando  la  fortuna  il  volto, 
Varia  sovente  :  Il  Capitan  piagato 
Nella  gran  tenda  sua  s'è  già  raccolto, 
Con  Baldovin,  e  con  Lutoldo  a  lato, 
Di  mesti  amici  in  gran  concorso  e  folto  ; 
Ei,  che  s'affretta,  e  di  tirar  s'affanna 
Dalla  piaga  lo  strai,  rompe  la  canoa. 


44  li^  GERUSALEMME 


XCI. 


£  la  via  più  vicina  e  più  spedita 
Alla  cura  di  lui  vuol  che  si  prenda  : 
Scoprasi  ogni  latebra  alla  ferita , 
E  largamente  si  risechi  e  fenda  « 
Rimandatemi  in  guerra,  onde  fornita 
Non  sia  col  dì  prima,  ch*a  lei  mi  renda. 
Cosi  dice;  e  premendo  il  lungo  cerro 
D' una  gran  lancia ,  offre  la  gamba  al  ferro. 

XCII. 

E  già  r  antico  Erotimo,  che  nacque 
In  riva  al  Po,  s'adopra  in  sua  salute  ; 
Il  qiial  dell'erbe,  e  delle  nobili  acque 
Ben  conosceva  ogni  uso ,  ogni  virtute  : 
Caro  alle  Muse  ancor;  ma  si  compiacque 
Nella  gloria  minor  dell'arti  mute  : 
Sol  curò  torre  a  morte  i  corpi  frali: 
E  potea  fare  i  nomi  anco  immortali  • 

xeni. 

Stassi  appoggiato,  e  con  secura  faccia 
Immobil  freme  il  cavalier  soprano: 
Quegli  in  gonna  succinto,  e  dalle  braccia 
Ripiegato  il  vestir  leggiero  e  piano, 
Or  coir  erbe  possenti  invan  procaccia 
Trarne  lo  strale ,  or  colla  dotta  mano , 
E  colla  destra  il  tenta,  e  col  tenace 
Ferro  il  va  riprendendo,  e  nulla  ei  face  • 

XCIT. 

Non  seconda  fortuna  arte ,  od  ingegno , 
E  per  nessuna  via  par  che  gli  arrida  , 
E  dell*  aspro  martir  cresce  lo  sdegno; 
Talché  di  se  medesmo  omai  diffida. 
Ma  l'Angelo  custode,  al  duolo  indegno 
Commosso  allor ,  colse  dittamo  in  Ida  : 
Erba,  crinita  di  purpureo  fiore, 
C  bave  in  tenere  foglie  alto  valore . 


CONQUISTATA  45 

XCf. 

£  ben  mastra  natura  alle  montane 
Capre  n'insegna  la  virtù  celata. 
Quando  sono  percosse;  e  lor  rimane 
Fissa  nel  fianco  la  saetta  alata. 
Questa  ,  benché  da  parti  indi  lontane  » 
Repente  allor  portò  la  man  beata: 
E  non  veduta ,  entro  le  mediche  onde 
Di  que'  tepidi  bagni  il  sugo  infonde  , 

XCTI. 

E  del  fonte  di  Siloe  i  sacri  umori, 
E  r odorata  panacea  vi  mesce. 
Ne  sparge  il  vecchio  la  ferita;  e  fuori 
Volontario  perse  lo  strai  se  n'esce  : 
E  stagnandosi  il  sangue ,  aspri  dolori 
Fuggono  dalla  gamba,  e*l  vigor  cresce, 
Grida  Erotimo  allor:  L' arte  maestra 
Te  non  risana,  o  la  mortai  mia  destra^ 


XCTIT. 


Maggior  virtù  te  salva:  un  Angel,  credo  ^ 
Medico  per  te  fatto  ,  è  sceso  in  terra , 
Che  di  celesti  mani  i  segni  vedo  ; 
Prendi  Tarme  :  che  tardi  ?  e  riedi  in  guerra . 
Bramoso  di  battaglia  il  pio  Goffredo 
Già  nell'ostro  le  gambe  avvolge  e  serra , 
E  Tasta  crolla  smisurata ,  e'mbraccia 
Il  già  deposto  scudo,  e  Telmo  allaccia^ 

XCVIII. 

Uscì  dal  chiuso  vallo,  e  si  converse, 
Con  mille  dietro,  alla  città  percossa  ; 
Sopra  di  polve  il  ciel  gli  si  coperse , 
Tremò  sotto  la  terra,  e  parve  scossa  : 
E  lontano  venir  le  genti  avverse , 
D'alto  il  miraro;  e  corse  lor  per  Tossa 
Un  timor  freddo ,  e  strinse  il  sangue  in  gelo: 
Egli  alzò  tre  fiate  il  grido  al  Cielo . 


46  LA.  GERUSALEMME 

XCIX. 

E  qual  repente  Taria  intorno  adombra 
Di  tenebroso  orror  turbo  spirante; 
£  i  TTìonti,  e'I  pian  d'alte  mine  ingombra  ; 
Non  pur  volge  sossopra  il  mar  sonante  : 
Teme  lunge  il  cultore  all' orrid* ombra 
De'solcbi  il  danno,  e  dell'amate  piante: 
Portano  innanzi  i  venti  il  suono  al  lida 
Volando:  tal  ei  parve  al  fero  grido . 

e. 

Conosce  ogni  suo  stuol  l'altera  voce, 
E'I  grido,  ch'infiammò  fera  battaglia  : 
E  riprendendo  l'impeto  veloce, 
Tenta  di  nuovo,  onde  percota,  o  saglia  • 
Ma  già  la  coppia  de' Paga n  feroce 
Attende  chi  s'appressi ,  e  chi  V  assaglia  ; 
E  difende  ostinata  il  passo  angusto  , 
L'  uno  e  l'altro  rotando  il  pino  adusto. 

CT. 

Qui  disdegnoso  giunge  e  minacciante, 
Chiuso  nell'arme,  il  cavalier  di  Francia» 
E'n  sulla  prima  giunta  al  fero  Argante 
L'asta  ferrata,  fulminando,  lancia. 
Machina  in  guerra  non  si  pregi  o  vante 
D'avventar  con  più  forza  alcuna  lancia. 
Tuona  per  l'aria  la  nodosa  trave  , 
V'oppon  lo  scudo  Argante ,  e  nulla  pavé. 


cu. 


S  apre  lo  scudo  al  frassino  pungente  ; 
Né  la  dura  corazza  anco  il  sostiene  , 
Che  tutte  Tarme  sue  passa  repente  ; 
Alfiu  dell'empio  sangue  a  sparger  viene  ; 
Ma  si  svelle  il  feroce  (e'I  duol  non  sente  ) 
Dall'arme  il  ferro  affisso,  e  noi  ritiene: 
E'n  Goffredo  il  rivolge:  A  te  (dicendo.» 
Rimando  il  tronco,  e  Tarme  tue  ti  rendo. 


CONQUISTATA  47 

CHI. 

L'asta ,  ch'or  porta  offesa ,  ed  or  vendetta. 
Per  lo  noto  sentier  vola  e  rivola  ; 
Ma  già  non  fere  il  Duce ,  ov'è  diretta  ^ 
Ch'ei  piegando  la  fronte  al  colpo  invola; 
Coglie  il  fedel  Sigiero,  il  qiial  ricetta 
Profondamente  il  ferro  entro  la  gola: 
Ne  gli  rincresce,  del  suo  caro  Duce 
Morendo  in  vece ,  abbandonar  la  luce . 


CIT. 


In  quel  tempo  Goffredo  ancor.percote 
Coll'asta  eguale  il  giovinetto  Ilprando, 
Che  d*  Assagurro  è  figliò  ;  e  1  piaga,  e  scote, 
El  fa  cader,  come  paleo ,  rotando; 
Ma  r  aspra  offesa  sostener  non  puote. 
Il  suo  fido  scudier,  morto  mirando  : 

•    (Jnd' all'altro  dicea ,  eh'  è  da  sinistra  : 
Arme ,  o  mio  fido ,  al  mio  dolor  ministra . 


cr. 


£  se  non  più , ch'io  soglio,  agghiaccio,  e  torpo, 
Non  raccorrò  senza  vendetta  il  passo , 
Né  l'asta  invano  io  lancerò  nel  corpo 
De'miei  nemici  al  periglioso  passo. 
Cosi  dicendo,  atterra  Elfingio,  eForpo, 
Gelidi  più  d'ogni  gelato  sasso  : 
£  sovra  la  confusa  alta  ruina 
Asceso  ,  muove  omai  guerra  vicina. 

CTI. 

£  bene  ei  vi  facea  roirabil  cose , 
£  contrasti  seguiano  aspri  e  mortali; 
Ma  fuori  usci  la  notte,  e'I  mondo  ascose 
Sotto  il  caliginoso  orror  dell'ali  : 
£  r  ombre  sue  pacifiche  interpose 
Fra  tante  ire  de' miseri  mortali; 
Sicché  cessò  Goffredo ,  e  fé  ritorno . 
Questo  fin  ebbe  il  sangninoso  giorno  • 


48  LA  GERUSALEMME 

€▼11. 

]Ma  prima  che  riposo  altrui  conceda , 
Fa  indietro  riportar  gli  egri  e  t  languenti  ^ 
£  già  non  laacia  a'suoi  nemici  in  preda 
Quei,  ch'in  guerra  adoprò  feri  tormenti  ; 
Ma  vuol ,  che  la  gran  mole  anco  ^en  rieda^ 
Primo  terror  delie  nemiche  genti , 
Benché  pur  sia  dall'orrida  tempesta 
Sdrucita  anch' ella  in  alcun  loco  e  pesta  . 


CTIII. 


Qual  gran  nave  talor,  ch'a  vele  piene 

Corre  il  mar  procelloso ,  e  l' onde  sprezza  : 

Poscia  in  vista  del  porto,  o  sull'arene,- 

O  tra  l'onde  fallaci  il  fianco  spezza; 

Ma  porge  quivi  ancor  non  dubbia  spene 

Di  risolcar  l'Egeo,  com'era  avvezza  ; 

Il  sovra '1  Udo,  ove'!  suo  corso  intoppa» 

Chi  ribatte  da  proda,  e  chi  da  poppa: 

GIX. 

Tal  la  macchina  s'apre ,  e  tal  da  quella 
Parte,  che  volse  all'impeto  de' sassi, 
Ruinosa  minaccia  in  guisa,  eli' ella 
Kicliiama  all'  opre  ancor  gli  stanchi  e  lassi  ; 
Ma  le  sommette  appoggi ,  e  la  puntella 
Lo  stuol ,  che  la  conduce ,  e'nsieme  stassi. 
Insin  die  cento  fabri  intorno  vanno 
Saldando  in  lei  d'ogni  sua  piaga  il  danno. 

ex. 

Così  Goffredo  impone,  il  qual  desia 
Di  porla  in  opra  avanti  il  nuovo  Sole; 
Ed  occupando  questa  e  quella  via, 
Dispon  le  guardie  intorno  all'alta  mole« 
Ma'l  suon  nella  città  chiaro  s'udia 
Di  fabrili  istromenti ,  e  di  parole, 
E  mille  si  vedean  facelle  accese. 
Quasi  spavento  alle  notturne  imprese. 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


'\ 


CANTO  DECIMOQVINTO 

ARGOMENTO 

Scopre  Arsfte  a  Clorinda  il  suo  natale, 

E  un  sogno ,  ed  ella  un  sogno  narra  :  e  vìentt 
Con  Argante  notturna  al  rampo,  u* assale 
Con  ìnceiidj  la  torre ,  e  '1  fin  ottiene; 
Ma  pugna  con  Tancredi ,  ed  al  fatale 
Suo  punto  giunta  ,  si  battezza;  avviene, 
Ch'  ei  la  conosca  ^  piange ,  e  la  sotterra . 
Giura  Argante  a  lui  dar  mort' aspra  in  guerra. 

Jiira  la  notte,  e  non  prendean  ristoro 
Col  sonno  ancor  le  faticose  genti; 
Ma  qui  il  rimbombo  del  martel  sonoro 
Faceva  i  Franchi  alla  custodia  intenti; 
Là  tenea  desti  i  Sirj  altro  lavoro, 
Lungo  a'  ripari  tremuli  e  cadenti  ; 
£  rintegrando  gian  le  rotte  mura  : 
£  degli  egri  s'  avea  pietosa  cura . 


II. 


Curate  alfin  le  piaghe,  e  già  fornita 
Era  dell'opre  lor  notturne  alcuna; 
£  rallentando  T altre,  al  sonno  invita 
L'ombra,  eh' involve  il  elei  tacita  e  bruna: 
Pur  non  acqueta  la  Guerriera  ardita 
L'alma,  d'onor  famelica,  e  digiuna; 
E  sollecita  all'opre,  ov' altri  cessa  : 
Va  seco  Argante  ;  e  dice  ella  a  se  stessa  : 
6.  Conq.  T.  li.  4 


So  LK  GERUSALEMME 


III. 


Ben  oggi  il  Re  de* Turchi,  e*l  nostro  Argante 
Fér  maraviglie  inusitate  e  strane  ;     , 
('.he  soli  uscir  fra  tante  schiere  e  tante, 
E  vi  sprezzar  le  machine  sovrane: 
lo  (questo  è  ihsommo  pregio,  onde  mi  Tante) 
D^alto  rinchiusa  ,  oprai  l'arme  lontane: 
Sagittaria  (noi  nego  )  assai  felice; 
Tanto^sol  dunque  a  donna  e  non  più  lice  ? 

IT. 

Qu;)nto  me' fora  in  monte,  od  in  foresta  , 
Alle  fere  avventar  dardi ,  e  quadrella, 
eh*  ove  maschio  valor  3Ì  manifesta 
Mostrarmi  qui  tra'Cavalier  donzella? 
Che  non  riprendo  la  feminea  vesta, 
S' io  ne  son  degna  ?  e  non  mi  chiudo  in  cella? 
Cosi  parla  fra  se;  pensa,  e  risolve 
Alfin  gran  cose;  ed  al  Guerrier  si  volve. 

Lungo  spazio  è,  Signor,  ch'in  sé  raggira 
Un  non  so  che  d  insolito  e  d'auilace 
La  mia  iiiq!iieta  mento:  o  Dio  T  inspira, 

0  r  iiom  del  suo  voler  suo  Dio  si  face  : 
Fuor  del  vallo  nemico  accesi  or  mira 

1  lumi.  Io  là  n'andrò  cM>n  ferro  e  face; 
I^  machine  arderò:  cosi  prometto. 

La  vita  alla  fortuna  e  al  ciel  commetto. 


▼I. 


Ria  s'egli  avverrà  pur,  che  mia  ventura 
Nel  mio  ritorno  a  me  rinchiuda  il  passo; 
D*iiom,  eh*  in  amor  m*e  padre  ,  a  te  la  cura 
£  delle  rare  mie  donzelle  io  lasso. 
Tu  neir  Kgitto  rimandar  procura 
Le  donne  sconsolale,  e  '1  vecchio  lasso: 
£  ti  mi)va  di  lor  giusta  pietade , 
Che  n'é  degno  quei  sesso,  e  queli^etade. 


CONQUISTATA  Si 


VII. 


Maravigliando,  Argante  acceso  il  petto 
Da  stimolo  sentia  di  gloria  ardente. 
Tu  là  n'andrai  (rispose)  e  me  negletto 
Qui  lascerai  fra  la  volgare  ^ente? 
£  da  secura  parte  avrò  diletto 
Mirare  il  fumo,  e  la  favilla  ardente? 
Ah,  se  fui  ne' perigli  a  te  consorte. 
Or  sarò  nella  gloria  ,  e  nella  morte. 

Tllff 

Ho  core  anch*io,  che  morte  sprezza ,  e  crede 
Che  ben  si  cambi  colFonor  la  vita. 
Ben  ne  fcstì  (  dissocila  )  eterna  fede 
Con  quella  tua  si  perigliosa  uscita: 
Pur  io  femina  sono;  e  nulla  riede 
Mia  morte  in  danno  alia  città  smarrita  ; 
Ma  se  tu  cadi  (cessi  il  Ciel  gli  auguri) 
Chi  fiacche  la  difenda  ,  o  rassicuri? 


IX. 


Soggiunse  ilCavaliero:  Indarno  adduci 
Al  mio  fermo  voler  fallaci  scuse. 
Seguirò  Torme  tue^  se  mi  conduci  ; 
Ma  le  precorrerò,  se  mi  ricuse. 
Concordi  al  Re  ne  vanno,  il  qual  fr^'Duci 
E  fra' più  saggi  suoi  gli  aecolse  e  chiuse: 
Argante  incominciò:  Signore,  attendi 
A  ciò,  che  dir  vogliamti,  e  'n  grado  il  prendi. 

Clorinda  ornai  (  né  sarà  vano  il  vanto  ) 
Quella  machina  eccelsa  arder  pn^mette; 
lo  sarò  seco  ;  ed  aspeitiani  sol  tanto. 
Che  stanchezza  maggiore  il  sonno  ali  ette. 
Sollevò  il  Re  le  palme;  e'I  mosse  al  pianto 
Dolor,  tema,  e  desio  di  sue  vendette: 
£  lodato  sia  tu  T  disse)  eh' a' servi 
Tuoi  volgi  gli  occhi,  e  '1  regno  anco  mi  servi. 


>5a  L4  GERUSALEMME 

■  f. 

Ne  già  sì  tosto  egli  cadrà,  se  tali 
Petti  fernmei  in  sua  difesa  or  sono. 
Ma  qual  possalo,  donna  onorata,  eguali 
Dare  ali* alto  tua  merto  o  laude,  o  doDO  ? 
Laudi  la  Fama  te  con  immortali 
Voci,  e  riempia  il  mondo  al  chiaro  suono: 
Premio  t'è  l'opra  stessa,  e  premio  in  partqi. 
Fia  d' esto  regno  bella  e  nobil  parte  • 

'  xri. 

Ma  ben  voluto  avrei,  figliuol,  piuttosto, 
Figliuol  di  questa  età  sostegno  e  luce, 
Ch'altri  si  fusse  al  gran  perìglio  esposto ^ 
£  fattosi  de' nostri  e  scorta,  e  Duce; 
Ma  scaltri  menti  pur  ha  il  Ciel  disposto, 
£  te  il  tuo  fato  all'alta  impresa  adduce. 
Va' fortunato,  e  non  diro  già  -solo, 
£  prendi  teco  un  grosso  e  fido  stuolo , 

XIII. 

Si  pnrla  il  Re  canuto  ;  e  si  ristringe 

Or  questa,  or  quel  teneramente  al  seno , 
li  Soldan,  clu*  è  presente,  e  non  infinge 
I-.a  {generosa  invidia,  ond'egli  è  pieno; 
Disse:  Ne  questa  sp.ida  irivan  si  cinge; 
Verravvi  a  paro,  o  verrà  dietro  almeno. 
Ah  (ris|)ose  Clorinda)  andremo  a  questa^ 
Impresa  tutti?  e  se  tu  vien,  chi  resta? 

XIT. 

Così  diss'ella;  e  con  rifiuto  altero 
Già  non  osò  di  ricusarlo  \rgante; 
Ma  n  più  canuto  Re  p<irlò  primiero 
A  Soliman  cdu  placidd  sembiante: 
O  d'intrepido  core  alto  guerriero, 
O  alto  Re,  pur  sempre  a  te  sembiante: 
Te  nulla  faccia  di  periglio  unquanco 
Sgomentò,  né  mai  fusti  in  guerra  stanco. 


CONQUISTAtA  5J 

XT. 

E  so,  che  fuora  andando ,  opra  faresti 
Degna  di  te  ;  ma  troppo  indegno  parme 
Che  tutti  usciate,  e  dentro  alcun  non  resti 
Di  voi,  che  sete  i  più  famosi  in  arme: 
£  mentre  fian  costoro  a' Franchi  infesti. 
Basta,  cred'io,  che  ti  prepari,  ed  arme, 
Per  dar  (  se  d' uopo  fia  )  soccorso  all'  opra , 
Degna  che  nulla  età  Y  asconda  e  copra  . 

XYI. 

E  come  al  grado  tuo  più  si  conviene, 

Con  gli  altri  (prego)  in  sulle  porte  attendi: 
E  quando  poi  (deh  non  sia  vana  spene) 
Bitorneranno,  e  desti  avran  gì*  incendio- 
Se  stnol  nemico  seguitando  viene, 
Lui  risospingi,  e  lor  salva  e  difendi. 
Cosi  dicean  senza  contesa  i  Regi; 
Ed  eran  pronti  i  Cavalieri  egregi. 

XTII. 

Soggiunse  allora  Ismeno  :  Attender  piaccia 
A  voi,  ch'uscir  dovete,  ora  più  tarda, 
Sin  che  di  varie  tempre  un  misto  io  faccia, 
Ch'alia  machina  ostil  scappigli,  e  Tarda. 
Forse  parte  avverrà,  che  posi  e  giaccia 
Lo  stuol,  che  la  circonda  intorno  e  guarda  « 
Cosi  aspettar,  sin  eh'  in  orror  profondo 
Fece  silenzio  tenebroso  il  mondo. 


XTIII. 


Depon  Clorinda  le  sue  spoglie  inteste 

D' argento ,  e  l'elmo  adorno,  e  V  arme  altere; 
E  senza  piuma  ,  o  fregio  altre  ne  veste 
(Infausto  annunzio)  rugginose  e  nere  : 
E  con  minor  periglio  estima  in  queste 
Occulta  andar  fra  le  nemiche  schiere. 
É  quivi  Arsete  Eunuco,  il  qual  fanciulla 
La  nudrì  dalle  fasce,  e  dalla  culla. 


m  Lh.  GERUSALEMME 

XIZ. 

E  per  r  orme  dì  lei  V  antico  fianco 
D*ogn' intorno  traendo,  or  la  segata. 
Vede  costui  Tarme  cangiale;  ed  anco 
Del  gran  rischio  s* accorge,  o/ella  già-: 
Onde  si  svelle  il  crin,  già  raro  e  bianco; 
E  del  lungo  servir  la  dolce  e  pia 
Memoria  in  lei  rinnova,  e  piange,  e  prega. 
Che  r  impresa  abbandoni  ;  ed  alla  il  nega. 

XX, 

Ond'ei  le  disse  alfin:  Poiché  ritrosa 
Si  la  tua  mente  nel  tuo  mal  s' indura, 
Che  ne  la  stanca  età,  ne  la  pietosa 
Preghiera,  nè'l  mìo  duol,  nè*l  pianto  cura; 
Ti  spiegherò  più  oltre;  e  saprai  cosa 
Di  tua  condìzion ,  che  t*era  oscura. 
Poi  tuo  desir  ti- guidi,  o  mio  consiglio: 
Ei  segue:  ed  ella  innalza  attenta  il  ciglio: 

XXI. 

Resse  già  d' Etiopia  ,  e  forse  regge 
David  ancora  il  fortunato  impero; 
E  segue  dì  Gesù  la  casta  legge, 
E  di  Tommaso,  ed  egli,  el  popol  nero. 
Quivi  io  Pagau,  tra  le  ferainee  gregge. 
Fui  servo,  e  in  pre{j;io  sin  al  di  primiero: 
Ministro  fatto  della  regia  moglie. 
Che  bruna  è  sì ,  ma  'I  bruno  il  bel  non  toglie. 

XXII. 

JTarde  il  marito;  e  delf  amore  al  foco 
Ben  dt*lb  (gelosia  s*  agguaglia  il  gelo; 
Si  va  in  guisa  avanzatido  a  poco  a  poco 
Nel  toimentoso  petto  il  folle  zelo. 
Che  da  ogni  uom  la  nasconde,  e^n  chiuso  loco 
Vorria  cuprirla  aitanti  occhi  del  cielo; 
Ella  Hag^ii^ia  ed  umil,  di  ciò,  che  piace 
Al  suo  Signor,  fa  suo  diletto,  e  pace. 


CONQUIST\TA  55 

XXIII. 

D*  lina  pietoHa  istoria,  e  di  devote 
Figure  la  sua  stanza  era  dipìnta . 
Vergine,  bianca  il  bel  viso,  e  le  gote 
Vermiglia,  è  quivi  appresso  un  drago  avvinta 
Coir  asta  il  mostro  un  cavalier  percote, 
Giace  la  fera  nel  suo  sangue  estinta. 
Quivi  sovente  ella  s'atterra  ,  e  spiega 
Le  sue  tacite  colpe ,  e  piange,  e  prega . 

XXIT. 

Ingravida  frattanto,  e  manda  fuori 
(£  tu  fosti  colei  )  candida  figlia. 
Si  turba;  e  degl' insoliti  colori > 
Quasi  d*un  nuovo  mostro,  ba  maraviglia. 
Ma  perchè  il  ite  conosce  e  i  suoi  furori, 
Celarli  il  parto  alfin  si  riconsiglia: 
Ch*egli  avria  del  candòr,  ch'in  te  si  vedcy 
Ai^omentata  in  lei  non  bianca  fede. 

XXT. 

Ed  in  tua  vece  una  fanciulla  nera 

Pensa  mostrarli,  che  poco  anzi  è  nata  . 
£  perchè  fu  la  torre,  ove  chiusa  era , 
Dalle  donne  e  da  me  solo  abitata  : 
A  me  servo  fedel,  d*alma  sincera , 
Ti  die,  temendo  di  fortuna  irata. 
Prima ,  che  ti  segnasse  il  foco  sacroy 
O  di  fonte  immergesse  ampio  lavacro . 

XXTI. 

Piangendo ,  a  me  ti  porse,  e  mi  commise. 
Che  nel  mio  ti  nutrissi  almo  terreno . 
Chi  può  dire  il  suo  affanno?  e *n  quante  guise 
Bagnò  i  baci  di  pianto,  e  i  lumi,  e'I  seno? 
E  fur  le  voci  da'sospir  divise, 
Benché  non  lenti  alle  querele  il  freno? 
Levò  alfin  gli  occhi,  e  disse  :  O  Dio,  che  scerni 
L*opre  occulte,  e  i  pensier  dell'alma  interni: 


rì6 ,  Lk  GERUSILEMME 


««▼It. 


Se  puro  è  questo  cor ,  se  membra  inflitte 
Da  tult*allri,  ad  un  serba  il  dolce  letto; 
Per  me  non  prego,  ch'altre  rose  ho  fattei 
.Ond'io  dispiaccia  al  tuo  divin  cospetto: 
Salva  il  parto  innocente,  al  quale  il  latte 
Nega  la  madre  del  materno  petto. 
Viva,  e  sol  d'onestate  a  me  simigli. 
L'esempio  di  fortuna  altronde  or  pigH  • 

Tu,  celeste  Guerrier,  ch*umil  donsella 
Togliesti  d'empio  drappo  a' fieri  morsi,   - 
Se  t'accesi  giammai  lampa,  o  facella, 
S'auro,  o  incenso  odorato  nnqua  ti  porsi. 
Tu  per  lei  prega  sì ,  che  fida  ancella 
Possa  in  ogni  fortuna  a  te  raccorsi. 
Qui  tacque;  e'I  cor  le  si  rinchiuse  e  strinse, 
E  di  pallida  morte  si  dipinse. 

XXIT. 

Io  piangendo  ti  presi,  e'n  breve  cesta 
Fuor  ti  portai,  fra  fiori  e  froiidi  ascosa. 
Ti  celai  da  ciascun  nel  sonno,  e  desta , 
Ne  di  ciò  fu  sospetto,  o  d' altra  cosa  . 
Vommene  sconosciuto,  e  per  foresta 
Camminando  di  piante  orride  ombrosa: 
Vidi  una  tigre  incontra  me  venire, 
Iwia  qual  negli  occhi  avea  minacce,  ed  ire. 

X1CX. 

Sovr*  un  albero  io  salsi ,  e  te  sull'erba 
I>asciai,  tanta  paura  il  cor  mi  prese. 
Giunse  Torribil  fera,  e  la  superba 
Testa  volgendo,  ivi  lo  s«;uardo  intese: 
Dove  t'asconde  tua  fortuna  e  serba 
Già  mansueta  ,  e  ])Iacida^  e  cortese  : 
Lenta  poi  s' avvicina,  e  ti  fa  vézzi 
Colla  lingua,  e  tu  ridi,  e  l'accarezzi. 


CONQUISTATA  67 

XXXI. 

Ed  ischerzando  seco,  al  fero  muso  . 
La  pargoletta  man  secura  stendi. 
Ti  porge  ella  le  mamme,  e  come  è  l'uso 
Di  nutrice,  s'adatta,  e  tu  le  prendi. 
Intanto  io  miro  timido  e  confuso, 
Coro'  uom  faria  nuovi  prodigj  orrendi  : 
Poiché  sazia  tu  sei,  la  fera  belva 
Appena  indi  si  parte,  e  si  riusciva. 

XXXIf. 

Ed  io  giù  scendo,  e  ti  riculgo,  e  torno 
Dove  prima  fur  volti. i  passi  miei; 
£'n  picelo!  borgo,  quasi  in  bel  soggiorno, 
Cel:«tamente  ivi  nutrir  ti  fei. 
Vi  steUi  insin  eh'  il  Sol  correndo  intorno, 
Portò  a' mortali  ed  otto  mesi  e  sei. 
Tu  con  lingua  tremante  anco  snodavi 
Voci  indistinte,  e'ncerte  orme  segnavi. 

XXXflI. 

Ma  sendo  io  colà  giunto,  ove  dechina 
L'etate,  omai  cadente,  alla  vecchiezza  ; 
Ricco,  e  sazio  dell'  ór,  ch'alta  Reina 
Mi  die,  cui  tanto  uom  già  canuto  apprezza; 
Nella  patria  raccor  la  peregrina 
Vita  da' lunghi  errori  ebbi  vaghezza: 
£  tra  gli  antichi  amici  in  caro  loco 
Viver,  temprando  il  verno  al  proprio  foco . 

XXX  IT. 

E  da  Tebe  a  Cirene,  ov'io  fui  nato. 
Te  p!)rtandone  meco,  il  passo  invio; 
E  giungo  in  riva  al  fiume;  e  circondato 
Quinci  dall'acque  son,  quindi  dal  rio. 
Che  debbo  far?  te  dolce  peso  amato 
Lasciar  non  voglio,  e  di  campar  desio: 
M'arrischio  al  nuoto,  ed  una  man  ne  viene 
Rompendo  T  onda ,  e  te  T  altra  sostiene . 


58  Lk  GERDSALEMBfE 


Rapido  allora  è  il  corso;  e*n  mezzo  Foodit 
In  se  medesma  si  ripiega  e  gira; 
Ma  giunto  ove  più  volge  e  sì  profonda. 
In  cerchio  ella  mi  torcere  giù  mi  tira. 
Ti  lascio  allor ;  ma  t'alza ,  e  ti  seconda 
L*  ac*qua ,  e  secondo  T acqua  il  vento  spirar' 
£  t'espon  salva  in  sulla  molle  arena: 
Stanco,  anelando,  io  poi  vi  giunsi  appena. 

«XXTI. 

Lieto  ti  prendo;^e  poi  la  notte,  quando 
Tutte  in  alto  silenzio  eran  le  cose; 
Vidi  in  sogno  un  giierrier,che  minacciando, 
A  me  sul  volto  ignudo  il  ferro  pose  • 
Imperioso  disse:  lo  ti  comando 
Ciò,  che  la  madre  sua  primier  t'impose: 
Che  battezzi  l'infante:  ella  è  diletta 
Dal  Cielo ,  e  la  sua  cura  a  me  s'aspetta . 

xxxwn. 

Io  la  guardo,  e  difendo;  io  spirto  diedi 
D'umanità  alle  fere,  e  mente  all'acque  : 
Misero  te,  s'al  so^^no  tuo  non  credi, 
Ch'è  del  Ciel  messaggero:  e  qui  si  tacque. 
Svegliaimi,  e  sorsi  :  e  di  là  mossi  i  piedi. 
Come  del  giorno  il  primo  raggio  nacque  ; 
Ma  perchè  mia  fé  vera ,  e  l' ombre  false 
Stimai ,  di  tuo  battesmo  a  me  non  calse  . 


XKTIIt. 


Ne  de' preghi  materni,  omìe  nutrita 
Pagana  fosti  ;  e'I  vero  a  te  celai  . 
Crescesti;  e'n  arme  valorosa  ardita, 
L*età  vincesti  e  la  natura  assai  : 
Fama,  e  Terre  acqtiistastì;  e  qual  tua  vita 
Sia  stata  poscia  ,  tu  medesma  il  sai: 
E  sai  non  ineii,  che  servo  insieme  e  padre. 
Ti  scjjuo  ancor  fra  mille  armate  squadre . 


CONQUISTATA  5»; 

xnxtx. 

Jer  poi  sulFalba  alla  mia  mente  oppressa 
D  alta  quiete  e  simile  aUa  morte, 
Kel  sogDO  s*offeria  Ti  mago  stessa. 
Ma  in  più  turbata  vista ,  e'n  suon  più  forte  . 
Ecco  (  dicea)  fellon,  Fora  s*appressa. 
Che  dee  cangiar  Clorinda  e  vita,  e  sorte  . 
Morta  fia  (  mal  tuo  grado  )  :  e  tuo  fia  *l  duolo . 
Ciò  disse;  e  poi  n'andò  per  Taria  a  volo. 

Or  odi  adunque  tu  ,  ch'il  Ciel  minaccia 

Morte  al  tuo  core,  a)  mio  duolo  e  tormenti . 
Forse  addivien,  ch'om3Ì  làssii  dispiaccia. 
Ch'altri  impugni  la  fé  de' suoi  pai  enti: 
Forse  è  vera  la  fede;  ah  giù  ti  piaccia 
Deponer  l'arme,  egli  tuoi  spirti  ardenti. 
Qui  tace,  e  piange  ;  ed  ella  pensa  e  teme, 
eh* un  altro  simil  sogno  il  cor  le  preme. 

«LI. 

Visto  nel  sogno  avea  con  spoglie  eccelse 
Una  pianta,' che  spiega  i  rami  al  (^ielo; 
Qual  ned  Austro  giammai ,  né  Borea  svelse , 
Né  fece  arida  ancor  la  fiamma,  e'I  gelo  : 
Qual  che  sia  qtiel  coltor,  ch'ivi  la  scelse. 
Sembra  passar  dell'alte  nubi  il  velo: 
Passar  Olim|>o,  Atlante,  e  Pelio,  e  Pindo  , 
E  n'avria  maraviglia  il  Sird,  e  l'Indo. 


Xl.lff. 


Tant'alto  va,  ch'il  Sole  indi  s'adombra, 
E  discolora  i  suoi  celesti  raggi . 
L'Orlo,  e  l'Occaso  può  coprir  nell'ombra  , 
Oltra  Tobblique  strade,  e  i  suoi  viaggi: 
Quinci  la  terra  ,  e  quindi  il  cielo  ingombra , 
Senza  temer  d'empia  fortuna  oltraggi: 
Frondcgi;ia  dal  cipresso,  e  cedro,  e  palma. 
Ch'ivi  risorge,  ov'è  più  grave  salma . 


6'o  LA  GERUSALEMME 

Correr  donne,  e  fanciulli  alFombni  santa 
Vedeva,  e  i  vecchi -fliancbi  a  quel  soggiorno; 
Ed  a  prova  adorar  la  sacra  pianta , 
£  donde  nasce,  e  donde  muore  il  giorno  : 
Tanta  la  calca,  il  suon  ,  la  turba  é  tanta. 
Ch'appende  statue,  e  voti  a  lei  dintorno . 
Vedea  gli  Sciti,  e  gli  Etiopi  adusti, 
El  diadema  depor  Regi ,  ed  Augusti. 


XI.  IT. 


Chiara  fontana  ancor  sorgea  d'  un  monte , 
Mormorando  con  acqua  dolce  e  frescn; 
£  parca  quasi  tomba  il  vivo  fonte, 
Ov'  uom  si  tuffi  immóndo,  e  puro  n'esca  : 
E  a  chi  si  bagna  in  lei  Tumida  fronte 
Par  ch'onore,  e  virtute  indi  s'accresca ,  . 
Quivi  correano ,  al  dolce  suon  conversi. 
Greci,  Latini,  Assiri,  ed  Indi,  e  Persi.' 


XLT. 


Pensosa  a  quella  vista  assai  turbarse, 
Mirando  il  sacro  fonte,  e  i  sacri  rami , 
Percossa  dell' indugio  ali* acque  sparse , 
Quasi  aspettando  pur,  ch'altri  la  chiami  • 
E  fra  imagini  tante  alTalma  apparse , 
Più  non  sa  quel  che  pensi ,  o  quel  che  brami: 
Quando  un  gigante  si  vedeva  incontra , 
Pur  come  imago,  che  di  rado  incontra. 


XLTI. 


E  mentre  ancor,  per  vano  orgoglio,  asciutta 
Avea  la  fronte  di  quel  sacro  umore, 
Venia  col  gran  gigante  a  fera  lutta, 
Disegnai  di  possanza  e  di  v;ilore: 
Sentirsi  in  breve  spazio  a  tal  condutta, 
Che  le  s'apria  per  debolezza  il  core, 
Il  cor  più  duro  già  di  saldi  marmi, 
E  cadendo  perdea  le  forze  e  Farmi. 


CONQUISTATA  fii 

3CLTII. 

Allor  pareale  in  suon  tremante  e  fioco, 
Quasi  pentita,  dimandar  mercede  ; 
E  sovra  un  carro  poi  d'ardente  foco 
Esser  rapita  al  Ciel  fra  mille  prede. 
Di  chiare  stelle  fiammeggiante  il  loco 
Timida  ancor  mirando,  appena  il  crede: 
Quando  si  ruppe  il  sogno  avanti  T^lba, 
Ch'il  suo  fosco  pensier  non  anco  inaalba. 


XLTI1I. 


Or  Talto  sogno  a  lui  rivela  ,  e  dice  : 
Quella  fé  seguirò  »  che  vera  or  parme , 
La  qual  col  latte  già  di  mìa  nutrice 
Sugger  mi  festi ,  e  vuoi  dubbiosa  farme. 
Me  per  temenza  lascerò  (  ne  lice 
A  magnanimo  cor)  T  impresa,  e  Y  arme: 
Non  se  la  morte,  nel  più  fier  sembiante 
Che  sgomenti  i  mortali,  avessi  avaote. 

XLIX. 

Poscia  il  consola  :  e  perchè  il  tempo  giunge. 
Ch'ella  deve  all'impresa  il  fine  imporre  ; 
Parte,  e  con  quel  Guerrier  si  ricongiunge. 
Che  si  vuol  seco  al  gran  periglio  esporre  : 
E  co' suoi  detti  Ismeno  affretta  e  punge 
Quella  virtù  ,  che  per  se  stessa  corre  ; 
E  porge  lor  (perchè  fornito  è  sempre) 
Quel,  ch'egli  ha  misto  in  disusate  tempre. 

Di  vota  canna  ad  avventar  la  fiammar-— 
Fatto,  quasi  conocchie,  avea  gli  strali , 
Con  ampio  ventre,  e  qu#l  selvaggia  damma 
Mai  non  trafisse,  o  in  aria  uccel  coli' ali. 
E  palle,  che  poi  spazza  il  foco,  e 'n fiamma. 
Che  di  metallo  son,  ma  vote,  e  frali: 
Onde  l'ardor  si  sparge ,  e  si  comparte , 
{testando  apprese  le  fiammelle  sparte. 


04  LÀ  GERUSALEMME 

LIX, 

Parte  alcuna  di  lei  rimasa  integra 
Non  SI  vedea,  ma  ruìnosa  ardendo; 
£  spaventava  altrui  nell'aria  negra 
Di  quei  neri  guerrier  l'aspetto  orrendo. 
Etna  parea  l'ardente  terra,  o  Flegra, 
Mentre  il  vento  d' intorno  iva  spargendo 
Cenere  e  fiamma  ;  e  ne  feria  lo  sguardo 
Di  qualunque  al  soccorso  era  men  tarda. 

Ma  già  due  schiere  de'  fedeli  al  locò , 

Dove  sorge  l' incendio,  accorron  pronte. 
Minaccia  Argante:  Io  spegnerò  quel  foco 
Col  vostro  sangue  :  e  mostra  ardita  fronte: 
Pur  ristretto  accompagni ,  appoco  appoco 
Cede ,  e  rivolge  i  tardi  passi  al  monte  • 
Cresce  più  che  torrente  a  lunga  pioggia 
La  turba ,  e  gli  persegue,  e  con  lor  poggia 

I.XI. 

Sulla  porta  angolare  il  Re  se  tratto 

De'Turchi ,  cui  sua  gente  allor  ctrcofida. 
Per  raccorrc  i  guerrier  da  si  gran  fatto , 
Quando  al  tornar  fortuna  abbian  seconda. 
Saltano  i  duo  sui  limitare,  e  ratto 
Diretro  ad  essi  Franco  stuol  v'inonda  . 
Ma  l'urta  e  scaccia  Solimano;  e  chiusa 
E' poi  la  porta,  ond'è  Clorinda  esclusa. 

LXÌÌm 

Con  pochi  esclusa  fu,  perchè  in  queir  ora. 
Ch'altri  serrò  le  porte,  ella  si  mosse  ; 
E  corse  ardente  e  'ncrudclita  fuora 
A  punire  \rbilan,  che  la  percosse  . 
Puntilo;  eì  fero  Argante  avvisto  ancora 
Non  s'era,  ch'ella  sì  trascorsa  fosse: 
Che  la  pugna,  e  la  calca,  e  V  aer  denso 
A' cor  togliea  la  cura,  agli  occhi  il  senso  • 


CONQUISTATA  65 

Ma  poich'intepidì  la  mente  irata 

Del  sangue  dei  nemico,  e*n  se  rivenne, 
Vide  chiuse  le  porte ,  e  circondata 
Se  da' nemici,  e  morta  allor  si  tenne; 
Ma  perché  non  credea  d'esser  mirata  j 
Nov'arte  di  salvarsi  a  lei  sovvenne: 
Di  lor  gente  s'infinge,  e  fra  gl'ignoti 
Cheta  s'avvolge,  e  non  è  chi  la  noti^ 

LXIT. 

Poi,  come  lupa  tacita  s* imbosca 
Dopo  oculta  rapina,  e  si  disvia: 
Dalla  confusion ,  dall'  aura  fosca     . 
Ricoperta  e  nascosa  ella  sen  già. 
Ma'l  buon  Tancredi  avvien  che  la  conosca. 
Che  vi  soggiunse  allor  ch'indi  partia; 
Come  del  sangue  d' Arbilan  si  tinga 
Vide  e  segnoUa ,  e  la  seguì  solinga. 

Vuol  nell'arme  provarla  ;  un  uom  la  stima , 
Degno  a  cui  sua  virtù  si  paragone  • 
Va  girando  colei  l'alpestre  cima  ; 
Perocché  a  quella  porta  entrar  dispone, 
Che  dalla  greggia  è  detta  ;  e  giunge  in  prima 
Dove  col  Tali  aperte  alto  Dragone 
Chiara  acqua  sparge  entro  marmorea  conca, 
Onde  la  via  non  l'è  rinchiusa  o  tronca. 


LITI. 


Del  gran  torrente  il  mormorar  dappresso 
Ella  sentiva:  e*n  suU'ombros;!  sponda 
Vide  ,  o  veder  credea ,  palma  ,  e  cipresso, 
£  d*umil  cedro  ancor  la  verde  fronda. 
Turbossi;  e  di  sua  morte  udiva  il  messo, 
Che  fea  d'arme  sonar  la  via  profonda , 
A  cui  si  volse ,  e  disse  :  O  tu ,  che  porte 
Correndosi?  rispose:  £  guerra,  e 


66  LA  GERUSALEBfMB 

LXTlt. 

Guerra,  e  morte  avrai  (  disse)  io  noti  rifiato  . 
Darlati,  se  lei  cerchi  ;  e  ferma  attende. 
Né  vuol  Tancredi,  eh'  ebbe  a  pie  veduto 
Il  suo  nemico,  usar  cavallo;  e  scende: 
£  trsi{;ge  Tuno  e  Taltro  il  ferro  acuto^ 
Ed  aguzza  Torgoglio ,  e  Y  ira  accende, 
£  vansi  incontra  a  passi  tardi  e  lenti  , 
Quai  duo  tori  gelosi  «e  d*ira ardenti* 

LSTlII. 

Notte ,  che  nel  profondo  ed  alto  seno 
Chiudesti,  e  neirobblio  fatto  si  grande»   ■ 
Degno  d' un  gran  teatro  adomo  e  pieno, 
£  d'un  lucido  Sol, ch'i  raggi  spande: 
Piacciati,  ch'indi  il  tragga,  e*n  bel  sereno 
Alle  future  età  Io  spieghi  e  mande  . 
Viva  la  fama  oscura ,  e  di  lor  gloria 
Splenda  del  fosco  tuo  l'alta  memoria. 


LXTX. 


Non  schivar,  non  parar,  non  pur  ritrarsi 
Voglion  costor,  ne  qui  destrezza  ha  parte; 
Non  fanno  i  colpi  or  finti ,  or  pieni,  or  scarsi: 
Toglie  l'ombra,  e'I  furor  l'uso  dell'arte • 
Odi  le  spade  orribilmente  urtarsi 
A  mezzo  il  ferro;  e1  pie  d'orma  non  parte: 
j>emprè  il  pie  fermo,  e  la  man  sempre  è  in  moto. 
Né  scende  taglio  invan,  ne  punta  a  vuoto» 

ixx. 

L'onta  accende  lo  sdegno  alla  vendetta, 
£  la  vendetta  poi  l'onta  rinnova: 
Cosi  sempre  al  ferir,  sempre  alla  fretta. 
Ira  nuova  s'aggiunge,  e  piaga  nuova. 
Più  si  mesce,  ed  inaspra,  e  più  ristretta 
Si  fa  la  pugna,  e  spada  oprar  non  giova  : 
Dansi  co*  pomi ,  e  già  rabbiosi  e  crudi 
Cozzan  con  gli  elmi  insieme  e  con  gli  tcùdi. 


CONQUISTATA  67 

IXXl. 

Tre  volte  il  Cavalier  la  donna  stringe 

Colle  robuste  braccia  ;je(l  altrettante 

Da  quei  nodi  tenaci  ella  si  scinge , 

Da  nodi  di  nemico,  e  non  d'amante: 

Tornano  al  ferro  ;  e  Tuno  e  T  altro  il  tinge, 

Piagato,  stanco,  e  di  sudor  stillante  : 

£  questi,  e  quella  altìn  pur  si  ritira  , 

E  dopo  lungo  faticar  respira  • 

LICX11 

L*un  l'altro  guarda  ;  e  del  suo  corpo  esangue 
Sul  pomo  della  spada  appoggia  il  peso. 
Già  deir  ultima  stella  il  raggio  lingue 
Al  primo  albor,  eh'  in  Oriente  è  acceso  : 
Vede  Tancredi  in  maggior  copia  il  sangue 
Del  suo  nemico ,  e  sé  non  tanto  offeso, 
Ne  gode,  e  superbisce  :  o  nostra  folle 
Mente,  ch'ogni  aura  di  fortuna  estolle! 

&xxiir. 

Misero,  di  che  godi?  oh  quanto  mesti 
Piano  i  trionfi,  ed  infelice  il  vanto  ! 
Gli  occhi  tuoi  pagheran  (se 'a  vita  resti) 
Di  quei  sangue  ogni  stilla,  un  mar  di  pianto. 
Così  tacendo,  e  rimiraTndo,  or  questi 
Sanguinosi  guerrier  cessaro  alquanto. 
Ruppe  il  silenzio  alfin  Tancredi  ^e  disse 
(Perchè  il  suo  nome  a  lui  l'altro  scoprisse) 

Nostra  sventura  è  ben,  che  qui  si  spieghi 
Tanto  valor,  dove  silenzio  il  copra. 
Ma  poiché  sorte  rea  vien  ,  che  ci  neghi 
E  lode,  e  testimon  degno  dell'opra  : 
Pregoti  (se fra  l'arme  han  loco  i  preghi) 
eh'  il  tuo  nome ,  e'I  tuo  stato  a  me  tu  scopra , 
Acciocch'io  sappia,  o  vinto,  o  vincitore. 
Chi  la  mia  morte ,  o  la  vittoria  onore. 


«8  LA  GERUS&LEHMB 

Rispose  la  fproce  :  Indarno  chiedi 

Quft ,  cbe  bo  per  uso  dì  non  ferpah 
Ma  qiiiìlunque  io  mi  sia  ,  tu  inoanzi  vedi 
Un  di  quei  duo,  che  la  gran  torre  accese. 
Arse  di  sdegno  a  quel  parlar  Tancredi  : 
E'n  mal  punto  il  dicesti  (indi  rìpi        ~~ 
It  tuu  dire,  e'I  tacere  anco  m'alletteihi 
Barbaro -discortese  ,  a  far  veudettjt  ,* 

Torna  l'ira  ne' cori  :  e  gli  trasporta 

Deboli,  e  stanchi;  o  tenzon  fera  e  loi^ii' 
U*r  arte  in  bando ,  u'già  la  forxa  è  mòrta,. 
Ove,  in  vece  d'entrambi,  il  furor  punga. 
O  cbe  sanguigna  e  spaziosa  porla        "* 
Fa  l'una  e  l'altra  .spadit,  ovunque  aggitiM», 
Kell'armi,  e  nelle  carni:  e  se  la  vita 
NoQ  esce,  sdegno  tieiila  al  core  unita. 

Qual  l'alto  Egeo,  perchè  Aquilone,  o  Noto 
Cessi ,  cbe  tutto  prima  il  volse  e  scosse  ; 
Noi)  s' accheta  ei  però ,  ma  'I  suono,  e  'l  mola 
Bitien  dell'onde  più  agitate  e  grosse: 
Tal,  henclié  manchi  in  Inr  col  sangue  volo, 
Quel  vigor,  che  le  braccia  a'colpi  mosse; 
Serbaiiojàncor  l'impeto  primo,  e  vanno, 
Da  quel  sospinti ,  a  giunger  daiino.a  danno* 

Ma  ecco  ornai  l'ora  fatale  è  giunta  « 
Ch'il  viver  di  <'.loriuda  al  suo  fin  deve; 
Spinge  egli  il  ferro  entro  il  bel  sen  di  panta. 
Che  vi  s'immerge,  e'I  sangue  avido  or  beTe* 
E  la  vi-ste,  che  dor  vago  trapunta. 
Le  mammelle stringea,  tenera  e  leve. 
S'empie  d' un  caldo  6tinie  :  ella  già  sente 
Morirsi ,  e  '1  pie  le  manca  egro  e  languente. 


CONQUIStATA  6g 

LXXIX. 

Segue  eglHa  vittoria  ;  e  la  trafitta 

Vergine f  minacciando,  astringe  e  preme. 
Ella ,  mentre  cadea^  la  voce  afflitta 
Alzando,  disse  le  parole  estreme  : 
Parole,  eh' a  lei  nuovo  un  spirto  ditta, 
Di  pura  fé,  di  carità,  di  speme, 
Che  Dio  nel  cor  T infonde;  e  se  rubella 
Id  vita  fu,  la  vuole  in  morte  ancella . 


UCXX. 


Amico,  hai  vinto;  e  perdono  io,  perdona 
Tu  ancora,  al  corpo  no,  che  nulla  pave^ 
AlFalma  sì  ;  deh  per  lei  prega ,  e  dona 
Battesmo  a  me, eh'  ogni  mia  colpa  lave. 
lu  queste  voci  languide  risuona 
Un  non  so  che  di  flebile  e  soave , 
Onde  il  cor  gii  ammollisca,  e  glie'l  consunii  ^ 
E  sforzi  al  pianto  i  lagrimosi  lumi . 

LXUXI. 

Tosto  egli  corse,  e  Telmo  empiè  nel  fonte, 
E  tornò  mesto  al  grande  officio  e  pio  : 
Tremò  la  man  4  mentre  ei  la  bella  fronte , 
Non  conosciuta  ancora ,  ivi  scoprio . 
Raffigurata  alle  fattezze  conte, 
Che  d'ogni  altra  beltà  lasciaro  obblio: 
La  vide,  e  la  conobbe;  e  restò  senza, 
£  voce,  e  moto:  ahi  vista,  ahi  conoscenza} 


X.1ÌXXIX. 


Non  mori  già,  che  sue  virtuti  accolse 
Tutte  in  quel  punto,  e'n  guardia  al  cor  le  miae: 
E  premendo  il  suo  affanno,  a  dar  si  volse 
Vita  coH'acqua  a  lei,  ch'il  ferro  ancise . 
Mentr'ei  la  lingua  in  sacri  detti  sciolse  ^ 
Colei  di  gioja  trasmutossi,  e  rise  : 
E'n  atto  di  morir  lieto  e  vivace 
Dir  parea  :  S'apre  il  Cielo ,  io  vado  in  pace. 


yo  LA  GERUSALEMME 

D'un  hel  p.iIlore  ha  il  bÌ:inco  volto  asperso, 
Come  agirli  sanali  miste  viole: 
E  gii  Dcchl  al  Cielo  aftisa^,  e'ri  lei  coiiverm 

•  Sembra  per  la  piftatpe'l  Cielo,  e 'l  Sole  : 
£  la  mail  nud»  e  fieilda  alzando  versa 
Il  Cavaliero,  in  vece  di  paiole. 
Gli  dà  il  segQo  di  pace:  iii  questa  {< 
Fassa  la  Ì>etla  Donna ,  e  par  che  dotUìth  ■'' 

Come  r  alma  gentile  uscita  ei  vedfr,  ■"  -i  ' 

Balleota  quel  vigorf  ch'avea  néocftb^ 
ETìmperìo  di  sé  liberocede  \' 

Al  duol,  gii  &tto  impetuoso  e  stolto  ,V 
Ch'ai  cor  si  stringe;  e  chiusa  in  breve  tUA 
Jj»  vita,  empie  di  morte  i  sensi,  e  1  volto. 
Già  simile  all'estinta  il  rivo  langue. 
Al  colore ,  al  silenzio ,  agli  atti ,  al  MOffiM  ■ 

E  ben  la  vita  sua  sdegnosa  e  schiva. 
Spezzando  a  forza  il  suo  ritegno  frale. 
La  bella  anima  sciotta  allur  seguiva , 
Che  quasi  innanzi  a  lei  spiegava  l'ale. 
Ma  quivi  allora  stuol  di  Franchi  arrivai 
Perchè  d'acqua  ha  bisogno,  o  d'altro  t^t: 
E  colla  Donna  il  Cavatier  ne  porta  ; 
In  sé  mal  vivo,  e  morto  in  lei,  ch'è  mcMi. 

Affatto  ancor  nel  piano  e  tardo  moto 
Non  si  risente  il  Cavalier  ft*rito; 
Ma  geme  e  langue;  e  quinci  a  tutirèhotOi 
Cb'  il  suo  corso  vital  non  è  fornito . 
Ma  l'altro  corpo  senza  voce  ,  e  immoto  , 
Dimostra  ben.  ch'indi  è  lo  spirto  uscito. 
Così  portalo  é  1'  uno  e  l'altro  insieme  , 
Quasi  consorti  siati  nell'ore  estreme. 


CONQUISTATA  71 

LXXZTII. 

I  pietosi  scudjer  già  sono  intorno 
Con  varj  offioj  al  Cavalier  giacente  : 
E  fflk  sen  riede  a' languir!' occhi  il  giorno  ^    . 
E  le  mediche  mani  e  i  detti  sente . 
Ma  pur  dubbiosa  ancor  del  suo  ritorno^ 
Non  s'assicura  la  smarrita  mente  : 
Sin  che  intorno  mirando^  i  servi  e'I  loco 
Altin  conobbe,  e  disse  afflitto  e  fioco i 

Io  vivo  ?  io  spiro  ancora?  e  gli  odiosi 
Rai  miro  ancor  di  sì  infelice  die? 
Dì,  testimon  de' miei  perigli  ascosi , 
Che  rimprovera  a  me  le  colpe  mie  • 
Ahi  man  tiQiida  e  lenta,  or  che  non  osi 
Tu ,  che  sai  tutte  del  ferir  le  vie  ; 
Tu  ministra  di  morte  empia  ed  infame. 
Di  questa  vita  rea  troncar  lo  stame  ? 

X.XKXIXV 

Passa  pur  questo  petto ,  e  feri  scempi 
Col  tuo  ferro  crudel  fa' del  mio  core. 
Ma  forse  u^ta  a' fatti  atroci  ed  empj  ,  ' 
Stimi  pietà  dar  morte  al  mio  dolore  ; 
Dunque  io  vivrò  fra  più  dolenti  esempj  . 
Miserò  mostro  d'infelice  amore: 
Misero  mostra,  a  cui  sol  pena  è  degna 
Del  suo  lungo  fallir  la  vita  indegna . 

xc. 

Vivrò  fra' miei  tormenti  e  l'aspre  cure 
(  Mie  giuste  furie)  forsennato,  errante. 
Paventerò  l'ombre  solinghe  e  scure, 
eh'  il  primo  error  pur  mi  porranno  avante. 
E  del  Sol ,  che  copri  le  mie  sventure , 
Avrò  in  orrore  il  lucido  sembiante. 
Temerò  me  medesmo;  e  da  me  stesso 
Sempre  fuggendo ,  avrò  la  morte  appreso . 


7»  LA  GERUSALEMME 

Ma  dove,  o  la^Ao  me,  ti  tvtt  restaro 
Le  spoglie ,  che  vestir  l'aniino  OMI 
Ciò ,  che  in  hii  s^ino  i  miei  furor  1 
Dal  furor  delle  fere  or  (bwe  è  gaastx»^  *ff  ì 
Ahi  troppo  nobii  preda ,  ahi  dtrfee  p  mmt-^ 
Troppo,  e  pur  troppo  prezioso  pastot  '*»' 
Ahi  sfortunato ,  ni  cui  l'ombre,  e  le  wAwV 
Irritar  me  primiero ,  e  poi  te  belTff. 

Io  pur  verrò  I&  dove  sete  ;  e  voi  •■-■^t/ 

Meco  avrò  ( 8* ancor  sete)  amate  ^dgjHtf.',''' 
Ma  s'egh  awien,  ch'i  vaghi  membri  aaaC^ 
Stati  sien  cibodi  ferine  voglie,  ■  '*"  _ 

Vo'  che  la  bocca  istessa  anco  m' ingoi  , 
E't  ventre  chiuda  me,  che  loro accoglM: 
Onorata  per  me  tomba  e  felice. 
Ovunque  sia ,  s' ivi  giacer  mi  lice  . 

Cosi  parla  quel  misero  :  e  gli  è  detto. 

Ch'ivi  quel  corpo  avean,  per  cui  si  dole. 
Rischiarò  allora  il  tenebroso  aspetto, 
Qual  le  nubi  un  baien ,  che  passi  e  Tole  : 
E  da'  riposi  sollevò  del  letto 
L'inferma  delle  membra  e  tarda  mole: 
£  traendo  a  gran  pena  il  fianco  lasso,' 
Ei  là  rivolse,  vacillando  ,  il  passo. 

Ma  come  giunw  e  vide  in  sì  bel  seno 
(Opera  dì  sua  man)  l'ampia  ferita; 
E  quasi  un  C.iel  notturno  ancor  sereno» 
Senza  splendor  la  faccia  scolorita  : 
Tremò  rosi ,  eh'  ivi  cadea ,  se  meno 
Era  vicina  la  fedele  aita. 
O  dolce  volto,  ch'addolcir  puoi  morte, 
E&oa  puoi  ( disse )  la  mia  amara  aorte . 


CONQUISTATA  78 

XCT. 

O  bella  destra  ,  ch'il  soave  pegno 
D  amicizia  e  di  pace  a  fne  porgesti  : 
Quali  or,  bsso,  vi  trovo?  e  qual  ne  vegno? 
£  voi  leggiadre  membra,  or  non  son  questi 
Del  mio  crudele  e  ^igiurioso  sdegno 
Vestigi  miserabili  e  funesti  ? 
O,  come  questa  man ,  luci  spietate  ; 
Essa  le  piaghe  feo  :  voi  le  mirate . 

ZCTI. 

Asciutte  le  mirate?  or  corra,  dove 

Nega  d'andare  il  pianto,  il  sangue  mio. 
Qui  tronca  teparole;  e  come  il  move 
Suo  disperato  di  morir  desio, 
Squarcia  le  fasce ,  e  le  ferite  ;  e  piove 
Da  tutte  il  sangue,  anzi  è  versato  un  rio. 
E  s'  uccìdea  ;  ma  quella  doglia  acerba  , 
Col  trarlo  di  se  stesso,  in  vita  il  serba. 


serti. 


Posto  a  giacere,  e  T anima  fugace 
Fu  richiamata  a' suoi  odiosi  offici. 
Ma  la  garrula  fama  omai  non  tace 
L'aspre  sue  angosce,  e  i  suoi  casi  infelici: 
Vi  tragge  il  pio  Goffredo ,  e  la  verace 
Turba  v'accorre  de' più  degni  amici: 
Ma  né  grave  parlar,  ne  molle  e  dolce, 
L' ostinato  dell'  alma  affanno  or  molce. 


XCYIII 


Quale  in  membro  gentil  piaga  mortale 
Tocca  s' inaspra;  e'n  lei  cresce  il  dolore  ; 
Tal  per  conforti  umani  avanza  il  male , 
£  viepiù  inferma,  in  medicando,  il  core. 
Ma  *l  solitario  Pietro,  a  cui  ne  cale, 
Come  d*agnel,  che  langiie,  al  buon  pastore. 
Con  parole  gravissime  ripiglia 
Il  vaneggiar  suo  luogo,  e  lui  consigli^ 


74  LA  GERUSALEMME 

O  Tancretli.  o  Tancredi,  o  (ìa  te  steiM* 
Troppo  diverso,  e  de' principi  •*K»*»r- 
Chi  8Ì  t* assorda?  e  qiul  nuvol  ri  ape— p; 
Gl'occhi  t'adombra,  onde  yedar  iMB  pmniF 
Questa  sciagura  tua  dej  .Cielo  è  uà  ai^MOf< 
>pn  miri  lui?  non  odi  i  detti  BUei^    '•^ 
Che  ti  grida ,  e  richicma  allo  amai^to 
Calle,  che  pria  segnasti,  e  eh'  io  im^ditl^ 

Agli  atti  del  primiero  officio 'dcgno.^       .'  '    ,' 
Di' Cavalier  di  Cristo  ei  ti  rappellft,     •  -.    • 
Che  1a<iciaatÌ,  per  &rti  (ahi  i  imliiii  iiiilighnl) 
Drudo  di  fera  doana^  a  Dio  rubelln:  .> 

Reconda  averaiti,  pietoso  at^no, 
Con  leve  sferza,  di  lassù  flagella 
Tua  folle  colpa;  e  fa  di  tua  salute 
Te  medesm'o  mini&tro;  e  tu  '1  rìfiute  ? 

Bi6uti  dunque  (ahi  sconoscente!) il  dono 
Del  Ciel  salubre,  e'ncoiitra  lui  t'adiri? 
Misero,  dove  corri  in  abbandono 
A' tuoi  sfrenati  e  rapidi  martiri? 
Sei  giunto,  e  pendi  già  cadente,  e  proao. 
Sul  precipizio  eterno,  e  tu  noi  miri? 
Miralo,  prego,  e  le  raccogli,  e  frena 
Cieco  dolor ,  che  alle  due  morti  or  mena  . 

Tace;  e'n  colui  dell' un  morir  la  tema 
Potè  dell'altro  intepidir  la  voglia: 
Nel  cor  dà  loco  a  quei  conforti ,  e  seema 
L'impeto  interno  dell'intensa  doglia; 
Ma  non  così,  eh' ad  or  ad  or  non  gema 
E  che  la  lingua  »1  lamentar  non  scioglia. 
Ora  seco  parlando ,  or  colta  sciolta 
Aoima,  che  dal  Ciel  forse  l'ascolta . 


CONQUISTATA  jS 

CHI. 

Lei  nel  partir,  lei  nel  tornar  del  5>ole, 

Chiama  con  voce  stanca,  e  prega,  e  plora, 

Come  usignnol,  cui  dura  mano  invola 

Dal  nido  ì  figli,  non  pennuti  ancora: 

Ch'in  doloroso  canto  afflitte  e  sole 

Piange  le  notti,  e  n'empie  i  boschi,  e  l'ora  • 

Alfin  col  nuovo  dì  richiude  alquanto 

I  lumi  ;  e'I  sonno  in  lor  serpe  col  pianto. 

CfV. 

Ed  ecco  in  sogno  di  Mellata  veste 
Cinta  gli  appar  la  sospirata  amica; 
Bella  assai  più;  ma  lo  splendor  celeste 
Orna,  e  non  toglie  la  memoria  antica. 
£  con  dolce  atto  di  pietà  le  meste   * 
Luci  par  che  gli  asciughi,  e  cosi  dica: 
Mira  come  son  bella  e  come  lieta, 
Fedel  mio  caro,  e'n  me  tuo  duolo  acqueta. 

CT. 

Tal' IO  son,  tna  mercè:  tu  me  da' vivi 
Del  mortai  mondo  per  error  togliesti: 
Tu  in  grembo  a  Dio,  fra  gì'  immortali,  e  Divi^ 
Per  pietà  degna  di  salir  mi  fesli  : 
Quivi  io  beata,  amando,  godo,  e  quivi 
Spero,  che  per  te  loco  alfin  s'appresti, 
Ov'al  gran  Sole,  e  nell'eterno  die, 
Vagheggerai  le  sue  bellezze  e  mie. 

CTI. 

Se  tu  medesmo  non  t'invidii'l  Cielo; 
E  non  travii  col  vaneggiar  de' sensi, 
Vivi,  e  sappi,  ch'io  t'amo  (e  non  tei  celo) 
Quanto  più  creatura  amar  conviensi  . 
Cosi  dicendo,  fiammeggiò  di  zelo 
Per  gli  occhi ,  fuor  del  mortai  uso  accensi  : 
Poi  nel  profondo  de' suoi  rai  si  chiuse, 
E  sparve,  e  nuovo  in  lui  conforto  infuse . 


76  LA  GEMTSALSIIIME 


cni. 


£i  desto  si  eonsdla;  e'asin  cb'aspette      ^^ 
Di  medico  gentil  discreta  aita^ 
Vuol,  che  sepolte  sian  quelle  dilette 
Membra ,  ch'informò  già  si  nobil  vita^ 
£  se  non  fu  di  ricche  pietre  elette 
La  bella  tomba,  e  del  suo  amor  soolpiln. 
Fu  scelto  almeno  il  sasso,  e  chi  gli  dirdft 
La  forma,  quanto  il  tempo  ivi  conceda • 


orili 


Quivi  da  faci,  in  ordin  ludgo acoese« 
Con  nobil  pompa  accompagnar  la  feo  9 
E  le  sue  arme  a  un  nudo  pin  sospese 9 
Vi  spiegò 9  quasi  grapde  e  bel  trofeo. 
Ma  come  prima  alzar  le  membra  offiese 
Mei  di  seguente  il  Cavalier  poteo; 
Di  riverenza  pieno  e  4ì  pietate. 
Visitò  le  sepolte  ossa  onorate . 


cix. 


Giunto  alla  tomba,  ove  a  celeste  Divo 
Alzar  adorno  tempio  in  se  prefisse; 
Pallido,  freddo,  muto,  e  quasi  privo 
Di  moto,  al  freddo  marmo  i  lumi  afSsser 
Alfin  sgorgando  un  lagrimoso  rivo, 
In  un  languido  oimè  proruppe,  e  disse: 
O  sasso  caro  ed  onorato  tanto, 
Che  dentro  bti  le  mie  fiamme,e  fuori ilpiaato; 

ex. 

Non  di  morte  sei  tu ,  ma  di  vivaci 
Ceneri  albergo,  ov'è  sepolto  Amore: 
£  ben  sent'  io  da  te  1'  usate  faci , 
Men  dolci  si,  ma  non  raen  calde  al  core. 
Deh  prendi  i  miei  sospiri,  e  questi  baci 
Prendi,'  ch'io  bagno  di  doglioso  umore, 
E  dalli  tu  (  poich*  io  non  posso  )  almeno 
A  lei ,  che  giace  nel  tuo  freddo  seno . 


CONQUISTATA  77 

CXI. 

Dalli  a  lei  tu  :  che  se  mai  gli  occhi  gfira 
L* anima  bella  alle  sue  belle  spoglie , 
Pietate  avrà  del  mio  languir,  non  ira, 
Ch'odio  e  sdegno  nel  Ciel  non  si  raccoglie. 
Perdona  ella  il  mio  fallo;  e  sol  respira 
In  questa  speme  il  cor  fra  tante  doglie  : 
Sa ,  eh'  empia  è  sol  la  mano;  e  non  Tè  noja. 
Che  se  amando  lei  vissi,  amando  i'moja. 

CXII. 

Ed ,  amando,  morrò  :  Felice  giorno, 
Quando  che  sia;  ma  più  felice  molto, 
Se  come  errando  giro  a  te  dintorno 
Àllor  sarò  dentro  al  tuo  grembo  accolto. 
Faccian  l'anime  amiche  in  un  soggiorno^ 
Sia  r  un  cenere  e  V  altro  in  un  sepolto  : 
Ciò,  eh' il  viver  non  ebbe,  abbia  la  morte, 
O  (se  lece  sperar)  felice  sorte! 

CXIII 

Confusamente  si  bisbiglia  intanto 
Del  caso  reo  nella  rinchiusa  Terra  : 
Poi  s' accerta,  e  divolga  ;  e  in  ogni  canto 
Della  città  smarrita  il  romor  erra , 
Misto  di  gridi  e  di  femineo spianto: 
Non  altrimenti,  che  se,  presa  in  guerra, 
Tutta  ruini;  e'I  foco,  e  i  nemici  empj 
Volino  per  le  case, e  per  li  tempj. 

CXIT. 

Ma  tutti  gli  occhi  Arsete  in  sé  rivolve, 
Con  flebil  voce,  e  lagrimoso  aspetto, 
Ch'in  larghissimo  pianto  alfine  ei  solve 
Il  duol,  che  troppo  è  d'indurato  affftto: 
E  i  bianchi  crini  suoi  d'immonda  polve 
Si  sparge  e  brutta,  e  fìede  il  viso  e  '1  petto, 
Or  mentre  in  lui  volte  le  turbe  or  sono  f 
Argante  parla  in  lagrimabil  suono: 


Beo  voleVio,  quando  primier  m'accorsi 
Che  fuor  si  rimanea  la  fida  scortai 
Seguirla  immanttneote,  e  ratto  coni  ^ 
Perch'ells  ivi  noD  fosse  o  presa*  o  mofte. 
Che  uon  feci,  o  noa  dissi?  o  quaì  noo  poni 
'Preghiere  al  Re,  che  fesse  aprir  la  porta7 
Erme,  pronte  e  contendente  io  laoo,'^' 
CuH'imperio  afìirend,  ch'è  qui  sopnaò. 

Ahi ,  che  s' alton  usciva ,  o  dal  periglio 
Qui  la  Guerriera  ricondotta  avrei ,  - 
O  chiusi,  ov'ella  il  terren  fé  Termico,' 
Con  memorabil  fine  ì  ^omÌ  miei . 
Ma  che  poter'  io  più  ?  parve  al  consiglio 
Degli  uofnini  altramente  e  degli  Dei. 
Elia  muri  di  fatai  morte  ;  ed  Ìo 
Quanto  conviensi  a  me  già  non  obblio. 

Odi,  Oerusalem,  ciò  che  prometta 

Argniite;  odi  '1  tu,  Cielo:  e  s'in  ciò  manco, 
Fulmina  sul  mio  capo.  Io  la  vendetta 
Giiiru  di  fire  in  Guerrier  forte  e  Frane»), 
Che  per  la  costei  morte  n  me  s'aspetta  : 
Nf-  questa  spada  mai  depor  dal  fianco, 
Insin,  ch'ella  a  Tancredi  il  cor  non  passi, 
E  le  sue  membra  a*  corvi  in  preda  io  lassi  . 

Così  diss'egli;  e  meati  gridi  e  vari 
Sia* al  Cielo  seguir  le  voci  estreme: 
E  temprò,  imnginnndo  i  pianti  amari 
La  promessa  vendetta  in  quel  che  geme. 
O  vani  giuramenti!  alfin  contrari 
Gli  effetti  ivi  seguir  dell'atta  speme: 
E  cadde  l'empio,  in  tenzon  pari  estinto. 
Sotto  colui,  ch'ei  fa  già  preso  e  vinto.. 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  decimosesto 

ARGOMENTO 

Perchè  a  macchine  il  Franco  ornai  non  sperì  , 
Empie  la  tei? a  di  demonj  Ismeno  . 
Quanti  van  per  tagliar,  da'moatri  fon 
Scacciati  «  sol  Tancredi  taglia  almeno  : 
Ma  pietà  tien  gli  arditi  suoi  pensieri . 
Che  vien  l'oste  d'Egitto,  inteso  appieno 
Da  una  colomba  in  modo  strano  il  Duce , 
Manda  a  spiar  gli  eserciti ,  ch'adduce  • 

Appeena  cadde  la  gran  torre  accensa. 

La  qual  dianzi  espugnò  T eccelse  mura, 

Che  di  nuov'arti  Ismeno  in  sé  ripensa, 

Perchè  più  resti  la  città  secura  : 

E  impedir  vuol  la  selva  orrida  e  densa, 

Ch'ebbe  già  lieta  vista,  or  Tha  sì  oscura  : 

Perchè  contra  Sion  battuta ,  e  scossa, 

Nuova  mole  rifarsi  indi  non  possa . 

II. 

Sorgea  in  ombrosa  valle  alta  foresta 

incontra'!  Sol,  eh' ali* Orizzonte  ascende; 
£  spargea  d'ogn'iutorno  ombra  funesta, 
Foltissima  di  piante  antiche  orrende: 
E  luce  dubbia,  t  scolorita,  e  mesta 
Vavea  nel  Torà,  che  pia  ì  Sol  risplende; 
Quale  in  hubtio  Giel  talor  si  vede , 
SeH  dì  albi  notte ,  o  a'  ella  al  di  succede  • 


8o  LA  GERUSALEMME 

III* 
Mai  quando  parte  il  Sol ,  tosto  ivi  adombra 

Notte,  nube,  caligine,  ed  orrore 

Dal  monte,  che  sovrasta,  e  gli  occhi  ingombn 

D'oscuritate,  e  di  spavento  il  core  : 

Ne  mai  greggia,  od  armento  all'acque,  all'oìabB 

Guida  bifolco  mai,  guida  pastore: 

Ne  v'entra  peregrin,  se  non  smarrito; 

Ma  lunge  passa,  e  la  dimostra  a  dito  • 


IT. 


Ivi  fu  già  tra  V  onde  e  1  verde  monte 
V  idol  sacro  a  Moloc  in  valle  ameoa  , 
Ove  il  Re  di  Vitello  avea  la  fronte , 
£  braccia  accese  alF  altrui  fiera  pena  : 

10  parlo  cose  già  pia  illustri  e  conte, 
Ch'  or  per  la  lunga  età  son  note  appena  ; 
Ma  sotto  r  ombre  ancora  il  popolo  eaipio 
Quel  lascivo  rinnova  antico  esempio. 

Perché  dove  tagliò  l' infame  bosco  , 
£  la  statu.ì  spezzò  fiera  e  sanguigna 

11  buon  ()sia,  al  Ciel  più  scuro  e  fosco  , 
Quel  terren  si  rinselva,  e  si  ralligna: 

£  piante  ombrose  con  amaro  tosco 
Luce  vi  fan  più  incerta  e  più  maligna  :  * 
£  s' udia  spesso  in  quel  medesmo  loco. 
Quasi  di  trombe  un  suon  turbato  e  reco. 


▼I. 


Ivi  le  Maghe  accolte  sono;  e'I  vago 
Con  ciascuna  di  lor  notturno  viene: 
Vien  sovra  i  nembi  ;  e  chi  d'un  fero  drago 
Echi  forma  d'un  cnpro  informe  tiene  . 
Consiglio  infame,  che  fallace  imago 
Suole  allet!;ir  di  desialo  bene 
A  celebrar,  con  pompe*  immonde  e  sosie» 
Il  profani  conviti,  e  Tempie  nozze . 


CONQUISTATA  8i 

Tfl. 

Cosi  credeasi  ;  ed  abitante  alcuno 
Dal  fero  bosco  mai  ramo  non  svelse; 
Ma  i  Franchi  l'atterrar,  perch'ei  sol  uno 
Materia  diede  lor  per  l'opre  eccelse. 
Or  qui  sen  venne  il  Mago  all' aer  bruno  , 
£  della  notte  alto  silenzio  ei  scelse: 
Di  quella  dico,  che  primier  successe; 
£  suo  cerchio  formovvi ,  e  i  segni  impresse . 

TIII. 

E  scinto,  e  nudo  un  pie,  nel  cerchio  accolto, 
Mormorò  potentissime  parole  : 
Tre  volte  volse  all'Oriente  il  volto  , 
Tre  volte  a' regni ,  ove  dechina  il  Sole  ; 
£  tre  scosse  la  verga,  ond'  uom  sepolto 
Trar  dalla  tomba,  e  dargli  il  moto  ei  suole  ; 
£  tre  col  piede  scalzo  il  suol  percosse, 
Poi  col  grido  la  terra  e'i  Ciel  commosse. 

IX. 

udite,  udite,  o  voi,  che  dalle  stelle 
Precipitar  giù  i  folgori  tonanti  ; 
£  voi ,  che  le  tempeste  e  le  procelle 
Movete,  abitator  dell'aria  errantr, 
£  voi,  eh' air  alme  dispietate  e  felle 
Ministri  sete  d^li  eterni  pianti , 
^  Or  cittadini  dell'Inferno,  udite, 
£  tu  Re,  odi ,  dell'avara  Dite. 


X. 


Prendete  in  guardia  questa  selva,  e  queste 
Piante,  che  numerate  a  voi  consegno. 
Com'è  il  corpo  delPalma  albergo  e  veste. 
Or  sia  de' nudi  spirti  il  duro  legno  : 
Onde  il  Franco  ne  fugga,  o  alnien  s'arreste 
Nei  primi  colpi ,  e  tema  il  fero  sde^^no: 
Disse;  e  quelle,  ch'aggiunse,  orrihil  note  , 
Lingua,  s'empia  non  è,  ridir  non  puote  . 
G.  Coiiy.  T.ML  6 


82  LA  GERUSALEUHE 

ZI. 

A  quel  parlar, le &ci,  onde  s'adorna 
II  seren  della  notte,  egli  scolora  i 
E  la  Luna  si  turba ,  e  le  sue  coma 
Di  nube  avvolge,  e  non  appar  più  fooia. 
Irato ,  i  gridi  a  raddoppiai*e  ei  torna  : 
Spirti  invocati,  or  non  vei) ite  ancora  ? 
Forse  aspettate  ,  o  neghittosi  e  lenti , 
Suon  di  voci  più  occulte  o  più  possenti  ? 

zìi. 

Per  lungo  disusar  già  non  si  scorda 
L'arte,  a  cui  dà  la  morte  ampio  tributo  : 
E  so  con  lingua  anch'io,  di  sangue  lorda. 
Quei  nome  risonar  grande  e  temuto , 
A  cui  né  Dite  mai  ritrosa ,  o  sorda, 
Né  tracotato  in  ubbidir  fu  Pluto  • 
Ma  ecco  io  già:  volea  più  dire;  e'ntanto 
Conobbe,  ch'ubbidiano  al  fero  incanto. 

XITI. 

Veniano  ionumerabili  infiniti 
Spirti,  parte,  chen  aria  alberga  ed  erra , 
Parte  di  quei ,  che  son  dei  foudo  usciti 
Caliginoso  dell* opaca  terra: 
Lenti  e  del  gran  divieto  anco  smarriti , 
Ch'  impedi  loro  il  trattar  Tarme  in  guerra  ; 
Ma  qui  venirne  or  non  si  vieta  e  toglie 
Tra*  duri  tronchi  e  le  silvestri  foglie. 

XIT. 

Il  Mago,  poich'omai  nulla  più  manca, 

Da  quel  notturno  incanto  al  Re  sen  riede: 
Signor,  lascia  ogni  dubbio,  e  1  cor  rinfranca 
Ch  ornai  sicura  è  questa  eccelsa  sede: 
Né  rinovar  può  gente  ardita  e  franca 
L'alte. machine  sue,  cornicila  crede  • 
Così  gli  dice;  e  poi  di  parte  in  parte 
Narra  gli  effbtti  della  magica  arte. 


CONQUISTATA  96 

XT. 

Soggiunge  appresso:  Or  cosa  aggiungo  a  queste 
Fatte  da  me ,  ch'a  me  non  meno  aggrada  : 
Quando  fia.il  Sol  nel  gran  Leon  celeste  , 
Vibrerà  Marte  seco  ardente  spada. 
Né  potran  più  temprar  l'arsure  infeste 
Àure  o  nembi  di  pioggia  o  di  rugiada  ; 
Ma  1  Cane  insieme  uscito ,  orrida  fiamma 
Spargerà ,  che  la  terra  e  '1  Cielo  infiamma . 

XTI. 

Ed  Orion,  già  prima  in  Ciel  risorto, 
Vedremo  allor  come  sì  scopra  e  mostri , 
Fiammeggiando  col  ferro  adunco  e  torto . 
Ma'l  segno,  amico  a' tuoi  nemici  e  nostri^ 
Dopo  i  Gemelli  fia  nel  lucido  orto 
Caduto,  e  sparso  da'stellanti  chiostri. 
£  quanto  appare  in  Ciel,  tutto  predice 
Aridissima  arsura  ed  infelice . 


xrii. 


Qui'l  caldo  fia,  qual  nell'adusta  arena 
Ferve  tra  Mauri tani,  o  Garamanti: 
Pur  a  noi  fia  di  men  gravosa  pena , 
Tra  l'acque,  e  V  ombre,  e  i  fior  si  varj  e  tanti. 
Ma  i  Franchi  in  terra  asciutta  e  non  amena 
Languir  vedransi,  e  non  passare  avanti. 
E  perch'arroge  all'  infelice  ardore. 
Torcesti  il  corso  al  dolce  e  freddo  umore. 


XTI  II. 


Né  solo  intorbidasti  i  chiari  fonti , 
Ma  da  marmoree  conche ,  e  lucide  urne , 
Coir  industria  de' tuoi ,  che  fur  sì  pronti 
In  molti  mesi  all'opere  diurne; 
Sotto  le  valli,  e  sotto  i  cavi  monti, 
Per  tenebrose  vie,  quasi  notturne. 
In  due  gran  laghi  Tacque  hai  qui  condutte , 
Di  fiior  lasciando  l'altre  parti  asciutte . 


84  LA  GERUSALEMME 

Guerreggerai  sedendo;  e  la  fortuna 

Moii  cred'io,  che  tentar  molto  convegoa; 
Ma  se'l  tuo  figlio  altier,  che  posa  alcuna 
Non  vuole,  e  bench'onesta  ancor  la  sdegoii 
S'accende ,  come  suol ,  d*  ira  importuna; 
Trova  modo  pur  tu,  eh* a  freno  il  tegna: 
Che  molto  non  audrà ,  chel  Cielo  amioo 
A  te  pace  darà ,  guerra  al  nemico  • 

XX. 

Or  questo  udendo,  il  Re  più  s'assecura , 
Sicché  non  teme  le  nemiche  posse» 
Già  riparate  in  parte  avea  le  mura. 
Che  da  montoni  T impeto  percosse: 
Con  tutto  ciò  non  rallentò  la  cura 
Di  ristorarle  ,  ove  sian  rotte  e  mosse  : 
Le  turbe  tutte  e  cittadine,  e  serve. 
Sudano  or  qui  :  Topra  continua  ferve  . 

XXI. 

Ma  in  questo  mezzo  il  pio  Signor  non  vuole, 
Che  la  forte  cittadeinvan  si  batta, 
Se  non  è  prima  la  maggior  sua  mole, 
Ed  alcune  delTaltre  ancor  rifatta . 
£  i  fabri  al  bosco  invia,  che  porger  suole 
Ad  uso  tal  pronta  materia  ed  atta. 
Questi  air  oscura  selva  andar  colKalba  , 
Quando  l'oscuro  Ciel  primier  s'inalba. 

XXII. 

Qual  semplice  bambin  mirar  non  osa. 
Dove  insolite  larve  abbia  presenti . 
O  come  pavé  nella  notte  ombrosa, 
Imagìnandopur  mostri  e  portenti: 
Tal  uom  temea  d'estrania  orribil  cosa  , 
Non  conoscendo  pur  quel,  ch'ei  paventi  : 
Se  non  ch'il  timor  forse  a' sensi  finge 
Maggior  prodigio  di  Chimera,  o  Sfinge  • 


CONQUISTATA  85 

xxtii. 

Torna  la  turba  :  e  timida  e  smarrita 
Varia  e  confonde  si  le  cose ,  e  i  detti , 
Ch'ella  nel  raccontar  n'è  poi  schernita, 
Né  son  creduti  i  mostruosi  effetti. 
Allor  vi  manda  il  sovran  Duce  ardita 
E  forte  squadra  di  guerrieri  eletti , 
Acciocch' all'altra  sia  secura  scorta, 
Quando  il  timor  Tassale  e  la  sconforta. 

XXIT. 

Questi  appressando  ove  il  lor  seggio  han  poster 
Gli  erapj  Deroonj  in  quel  selvaggio  orrore, 
Non  rimirarle  nere  ombre  sì  tosto, 
Che  lor  si  scosse,  e  tornò  ghiaccio  il  core: 
Pur  oltre  ancor  sen  gian,  tenendo  ascosto 
.Sotto  audaci  sembianti  il  vii  timore , 
E  tanto  s'avanzar,  che  lunge  poco 
Erano  ornai  dall'  incantato  loco^ 

xxt. 

Esce  allor  dalla  selva  un  suon  repente , 
Che  par  rimbombo  di  terrea ,  che  trema  ; 
E  d*Euro^  e  d' Austro  il  mormorar  si  sente  f 
E  quel  dell'onda ,  che  si  rompa  e  gema  : 
Come  rugge  il  leon ,  fischia  il  serpente  , 
Com'urli  lupo,  e  come  Y  orso  frema, 
Vodi  ;  e  con  alto  tuono  orribil  tromba  : 
Di  COSI  varj  suoni  un  suon  rimbombai . 


HXTI. 


In  tutti  allora  impallidir  le  gote; 
E  la  temenza  a  mille  segni  apparse; 
Né  cotanto  valore  ,  o  ragion  puote, 
Ch'osin  di  gire  avanti,  o  di  fermarse  : 
Ch'air  occulta  virtù ,  che  lor  percuote, 
Son  le  difese  loro  anguste  e  scarse. 
Fuggono  alfine  ;  un  d'essi  in  questa  guisa 
Al  Duce  il  fatto  di  narrar  s'avvisa  . 


86  LA  GERUSALEMME 

XXTII. 

Signor,  non  è  di  noi  chi  più  si  vantc 
Di  troncar  la  guardata  orribil  selva , 
Ch'  io  credo  (e'I  giurerei)  eh'  in  quelle piarij 
Ogni  mostro  d'Inferno  or  si  rinselva* 
Ben  ha  tre  volte  il  cor  d' aspro  diamante 
Bicinto ,  e  fero  è  più  di  fera  belva  ; 
Chi  intrepido  la  guarda,  e  poi  s'arrucliia 
Là  Ve  tonando  insieme  e  rugge ,  e  fl^hia  • 


XXTII  t. 


Cosi  costui  parlava  ;  e  Drogo  or  v*era  , 
Fra  molti,  che  Fudian ,  vicino  a  sorte  : 
Uom  di  temerità  superba  e  fera, 
Sprezzator  de'mortali ,  e  della  morte  ^ 
Che  non  avria  temuto  orribil  fera , 
Ne  mostro  estranio,  e  pauroso  al  forte p 
Ne  tremoto,  ne  folgore,  ne  vento , 
Ne  s' altro  porge  più  tema  o  spavento  • 

XXIX. 

Crollava  il  capo,  e  sorridea,  dicendo  : 
Dove  costui  non  o^ ,  io  gir  confido  ; 
Io  sol  quel  bosco  di  troncare  intendo  ^ 
Che  di  torbidi  sogni  è  fatto  nido: 
Già  noi  mi  vieterà  fantasma  orrendo  , 
Non  di  selva,  o  d'augei  fremito  o  grido, 
O  pur  tra  quei  si  spaventosi  chiostri 
D'ir  neir  Inferno  il  varco  a  me  si  mostri. 


XXX. 


Tal  si  dà  vanto  ;  e  vèr  V  oscura  e  folta 
Selva  guardata  il  cavalier  s'invia; 
£  rimira  quel  bosco  ;  e  poscia  ascolta 
Quel,  che  da  lei  nuovo  rimbombo  uscia  ; 
Ne  pero  il  piede  audace  indietro  volta  ; 
Ma  iutrepido  e  sicuro  oltra  sen  già  ; 
E  già  calcato  avrebbe  il  suol  difeso; 
Ma  se  gli  oppone  (o  pare)  un  foco  aceso  • 


CONQUISTATA  87 

XXXI. 

Cresce  il  gran  foco,  e'n  forma  d'alte  mura 
Stende  le  fiamme  torbide  e  fumanti , 
E  ne  cinge  quel  bosco,  e  l'assicura, 
Ch'altri  gli  alberi  suoi  non  tronchi  o  schianti. 
Le  maggiori  sue  fiamme  hanno  figura 
Di  castelli  superbi  e  torreggianti  ; 
E  di  machine  ardenti  anco  ha  munite 
Le  torri  sue  questa  superba  Dite . 

XXXII. 

O  quanti  appajon  mostri  armati  in  guarda   . 
Degli  alti  merli!  e'n  che  terribil  faccia! 
De'quai  con  occhi  biechi  altri  il  riguarda; 
E  dibattendo  Tarme  altri  minaccia. 
Fugge  egli  alfine;  e  ben  la  fuga  è  tarda , 
Qual  di  leon ,  che  si  ritiri  in  caccia  ; 
Ma  pur  è  fuga  ;  e  pur  gli  scuote  il  petto 
Timor,  sino  a  queir  ora  ignoto  affetto . 

XXXIII. 

Non  s'avvede  egli  allor  d'aver  temuto, 
Ma  fatto  poi  lontan ,  ben  se  n'accorse , 
E  stupor  n'ebbe  e  sdegno;  e  dente  acuta 
D' amaro  pentimento  il  cor  gli  morse  : 
E  di  trista  vergogna  acceso ,  e  muto , 
Lange  da  tutti  gli  altri  i  passi  torse  : 
Che  quella  &ccia  alzar  così  orgogliosa 
Fra  tanti  cavalieri  ei  più  non  osa . 

XXXIT. 

Chiamato  da  Goffredo,  indugi ,  e  scuse 
Trova  all'indugio^  e  di  restarsi  agogna: 
Pur  va,  ma  lento,  e  tien  le  labra  chiuse , 
O  gli  ragiona  in  guisa  d'uom,  che  sogna. 
Difetto ,  o  fuga ,  il  capitan  conchiuse 
In  lui  da  quella  insolita  vergogna . 
Poi  disse  :  Ciò  che  fia  ?  forse  prestigi 
Son  questi  ?  o  di  mal'arte  opre  o  prodigj  ? 


88  Là  GERUSALEMME 


XXXT. 


Ma  s' alcun  v'  ha,  cui  iiobii  voglia  acceada 
Di  tentar  que  selvaggi  aspri  soggiorni; 
Vadane  pure ,  e  tutto  veggia,  e  nteada, 
£  messaggier  più  certo  a  noi  ritorni. 
Così  diss'egli  ;  e  la  gran  selva  orrenda 
Tentata  fu  ne* duo  seguenti  giorni  ; 
Ma  ciascuno  affermò  che  fiero  incanto 
L'aveva  in  guardia  «  e  non  si  die  più  vanto. 

XXXTI. 

Era. il  Prenze  Tancredi  intanto  sorto 
A  seppellir  la  sua  diletta  amica; 
Bench'egli  in  volto  sia  languido  e  smortOi 
£  mal  atto  a  portar  elmo  o  lorica; 
Ma  dappoiché*!  timor  degli  altri  ha  scorto , 
£i  non  ricusa  il  rischio  o  la  fatica: 
ChèT  cor  vivace  il  suo  vigor  trasfonde 
Al  corpo  si ,  che  par  eh* ornai  n*abonde  . 

X:XXT1T. 

Vassene  il  valoroso ,  in  sé  ristretto  , 
Tacito  e  solo  al  pauroso  bosco, 
E  sostii'u  della  selva  il  fero  aspetto, 
Qual  nuovo  Inferno  spaventoso  e  fosco  : 
Ne  per  tuon  sbigottisce  il  forte  petto, 
O  per  belva  che  spire  fiamiia  o  tosco. 
Trapassa  :  ed  ecco  in  qnel  selvaggio  loco 
Sorge  improviso  la  Città  del  foco  . 

XXXTIII. 

Allor  s'arretra,  e  dtibbio  alquanto  resta  : 
Che  giovan  qui  (  dicendo)  o  forze  od  armi? 
Fra  gli  artigli  de* mostri.  e*n  gola  a  questa 
Devoratrice  fiamma  andrò  a  gettarmi? 
Non  mai  la  vita,  ove  cagione  onesta 
Del  comnn  prò  la  chieda,  altri  risparmi: 
Ne  troppo  largo  ei  sia  d'anima  grande; 
£  tale  e  ben ,  se  qui  la  versa  e  spande . 


CONQUISTATA  89 

xxxtx. 

Pur  gli  altri  che  diran?  s'indarno  riedo  : 
Qual' altra  selva  ho  di  troncar  speranza? 
Ne  intentato  lasciar  vorrà  Goffredo 
Mai  questo  varco  :  or  s' oltre  alcun  s'avanza? 
Forse  V  incendio,  che  qui  sorto  io  vedo . 
Fia  d'effetto  minor,  che  di  sembianza. 
Ma  sia  che  può  ;  se  fosse  ancor  Y  Inferno , 
lol  passo:  oh  degno  ardir  di  nome  eterno! 

XL. 

Né  sotto  Tarme  già  sentir  gli  parve 
Caldo  o  fervor,  come  di  foco  intenso; 
Ma  pur  se  fosser  vere  fiamme  o  larve, 
Mal  potè  giudicar  si  tosto  il  senso: 
Perchè  repente  appena  tocco  sparve 
Quel  simulacro;  e  giunse  un  nuvol  denso  , 
Che  portò  notte  e  verno,  e'I  verno  ancora 
Si  dilegua  coir  ombra  in  picciol'  ora  . 

X£I. 

Maraviglioso  e 'n trepido  rimane 
Tancredi;  e  poich'il  Cielo  intorno  è  cheto. 
Nelle  soglie  di  morte  ampie  e  profane 
Entra  securo,  e  spia  l'alto  secreto  : 
Né  più  apparenze  inusitate  o  strane , 
Né  trova  alcun  fra  via  scontro  o  divieto  ; 
Se  non  se  il  nero  bosco  orrido  troppo. 
Che  per  se  stesso  a' passi  è  duro  intoppo . 

XLff. 

Alfine  un  largo  spazio  in  forma  scorge 
D'anfiteatro,  e  non  è  piant;i  in  esso. 
Salvo  che  nel  suo  mezzo  altero  sorge , 
Qual  piramide  eccelsa,  alto  cipresso  . 
Ei  là  si  drizza,  e  nel  mirar  s'accorge, 
Ch'era  di  varj  segni  il  tronco  impresso, 
Simili  a  quei ,  ch'in  vece  usò  di  scritto 
L' antico  già  misterioso  Egitto*. 


go  LA  GERUSALEMMt 

XLIII. 

Fra  i  segni  ignoti  alcune  note  ha  Acorte 
Del  sermon  di  Soria,  ch'ei  ben  possiede  : 
Tu ,  che  ne'  chiostri  delFavara  morte 
Osasti  por,  Guerriero  audace,  il  piede  : 
Deh ,  se  non  sei  crudel ,  quanto  sei  forte  » 
Deh  non  turbar  questa  secreta  sede  : 
Perdona  all' alme  ornai  di  luce  prive  : 
Non  dee  guerra  co' morti  aver  chi  vive. 

XLIT. 

Cotai  note  leggendo  ,  egli  era  intenlQ 
Delle  brevi  parole  a' sensi  occulti . 
Fremer  intanto  udia  continuo  il  vento 
Tra  le  frondi  del  boscose  tra  i  virgulti: 
E  un  suono  uscir,  che  flebile  conceuta 
Par  d'umani  sospiri  e  di  singulti  ; 
£  un  non  so  che  confuso  instilla  al  core 
Di  pietà ,  di  spavento,  e  di  dolore  . 

XLT- 

Pur  tragge  alfin  la  spada  ;  e  con  gran  forza 
Percote  l'alta  pianta:  oh  maraviglia  ! 
Manda  fuor  sangue  la  recisa  scorza,  • 

E  fa  la  terra  intorno  a  sé  vermiglia, 
l'utto  ei  s'empie  d' orrore ,  e  più  rinforzai 
Il  colpo,  e'I  fin  vederne  ei  si  consiglia  : 
E  quasi  d'un  sepolcro  uscire  ei  sente 
Un  sospiroso  gemito  dolente . 

XZ.TX. 

Che  poi  distinto  in  voci:  Ahi  troppo  (disse) 
M'hai  tu,  Tancredi,  offeso,  or  tanto  basti. 
Tu  del  corpo,  che  meco,  e  per  me,  visse» 
Felice  albergo  già ,  mi  discacciasti  : 
Perch'il  misero  tronco,  a  cui  m'affisse 
Il  mio  duro  destino,  ancor  mi  guasti? 
Crudel ,  dopo  la  morte  offendi  i  lassi 
Spirti ,  ch'in  tomba  rippsar  non  lassi? 


CONQUISTATA  91 

XLTIl. 

Clorinda  fui  :  né  sol  qui  spirto  umano 
Aspetto  il  suon  della  divina  tromba , 
Ma  ciascun  altro  ancor  Franco ^  o  Pagano, 
Ch'ai  Ciel  non  può  volar,  quasi  colomba, 
Astretto  è  qui  dal  suo  destin  sovrano , 
Non  so  s  io  dica ,  in  corpo,  o  'n  viva  tomba  : 
Son  di  senso  animati  i  rami  e  i  tronchi; 
£  micidial  sei  tu ,  se  legno  or  tronchi . 

XI.T1II. 

Qual  infermo  talor,  ch'in  sogno  scorge 
Drago,  o  cinta  di  fiamme  alta  Chimera  ; 
Sobben  sospetta,  e  'n  parte  anco  s'accorge, 
Che  simolacro  sia,  non  forma  vera; 
Pur  desia  di  fuggir ,  tanto  gli  porge 
Spavento  la  sembianza  orrida  e  fera  : 
Tal  il  timido  amante  appien  non  crede 
A' falsi  incanti ,  e  pur  s'arretra ,  e  cede . 

3IX.TX. 

E  si  da  varj  effetti  in  lui  conquiso 

E  lo  suo  cor,  ch'egli  s'agghiaccia,  e  trema, 
E  nel  moto  possente  ed  improvviso , 
Gli  cade  il  ferro,  e  cresce  orrore,  e  tema:  • 
Va  fuor  di  sé;  presente,  e  quasi  in  viso, 
Vede  la  donna  sua ,  che  plori  e  gema: 
Ne  può  soffrir  di  rimirar  quel  sangue, 
Né  quei  gemiti  udir  d'egro,  che  langue  • 

Cosi  quel  contra  morte  audace  core 
Nulla  forma  turbò  d'alto  spavento: 
Ma  lui,  che  debil  solo  è  contra  Amore, 
Falsa  imago  deluse,  e  van  lamento. 
Il  suo  caduto  ferro  intanto  fuore 
Portò  del  bosco  impetuoso  vento  ,* 
Sin  che  vinto  partissi,  e'n  sulla  strada 
Ripigliò  poi  la  sua  caduta  spada  • 


9a  L4  GERUSALEMME 

Pur  non  tornò;  né  ritentando  ardlo 
Spiar  di  nuovo  le  cagioni  ascose  • 
E  poiché ,  giunto  al  sommo  Duce^  unio 

«   Gli  spirti  alquanto,  e  F animo  compose. 
Incominciò  :  Signor,  nunzio  son  io 
Di  non  credute  e  non  credibil  cose  . 
Ciò,  che  dicean  del  bosco  orrido  e  fero, 
E  del  suon  paventoso,  é  tutto  vero  • 

Maraviglioso  foco  indi  m^apparse, 
Senza  materia  in  un  momento  appresa; 
Che  sorse,  e  fiammeggiando  un  muro  farie 
Parve ,  e  d'armati  nrostri  esser  difeso  : 
Pur  vi  passai,  che  né  T incendio  m' arse , 
Né  dal  ferro  mi  fu  Tandar  conteso  : 
Vento  era  intanto  e  notte,  e  poscia  il  giorno 
E  la  serenità  facea  ritaruOr 


LUI. 


Ancor  dirò ,  eh'  agli  alberi  dà  vita 
Spirito  uman ,  che  sente,  e  che  ragiona  r 
Io  il  so  per  prova ,  e  n*ho  la  voce  udita  « 
6he  nel  cor  flebilmente  ancor  mi  suona  r 
Stilla  sangue  de*  tronchi  ogni  ferita , 
Quasi  di  molle  carne  abbian  persona. 
No  no,  più  non  potrei  (,viuto  mi  chiamo  ) 
Ne  corteccia  scorzar ,  né  sveller  ramo  . 


I.IT. 


Cosi  dice  egli;  e'I  sommo  Huce  ondeggia 
In  gran  tempesta  di  pensieri  intanto  : 
Pensa  ,  s'egli  medesrao  andar  là  deggia 
(Che  tal  lo  stim.i)  a  ritentar  T incanto. 
O  se  pur  di  materia  illr.ì  proveggia, 
Lontana  più,  m^  non  difficil  tanto. 
Ma'l  pio  Romito  dal  pensier  profondo 
Il  rappella  ,  eh* al  core  è  grave  pondo  . 


CONQUISTATA  gS 

Lascia  il  pensiero  ardito;  altri  conviene, 
Che  delle  piante  sue  la  selva  spoglie. 
Ma  chi  deir  iodegnissime  catene 
Il  bramato  guerriero  ornai  discioglie? 
Mentre  il  mar  carco,  e  le  minute  arene 
Son  di  schiere ,  e  di  navi ,  e  d'auree  spoglie  ? 
Già  il  nemico  possente  a  turba  afflitta 
Più  s'avvicina ,  e  Fora  è  in  Ciel  prescritta . 

ITI. 

Cosi  dicea,  quasi  di  fiamma  in  volto, 
Ancor  volanti,  e  fervide  parole, 
E'I  pio  Goffredo  a  quel  pensier  rivolto, 
Più  neghittoso  omai  cessar  non  vuole. 
Ma  nel  mezzo  del  cancro  omai  raccolto. 
Apporta  arsura  inusitata  il  Sole, 
Ch'a*suo  guerrieri,  a'suoi  desir  nemica, 
Insopportabil  rende  ogni  fatica . 

LTlt.    ■ 

Mentre  rinnova  pur  l'ampia  cittade 
L'arme  contra  i  nemici,  e  le  difese. 
Vaga  colomba  per  cerulee  strade 
Vista  è  passar  sovra  il  Signor  Francese, 
Che  non  dibatte  i  presti  vanni;  e  rade 
Quelle  liquide  vie  coli' ali  tese; 
£  già  la  messaggiera  peregrina 
Dall'alte  nubi  alla  Città  s'inchina  . 


X.TITI 


Quando  l'augel  di  Giove  adunco  il  rostro 

Le  mosse  incontra,  e  con  pungente  artiglio , 
£  le  s'oppose  pur  tra  chiostro  e  chiostro  , 
E  lei  fece  fuggir  tanto  periglio  : 
Quegli  d'alto  volando  al  campo  nostro, 
Dalle  mura  la  spinge,  e  dà  di  piglio  : 
£  già  al  tenero  capo  il  piede  ha  sovra . 
Ella  nel  grembo  al  pio  Signor  ricovra . 


94  LA  GERUSALEMME 

La  raccoglie  Gof&edo ,  e  la  difende  : 

Poi  scorge,  in  lei  guardando ,  estrania  coati 

Che  dal  collo,  ad  un  filo  avvinta,  pende 

Binchiusa  carta,  e  sotto  Tale  ascosa. 

La  disserra,  e  dispiega,  e  bene  intende 

Quella,  ch'in  sé  contien  non  lunga  prosai 

A  Ducalto  salute  (era  lo  scritto) 

Manda  il  grande  Ammiraglio,  elRe  d*E^tlOb 

XX. 

Non  sbigottir.  Signor,  resisti,  e  dura 
Al  terzo  di  dopo  T  ottavo ,  e  1  quin  to  ; 
Ch'io  vengo  a  liberar  l'offese  mura , 
£  vedrai  tosto  il  tuo  nemico  vinto . 
Questo  secreto  allor  breve  scrittura 
In  barbariche  note  avea  distinto: 
Dato  in  custodia  al  messaggier  volante , 
Che  tai  messi  in  quel  tempo  usò  il  Levante . 

LXT. 

Libera  il  Duca  la  colomba;  e  quella, 
i  '\  ailor  fuggi,  quando  morir  più  lice  ; 
C/,  n'esser  creda  al  suo  Signor  rubella  , 
T«-  ;:  oso  più  tornar  nunzia  infelice. 
IV!  1.  i  sopran  Duce  i  minor  Duci  appella , 
r  'or  mostra  la  carta ,  e  cosi  dice  : 
Vedete ,  come  il  tutto  a  noi  riveli 
La  providenza  del  Signor  de' Cieli. 

XI.  II. 

La  qual  noi  fa  del  gran  periglio  accorti , 
E  Tajuto  a'uemici  occulto  or  tiene, 
Accio,  che  a  mille  rischi ,  a  mille  morti 
Pronti  qui  siam ,  se  di  morir  conviene  ; 
Benché  al  vincer  piuttosto,  animi  forti 
Preparar  noi  dobbiamo ,  e  'nvitta  spene  : 
Se  pili  gente  menasse  il  Duce  infido, 
Che  non  ha  fronde  il  bosco ,  o  arene  il  lido  • 


CONQUISTATA  gS 

IJCIII. 

Ma  qual  d' aquila  volo,  o  di  colomba 
Veloce  è,  come  la  celeste  aita  ? 
Qui  dove  ebbe  Gesù  tormenti,  e  tomba, 
Aspettar  noi  dobbiam  vittoria,  e  vita  . 
Né  vi  turbi  il  romor ,  ch'alto  rimbomba 
D' innumerabil  turba ,  od  infinita  : 
Che  nostre  fian  le  lor  si  care  salme , 
£  cresceranno  a  voi  trionfi  e  palme . 

XXIT. 

Scenderan,  sefia  d'uopo,  incontra  gli  empj, 
Angeli  amici  da' stellanti  chiostri, 
A'quai  non  son  Tore  prescritte,  o  i  tempi, 
Come  a  noi  tutti,  ed  a'  nemici  nostri . 
Liberarem  la  Città  sacra ,  e  i  Tempj , 
£  cadranno  d'£gitto  i  feri  mostri  : 
£  fia  di  varia  gente ,  e  d' una  terra, 
Vittoria  integra,  in  gloriosa  guerra. 

LXT. 

Tacque;  ciò  detto:  e  quel  che  tutti  avanza 
D'anni  e  di  senno  i  miseri  mortali  : 
Non  convien  (disse)  avere  altra  speranza 
Delle  cose  celesti  ed  immortali  : 
Né  timor  di  barbarica  possanza , 
Perchè  non  siamo  al  numerare  eguali; 
Ma  sperato  dal  Ciel  soccorso,  od  altro. 
Non  fa  buon  Duce  meno  accorto  o  scaltro. 


I.XTI. 


Dunque  al  romor,  che  di  temenza  ingombra 
Solo  ascoltando  l' inesperte  genti , 
£gli  non  si  perturba,  e  non  s'adombra. 
Per  fama  di  perigli,  e  di  spaventi, 
Ma  talor  mandi,  occulto  al  Sole,  all'ombra. 
Chi  passar  fra' nemici  ardisca,  e  tenti  : 
E  dal  falso,  spiando ,  il  ver  distingua , 
Tramutate  sembianze»  abito ,  e  lingua. 


96  LA  GERUSALEMME 

I.XTII. 

E  ne  racconti  il  numero,  e'I  pensiero 
(  Qii:)nto  raccorre  ei  può  )  certo  e  verace. 
So|g;giun^eallor  Tancredi:  Ho  un  mio  scudiero 
eh'  a  questo  officio  di  propor  mi  piace  ; 
Uom  pronto  e  destro ,  e  sovra  i  pie  l^[giero, 
Audace  sì ,  ma  con  grand' arte  audace  ; 
Che  parla  in  molte  lingue,  e  varia  il  noto 
Suon  della  voce,  e'I  portamento,  e*l  molo. 


LUTIIf. 


Venne  colui,  chiamato;  e,  poich'intese 
Ciò,  che  Goffredo,  e'I  suo  Signor  desia. 
Pronto ,  e  ridendo,  alle  sue  usate  imprese 
S' offerse ,  e  disse  :  Or  or  mi  pongo  in  via  : 
Tosto  sarò,  dove  spiegate  e  tese 
Fian  le  tende  in  gran  campo,  occulta  spia* 
Yo'  trapassar  nel  mezzo  di  nel  vallo, 
£  numerarvi  ogni  uomo,  ogni  cavalla* 


LKIX. 


Quanta  e  qual  fra  quell'oste,  e  ciò  che  penn 
Queir  Ammiraglio,  a  voi  ridir  prometto; 
Vantomi  in  lui  scoprir  gV  interni  sensi, 
E  i  secreti  pensier  del  chiuso  petto. 
Così  parla  Vafrino,  e  non  trattiensi  ; 
Ma  cangia  in  lunga  vesta  il  suo  farsetto, 
E  scopre  ignudo  il  nero  collo,  e  prende 
Sottili,  contorno  al  capo  attorte,  beade. 

LXX. 

La  faretra  s'adatta ,  e  1'  arco  Siro  ; 
E  barbarico  sembra  ogni  suo  gesto  . 
Maravìgtiosi ,  ragionar  V  udirò , 
E  'n  si  diverse  lingne  esser  si  presto , 
eh'  Egìzio  in  Menfì,  o  pur  Fenice  io  Tiro, 
L'avria  creduto  e  quel  popolo  e  questo. 
Egli  sen  va  sovra  un  destner ,  che  appena 
Segna  correndo  la  più  molle  arena. 


CONQUISTATA  97 

I.ZXI. 

E  drizzando  il  suo  corso  in  ver  V  Occaso , 
Là  Ve  i  liti  d'Assiria  il  mare  inonda, 
E  là  v'  è  senza  selce  ornai  rimaso 
L'antico  calle,  e  l'arenosa  sponda: 
Dalla  via  dritta  il  torse  un  ampio  vaso 
Di  rozza  pietra  al  suon  di  lucida  onda, 
In  un  bel  seggio  ombroso,  ove  i  bifolci 
Traean  sovente  all'acque  chiare  e  dolci. 

Quivi  mentre  ei  prendea  posa,  e  restauro, 
Meschiando  il  vin  di  Creta  e  Tonda  fresca; 
E  sibilar  udendo  il  pino  ,  e  '1  lauro , 
Dava  al  corpo  digiuno  umore ,  ed  esca  : 
Vi  giunse  uom  di  color  sembiante  al  Mauro, 
A  cui  par,  ch'il  viaggio  ornai  rincresca; 
Ma  r  abito  a vea  greco  e  V  idioma , 
E  come  Greco  lunga  e  eulta  chioma . 

LXXllI. 

Scese  egli  ancora  al  mormorar  dell'acque, 
Ma  vago  più  del  dolce  umor  di  Bacco , 
Che  veduto  e  gustato  ancor  gli  piacque , 
Sicch' empierne  bramò  le  vene,  e'I  sacco  : 
Nullo  bel  ragionar  tra  lor  si  tacque, 
O  di  Persia,  o  d'Egitto,  o  di  Baldacco, 
O  d'altro  regnp,  o  d'altra  parte  estrema, 
Quasi  quivi  nou  sia  periglio ,  o  tema . 

Il  Greco  pronte  avea  l'argute  voci. 

Parlando,  in  raccontar  d* Eufrate,  e  Tigre: 
Sapea  del  Nilo  numerar  le  foci, 
E  le  genti  di  Libia  aduste  e  nigre  : 
E'n  distinguendo  i  popoli  feroci, 
Tartari ,  e  Moschi ,  usò  parole  impigre  ; 
Ma  'n  ragionar  de'  nostri  ha  quasi  intoppo 
La  falsa  lingua,  e  non  discioglie  il  groppo  • 

G.  Canq.  T.  IL^  7 


g8  lA  GERUSALEUIIB 

liner. 

Greco  d*  esser  dìcea ,  che  già  molti  anni 

Guerreggiato  ha  co*  Franchi  in  Asia  e  tìbId; 
E  i  rischi  della  guerra,  e  i  lunghi  affanm. 
Dal  primo  egli  narrava  all'anno  quinto. 
Guata  Vafrino  il  viso,  i  modi,  e  i  panni , 
Ne  presta  intera  fede  al  parlar  finto; 
E  mentre  l' un  contrario  e  T  altro  accoppiti 
S'accorge  ben  che  quella  fraude  è  doppia. 

Ma  pur,  come  già  sia  verace  amico ^ 
E  creda  alle  bugiarde  sue  parole, 
Deir  esercito  chiede  al  suo  nemico 
Il  segno  militar,  che  fu.  Dio  Vuole. 
Il  segno,  che  talor  per  uso  antico 
Chieder  Tuom  dubbio  iq  guerra  all'altro  mxit 
Non  seppe  il  finto  Greco  il  vero  segno , 
£  fé  l'altro  parlar  di  fede  indegno  • 

Ma  di  creder  Vafrino  anco  s*  infinge  , 

Sin  ch*ebro  il  vede,  e  di  parlar  già  atancOi 
E  sovra  Terba,  che  V  umor  dipiqge  , 
Posare  il  capo,  non  che'l  tergo,  o  *1  fianco; 
£  chiuder  gli  occhi  gravi  :  allor  gli  cinge 
La  spada,  che  pendeva  al  Iato  manco  : 
£  mentre  il  sonno  più  Vaffrena  e  lega  ^ 
Col  suo  cinto,  e  con  altri,  egli  il  rilega. 

X,X«TIII. 

Poiché  s' avide,  che  non  può  dar  crollo. 
Svelle  la  chioma ,  e  la  sua  nera  barba , 
Come  fa  della  menta,  o  del  serpollo. 
Il  villan  ,  che  li  coglie,  o  lor  dJbarba  : 
Alfin  premendo  Tuna  mano  al  collo  , 
Che  parea  tinto  dove  nacque  Jarba  ^ 
Gridò:  Confessa,  mentitor  &llace. 
Il  vero  a  me,  se  vita  brami,  e  pace. 


CONQUISTATA  99 

I.XXIX. 

Di',  chi  sei,  donde  vieni,  ov'era  dritto 
Dianzi  il  tuo  corso  errante  e  fuggitivo . 
£  non  mentir,  che  non  sarai  trafitto, 
£  quinci  partirai  satollo  e  vivo . 
Nacqui  in  Cirene  appresso  il  verde  Egitto, 
S'n  Grecia  fui  lunga  stagion  cattivo: 
£  dall'antica  Gaza  or  ne  venia, 
D' un  esercito  alF  altro  amica  spia . 

xxxx. 

Li  rispose  colui,  fioco  e  turbato, 
Sicch' appena  potea  formar  parola  • 
Soggiunse  T altro:  Or  di',  chi  t'ha  mandato 
Senza  timore;  e  rallentò  la  gola. 
Confessa  pure  il  tuo  mestiero  usato, 
£  dove  l'apprendesti,  e'n  quale  scuola. 
Alcun  dell'arte  sua  non  ha  vergogna; 
Ma  tu  ragioni  tn  guisa  d'uom,  che  sogna. 

IXXXI. 

Me  (disse)  l'Ammiraglio  a  questo  affanno 

Co' suoi  doni  ha  sospinto,  e  con  promesse. 

Perchè  brama  saper,  s'ardire  avranno 

I  Franchi  d'aspettarlo  ov'ei  s'appresse: 

O  se  spiegate  pur  le  vele,  andranno 

Dove  é  chi  fila  ip  aspettando  e  tesse , 

A  riveder  ciascun  la  donna,  e  i  figli, 

Già  stanco  della  guerra,  e  de' perigli. 

&XXX11. 
Yafrin  pur  chiede:  Or  senza  inganni,  o  £illi, 

Narra  dove  lasciasti  il  vostro  Duce, 

Dove  giacciono  l'arme;  ove  i  cavalli, 

E  quante  e  quali  schiere  ei  qui  conduce: 

Di' Cora' ogni  altro  ancor  si  cinga  e  valli; 

£  guardi^  faccia  alla  notturna  luce  : 

Quai  siano  i  lor  consigli,  o  i  lor  pensieri, 

£  che  si  tema  in  questa  guerra,  o  speri. 


-V 


• 


loo  LA  GERDS/iLEHMe 

LZXXitl. 

Di  nuovo  il  timoroso  a  lui  ragiona: 

Fuor  di  Gaza  Emiren  gli  Egizj  accampa. 
Che  di  muro,  o  di  vallo  altra  corona 
Non  voler  dice,  in  cui  si  fugge ,  e  scampa: 
Arabi,  Assiri,  Mori ,  ove  risuona 
Il  mar,  han  teso,  e  dove  il  Udo  avvampa; 
Ma  fra  terra  Altamor  co'  Persi  alberga , 
Con  gV  Indi  Adrasto ,  ove  il  terrea  più  a*  ergL 


I.XSTIT. 


Questi,  che  d^ Oriente  estremo  ag^ionse. 
Con  sue  squadre  attendò  lunge  e  *n  dispaile^ 
Perchè  dagli  altri  suo  valor  disgiunse 
Lui ,  che  stimato  è  quasi  un  nuovo  Marte:  ' 
Ed  a' carri  falcati  ivi  congiunse 
Destrier,  che  frena  con  mirabile  arte: 
E  questi  ancor  dall'  Indiane  selve 
Gli  elefanti  conduce,  orride  belve. 


LXXXT. 


Non  v'ha  chi  sentinelle,  o  guardie  faccia 
Fra  tante  schiere,  o  chi  si  cinga  intorno; 
Ma  si  vanta  ciascun,  ciascun  minaccia 
A' Franchi  morte,  e  vergognoso  scorno. 
Copron  le  squadre  la  deserta  faccia  * 
DelTampia  terra,  ovunque  appare  il  «orao: 
E'I  gran  numero  par  d'orrida  turba , 
A  quelle  arene  egual ,  eh'  Austro  perturba. 

LXXXfl. 

Come,  s' il  tuo  destriero  affretti  e  spingi , 
Vedrai  domani  avanti  il  Re  supremo. 
Scioglimi  or,  prego,  amico,  o  là  distringi; 
E  s  ho  mentito,  mi  ritorna  al  remo. 
Vafrin  risponde  :  Tu  lusinghi,  e  fingi; 
Ma  delle  tue  menzogne  ancora  io  temo: 
£  non  farai  da  me  partita ,  o  scampo ^ 
Per  ritornarne  spia  di  campo  in  campo  • 


CONQUISTATA  loi 

Ma  r  amicizia  or  te  dì  giusta  pena 

Guarda,  e  sottragge  a' più  feri  tormenti, 
Se  d'Antiochia,  e  delF orribil  cena 
Di  Boemondo  invitto  anco  rammenti . 
Cosi  dicendo,  il  fere  in  gola,  e  svena , 
E  la  via  tronca  a' dolorosi  accenti  : 
E  r  anima  crudel,  che  geme  e  mugge. 
Dalle  ferite  mormorando  fugge. 

S.XXXTItI. 

Vafrin  lascia  quel  morto;  ed  a  mancina 
Drizza  il  veloce  corso  in  vèr  Ponente, 
Insin  che  Gaza  si  trovò  vicina , 
Che  fu  porto  di  Gaza  anticamente: 
Ma  poi  crescendo  dell'altrui  ruina, 
Città  divenne  assai  grande  e  possente. 
Erano  ivi  le  piagge  allor  ripiene 
Quasi  d' uomini  sì ,  come  d' arene  • 


X.XXXIX. 


Varie  tende  scorgea  di  color  tanti , 
Quanti  non  ebbe  mai  l'Aprii  fiorito . 
Mirava  i  cavalier ,  mirava  i  £ainti 
Ire ,  e  tornar  da  quelle  mura  al  lito  : 
E  da  cammelli  onusti,  ed  elefanti 
L' arenoso  sentier  calpesto  e  trito . 
Poi  nel  porto  vedeva ,  o  scarche  o  gravi , 
Sorte ,  e  legate  all'  ancore  le  navi . 

xc. 

Altre  spiegar  le  vele  al  Ciel  sereno. 
Altre  i  remi  trattar  veloci  e  snelle  ; 
E  da' remi,  e  da'  rostri  il  molle  seno 
Spumar,  percosso  in  queste  parti  e'n  quelle: 
Molte  lentando  al  lungo  corso  il  freno , 
Parean  lunge  portar  vere  novelle 
Dal  rosso  mare,  e  donde  irriga  e  frange 
I  salsi  lidi,  biancheggiando,  il  Gange. 


io4  LA  GERUSALBHMB 


▼II. 


Abuthanin  nipote ,  all'  aspro  giogo 

Le  Provincie  vicine  indi  costrinse  , 

Insin  là  riove  la  Fenice  ha  il  rogo  « 

Che  tutti  un  Duce  suo  le  vide  e  vinse  : 

E  poi  fondò  nel  fortunato  luogo  ,  / 

Dove  Menti  di  tempio  i  mostri  cinse  , 

Il  Cairo,  eh*  il  sUo  nome  ancoriserba. 

Novo  aversario  di  Babel  superba. 

▼III. 

Crebbe,  volgendo  gli  anni,  il  nuovo  rito, 
^        E  Talto  Imperio  in  guisa  tal ,  che  viene 
Asia,  e  Libia  ingombrando  al  Sirio  litOy 
Da'  Marmarici  6ni ,  e  da  Cirene: 
E  p.'issa  dentro  incontra  air  infinito 
Corso  del  Nilo,  assai  sovra  Siene , 
E  quinci  alle  campagne  inabitate 
D'aduste  arene,  e  quindi  al  grande  £ofirate. 

IX. 

A  destra,  ed  a  sinistra  in  se  comprende 
L'odorata  maremma,  e'I  ricco  mare; 
E  fuor  deirEritreo  molto  si  stende 
Incontra  il  Sol,  che  d'Oriente  appare. 
Le  forze  dell'Imperio  ancor  più  rende, 
Elfeo,  che  le  governa,  illustri  e  chiare; 
Dianzi  nemico a'Turchi,  e  non  occulto. 
Tanto  potea  la  varia  setta  e'I  culto . 

X 

Questi  e  con  Turchi ,  e  colle  genti  Perse 
Più  guerre  feo,  le  mosse,  e  le  rispinse. 
Or  vincendo,  or  perdendo  :  e  nelL' avverse 
Fortune  fu  maggior,  che  quando  ei  vinse. 
Poi  che  la  grave  età  più  non  sofferse 
Dell'armi  il  peso,  alfin  la  spada  ei  scinse; 
Ma  non  depose  il  suo  guerriero  ingegno, 
E  d'onore  il  desio  vasto  e  di  regno. 


conquistata:  io5 

xr. 

Aiacor  guerreggia  per  ministri,  ed  bare 
Tanto  vigor  di  mente ,  e  di  parole , 
Che  della  monarchia  la  soma  grave , 
Non  sembra  agli  anni  suoi  soverchia  mole . 
Sparsa  in  minuti  regni,  Africa  pavé 
Tutta  al  suo  nome,  e'I  remoto  Indo  il  cole: 
E  gli  porge  altri  volontario  ajuto 
D'armate  genti,  ed  altri  ampio  tributo. 

XII. 

Tanto  e  si  fatto  Re  l'arme  raguna, 
Anzi  pur  radunate  omai  l'affretta 
Contra  il  sorgente  regno,  e  la  fortuna 
De'  Franchi  in  gran  vittorie  ognor  sospetta  . 
E  trapassar  le  schiere  ad  una  ad  una 
Di  rozza  turba ,  o  pur  di  gente  eletta , 
E  fiammeggiare  al  Sol  dell'arme  i  lampi 
Mira  negli  arenosi  e  larghi  campi. 

XflI. 

Egli  in  gran  seggio  aurato;  a  cui  per  cento 
Gradi  eburnei  s' ascende ,  altero  siede , 
E  sotto  r  ombra  d' un  gran  ciel  d' argento 
Preme  ostro,  ed  ór  col  suo  superbo  piede  : 
E  ricco  di  barbarico  ornamento , 
Si  vela,  o  svela  sì ,  ch'alcuno  il  vede  : 
Fan  torti  in  mille  fasce  bianchi  lini 
Quasi  corona,  e  quasi  corna  a' crini. 

XIT. 

Lo  scettro  ha  nella  destra  :  e  per  canuta 
Barba  é  più  venerabile  e  severo  :* 
E  dagli  occhi,  ch'il  tempo  ancor  non  muta, 
Spira  r  ardire ,  e  '1  suo  valor  primiero  : 
E  mostra,  s'ei  risponde ,  o  pur  saluta. 
La  maestà  degli  anni,  e  dell'  impero: 
Apelle  forse,  o  Fidia  in  tal  sembiante 
Giove  formò,  ma  Giove  allor  tonante. 


io6  LA  GERUSALEMME 


XT. 


Nel  primo  grado  9  destra,  ed  a  sinistm* 

Stan  due  grandi  Ammiragli  ;  e  quel  più  dogDO 
Alza  la  spada  del  rigor  ministra  ; 
L'altro  il  sigillo  ha,  dell' officio  in  segno: 
Custode  ei  di  secreti ,  al  Re  ministra 
Opra  fedele ,  in  governando  il  Regno  ; 
Ma  quf^l,  a  cui  ciascuno  è  qui  secondo  9 
Delle  schiere,  e  dell' armi  ha  il  grave  pendili 

XTI. 

Stanno  diece  altri  a  piedi,  e  son  ootanti. 
Quanti  nel  cieU  che  più  di  lumi  è  vago. 
Gli  alberghi  eccelsi  delle  stelle  erranti; 
Perchè  del  Ciel  l'Egitto  è  quasi  imago  • 
D' una  parte  ciascun  par  che  si  vanti 
Di  quel  Regno,  ov'è  il  Nilo  ondoso  Iago: 
E  quanti  sono  ancor  dell'anno  i  giorni , 
Tante  città  l'Egitto  avvien  ch'adorni. 

Sotto  folta  corona  al  seggio  fanno 
In  fedel  guardia  i  Mauritani  astati  ; 
Ed  oltre  l'aste  hanno  corazze,  ed  hanno 
Spade  larghe  e  ritorte  all'un  de'lati. 
Così  scopria,  sedendo,  il  gran  Tiranno 
D'eccelsa  parte  i  popoli  adunati. 
Tutte  passando  a  pie  l'armate  schiere  , 
L'inchinan  le  sublimi  insegne  altere. 

XTIXI. 

Il  popol  dell'  Egitto  in  ordin  primo 

Fa  di  sé  mostra  ;  e  quattro  Duci  or  sono  ; 

Duo  dell'alto  paese ,  e  duo  dell'  imo , 

Ch'è  del  celeste  Nilo  opera  e  dono  : 

Al  mare  usurpò  il  letto  il  fertil  limo 

Là  v'ei  si  frange  con  più  roco  suono  : 

Si  crebbe  Egitto;  o  quanto  addentro  è  posto 

Quel,  che  fu  lido  a' naviganti  esposto: 


CONQUISTATA  107 

XIZ. 

Ma  ciascuno  de' quattro  ha  tre  soggetti, 
£  ciascuno  de' tre  di  trenta  è  Duce, 
E  di  trenta  ciascun  guerrieri  eletti 
Trecento  almen  d'una  città  conduce; 
E  negli  ordini  suoi  divisi  e  stretti , 
Tutta  la  gente  d'arme  e  d'or  riluce  ; 
E  di  tanti  color  s'adorna  e  varia , 
Quanti  spiega  la  terra,  o'I  Sol  nell'aria. 

XX. 

Primiera  trapassò  la  ricca  gente  , 

Ch'abita  d'Alessandria  il  ricco  piano  ,. 
Da  Faro  al  lido  volto  all'Occidente, 
Ch'esser  comincia  ornai  lido  Africano  : 
Araspe  é  il  Duce  lor ,  Duce  possente 
D'ingegno  più ,  che  di  vigor  di  mano  : 
E  di  furtivi  aguati  è  mastro  egregio, 
E  d'ogni  arte  Africana  in  guerra  ha  il  pregio  • 

xzr. 

Secondan  quei,  che  posti  in  vèr  l'Aurora, 
Nella  parte  Asiatica  albergaro  : 
E  gli  guida  Aronteo  ,  cui  nullo  onora 
Pregio,  o  virtù  ;  ma  per  fortuna  è  chiaro: 
Non  sudò'l  molle  sotto  Telmo  ancora, 
Né  trombe  innanzi  l'alba  anco  il  destaro: 
E  dagli  agi,  e  dall'ombre  a  dura  vita 
Tarda  brama  d'onore alfin  l'invita. 


XXIIt 


Quella ,  ch'è  terza  poi ,  squadra  non  pare. 
Ma  una  grande  oste;  e  campi,  e  lidi  adombra. 
Non  crederai,  ch'Egitto  mieta,  od  are 
Per  tanti ,  e  pur  da  una  città  si  sgombra: 
Città  ,'ch'alle  provincte  emula  e  pare. 
Di  ben  cento  città  lo  spazio  ingombra  : 
Del  Cairo  parlo  ;  'indi  Tadorno  volgo, 
Ma  pigro  all'arme  assai ,  conduce  loiolgo- 


io8  LA  GERUSALEMME 

nirr. 

E  quella  insieme  avventurosa  plebe , 
A  cui  i  vicini  campi  il  Nilo  inonda, 
Coiracque  sue  stagnando,  e  nere  glebe. 
Onde  verdeggi  poi,  bagna  e  feconda  : 
Insin  là,  dove  fu  l'antica  Tebe, 
Nel  terren,  che  di  viti  ancora  abooda 
E  d'oppio,  che  richiama  il  grave  sonno 
Negli  egri  e  stanchi,  che  dormir  non  ponna 


XXIT. 


Ma  Campsone  a  seguirle  genti  astri  oge. 
Che  lasciar  di  lontan  paese  angusto  » 
Sino  alle  parti ,  ove  s' innalza  e  stringe 
Tra  gli  arenosi  colli  il  suol  vetusto, 
A  cui  dappresso  si  colora  e  tinge 
Al  Sole  ardente  TEtiopo  adusto  ; 
Là  sovra  il  Delta ,  ove  la  terra  in  grembo 
Non  raccolse  giammai  tempesta^  o  nembo. 

XXT. 

E  dal  sereno  Ciel  giammai  non  cade 

Pioggia,  che  bagni  in  quella  parte  il  mondo; 
E'nsin  là,  dove  d'alto  anco  ricade 
Il  Nilo  al  precipizio  suo  secondo, 
L'Egizia  turba  avea  sol  archi ,  e  spade  , 
E  loriche  di  vago  e  legqier  pondo  ; 
D'abito  è  ricca,  onde  altrui  vien,  che  porte 
Desio  di  preda ,  e  non  timor  di  morte . 

xxfr. 

Poi  la  plebe  di  Barca  e  nuda  e  'nerme , 
Quasi  dietro  Ramon ,  piissar  si  vede  ; 
Che  la  vita  famelica  neirerme 
Piagge  nudrir  solca  d  avare  prede. 
Con  istuol  manco  reo,  ma  vile  a  ferme 
Battaglie  di  Zumara  il  Re  succede  • 
Quel  di  Tripoli  poscia ,  e  l'uno  e  raltro 
E  in  guerreggiar  girando  esperto  e  scaltro  • 


CONQUISTATA  109 


xxTir. 


Gli  Etiopi  di  Meroe  indi  seguire , 
Di  Meroe ,  che  '1  gran  Nilo  isola  face , 
Con  Astabara  giunto:  e  Tampio  giro 
Di  due  fedi  in  tre  regni  era  capace: 
Gli  conducea  Canario  ed  Assimiro, 
Re  questi  e  quegli  ;  è  d*  Ali  ancor  seguace, 
E  tributario  ai  maggior  Re;  ma  tenne 
Santa  credenza  il  terzo,  ond'ei  non  venne. 


XXTIIT, 


E  dietro  ad  essi  apparvero  i  cultori 
Dell'Arabia  Petrea,  della  Felice, 
Ch'il  soverchio  del  gelo  e  degli  ardori 
Non  sente  mai ,  se  fama  il  ver  ridice  : 
Ove  nascon  gl'incensi ,  e  gli  altri  odori , 
Ove  rinasce  l' immortai  Fenice  ; 
Che  mentre  il  rogo  fabbricando  aduna, 
Ali'  esequie,  al  natale  ha  tomba ,  e  cuna. 

XXIX. 

L'abito  di  costoro  è  meno  adorno  ; 

Ma  l'arme  a  quei  d'Egitto  han  simiglianti. 
Ecco  altri  Arabi  poi ,  che  di  soggiorno 
Certo  non  sono  stabili  abitanti  ; 
Peregrini  perpetui  usano  intorno 
Portar  gli  alberghi ,  e  le  cittati  erranti  : 
Han  voce  femminil,  breve  statura  , 
Grill  lungo  e  negro ,  e  negra  faccia  e  scura  . 

XXX. 

Lunghe  canne  Indiane  arman  di  corte 
Punte  di  ferro,  e  su'destrier  correnti 
Diresti  ben  eh' un  turbine  lor  porte; 
Se  pure  han  turbo  sì  veloce  i  venti  : 
Da  Sifante  le  prime  erano  scorte. 
Aldino  in  guardia  ha  le  seconde  genti , 
Gu^da  le  terze  Aibiazar,  eh' è  fero 
Ladrone  micidial,  non  cavaliero. 


\ 


I  IO  LA  6ERUSALEUHE 

xni. 

Venne  con  gli  assassini  il  vecchio  mastro , 
Che  tra'Fenici  per  onor  s'elegge  : 
Al  cui  fero  pugnai  non  valse  impiastro/ 
Mentre  seguiva  ancor  la  falsa  legge  • 
Ed  altri,  che  lasciar  la  zappa ,  e'I  rattro  » 
O  pure  abbandonaro  armenti  e  gregge. 
Guida  Aldiel,  che  presso  i  salsi  gorghi 
Vote  fece  restar  castella  e  borghi. 

ZXZII. 

La  fu  V'ha  è  appresso,  che  lasciate  avea 
L*  isole,  cinte  dell' A rabich' onde  ^ 
Ta  cui  pescando  già  raccor  solea 
(loriche  di  perle  gravide  e  feconde. 
Sou  i  negri  con  lor,  sulfEritrea 
Marina  posti  alle  sinistre  sponde: 
Quegli  Agricalte,  e  questi  Osbar  correrei 
Che  schernisce  ogni  fede,  ed  ogni  legge. 

XXXIII. 

Poi  duo  Re  tributari  anco  venieno 

Con  squadre  d'arco  armate  e  di  qnadrella  : 

Un  Soldano  è  d'Ormus,  che  dal  graQ  seno 

Persico  è  cinto  :  nobil  terra  e  bella  : 

E  l'altro  alla  città  rallenta  il  freno, 

Ch'è  nel  crescer  dell'onde  isola  anch'ella: 

]VLi  q'iando  poi,  scemando  ,  il  mar  s'abbassa, 

Cui  pie  securo  il  peregrin  vi  passa. 

XXXIT. 

Ne  te ,  Altamoro ,  entro  al  pudico  letto 
Potute  ha  ritener  la  sposa  amata: 
Pianse,  e  percosse  il  biondo  crine  e*l  petto , 
Per  distornar  la  tua  fatale  andata . 
Duntiue(dicea)  crudel,più  che'l  mio  aspetto, 
Del  mar  l'orrida  faccia  a  te  fia  grata?  . 
Fian  Tarme  al  braccio  tuo  più  caro  p^so  , 
eh'  il  dolce  figlio  a'  dolci  scherzi  inteso  ? 


CONQUISTATA  ut 

XXXT. 

E  questi  Re  di  Sarmacante  ;  eì  maDco, 

Ch'egli  pregi  in  se  stesso,  è  il  gran  diadema; 
Così  dotto  è  neirarroe,  e  così  franco 
Ardir  congiunse  alla  virtù  suprema: 
Saprallo  alfin  (Tannunzio)  il  popol  Franco, 
£  dritto  è  ben,  che  sino  ad  or  ne  tema: 

I  suoi  guerrieri  indosso  han  la  corazza, 
La  spada  al  fianco,  ed  all'arcion  la  mazza . 

xxxrt. 

Ecco  poi  fin  dagl'Indi,  e  dall'albergo 
Dell'Aurora  venuto  Adrasto  il  fiero. 
Che  di  serpente  indosso  ha  per  usbergo 

II  cuojo  verde ,  e  maculato  a  nero  : 
E  smisurato  a  un  elefante  il  tergo 
Preme  cosi,  come  si  suol  destriero  :- 
Gente  guida  costui  di  qua  dal  Gange, 
Che  si  lava  nel  mar,  che  Tlndo  frange. 

XXXTII. 

Ma  neir  ultima  squadra  è  scelto  il  fiore 
Della  real  milizia  ;  e  v'  ha  que'  tutti , 
I  quai  larga  mercede,  e  degno  onore 
Ed  in  pace,  ed  in  guerra  avea  condutti, 
Ch'armati  danno  altrui  tema,  e  terrore  , 
Su  gran  destrieri ,  al  guerreggiare  instruttì  : 
E'I  ciel  di  ferro,  e  d'ostro,  e  d'or  fiammeggia, 
Mentre  l'altera  insegna  intorno  ondeggia  . 

XXXTII  I. 

Vanno  Alarco  fra  questi  e  Tauro  a  paro , 
Che  son  quasi  giganti,  ed  Idràorte, 
E'I  gran  Sonar  che  per  l'audacia  è  chiaro, 
Sprezzator  de' mortali  e  della  morte. 
Rimedon,  e  Rapoldo,  e  Fulgo  avaro, 
E'I  ladron  de' Fenici  Ormondo  il  forte. 
Che  visse  un  tempo,  quasi  fera  in  lustra, 
Or  vecchia  infamia  in  nova  guerra  illustra  • 


Il»  LA  GERUSALEMME 

Evvi  Orindo ,  àrimon ,  Pi^ ,  Brìmtrte 
Cacciator  delle  fere;  evvi  Si&nte 
Domator  de'  cavalli  :  e  tu  dell'  arta 
Della  lotta  maestro^  Aridamante  ; 
E  Tisaferae,  il  folgore  di  Marte  , 
A  cui  uon  è  chi  d'  a|^agliarai  vaate  , 
O  se  in  arcione,  o  se  pedon  contraata»^ 
O  se  ruota  la  spada ,  o  corre  l'asta  . 

Ma  Duce  è  un  fero  Armeno, il  qtial  traggitto 
Al  paganesmo  nell'età  novella 
Fé  dalla  vera  Fede;  ed  ove  ditto 
Fu  già  Severo  y  ora  Emiren  s*  appella  : 
Per  altro  uom  fido ,  e  caro  al  Re  d*Egitto 
Sovra  quanti  per  lui  calcar  la  sella  ; 
È  Duce  insieme  e  Cavalier  sovrano. 
Per  cor ,  per  senno,  e  per  robusta  mano. 

Niun  piti  rinianea,  quando  traprovisa 
La  donna  di  Seleucia  apparve  altera  ; 
Venia  sublime  in  un  gran  cRrro  assisa. 
Succinta  in  gonna ,  e  faretrata  arciera  : 
£  di  guerrieri  armati  in  altra  guisa 
D'acciaio  lucente  ornò  fedele  schiera^ 
Cbe  di  Bitrin,  e  d'Accone,  e  di  Berrea, 
Di  Palmira,  e  d' Aparaea  addotti  avea. 

Simiglia  il  carro  a  quel,  che  porta  il  gioniQ, 
Lucido  di  piropi ,  e  di  giacinti  ; 
E  frena  il  dotto  auriga  al  giogo  adorno 
Quattro  unicorni,  a  coppia  a  coppia  aTtnti: 
Cento  donzelle,  e  cento  paggi  ìatomo; 
Pur  di  faretra  gli  nomini  van  cinti  ; 
Ed  a'negri  dMtritr  premono  il  dorso. 
Che  SUDO  al  giro  pronti,  e  lievi  al  < 


CONQUISTATA  ni 


XLIIT 


In  tal  guisa  il  rinato  unico  augello 
I  neri  Etiopi  a  visitar  s' invia; 
Vario  e  vago  la  piuma,  e  ricco,  e  bello , 
Di  raonil,  di  corona  aurea  natia  : 
Sacrando  al  Sol  nel  suo  felice  ostello 
La  ricca  tomba,  ove  s'infiamma  e  cria  : 
S'allegra  il  mondo  ,  e  va  dietro ,  e  da'  lati , 
Maravigliando ,  esercito  d'alati  •  ' 

Na  poich'alia  è  passala ,  il  Re  de' Regi 
Comanda  ch'Emireno  a  sé  ne  vegna. 
Lui  preponendo  a  tutti  i  Duci  egregi. 
Che  guerreggiar  sotto  l'altera  insegna: 
Quel  già  presago,  a' merita  ti  pregi 
Con  fronte  vien  ;che  d*alto  grado  è  degna 
La  guardia  de' suoi  Vlauri  in  due  si  fende, 
£  gli  fa  strada  ai  seggio,  ed  ei  v'ascende. 

Ed  una  volta  e  due  per  terra  sleso , 
Quasi  per  segno  di  verace  culto. 
Adorò  lui ,  ch'in  alta  sede  asceso 
Pur  ancor  gli  teneva  il  viso  occulto: 
£  quel  ferro,  ch'ai  collo  avea  sospeso 
Col  bel  pomo  lucente,  e  d'oro  insculto , 
Pose  in  disparte  con  umil  sembianza , 
Come  fu  de'Soldani  antica  usanza. 


XI.TI. 


Allora,  quinci  il  vel  ritratto  e  quindi. 
Il  Re  canuto  in  maestà  s'offerse. 
Sicché '1  miraro  Assiri,  Arabi ,  ed  Indi, 
Mauri ,  Egizj  ,  Eliopi ,  e  genti  .Perse  : 
Tal  nube  atra  talor  dispergi ,  e  scindi, 
L  scopri  a  noi  le  tue  stelle  divei*se , 
'  £  i  tuoi  mostri  lucenti,  eterno  Cielo, 
Qual  parve  il  seggio  al  dipartir  del  velo  • 

G.  Qm^.  T.IL  t 


ii4  Lil  GERUSALEHIpt 

Mentre  Emiren  chinando  il  capo  al^Mtto  i 
Pur  s'inginocchia  »  il  Re  così  gli  dice? 
Tè  questo  scettro,  a  te,  Emiren ,  oommelh 
Le  genti;  e  tu  sostieni  in  lor  mia  vioa:    ■ 
E  porta ,  liberando  il  He  soggetto  » 
Su'  Franchi  V  ira  mia ,  cui  tutto  lice . 
Va,  vedi,  vinci,  e  non. lasciar  de'vinti 
Avanzo ,  e*  mena  presi  i  non  estinti  • 

XLTTIV. 

Cosi  parlò  il  Tiranno;  e  del  soprano 
Imperio  il  Cavalier  la  verga  prese  • 
Prendo  scettro ,  Signor,  d'invitta  mano^ 
E  co'tuoiauspicj  torno  all'alte  imprese. 
Dove,  tuo  Duce ,  io  vinsi  :  e  non  inTano 
Deir  Asia  spero  or  vendicar  V  offese  : 
Né  tornerò,  se  vincitor  non  torno. 
Schifando  più  di  morte  indegno  scorno. 

X&K. 

Ben  prego  il  Ciel,  che  s'ordinato  male 
(  eh'  io  già  noi  credo  )  di  lassù  minaccia  ; 
Tutta  sul  capo  mio  quella  fatale 
Tempesta  accolta  di  versar  gli  piaccia  : 
E  salva  rieda  l'oste;  e'n  trion&le. 
Più  ch'in  funebre  pompa,  il  Duce,  giacrìa. 
Tacque;  e  col  suon  della  canora  tromba. 
Di  barbarici  gridi  il  ciel  rimbomba  • 

E  fra  le  grida  e  i  suoni  in  mezzo  a  densa 
E  nobil  turba,  il  Re  de' Regi  or  parte; 
Poi  ne' suoi  veli  avolto,  a  regia  mensa 
Da  tutti  i  Duci  suoi  siede  in  disparte; 
Onde  or  cibi ,  or  parole  altrui  dispensa. 
Né  lascia  inonorata  alcuna  parte: 
Quivi  a  lui  ragionò  l'altera  donna  , 
In  cui  valore,  e  castità  s'ii 


CONQUISTATA  ii5 

LI. 

Gran  Re;  morto  il  mio  sposo,  anch'io  ne  vegno 
Per  la  fede,  ed  ardisco  a  voi  mostrarme . 
Donna  son  io,  ma  real  donna:  indegno 
Già  di  Regina  il  guerreggiar  non  panne . 
Se  per  arte  real  si  merta  il  regno, 
E  dansi  ad  una  man  lo  scettro,  e  V  arme  , 
Saprà  la  mia  (  né  torpe  al  ferro  o  langue) 
Ferire,  e  trar  dalle  ferite  il  sangue. 

LII. 

Così  dissocila  ;  el  Re  con  lieto  cenno  : 
Nobile  donna,  al  tuo  valor  concedo, 
Alla  tua  fede,  ed  al  tuo  grave  senno, 
Seleucia,  che  per  te  sicura  io  credo  : 
E  maggior  doni  a  tua  virtù  si  denno, 
Se  fia  cacciato  d'Asia  il  fier  Goffredo: 
E  parte  non  oblio  Topre  leggiadre 
Del  tuo  marito,  e  del  tuo  saggio  padre. 

LUI. 

Fra  tanto  avea  Vafrin  la  piaggia  aprica 
Vista  di  Gaza,  e  i  lidi  intorno,  el  colle, 
E  gli  edificj ,  ove  la  terra  antica 
Fra  marmoree  ruine  al  ciel  s'attoUe. 
Palagi,  e  tempi,  in  cui  gente  nemica 
S'accoglie,  e'I  culto  a  Dio  superba  toUe: 
Fonti,  ed  acque,  ch'il  ciel  benigno  dona, 
E  delle  mura  sue  l'ampia  corona^ 

UT. 

E  tende  intorno ,  e  sparsi  all'aure  erranti 
Stendardi ,  in  cima  azurri ,  e  persi  ,'e  gialli  ; 
E  tante  udì  lingue  discordi,  e  tanti 
Timpani,  e  corni,  e  barbari  metalli; 
£  voci  di  cameli,  e  d'elefanti,- 
Tra'l  nitrir  de' magnanimi  cavalli. 
Che  fra  se  disse  :  Qui  l' Africa  tutta 
TransUta  et  viene;  e  qui  l'Asia  é  condutta. 


ii6  -    LA  GERUSALEMME 


LT. 


E  loda  pria  la  sua  benigna  Sorte , 
Che  delle  schiere  lor  nulla  gli  asconde: 
Poscia  non  tenta  vie  furtive  e  torte. 
Ne  dal  più  folto  volgo  ei  si  nasconde: 
Ma  per  dritto  sentier  tra  r^ie  porte 
Trapassa )  ed  or  dimanda,  ed  or  risponde: 
A  dimande  e  risposte  audaci  e  pronte 
Accoppia,  il  baldanzoso,  ardita  fronte. 


LTt. 


Di  qua  di  là  sollecito  s'aggira , 

Per  le  vie,  per  le  piazze ,  e  per  le  tende:     • 
I  guerrieri,  i  destrier,  Tarme  rimira» 
L*arte,  gli  ordini  osserva,  e  i  noni  appreofe 
Ne  di  ciò  pago,  a  maggior  cose  aspira. 
Spia  gli  occulti  pensieri,  e  parte  intende: 
Tanto  s'avvolge,  e  così  piano  e  cheto , 
Che  s'apre  il  varco  al  ragionar  secreto. 


LTII. 


Stavasi  il  Capitan  la  testa  ignudo. 

Le  membra  armato,  e  con  purpureo  ammanto; 
Lunge  due  paggi  avean  Telmo,  e  io  sc;udo, 
Preme  egli  un'asta ,  e  vi  s' appoggia  alquanto: 
Guardava  un  uom  di  torvo  aspetto  e  crado, 
Membruto,  ed  alto,  il  quale avea  da  canto: 
Vafrino  è  attento  :  e  di  Goffredo  a  nome 
Parlare  udendo ,  alza  gli  orecchi  al  nome. 

Parla  il  Duce  a  colui  :  Dunque  securo 
Sei  tu  COSI  di  dar  morte  a  Goffredo  ? 
Risprmde  quegli:  Io  sono;  e'n  corte  giuro 
Non  tornar  mai,  se  vincitor  non  riedo: 
Preverrò  beh  color,  che  meco  furo 
Al  congiurare  ;  e  premio  altro  non  chiedo, 
Se  non  d'alzar  un  bel  trofeo  delTarme^ 
In  Babilonia  y  e  sotto  un  breve  carme  : 


CONQUISTATA  117 

LIX. 

[Queste  arme  in  guerra  al  capitan  Francese, 
Distruggitor  dell'Asia,  Ormondo  Strassi, 
Quando  gli  trassi  l'alma;  e  fur  sospese , 
Perchè  memoria  ad  ogni  età  trapassi  • 
Non  fia  (T altro  dicea)  ch'il  Re  cortese 
L'opera  grande  senza  gloria  lassi  : 
Ben  ei  darà  ciò ,  che  per  te  si  chiede  ; 
Ma  congiunto  l'avrai  d'alta  mercede. 


IM. 


Ora  apparecchia  pur  l'arme  mentite^ 

eh'  il  giorno  ornai  della  battaglia  è  presso  « 
Le  preparo  (ei  rispose)  e  qui  fornite 
Queste  parole ,  il  Duce  tacque  ed  esso . 
Restò  Vafrino  alle  gran  cose  udite 
Sospeso  e  dubbio;  e  rivolgea  in  se  stesso 
Quai  sieno  ì  congiurati,  e  Tarme  false; 
Ma  r  intender  da  sé  tutto  non  valse  • 

LUI, 

Mille  e  più  vie  d'accorgimento  ignote^ 
Mille  ripensa  inusitate  frodi  : 
E  non  gli  son  però  palesi  e  note 
Dell'occulta  congiura  e  l'arme  ,  e  i  modi  : 
Fortuna  alfin,  quel  che  per  sé  non  puote , 
Sciolse  al  suo  dubbitar  gl'interni  nodi  ; 
Tornando  il  vecchio  Re,  piìa  ch'il  di  s'erga, 
Alla  gran  Reggia,  ov'egU  in  Menfi  alberga, 


I.XII. 


E  fra'  suoi  Mori ,  ond'è  guardata  e  cìnta  ^ 
Passa  per  ampi  luochi  e  per  illustri , 
Calcando  pietra  lucida  e  distinta, 
Di  gemma  in  guisa ,  che  si  terga  e  lustri. 
Sopra  e  'ntorno  si  scorge  aurea,  e  dipinta  f 
Con  marmi ,  ed  opre  di  scultori  industri , 
£  con  alte  colonne ,  in  cui  s'appoggia 
Più  d'una  luniinosa  e  ricca  loggia . 


ii8  LA  GERUSALEMME 

LXlIt. 

Pur  da  candido  marmo  i  larghi  fonti 
Versan ,  come  s*  udì ,  i'  acque  sì  chiavé't 
Che  n  hanno  invidia  i  più  aublimi  naonlii 
E'I  più  bel  fiume,  che  trascorra  al  mane: 
Quivi  d*augei  non  conosciuti,  oconti, 
Numero  grande,  e  vago,  e  vartoappara; 
Quali  giamai  non  vide  il  nostro  oocatao^ 
Benché  figuri  Arpie, Sfinge,  e  Pegaao. 


LXIT. 


Ed  animali  ignoti  a*  sensi  nostri 

Vanno  intorno  al  bel  seggio  ombrooo  e ioseo^ 
Tra  le  fontane  e  quei  marmorei  chioatiit 
Senza  adoprar  artiglio,  o  dente,  o  tosco: 
Né  tanti  vide  mai  prodigj ,  o  mostri  ,  « 
Deserta  arena,  o  solitario  bosco; 
Né  penna  ne  descrisse,  o  stil  dipinse. 
Quanti  il  gran  Re  quivi  nutrinne  e  cinse. 

LXT. 

Prima  di  ciascun*altra  al  Nil  si  volse 
Quella ,  che  porta  lui,  mirabil  nave , 
Ch'arme,  e  destrieri  in  ampio  sen  raccolse, 
Di'logge,  e  sale,  e  tempio  adorna  e  grave: 
£  di  fila  d' argento  in  prima  sciolse 
Lucenti  vele  a  fresca  aura  soave  : 
E  fece  biancheggiar  co' remi  eburni 
L'onda  cerulea,  a'raggi  ancor  notturni  • 

LXtl. 

Poi  si  mosse  Emireuo  a  suon  di  tromba , 
Che  fea  più  mormorar  Tacque  tranquille. 
Non  che  la  terra,  el  ciel,  ch'alto  rimbomba, 
Di  chiare  acceso  e  lucide  faville: 
£  s*inviò  verso  la  sacra  tomba , 
Spiegando  al  vento  mille  insegne  e  mille. 
Vafrin  con  gii  altri  ancor  montava  in  sella; 
Ma  precorse, portando  alta  novella. 


conq;uistata  ut, 

Trovò  <!el  vecchio  Eustachio  il  nobii  tìglio 
Co' duci,  che  passaro  all'alta  impresa, 
Che  quasi  in  giusta  lance  ogni  consiglio 
Dell'incerta  vittoria  appende  e  pesa: 
E  della  guerra  parla,  e  del  periglio, 
Fra'l  nuovo  campo  eia  città  difesa, 
E  disse;  Andai ,  come  imponesti ,  e  vidi 
Genti  nemiche  in  arenosi  lidi. 

Ma  pria  contar  nella  deserta  piaggia 
Potrei  l'arene,  e'n  mar  turbato  l'onde, 
£  qual  degli  alti  boschi  a  terra  caggia 
Numero  delle  sparse  aride  fronde  : 
Che  quel  di  tante  schiere  a  narrar  v'aggia, 
Sotto  a'cui  pie  la  terra  ampia  s'asconde; 
E  sotto  le  gran  tende  il  ciel  s'adombra  , 
Tanto  di  spazio  ivi  per  lor  s'ingombra. 

lo  vidi  nel  passar  l'orribile  oste 

Quasi  occupare  il  loco  a' salsi  flutti , 
Mentre  le  piagge,  e  le  campagneascoste 
Ella  teneva,  e  i  piani,  e  i  colli  tutti: 
"Vidi ,  che  dove  giunga,  ove  s'accoste, 
Spoglia  la  terra,  e  lascia  i  fiumi  asciutti  ; 
Che  non  basta  alla  sete  acqua  profonda, 
E  poco  è  lor  ciò,  che  st  miete  e  sfronda. 

Ma  sì  de'Cavalier,  si  de' pedoni, 

Sono  in  gran  parte  inutili  te  schiere; 
Gente,  che  non  intende  ordini,  e  suoni , 
Né  stringe  il  ferro,  e  dtlontan  sol  fere  . 
E  son  quelli,  oltre  gli  altri,  eletti  e  buoni  ; 
Che  di  Persia  seguir  l' insegne  altere  : 
E  di  questa  anco  è  via  migliore  squadra 
Quella,  che  l'Ammiraglio  ordina  esquadra. 


1M  L\  GERUSALEMME  | 

Ella  è  delta  ìnamori^l  senz.-i  difetto,  ! 

Perrlif  non  scema  il  numero  ptir  d*  uno; 
Ma  s'empie  il  luco  vulo,  e  sempre  eletto 
Sutteritra  iiom  nuuvo,  ove  ne  niaaca  alcuno. 
Il  capitan  degli  altri,  Emiren  detto. 
Pari  ha  in  senno  o  vaUir  pochi ,  o  nessuno: 
E  gli  comnianda  il  Re  ,  che  senza  indugio 
CombiUla.  e  non  ti  l.i»si  alcun  refugie. 

Né  credo  già  ,  ch'ai  oodo  di  titV(ll:«>o  eì^^  ■ 
L'esercito  infeilel,  c'ha  nioltO)«dteé|*tl«Ì 
Ma  tu  convien,  che  le  medeiaoini  'giiwjiì 
Tanto  è  del  «angue  tuo  fra  lor^eniv^iiM 
Cb'  i  più  famosi  Id  arme ,  e  i  più  gaglìfvdi, 
Thanno  incontra  arrotato  il  (erro, «Tire; 
E  d'appender  tue  spt^Ue  ia  Menfi  al  teiapio 
Un  ladron  sì  dà  vauto  infame  ed  empio. 

Signor  (diceva*)  in  ragionando  udisti 
Bicor(]ar  gli  assassìni,  orribil  nome  :    - 
I  quali  un  tempo  fur  dogliosi  e  Insti 
Di  portar  del  gran  Re  le  gravi  some; 
Ora  eoo  gli  altri  suoi  confusi  e  misti 
Van  colle  genti  soggiogate  e  dome, 
Perch' Anterada  lascia,  e  sue  castella 
Quel ,  che  per  dignità  Veglio  s'appella. 

Questo  è  un  lor  mastro,  a  cui  non  corniolo cenoi 
Né  spada  gloria  die  fra'suoi  nemici  ; 
Ma  i  principi  insidiava;  e  un  picciol  fisiro 
Dava  a' suoi  congiurali  empj  Fenici: 
£  pur  di  questa  turba  or  (s'io  non  erro) 
Giunto  ha  il  grande  Aromiraglìo  a* fidi  aaùci 
Ormondo,  ch'altre  volte  armò  la  ij 
Incontra  te,  di  crudeltà  maestra. 


CONQUISTATA  tai 

Ma  sempre  senza  effetto  :  or  quasi  sdegni 
L'insidiuso  ferri>  aver  coperto; 

IE  d^l  lor  sommo  He  provìticie  e  regni 
Speri  in  premio  dell'opra,  anzi  dei  roerto; 
Prometle  d'assalirti  :  e  falsi  segni , 
E  mentile  arme  vuole  in  campo  aperto. 
'  Perchè 'I  perfido  cor,  se  più  si  sforza, 
Non  lascia  fraude  per  usar  gran  forza. 

Cosi  disse  Vafrtnn:  e  i  detti  suoi 

I    Mesto  silenzio  al  suo  tacer  lasciato 
Nel  magnanimo  cor  di  t;inti  eroi, 
Bencli'alcuu  non  vi  sia  di  vita  avaro; 
Ma  soggiunse  Raimondo;  onde  v'annoi 
Ho  novella  più  trista,  e<luoI  più  amaro, 
E  tacerei  per  non  doppiar  l'affanno; 
Ma 'l  tacer  non  provede  al  nostro  danno, 

Goldemaro  e  Reietto  andando  al  porto, 
if       Scorta  a'  Liguri  amici  amica  e  fida  , 

Coir  uno  e  l'altro  stuol  da  loro  scorto , 
Nella  campagna  fur  tra  Roma  e  Lida 
Assaliti.  Giberto,  Aìcardo  è  morto. 
Tanto  quivi  ahuudò  la  turba  intidn: 
Ciascun  de${li  altri  miei  lassato  or  langue, 
O  sparso  ha  colta  vita  insieme  il  sangue . 

loppe,  citiate  antica  e  mal  secura, 
Vota  d'abilalor  non  sì  difende  ; 
Ma  in  preda  lascia  le  solinglie  mura  , 
Quasi  negletto  arnese,  a  chi  le  prende: 
Né  deiili'o  al  porto  omai  resiste  e  dura, 
La  nostra  armata,  o  la  nemica  attende; 
Ma  d'antenne  La  spogliate  e  di  governo 
Le  navi,  chesprezzaro  il  freddo  verno. 


ist  L\GGRUS\LEMME 

Restano  i  nudi  legni  in  sull'arena 
Del  salso  lido  appiè  dell'alta  rocca  , 
Dove  i  nostri  faran  difesa  appeua  , 
Se  Soverchio  furor  non  la  dirocca  : 
Nulla  il  navigio  or  de'nemici  affrena  , 
Bench'ai  porto  rinchiusa  è  l'ampia  1 

Ma  con  mille  e  più  vele  il  mar  trascon       

Minacciando  Tuina  a  quella  torvftv  t'^^'  a\tf 

Così  disse  Raimondo;  e  i  duci  eapOTt? -'-^it  l'Hi- 
ll variar  della  fortuna  e'I  caso  ••■■'  >!•  <i>r 
Rivolgeano;  tacendo  i  rischi  incertiy  ^  lwf\ 
E'I  fin  di  lunga  guerra  ancor  rimaao.  '-it^^> 
Ma  pensavano  insieme  i  duo  B<rf>«ti.  .  i- 
A' freddi  regni  del  lontano  occaso  ; 
E  parlando  il  maggior,  ch'in  Frisa  nacque, 
L' altro  prima  approvò ,  dapoi  noa  taoqus: 

Io  (  diceva)  in  lontana  e  dubbia  guerra    - 
Fatto  non  ho  qui  d' oro  alcuno  acquisto, . 
Né  dì  provincia  in  peregrina  terra  ; 
Né  già  mi  pentodi  servire  a  Cristo. 
E  bench'il  giorno,  che  la  vita  serra. 
Sia  forse  assai  vicino  e  mal  previsto  , 
Non  cangerò  gìamaì  pensieri  o  voglie. 
Per  tema  di  lasciar  l'ultime  spoglie . 

Ma  s'avverrà  ch'alfin  solviamo  il  voto. 
Visitando  il  Sepolcro  e  i  sacri  Tempi; 

-   Bramo,  che  mi  riporti  od  Euro  o  Noto, 
Salvo  o  securo  dal  furor  degli  empì. 
Al  Udo  di  Provenza,  o  ai  più  remoto, 
O  per  benigni  o  per  turbati  tempi  : 
Già  stanco  di  calcare  a' stanchi  il  dono  ; 
£  vago  sol  di  posa,  o  d'altro  corso . 


» 


CONQUISTATA  laS 

Di  ben  mille  destrier,  ch'in  ampie  stalle 
Pascer  solea  ,  quand'  io  qui  volsi  ■  passi , 
La  maggior  parte  p  morta  :  o  langue,  e  falle 
Al  corso;  e  i  membri  ba  indeboliti  e  l.issi: 
E'ndarno  ornai  cerchiamo  in  monte  o  'n  valle 
L'acque  tra  verdi  sponde  e  ì  vivi  sassi . 
Qiial  mi  riporterà  cavallo,  o  vento; 
S'all'incendio  de'legnì  ora  io  consento  ? 

Deh  concedasi  a  me,  ch'ornai  difenda 

I    L'armate  navi  da  nemico  oltraggio, 
Perch"  lina ,  lasso ,  e  'nerme  alfin  mi  renda 
(Se  nella  giusta  impresa  ora  io  non  caggio) 
Alle  rive  del  Beno,  ov'io  sospenda 
L'arme,  dopo  si  dubbio  aspro  viaggio; 
E  poriin  l'altre  i  mìei  fidi  compagni , 
C'han  già  Tatto  di  gloria  arapi  guadagni. 

Così  diss'egii:  ed  Ìo  restar  non  bramo  : 
Il  Nomando  Roberto  allor  soggiunge  ; 
E  di  te  a  te  stesso  or  mi  richiamo , 
Che  la  mia  terra  è  dalla  tua  non  lunge: 
E  di  stirpe  real  secondo  ramo 
Nacqui ,  dove  i  dtio  regni  a  noi  disgiunge 
L'estrf  mo  mar,  che  tutto  scevra  e  parte, 
E  mi  bisognan  legni ,  e  vele,  e  sarte  . 

Cosi  parlar:  né  fu  contrasto  alcuno  , 
O  discorde  voler  tra'Duci  arditi, 
Né  Ira  quegli  altri:  e  consentì  ciascuno, 
Che  vadano  ambo  alla  difesa  uniti 
Contra  il  fero  nemico  ed  importuno, 
Ch'mgombra  i  salsi  mari,  e  inaisi  liti, 
Con  mille  da  Pelu.tio  e  da  Cntiopo 
Raccolti  legaij  e  furo  al  maggior  uopo. 


•M 

Liguri  e  Leuci  aveauo,  egli  altri  insiemB,i 
Tratte  le  curve  iiuvi  al  lido  asciutto  , 
E  quasi  scala  l'ìnie'e  le  supreme  .  <   ,    .'i  ui  ' 
Dispnnte  in  ^radi,  e  uà  muro  m  oamCnitto 
liOntano  alquauto  dalle  rive  estniaey  -'1^^  ''  i 
Che  non  bagna  del  mar  canuto  flttCtaf.-  ^•-;  ^l 
E  fatta  un'ampia  fossa  intorno  ti  n 
Che  sotto  l'alta  Rocca  è  più  secalo. 

All'incontro,  ov'il  mu  ftvmeodo  a 
Ha  fermo  Argante  i  suoi  destrier  o 
Parlando  al  Duce  della  turba  ingOPJB^!   »  <  ; 
Varia  di  gonne  e  di  confusi  acceott  ^        .'•  • 
Che  più  d'onda  marina  in  sé  diaoordtti.   'ia 
Quando  agitata  «  da  contrarii  venti: 
E  gran  premi  propon  d'argento  ed*  muto 
Al  navigante  Egizio,  al  Siro,  al  Mauro. 

Ha  Aon  osa  la  turba  inerme ,  avvezza 
A  combatter  nel  mar  di  nave  in  nave. 
D'ampia  fossa  passar  rapida  altezza  ,    . 
Che  quinci  e  quindi  ha'l  precipizio;  ed  hnt 
Munita  d'alto  la  sublime  ampiezza» 
D'acuto  palo,  anzi  d'acuta  trave: 
Talch'ei  medesmo  a  rimirare  è  mosso 
Dall'orlo  del  mar  vasto,  a  quel  d'un  Como. 

E'I  Ber  cavallo, a  cui  la  mano  allenta. 
Già  non  ardisce  di  saltar  nel  fondo; 
Ma  gli  annitrisce  in  riva,  e  si  sgomenta. 
Egli  non  già ,  ch'è  senza  tema  al  monda;    i^ 
E  di  passare  a  pie  s'avisa  e  tenta , 
Benché  dell'arme  il  tardi  il  grave  pondo: 
E,  voltoa'suoì,  dicea:  Non  fia,  cb'io  rì«dft 
Senza  gloria ,  o  compagni ,  e  senza  preda .  ^ 


CONQUISTATA  taS 

XCI. 

Ma  pria  d'ostili  spoglie  ornare  il  lido 

Dell'Asia  io  spero,  e  le  contrade  estreme, 
Togliendo  a' Franchi  il  ben  guardato  nido^ 
Ove  han  rinchiusa  ornai  T ultima  speme: 
E  pur  che  me  seguiate ,  or  mi  confido, 
Ch'audace  diverrà  chi  tarda  e  teme. 
Così  dicendo ,  egli  scendea  repente 
ColFarroe  a  terra  dal  corsier  possente. 

XCII. 

Alcun  degli  altri  suoi  restar  non  volle 
Assiso  allora  in  sul  destrier  sublime , 
Mirando  lui,  ch'a  piedi  ancor  s'estolle. 
Di  torre  in  guisa,  ch'erga  al  Ciel  le  cime  ; 
Ma  dell'arida  rena  al  lido  molle 
Le  genti  estreme  seguitar  le  prime  : 
£  Tinstabil  premean  salso  terreno  ; 
Ciascuno  ai  suo  scudier  lasciando  il  freno . 


XCI  II. 


E  se  medesmi  ammaestrando  in  guerra , 
Tutti  non  assalir  diffusi  e  sparti 
Il  murp,  che  le  navi  asconde  e  serra  ; 
Ma  in  cinque  ordini  accolti ,  e'n  cinque  parti. 
Del  fero  Argante,  ch'ogni  altezza  atterra  , 
Segue  la  prima  ì  passi ,  e  l'arme,  e  l'arti: 
Ma  Celebino,  il  suo  più  bel  fratello. 
Conduce  appresso  lui  l'altro  drapello. 

XCIT. 

Guidato  il  terzo  è  poi  dal  fero  Ircano, 
Di  cui  non  fu  (s' Argante  sol  ne  traggi) 
Uom  più  forte  nell'ira,  ovver  più  insano, 
O  negli  alpestri  luoghi,  o  ne' selvaggi . 
Gli  altri  seguian  Sanguigno,  e  Rodoano , 
Di  saggio  padre  arditi  figli  e  saggi: 
E'I  vecchio  genitor  reggeva  Aleppe, 
E  molto  visse  al  mondo,  e  molto  seppe. 


ia6 

Sol  Nornudin  lasciar  non  volle  il  durso 
Deirarmato  cavallo  a' suoi  scudieri, 
£  torse  per  l'arene  il  lento  corso 
Delle  concave  navi  a'Duci  alteri: 
Procurando  al  fiatel  certo  soccorso 
Da' naviganti  mal  satullieneri  ; 
Ma  non  poteo  sovra'!  destrier  éuperho,  . 
Schiiar  d'iniqua  morte  UfiDe«o«r]Mi>>;  i 

Né  devea  rivederle  mura  eccelse       ';  t'^     ,- 
D' Elia  sublime ,  e  del  palagio  adorno^ . 
Ch'eglieUw  ingombro,  eproprìolilbmigaiflUb 

.    E'ovano  avea  sperato  un  bel  rih^afl^i^,*  r^i 
Ch'  atro  di  guerra  turbo  il  cinse  e  STelae^ 
Come  sterpar  veggiamo  abete ,  od  omo  ;  ' 
E  cadde  ove  il  trafisse  orribile  asta , 
Qual'uom,  ch'indarno  al  suo  destin  contnitl. 

E  dicea ,  volto  al  Ciel  :  Quanto  è  bugiarda 
La  speme  ch'alia  guerra  altri  conforta  . 
Già  non  pensai  sì  indomita  e  gagliarda 
Gente  trovar  con  sì  feroce  scorta . 
Or  ve^o,  che  per  lor  si  tiene  e  guard*- 
Ogni  torre  del  muro,  ed  ogni  porta  : 
E  non  vorranno  abbandonar  l'impresa, 
'E'I  muro,  ond'i^ni  naveancoè  difesa. 

Ma  come  in  via ,  e'  ha  polveroso  il  suol  o  , 
Non  lascian  l'api  a  chi  le  turba  e  caccia 
I  dolci  alberghi ,  e  con  stridente  volo 
Pungon  pili  volte  al  cacciator  la  faccia  : 
Così  de'  Franchi  ogni  condenso  stuolo 
Averrà  che  difesa  e  guerra  or  feccia  : 
E  partir  non  vonan  dall'alte  porte  • 

Senza  vittoria ,  o  senza  orrida  morta .        i 


CONQUISTATA  la; 

Cosi  diceva:  e  vide  lunge  intanto, 
Come  sassosa  guerra  al  muro  avainpì  ; 
E  del  fiero  frate!  membranJo  Ìl  vanto. 
Pensar  non  può,  cli'alcun  s'arretri  e  scampi . 
Pur  tratti  al  segno  del  purpureo  ammanto, 
I  duci,  ohe  solcar  cerulei  campi , 
Tutti  scendeano  ov'egli  asla  non  vibra  , 
Ma  r  oro  già  promesso  appende  in  libra. 

Quetar  parevan  l'ire  e  Ì  feri  orgogli 
De'  petti  avari ,  a  quel  lucente  prezzo . 
£ld:dio,  nato  ne' Tìudarii  scogli , 
Fu  il  primo  ch'obbligò  la  fede  a  prezzo  : 
Poi  ciascun  altro  a  disprezzar  gli  orgogli 
Del  mar  d'Egitto,  navigando,  avezzo  ; 
O  pure  in  quel,  che  si  colora  e  tigne, 
E  mostra  a'  nuovi  rai  l'onde  sanguigne. 

Eldalio,  e  gli  altri  Duci  all'oro  tratti , 
Come  r  ingordo  pesce  alla  dolce  esca , 
Serbar  volendo  insidiosi  patti , 
Aspetlavan  ,  eh'  il  rischio  ornai  s'accresca: 
Né  tutti  ancor  venieno  ove  combatti 
Argante  in  guisa  d'uom,  cui  vita  incresca, 
eh'  ri  lido  solitario  ,  anzi  deserto  , 
Quelle  turbe  infinite  avrian  coperto. 

Siri,  alzando  i  gravi  scudi  in  alto 
Intorno  Argante ,  e  Ì  minacciosi  gridi , 
Vengon  del  saldo  muro  al  dubbio  assalto. 
Rimbombando  a  quel  suono  i  mari,  e  i  Udì: 
E  centra  i  figli  del  crudel  Ducalto, 
I    E  gli  altri  a  lor  fedeli ,  a  Cristo  infidi , 
Lanciavan  sassi  da  lor  torri;  i  nostri 
Quei  discacciando  da'guardati  chiostri. 


V. 


ia8  L\  GERUSALEMME  | 

Come  allor  che  a'  inaspra  il  verno  e  *1  Ctslo  ^ 
E  Giove  tuooa  in  FÌDtlo,ÌD  Pelto,OL*n  Fic^, 
Sopisce  i  venti ,  e  'n  nubiloao  velo 
Ei  ricopre  del  Sol  la  vista  allegra:    . 
Né  cessa  di  versar  la  neve,  e'I  gelo. 
Onde  la  tetra  imbianca ,  e  l' aria  anoc^gn; 
E  prima  i  gioghi ,  e  le  superbe  fronti    - 
Tutte  nasconde  degli  eccelsi  monti  : 

Poscia  gli  erbosi  prati ,  e  i  luoghi  colti  , 
£  de' mortali  ì  magisteri ,  e  l'opre; 
E  i  bei  porti  del  mare,  e  i  lidi  incolti, 

V      E  i  cavernosi  scogli  ancor  ricopre  : 
Solo  i  mari  non  sono  allor  sepolti7 

./     E  r  acqua  dalla  neve  al  Ciel  si  scopre  : 
Così  era  ascosta  attor  da  viva  pietra 
L'arena,  insin  là  dove  il  mar  s' arretra  . 

Ma  Norandin ,  benché  de'  nembi  oscuri 
Di  pietrosa  tempesta  abbia  spavento, 
E  de'suoi  tristi  augni ,  e  degli  auguri  , 
A  cui  per  lunga  usanza  è  troppo  intento; 
S'avvicina  al  fratello  appresso  a'muri. 
Che  nulla  morte  ad  incontrare  è  lento; 
£  disse:  Ornai  concedi  al  mio  consiglio, 
Ch  altri  succeda  al  tuo  maggior  periglio. 

Tu  stanco  forse,  e  tutti  stanchi  e  lassi 

Siam  del  contrasto  d'  uno  e  d'altro  giorno  ; 

Sicché  ornai  dar  potremo  il  loco  a*  saasi  , 

Ed  alle  turbe,  e  far  quinci  ritorno  . 

Né  tacerò  (  benché  il  parlar  trapassi 

][  tuo  divieto,  e  n'abbia  otira^io  e  acorno } 

Che 't  Cielo,  e  t  sogni,  e  un  novo  augurio  io  telilo- 

Deh  non  sia  quest'assalto  a  noi  l'è 


CONQUISTATA  lap 

CTII. 

Volea  più  dir:  ma  con  turbato  sguardo 
11  fiero  Argnnte  riguardollo,  e  disse: 
Iforandino,  a  me  spiace  ogni  codardo: 
£  s'oggi  è  il  di ,  eh*  il  Cielo  a  me  prefisse, 
La  mia  morte,  o '1  mio  fato  ornai  non  tardo: 
E  non  curo  di  stelle  erranti,  e  fisse, 
Né  di  fantasmi,  o  di  notturni  sogni. 
E  di  te  stesso  tu  non  ti  vergogni? 

CTIII. 

£  vuoi  tu ,  eh* obbedisca  armata  destra 
Ad  uccel,  eh* abbia  steso  al  Ciel  le  piume? 
Ma  non  curo  io,  eh* egli  sen  voli  a  destra 
Contra  l'Aurora  e'I  bel  purpureo  lume, 
O  nell*  oscuro  Occasc^a  man  sinestra  : 
E  seguo  mia  natura,  e  mio  costume, 
Anzi  il  voler  del  Ciel,  ch'altrui  richiama 
Col  chiaro  suon  d' una  perpetua  fama. 

cn. 

Ottimo  augurio  è  sol  quest'uno  e  vero, 
Il  difender  la  patria  in  guerra  armato. 
Perchè  dunque  paventi,  animo  altero. 
Quel  risco,  ove'l  morir  tanto  è  laudato? 
Se  per  difesa  ognun  del  nostro  impero 
In  questa  pugna  ti  morisse  a  lato , 
Non  dovresti  temer  :  e  vo'  ben  dirti , 
Che  non  hai  cantra  morte  audaci  spirti. 

ex. 

Ma  se  dalla  battaglia  oggi  tu  cessi , 
Ed  altri  n* allontani ,  o  tieni  a  bada. 
Sicché  per  tuo  consiglio  or  non  s'appressi 
Al  ben  difeso  muro,  e*ndietro  ei  vada: 
Noi. potresti  salvar,  purché  volessi, 
Perch*  io  1'  ucciderò  con  questa  spada . 
Cosi  diceva,  e  gli  passò  davante: 
Seguir  gli  altri,  gridando ,  il  fiero  Argante. 


.#« 


!•■ 


i3o  LA.  GERUSALEKIIE 


eu. 


E  la  fortuna  ia  suo  favor  coavem^ 
Pareva  a'  Franchi  diventar  rubella  ; 
Perocché  mosse  dalla  parte  avversa 
Fulmini  incontra  lor,  turbo,  e  prcx^Ua: 
E  portò  nembo ,  onde  rimase  aspena 
L' arida  rena ,  e  questa  parte  e  quella. 
Ma  negli  occhi  de*  Franchi  oscura  polve 
É  più  molesta,  e  lor  dintorno  iavolve  . 

CXII. 

In  rompendo  il  gran  muro,  ogni  lor  fona 
Mostraro  i  Siri,  e  tutti  i  loro  ingegni; 
E  i  merli,  e*l  muro,  e  quella  prima  acoiB, 
E  i  primi  delle  torri  alti  sontegni. 
Si  sforzar  di  tirare  ia  terra  a  forza. 
Per  aprirsi  la  strada  a' curvi  legni; 
E  colle  grosse  travi  eran  divelti. 
Per  opra  di  guerrieri  a  prova  scelti. 


CXIII. 


Ma  non  cedeano  il  pRs.so  ancora  i  Franchi  9 
Opponendo  de'  buoi  le  dure  ter^a  , 
E  i  gravi  scudi;  e  quasi  nulh  stanchi , 
Già  perciiotean  quale  a  salir  più  s'erga: 
E  nella  fronte,  e  negli  opposti  fianchi, 
O'n  mezzo  il  petto,  ove  la  vita  alberga. 
E  quel  cFasta,  o  da  palo,  in  terra  affitto 
In  due  lati,  cadendo,  era  trafitto. 


CXI?. 


Ma  i  due  Roberti,  ove  girar  la  fronte 
fiaccendeano  il  valor  ne' freddi  cori. 
Or  con  lusinghe,  or  con  minacce  ed  onte. 
O  miei  non  vili  amici,  o  voi  migliori, 
O  voi  (dicean  )  dell'opre  illustri  e  conte , 
Tutti  noli  hanno  in  guerra  eguali  onori; 
M;i  tutti  denuo  or  fare  aspra  battaglia  : 
Che  tutti  aifin  valore,  o  morte  a^uaglia^ 


CONQUISTATA  i3i 

C«T. 

L'un  sia  d*  esempio  alf  altro  e  dì  conforto 
Tn  ftosteoer  chi  minaccioso  assalse, 
Anzi  lui  rispingendo,  o  vivo,  o  morto , 
Insino  a' curvi  lidi,  e  Tonde  salse  : 
E  ritornando  i  nostri  legni  al  porto , 
Ch'a  tenerli  securi  in  se  non  valse, 
.Senza  il  vostro  valor,  cui  non  prescrive 
Termine  il  mar  coli' a  renose  rive, 

r.xTi. 

Forse  averrà,  che  discicciare  osando 
Col  nemico  più  lunge  ancora  il  rischio, 
Vi  dia  vittoria  il  Re  del  Ciel ,  tonando  ; 
Per  cui  morir,  non  sol  pugnare,  «rdisco. 
Or  qualunque  si  sia  Frisio,  o  Normando, 
Ligure,  o  Greco,  membri  il  valor  prisco: 
Ch'ai  ritorno  bramato  altra  speranza 
Più  non  riman,  ned  altra  nave  avanza. 


CXTII. 


Così  gridando,  ivi  destaro  a  prova 

L'orribil  guerra ,  e  fu  Roberto  il  grande 

Quegli  «  che  prima  feo  mirahil  prova. 

Là  Ve  il  muro  cingeano  aspre  ghirlande, 

Coiitra  la  gente  minacciosa  e  nova. 

Che  non  sa  com'ei  fere,  e  il  sangue  spande: 

Era  fra  questi  il  coraggioso  Amullo, 

Fido  amico  d'Argante,  ancor  fanciullo. . 

Ed  era  tanto  inver  la  cima  asceso, 
Che  parea  meritar  corona  e  palma: 
Quando  aventò  Roberto  il  grave  peso 
D'un  sasso,  che  saria  soverchia  salma 
Ad  uom  robusto:  e'I  capo  e  Tosso  offeso, 
£  Telmo  rotto,  aprirò  il  varco  alTalma. 
Ei  cadde,  come  quel,  ch'in  mar  profondo 
D'alta  nave  ("immerge,  e  cerca  il  fondo* 


i33  LAGERDS&LEHMB 

Poi  coir  asta  Roberto  in  giù  rispioge 
li  dispietato  Arouzio ,  e  1  fiero  Idai^O'i  - 
L'un  trafitto  colà,  dov'uom  si  cingi»," 
L'altro  nel  petto  suo  bea  colmo  e  largo. 
Dalle  tempie  Orispon  l'arme  dipìng». 
Oppresso  da  mortifero  letai^  : 
Cbe  pur  Roberto  il  riversò  nel  fosso, 
E  fé  cadei^li  Iringo,  e  Frello  «ddoMO. 

Pur  coir  asta  di  lungo  e  grave  Cerro  , 

L'iniquo  Elfingio  in  quella  orrìbil  pugu 
Trafisse,  e  Rinco,  e  l' infido  £naiperro, 
eh' all' alto  precipizio  inanzi  pugna; 
Talcbè  non  sol  di  sangue  asperso  è  il  Ceno, 
Ma  la  nodosa  lancia,  ove  s'impugna. 
E  par, ch'i  più  ferocia  morte  scelga. 
Dovunque  si  rivolge  il  forte  Belga. 

Già  non  pugnò  il  Normando  in  altro  luogo, 
Né  dal  maggior  Roberto  andò  lontano; 
Ma  parver  buoi  congiunti  al  grave  giogo. 
D'animo  eguali  e  di  valor  sovrano. 
Che  fanno  i  lunghi  solchi  in  duro  git^ 
D'asciutto  colte,  o'n  aspro  e  forte  piano: 
E  dalle  corna  intanto  avien  che  larga 
Di  sudor  copia  si  diffonda  e  sparga . 

Era  co'  duo  Roberti  il  bel  Guglielmo, 
Gloria  ed  onor  de'  saggitari  Inglesi  , 
Venuto  ;  e  fino  avea  V  usbergo  e  1*  elmo, 
E  lucean  tutti  d' oro  i  belli  arnesi  ; 
L'aurea  faretra  gli  portava  Antelmo: 
Ei  saettava,  e  n'avea  molti  offesi: 
E  con  quell'arme  sue  dorate  e  vaghe, 
Facea  mortali  e'osldiose  piaghe. 


CONQUISTATA  iS» 

Ei  da  luDge  mirò  salir  Sanguigno, 

E  '1  fé  cessar  da  quella  impresa  ardita  j 
Perocché  fece  il  braccio  a  lui  sanguigno 
Collo  strai,  che  portò  cieca  ferita: 
Quel  non  soffrendo  il  suo  dolor  maligno , 
Facea  di  furto  ascosa  indi  partita, 
Quasi  del  suo  ritrarsi  abbia  vergogna, 
£  schifi  de'  nemici  agra  rampogna. 


CXXfT. 


Ma  sospirando  Rodoan  si  dolse, 
Come  si  fu  del  suo  partir  avvisto  ; 
Pur  quello  assalto  abbandonar  non  volse^ 
Né  vendetta  obliò  sdegnoso  e  tristo  : 
£  d'un  colpo  lontan  nel  ventre  ei  colse, 
E  per  mezzo  trafisse  il  Greco  Egisto  : 
Poi  trasse  Y  asta  :  e  quel  Y  asta  seguendo , 
Cadde  sul  volto;  e  rimbombò,  cadendo. 

CXXT, 

Tanto  romore  intorno  al  corpo  esangue 
Fa  col  sonoro  acciar  sassosa  terra. 
Ma  colla  fera  man,  sparsa  di  sangue, 
I  sublimi  ripari  il  Turco  afferra  : 
E  come  quelli,  in  cui  valor  non  langue. 
Parte  ne  svelle  e  ruinosa  atterra  ; 
E  lascia  il  muro  ignudo  al  fero  crollo; 
Ma  Guglielmo  il  saetta ,  e  mira  al  collo. 

CXXTI. 

Ed  in  quel  tempo  ancor  Roberto  il  Magno 
Coir  asta  gli  percote  il  duro  scudo, 
Talch'ei  s'arretra,  e  cerca  altro  compagno, 
Già  ripfesso  il  furor  d'animo  crudo; 
Ma  sperando  di  gloria  alto  guadagno, 
Pur  si  vorrebbe  aprir  quel  muro  ignudo^ 
Deh  perché  rallentate  il  vostro,  sforzo 
(  Dice)  o  compagni,  io  solo  invan  mi  sforai. 


^  ... 


1 34  LA  CEROSA  LEMME 


CXXYIf.  ^ 


Ne  posso  far  per  entro  il  muro,  o  sopra. 
Alle  nemiche  n^ivi  il  passo  e*l  calle: 
Che  la  virtù  d*  un  solo  invaa  s*adopra, 
E  per  soverchio  ardir  s*  inganna  e  bile; 
Ma  di  molti  congiunta  è  miglior  Topri. 
Dunque  venite  alle  mie  fide  spalle 
Per  r arena,  che  copre  abeti  e  querce: 
Che  la  gloria  al  periglio  e  degna  merce. 


CXXTIII. 


Cosi  diss'egli:  e,  per  timor,  più  forte 

Si  mostrò;  lui  seguendo  il  suo  drapello;.' 

^  E'n  sulle  mura,  e*n  sulle  chiuse  porte. 
Via  più  si  strinse  incontra  il  popol  fello 
Il  Franco  :  e  non  cedea  con  pari  sorte 
Il  loco  ;  o  quello  a  questo,  o  questo  a  qaeDo; 
Ne  i  Siri  aprian  tra  le  mine  il  varco. 
Ne  rispinti  cedean  da  pietre ,  o  d^arco. 

cxxrx. 

Ma  come  duo  vicini  in  luogo  angusto 
Fauno  contesa  in  mezzo  aMarglii  prati, 
O  per  termine  nuovo,  o  per  vetusto. 
D'acuto  palo  alla  battaglia  armati: 
Così  l'usurpator  d'imperio  ingiusto, 
E  quel,  eh'  i  proprj  regni  avea  lasciati  ; 
Di  tesor  largo,  e  sol  di  ghiria  avaro , 
Quinci  e  quindi  pnrtia  l'alto  riparo. 

cxxx. 

Molti  al  capo  ed  al  petto,  elmo  ed  usbei^o 
liompendo,  si  pestaro  i  nervi  e  X  ossa  ; 
Altri  mostrando  alle  forile  il  tergo, 
Morian  repente  per  crudel  percossa  : 
Pareva  a'  morti  destinato  albergo 
Quella  scura  sanguigna  orribil  fossa; 
Mura,  porte,  ripari,  ed  armi,  e  squadre 
£ran  di  sangue  tenebrose,  ed  adre. 


CONQUISTATA  i55 

CXXXT. 

Ma  la  fortuna  (  o  sia  d' ardente  stella , 
Che  signoreggia  in  Ciel  mirabil  face, 
O  pQtestà  di  tenebre ,  e  rubella  ; 
O  cieca  forza,  ed  impeto  fallace) 
All'alto  onor  delfalta  impresa  appella , 
Fra  ben  mille  perigli,  Argante  audace: 
eh'  un  gran  sasso,  che  giacque  anzi  la  porta. 
Pur  come  leggier  vello  in  man  si  porta  . 

CXXXII. 

Tanto  era  e  tal,  che  la  più  forte  coppia 
Della  robusta  plebe  oscura  e  ignota, 
Se  le  membra  e  le  forze  insieme  accoppia. 
Noi  porria  sovra  alla  stridente  rota; 
Ma  vien,  ch'Argante,  in  cui  vigor  s'addoppia, 
G)lla  destra  alto  il  levi,  e  giri,  e  scota; 
E,  dopo  molto  raggirar,  da  sezzo 
Sovra  i  duo  pie  fermato  il  lanci  in  mezzo. 

LXXXIII. 

Stridendo  rimbombar  divise  e  rotte 
Le  porte,  e'nsieme  i  cardini  sonanti; 
E'I  Cavalier,  sembrando  orrida  notte    . 
Ne'  tenebrosi  e  torbidi  sembianti, 
O  voi ,  neir ombre  sue  là  giù  prodotte: 
Ratto  sen  corse  e  minaccioso  avanti. 
Vibrando  l'asta;  e  nulla  indi  il  repulse, 
E'n  arme  spaventose  altrui  rifulse. 

CXXXIT. 

fiammeggiava  Tacciar  con  feri  lampi, 
E  folgoravan  gli  occhi  atre  faville; 
Ne  diluvio,  ch'inondi  i  larghi  campi, 
E  porti  seco  armenti,  alberghi,  e  ville  ; 
Ne  fero  incendio,  che  dintorno  avampi, 
E  Tempi  e  case  accenda  a  mille  a  mille  ; 
Ne  di  montagna  alpestra  orrido  dorso. 
Fermato  avria  di  quel  superbo  il  corso  • 


Invitava,  gridando,  a' suoi  rivolto, 
A  passare,  a  salir ,  I«  turbe  impigre , 
Ch'entro  inondar,  com'  un  torrente  ■ 
O  com' Eufrate  si  divide  e  Tigre . 
Ogni  ordine  de'  Praochì  allor  diicìolto, 
Rifugiano  alle  navi  oscure  e  nigre  : 
Altri  neir  alta  rocca  ancor  rifugge  : 
La  terra ,  il  mare,  il  Ciel  rimbomba  e  mngc 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  DECIMOTTAVO 

ARGOMENTO 

Fra  sta^i  Argante  entro  le  mara ,  colto 
Dal  gran  Roberto  con  gran  sasso ,  cade; 
Ma  luor  portato,  a  morto  pur  yien  tolto 
Dal  demon ,  c'ha  nel  mar  sua  potestade  • 
Spiana  invisibil  questi  il  muro ,  e  molto 
Timor  spai^  ne'  Franchi ,  onde  han  le  strade 
Gli  empj  sicure  a  i  legni ,  ed  alla  torre  ; 
Ma  improvriso  Ruperto  a  lor  soccorre  i 

Jyla  poiché  vide  aggiunti  il  Re  superno 

Alla  bramata  impresa  i  duo  Roberti, 

A  cui  dovean  nel  più  gelato  verno 

Esser  delF ampio  mare  i  seni  aperti; 

Benché  nel  suo  divino  alto  governo 

Non  abbian  parte  i  fati,  o  i  casi  incerti; 

Gli  occhi  rivolse  da  quei  curvi  legni 

D'  Esperia  estrema  a'  combattuti  regni . 

II. 

Kè  sol  del  Frisio  duce,  e  del  Normando, 
Rimira  le  fatiche»  e  i  gran  perigli; 
Ma  i  giustissimi  Ispani,  e  di  Ferrando, 
E  di  Ramiro  i  valorosi  figli  * 
P^r  cui  Spagna  dal  giogo  il  capo  alzando, 
Del  regno  di  Leone  oprò  gli  artigli, 
Là  Ve  domar  devea,  dal  regio  soglio , 
D'empj  Regi  Africani  il  fero  orgoglio. 


i38  LA  GERUSALKMME, 

Il  sommo  Dio  degli  altri  Dei  vetusto. 

Che  vuol,  che  di  sua  luce  orjnim  s' illuJil 
Guardava  il  nuovo  Ite,  qiul  nuovo  Augusto, 
eh'  ivi  regnar  dovea  tanli  anni  e  lustri  ; 
Spirando  a  lui  col  vero  atnor  del  giusto,  ^^ 
E  con  pietà  l'alte  virlutt  ilhistri:  ^^| 

E  'n  Alfonso  fissò  le  lantA  luoi ,  i'    -     - 
Quasi  men  curi  in  Asia  i  noitri  Duci  •. 

Ma  non  fea  cieca  guardia  il  gran  ^ImU*^^ 
Quegli, che  muover  suol  lemptrtcaiiì 
E  quasi  eguale  al  suo  tDfernal;ÌintoikS,. 
Perturba  il  mare,  e  h  che  l'aria  «tat^^s    - 
E 'n  Libano  sedendo, or  questo,  òr  qvetto 
Lido  mirava,  e  i  salsi  mari,  e  i  camp* . 
Ed  Elia,  e  loppe,  e  tante  navi,  el  porlo. 
Dal  giogo,  onde  scorgea  l'Occaso,  •  r0rto. 

Già  visto  avea  di  corredale  navi, 

Ch'uscian  di  Laodiuea,  veloce  il  eorso. 

Benché  sian  di  cavalli ,  e  d'arme  grari. 

Che  danno  al  figlio  di  Lucia  soccorso; 

E  'n  varie  forme  le  conteste  travi»  ■ 

Le  quai  rompean  del  m  ir  ceruleo  il  dorso'. 

Spiegar  le  vele  da  sublimi  antenne, 

E  vittoria  volar  con  auree  penne. 

Ed  or  veggendo  di  colori  e  d'auro 
Avvicinarsi  r  Aquila  dipinta, 
Così  detta  è  la  prima,  onde  restauro     ■ 
Potria  la  gente  aver  richiu.sa  e  vinta  ^ 
La  Sfinge ,  l' Idra ,  l'Orci ,  e  'I  gran  CetiMons 
Poi  Glauco,  è  la  Sirena  olire  la  quintil. 
Commossa  avrebbe  la  procella  e'I  n^mbo,* 
Per  tuffarle  del  mar  nel  vasto  grembo;  '     *-' 


CONQUISTATA  iSg 

o  TU* 

Ma  dicea  fra  «è  poi:  S'io  queste  immergo, 
Lentando  il  freno  a' procellosi  spirti, 
O  lor  per  T  ampio  mar  porto  e  dispergo 
lofra  gli  scogli  e  T  arenose  Sirtì, 
Lunge  dal  colle,  ov'ha  securo  albergo 
Il  giierrier,  che  fuggì  gli  ombrosi  mirti; 
Che  dell'altre  avverrà,  già  scorte  al  lido, 
Nel  periglio  comun  del  mare  infido? 


▼III. 


Propria  tempesta  a  quelle,  e  proprio  risco 
Già  muover  converrebbe  in  questi  mari, 
Ch'io  di  veder  turbati  appena  ardisco, 
Tanti  han  legni  da  me  guardati  e  cari. 
E  '1  Signore,  ond'io  temo  e  sbigottisco, 
Sdegnato,  non  farebbe  il  danno  or  pari; 
Ma  dnria  tutti  in  preda  i  legni  nostri 
Agli  abissi ,  a  i  diluvj ,  a  i  feri  mostri. 

IX. 

Dunque,  che  fo?  tutto  ozioso  attendo, 
Che  giungan  salve  alle  bramnte  rive; 
Vittoriose  al  Re  del  Cielo  offrendo 
Di  spoglie  ostili  i  doni,  e  di  votive? 
Ma*l  gran  tridente  mio  vinto  sospendo, 
£  torno  all'ombre,  cb'ei  di  luce  ha  prive. 
Per  non  veder  giamai,  sull'ampio  Egeo, 
O  di  Siri ,  o  d'  Egizj  alzar  trofeo . 

X 

Ma  se  negli  alti  fati  è  sol  prescritto, 
Che  tocchin  le  famose  antiche  sponde; 
Né  d' Arabia  le  navi ,  o  pur  d' Egitto, 
Yinceran  combattendo  in  mezzo  ali* onde: 
lo  sono  il  Duce  ancor  dell'acque  invitto, 
£  signoreggio  ovunque  il  mar  circonde: 
£  le  concedo  alla  vorace  fiamma 
Del  mio  fero  fratel,  che  tutto  infiamma  . 


i4o  LA.  GERUSALEMUS 

Così  diss'eglì  ;  e  i  pie  veloci  e  pronti 

Mosse  dall'erto  giogo,  e  venne  a  bauo, 
£  l'alte  selve,  e  quei  selvaggi  monti 
Fece  tremar  col  suo  teiribil  passo: 
E  tre  volte  crollò  l'orride  fronti 
D'aspre  montagne,  e  ruppe  il  vivo  sasio 
Ma  del  quarto  vestigio  il  Udo  informa, 
.  Negli  consente  il  suo  furor,  che  dorma. 

Or  mentre  del  tumulto  il  Ci«I  muODa  , 
E  che  dal  muro  ognun  rifugge  e  scampa  , 
Al  gran  Roberto  Goldemar  ragiona  : 
Già  dentro  il  muro  il  Ber  nemico  accampa; 
E  già,  prese  le  porte,  aspra  corona 
D'orribil  guerra  a  te  dintorno  avampa: 
Già  per  le  navi  son  divisi  e  sparsi 
Egizi ,  e  Siri ,  e  non  potran  ritrarsi . 

Noi  dobbiam  tosto  farlo,  insieme  accolti 
I  più  forti  di  questo,  o  d'altro  stuolo; 
Pria  che  siam  presi  in  mezzo,  e  'ntorao  aTTolti 
D'erapj  nemici ,  in  mnl  securo  suolo. 
Che  pochi  e  stanchi,  incontra  i  feri  e  molti 
Fuor  della  rocca,  avrian  di  morte  il  duolo  ; 
Ma  se  colà  potrem  ritrarci  in  alto, 
Soslerrera  delle  turbe  il  nuovo  assalto. 

Cosi  diss'ei  :  né  spiacque  il  suo  cnnsiglio 
Al  magnanimo  cor  del  gran  Itoberto  : 
E  benché  far  bramasse  il  pian  vermiglio 
Dell'altrui  sangue,  esposto  al  caso  infarto. 
Pria  che  lasciar  le  navi  in  quel  periglio  ; 
Pur  colle  schiere  si  rivolge  all'erto  : 
E  seco  il  buon  N'ormando,  e'I  bel  Guglielma^ 
Goldemaro ,  Aristolfo ,  e  'I  6do  Antelmo  . 


CONQUISTATA  141 


XV. 


Tutti  fiacean  di  lor  folta  falange, 

Qual  Roma  avria  lodala  y  e  Fella ,  e  Sparta, 
Ch'impeto  alcun  non  la  perturba  o  frange, 
O  si  fermi  in  battaglia,  o  si  diparta: 
E  s'avvieu  che  si  volga ,  e  loco  cange, 
Non  si  vede  però  confusa  o  sparta . 
Cosi  appressava  allor  Germania  e  Francia 

.  Scudo  a  scudo,  elmo  ad  elmo,  e  lancia  a  lancia. 


XTI. 


Lancia  a  lancia,  elmo  ad  elmo,  e  scudo  a  scudo, 
E  guerriero  a  guerriero,  e  duce  a  duce, 
Parean  quasi  congiunti;  e'I  ferro  ignudo 
Splendeva  al  Ciel  con  più  terribil  luce . 
Cosi  ristretti  incontra  '1  popol  crudo, 
Gli  ordini  densi  il  gran  guerriero  adduce  : 
E  vibrando  il  cimier,  V  insegna,  e  Tasta 
Ciascun  degli  altri ,  ei  solo  a  lor  sovrasta  • 

In  tal  guisa  ordinati,  oltra  sen-vanno, 
Già  pronti  avendo  ad  ogni  estrema  sorte 
Gli  animi  alteri,  eh' a  temer  non  hanno. 
Senza  vergogna  e  scorno,  orrida  morte; 
Ma  pria  gli  assalta  del  crudel  tiranno 
11  figliuol  più  animoso,  anzi  il  più  forte. 
Co'  Filistei ,  eh'  il  suo  valor  seguirò, 
E  con  quei  di  Sidone  ,  e  quei  di  Tiro . 

XTIII. 

Fra' caduti  ripari ,  a  loro  incontra 
fiuinoso  venia  dal  Iato  destro. 
Come  per  verno,  o  per  diluvio,  incontra, 
Che  si  svella  dal  monte  un  sasso  alpestro: 
E  tutto  abbatte  ciò,  eh' a  caso  incontra 
Precipitando  per  camin  Silvestro: 
Rimbombando  i  torrenti ,  e  l' alte  selve, 
£  fuggoù  per  timore  armenti,  e  belve . 


j4i  hk  GERUS&LBBfHB 

Pur  non  fuggirò ,  e  non  turbare  i  Fniachi 
L'ordine,  in  cui  veotan,  condenso  e  folto;* 
Ma  r  aste  acute  gli  opponeano  a*  fiaochì , 
Al  forte  pptto,  al  minaccioso  volto  :  ' 

'    Uè  però  awien ,  eh'  egli  vacilli,  o  tBaachì  ; 
Ma  vibrando  la  sua,  TorindaJia  colto. 
Ed  aprendo  lo  scudo ,  e  la  lorica, 
il  petto  gli  passò  Tasta  nemica  . 

Ma  fu  ripieno  il  loco,  e  si  ristrinse     . 

La  schiera,  e  vi  successe  il  buon  Toraldo, 
A  cui  passò  r  usbergo ,  e  dentro  ei  spiase 
La  già  sanguigna  lancia  ;  e  '1  ferro  caldo 
Giunse  ove  il  cibo  scende,  onde  l'estiiue. 
Pur  l'ordine  rimase  intero,  e  saldo  : 
E  dove  cade  l' un ,  trafitto  il  ventre  , 
Subito  awien,  cb'  il  successor  rieatre. 

Né  per  timor ,  ch'altri  il  disossi,  e  spoTpì, 
Sarebbe  alcun  dal  loco  addietro  or  mosso; 
Ma  l.inti  furo  e  sì  gravosi  i  colpi, 
Ond' Argante  è  da  lor  collo  e  percosso, 
die  non  sarà,  ch'il  suo  ritrarsi  incolpi. 
Romano  Cavniier,  Greco,  o  Molosso  ; 
Ma  pur  conforta  i  suoi  con  alte  voci, 
E  gli  fa  col  suo  esempio  ancor  feroci. 

O  Turchi  in  guerra  forti ,  o  popot  fido, 
(>  voi ,  che  già  solcaste  i  salsi  flutti , 
Per  me  passando  a  sì  remoto  lido. 
Dove  lieta  fortuna  or  v'  ha  condutti  : 
Durate  meco;  e'n  quel  già  vecchio  nido 
I  ladroni  del  mare  or  fìan  distrutti  : 
Né  lungo  tempo  sosterran  la  forza 
Nostra,  e  di  tutti  noi ,  se  più  si  sforza  . 


CONQUISTATA  148 


zzili. 


Cosi  parlava;  e*n  ragionando,  accese 
Di  ciascuno  de' suoi  gli  spirti,  e 'I  core, 
A  dimostrar  nell'onorate  imprese. 
Quanto  avesser  di  forza,  e  di  valore. 
Fra  gli  altri  Norandin,  che  tardi  intese 
A  farsi,  mentre  visse  al  mondo,  onore, 
Lo  scudo  avendo  a* suoi  nemici  opposto, 
Air  audace  fra  tei  si  fece  accosto. 

E  con  sublime  cor  ristretto  e  chiuso 
Sotto  il  lucente  acciar  tutto  s'accolse, 
Allorch* AnteImo,di  fallir  non  uso. 
Vibrò  Tasta  pungente,  e  *n  mezzo  il  colse; 
Ma  fragil  parve  il  legno,  e'i  ferro  ottuso, 
Talché  del  vano  colpo  egli  si  dolse , 
E  si  ritrasse  disdegnoso  addietro. 
Dicendo  :  Il  mio  troncon  simiglia  il  vetro , 

zzr. 

Signore ,  e  d' esser  teco  ho  gran  vergogna , 
Se  non  emenda  or  questo  error  la  spada . 
Cosi  se  stesso  e  Y  armi  sue  rampogna  • 
Ma  Guglielmo  noi  tien,  parlando,  a  bada: 
E  r uno  e  T altro  in  guisa  d*  uom,  ch'agogna 
Gloria ,  e  far  ch'il  nemico  a  terra  cada; 
Taciti  combattean,  colmi  di  sdegno, 
Col  ferro  a  prova ,  e  col  ferrato  legno . 

XZYI. 

Guglielmo  di  sua  mano  a  morte  diede 
Il  feroce  Almansor,  che  d'  Alessandro 
Tenne  gran  tempo  la  superba  sede; 
Ma  nacque  dove  al  mar  corre  Scamandro  : 
E  condusse  di  là  prigioni,  e  prede, 
E'nsiu  dal  lido,  ove  s'innalza  Antaudro; 
Onde  per  mezzo  de'  suoi  fatti  egregi , 
Fu  tra'  generi  ancor  del  Re  de'  Regi . 


■44  LA  GEBUSALEUMB 

Il  Britanno  Signor  coU'asta  lunga 

Ferì  costui  sotto  il  sinistro  orecchio  , 
£  fé  sentir  quanto  sia  grave  e  puoga  , 
Poi  la  svelse  coli'  alma  al  corpi)  Tecìdiio. 
Qual  tronco  annoso,  cui  dal  saol  dìs^angt 
Violenza  di  ferro,  o  di  Libecchìo, 
Cade  dal  giogo,  onde  lontano  apparse , 
Ben  mille  aride  foglie  a  terra  span*. 

Tale  indietro  cadea,  sonando  intorno 
L'arme  dorate,  e  le  dipinte  spoglie; 
E  mentre  a  lui  si  fece  oscuro  ti  giorno. 
Gemendo,  egli  membro  tenera  moelie, 
Cb'avea  sì  dì  sua  man  il  vei^lio  adorno  ; 
E  questo  accrebbe  pi  ù  l' estreme  doglie  : 
Ed  ella  pur  l'amor  godea  dt  furto» 
Stimando  a' suoi  diletti  il  tempo  curio . 

Ma  colla  spada  il  fido  Anselmo  intanto 
Prima  troncava  l'asta ,  e  poi  la  mano 
Dell'empio  Asarco;  indi  gli  estese  accanto 
Col  terzo  colpo  il  suo  fedel  germano: 
£  della  fuga  ancorgli  tolse  il  vanto, 
E  col  quarto  il  mandò  sossopra  al  piano. 
Perchè  mentre  ei  volgea  l'inermi  spalle. 
Il  colse  in  parte,  ov'il  colpir  non  fitUe. 

E  tutta  quella  vena  a  lui  recise  , 

La  qual  dal  largo  dorso  in  su  trascorre, 
£  giunge  alla  cervice,  onde  l'ancìse  , 
E'I  feo  cader  presso  T antica  torre. 
Ma  Niirandin  fratunto  anch' ei  divise' 
Colla  sua  lancia  il  petto  al  bruno  Ettom 
Venuto  iaain  dall'arenosa  pia^ia , 
Ch'  iuonda  il  mare  all'  isola  selvaggia . 


CONQUISTATA  c45 

XXXI. 

CI  fido  4ntelmo  a  Noradin  converso , 
Ferì  lo  scudo  d'ogni  parte  eguale: 
E  di  nuovo  Tacciar  lucente  e  terso 
Sostenne  il  colpo,  che  saria  mortale. 
Il  lurco  a  lui  lasciò  di  sangue  asperso 
11  braccio,  onde  schifò  l'ira  fatale  , 
eh' ad  altra  mano  il  suo  destin  riserba 
La  vita,  eh* è  si  dolce,  ancora  acerba. 

XXXII. 

i/1  suo  fratello  Argante  ancor  gli  punse 
11  suo  nemico,  e  Tasta  in  lui  vibrando, 
Ruppe  ogni  piastra,  ed  ogni  acciaio  disgiunse, 
Pur  il  ferito  braccio  allor  piagando. 
Si  trasse  Antelmo  addietro,  e  si  congiunse 
Col  buon  principe  inglese,  e  colNormando, 
Che  T  amico  salvar  piagato  ed  egro , 
Opponendo  a  quel  fiero  il  tronco  integro. 

XXXI  li. 

Ma  le  schiere  de' Turchi  apre  e  scompiglia 
Il  gran  Ruberto,  e  Tarme  incide  e  parte; 
E  dappoiché  spezzò  Tasta  vermiglia 
Entro  le  membra  d'atro  umor  cosparte, 
Tra  il  largo  naso  e  le  due  irsute  ciglia. 
La  dove  siedon  gii  occhi  in  cava  parte , 
Colla  pungente  spada  Alteo  feriva, 
F.  per  la  via  del  pianto  il  sangue  usciva. 

XXXIT. 

£  Tuna  e  Taltra  luce  a  terra,  mista 

Col  sangue,  cadde  entro  la  nera  sabbia. 
Quegli  combattea  ancor  privo  di  vista  » 
Di  vita  no,  con  dispietata  rabbia: 
Sin  cheTaniroa  sua  dogliosa  e  trista. 
Quasi  fera  selvaggia ,  uscio  di  gabbia 
Con  fier  muggito,  e'I  volto  esangue  e  torvo 
Restò  per  disfamare  il  cane  e  '1  corvo . 

Q.  Conq,  r.  IL  to 


■46 


LA  GERUSALEMME 


Ma  Roberto  rbpoi  la  punta  inomen 
Noll'anipin  pt-Uo  cIlI  crudele  Alnn 
.Che  tant'ollre  li  strada  in  f;iù  s'aperse 
Che  pervenne  del  sangue  al  caldo  fonte^ 
Quinci  la  spada  ad  Oribel  converse, 
E^a»ino  al  menio  gli  pnrtia  la  fronte  , 
Talch'Arifan  fu  d'impruvisa  tema 
Mosso  invano  a  fuggir  l'ora  suprema 

Ma  dove  il  capo  alla  cervice  è  giunto, 
Roberto  il  colse;  ed  ogni  nervo  inciso, 
Sicch'uopo  non  saria  fascia,  né  punto. 
Pender  sul  petto  fea  la  testa  ,  e'I  viso: 
£  come  ramo  d'alto  pin  disgiunto  ,        w 
Con  poca  scorza  ancor  non  è  diviso:      I 
Così  atleneasi  a  quel  sanguigno  tronco 
Quatti  divelto  il  teschio,  e  quasi  tronco. 

Fra  gli  altri,  cli'a  fuggir  l'estremo  fato 
In  quel  sanguigno  assalto  allor  non  valse 
Né  la  forza,  e'I  furor  del  Conte  irato, 
Ismael  fu,  ch'incauto  ivi  l'assalse. 
Questi  varcò  sin  dall'avverso  lato 
Del  mondo  i  lidi  aprici,  e  l'onde  salse 
Là  "ve  a  sinistra  i  Sol  cader  fa  l'ombra  , 
E  poco  al  Mezzogiorno,  o  nulla  adombra 

Ne  già  venne  a  cercare  o  spoglia  ostile 
In  nohii  guerra,  o  gloriosa  fama  ; 
Ma  nobil  moglie  .  e  stirpe  alta  e  gentili 
Che  la  figlia  del  Re  sospira  ed  ama  . 
E  d'illustrar  la  sua  progenie  umile, 
E  le  nuove  ricchezze  altero  ei  brama  ; 
Oro  scoprendo ,  e  gemme  ancora  occui 
Pria  del  sepolto  padre  a  lui  sepulte . 


1 


"  CONQUISTATA  147 

Ma  fera  morte  al  suo  desio  s'oppose, 

»E(1  alle  nozze,  ond'egli  era  sì  vago  , 
Cli'a  lui  Roberto  il  ferro  iti  seno  ascose, 
E  fé  di  nero  sangue  in  terra  un  Iago. 
Da  qutile  parli  in  respirar  ventose. 
In  rui  traluce  immaginata  immago  : 
E  forse  ancor  dalla  vicina  sede 
Amor  cacciò,  ch'ivi  abitar  si  crede. 

Eucentaffo  e  Sinan  ,  fidi  compagni. 
La  spada  micidiale  aggiunse  appresso, 
Percbè  non  sia  chi  si  lamenti  e  lagni 
Della  sua  morte  anzi  l'onor  promesso; 

0  tepide  ncque  d'odorati  bagni 
Scaldi  al  foco  di  mirto,  e  di  cipresso: 
Ed  amomo  prepari,  e  mirra  ,  e'ncensì 

Al  corpo  ingrato,  in  cui  son  morti  i  sensi. 

Ma'I  figlio  (V  Assagor  più  forte  e  saggio  , 
E  l'indomito  Ircan  ,  cbe  morie  sprezza  , 
Purdimostran  pugnando  alto  coraggio 
Contra  la  schiera  alle  vittorie  avvezza: 
Attraversando  lor  l'alto  viaggio 
Di  quella  rocca  alla  sublime  altezza, 
Dove  i  Liguri  suoi  Guglielmo  aduna, 
Con  Guimerto,  che  scorse  alta  fortuna  . 

lì  Bodoan  sotto  il  pitoso  mento 

A  Cimosco  il  Frison  gran  lancia  affisse; 
Mentre  a  parlar,  più  ch'a  ferire  intento, 
Volea,  Compagni,  dir;  ma  nulla  disse  : 
I  Perch'insieme  col  sangue  u.scia,qual  vento, 
1  Per  U  piaga  lo  spirto,  ond'egli  visse  : 

1  fece  un  mormorar  dolente  e  roco, 
PPur  come  stride  umido  legno  al  foco  . 


» 


» 


<48 


LA  GERUSALEMME 


E  posciach'in  Argeo  l'impeto  ei  volve. 
Tutto  gli  ebbe  passato  il  destro  fianco  ; 
E  luì  disteso  entro  l'immonda  polve. 
Trafisse  d'  Xrim^n  l'omero  manco  : 
Ed  in  preda  a  colei,  che  tutto  solve. 
Fra  gli  altri  morti  lui  giuó  pur  niico. 
Quegli  prendea  colla  sinistra  pnlma 
La  lorda  terra,  anzi'l  fuggir  dell* alma. 

Ma  v>(tn  il  ciglio  Ircano  allor  percosse 
Bifeo,  che  nacque  ove  più  gela  e  verna, 
Fra'l  Heno  e  Mosa ,  e  giovinetto  et  mosse, 
Per  acquistarsi  nome  ,  e  fama  eteroa  ; 
Ma  l'asta  acuta  la  pupilla  scosse,  ^^ 

E  dell'occhio  passò  l'atra  caverna  ;  ^M 

E,  per  la  nuca  uscendo,  il  sangue  tetro  ^ 
P«fr  un  colpo  spargea  davanti,  e  dietro  . 

Venne  Ramberlo  ancor  dall'alte  sponde 
Dell'ima  Olandia,  e  presso  d  mar  palustre: 
£  da  quella  città,  eh' è  in  mezzo  all'onde, 
Cercando  in  Asia  gloria,  ond'eì  s'ÌHustre: 
Già  prima,  per  solcar  l'acque  profonde 
Dell'ondoso  Ocean,  fra' Goti  illustre 
E  fra'  Norvegi ,  al  porto  or  si  vicino 
Sul  lido  il  giunge  il  suo  fermo  destino  . 

Ganfredo  ed  Ugo  avean  lasciato  insieme 
Ulisinga  del  mar  sonante  in  riva , 
A  cui  dintorno  egli  s'aggira  e  freme  i 
Con  lor  di  Gravelinga  Anton  veniva  . 
Or  per  l'istessa  man,  che  nulla  teme. 
Lasciar  la  carne,  che  di  spirto  è  priva; 
Ma  non  può  il  fero  Ircan  per  sua  possanza 
Chiudere  il  passo  a  quel,  che  tutt'avaaxa- 


I 


CONQUISTATA 


■49 


E  Rodoano,  ed  egli ,  a  viva  forza, 

Kd  ogni  altro  con  lor  cedea,  nspinto. 
Al  grnn  Roberto,  che  gli  alletta  e  liforzit, 
7aicli'il  sinistro  Iato  avea  già  vinto. 
Ual  destro  invitta  è  la  nemica  forza 
D'Argante,  d'altrui  sangue  orrido  e  tinto. 
Lo  (filai  seguilo  da  feroce  turba  , 
Già  mossa  ba  la  falange,  e  la  perturba  . 

K  V  uno  verso  l'altro  allor  converte 

Iiìe  duo  gran  cavalier  l' impeto ,  e  l' ira , 
Onde  le  squadre  avverse  ave.ino  aperte, 
Ma  viepiù  incauto  Argante  i  passi  gira; 
E  i  non  ben  vinti,  e  le  fortune  incerte 
Lascia  da  tergo,  ed  alla  rocca  aspira; 
E  prima  in  arrivando  ei  l'asta  abbassa 
Nel  gravissimo  scudo,  e  noi  trapassa  . 

Né  già  vacilla  nel  suo  colpo  ed  erra, 
Ala  la  possente  man  rimase  inerme; 
Ne  mosse  il  cavalier,  ch'in  soda  terra 
J^'iilte  vestigia  aveva  impresse  eferme: 
Qual  aspro  scoglio,  o  torre  alla  dt  guerra. 
Fondata  in  piagge  solitarie  ed  erme, 
Clie  non  si  crolli  per  soffiar  dell' Austro, 
O  per  vento,  che  spiri  il  freddo  plaustro. 

Argante,  eh'  il  suo  cerro  indarno  ba  rotto, 
E  l'altro,  ond'è  percosso  integro  scorge, 
ni  quel  soverchio  ardir,  che  l'ba  condotto, 
■       E  del  suo  gran  periglio  allor  s'accorge  : 
H  E  si  vieu  ritirando  a' suoi  di  sulto, 
^1    Ov'  è  chi  iniuva  lancia  in  man  gli  porge: 
H    Ma  Roberto  adirato  anco  il  persegue, 
H    £  più  seco  non  vuol  paci ,  né  tregue. 


» 


Ma  contra  lui ,  che  rapido  s' arretra , 
Mosti^  di  sì  lontano  il  fero  sde^o  :    ' 
Di  molti  sassi,  onde  quel  suol  a' impala, 
Perch'  alle  navi  sien  fermo  ritegno ,  0 

Lanciando  la  più  grave  e  dura  ptetta. 
Pur  come  dardo ,  o  strai  s' STveota  al  aagao;, 
£  nel  petto  il  percosse  il  grava^Kindo, 
Sul  giro  dello  scudo  ampio  e  ribmdo .    '  * 

E  come  quercia ,  ch'orrida  proo&llm 
Del  ciel  turbato,  e  fulmine  tonaote,,      '' 
Dalle  radici  sue  sterpi  e  divella  ; 
Così  cadéo  lo  apaventoso  Aitate  ; 
E  questa  mano  in  sull'arena  e  quella 
L'asta  e  lo  scudo  abbandonò  tremante; 
£  la  terra  tremò  per  dura  scossa  , 
Tutti  gridando  alla  crudel  percossa  . 

Ma  i  Fiamminghi  lanciar  quadrelia ,  e  sassi 
Sovra  '1  disteso  corpo ,  e  noi  ferirò  , 
Ch'Ircano,  e  Norandin  con  pronti  pas^, 
£  Celebin  gli  fece  intorno  un  giro  . 
Alcun  non  è,  che  t'abbandoni  e  lassi 
Nel  rischio,  Argante ,  o  sia  Fenice  ,  o  Siro; 
Ma  collo  scudo  alzato  a  coprir  t' ebbe  , 
Tanto  del  tuo  periglio  a  tutti  increbbe . 

Dalle  pietose  man  de'  fidi  amici 
A' veloci  cavalli  ei  fu  portato. 
Che  lungeda  furor  d'aspri  nemici, 
Eran  congiunti  al  ricco  giogo  aurato  : 
E  quinci  ei  fu  condotto  a'  lidi  aprici , 
In  cui  gran  padiglione  aveaao  alzato  » 
Vicino  al  sasso,  ove  cotanto  piacque 
Andromeda  legata  in  riva  all' acque. 


CONQUISTATA 


ifii 


E  fra  coltre  dipinte  e  molli  piume 

>Fii  posto  il  cavalier,  cli'aiico  languii  ; 
E'I  volto  sparso  dal  liquor  d'un  fiume, 
Che  seca  nidi  non  lunge  umida  via: 
£  sorgendo  a  sedere,  al  dolce  lume 
X)e' bei  .raggi  del  Sol  già  gli  occhi  aprìa. 
Ma  poi  ricadde  ;  e  pur  d'  orrori  e  d'ombre 
Avvien  ch'oscura  notte  ancor  gl'ingombre, 

AI»  come  quei  di  Frisa,  e  quei  d'Olanda, 
E  quei ,  che  Leuci  già  fur  delti  e  Remi , 
E  quei,  ch'in  navìg:indo  Ìl  mar  d'Irlanda , 
Solean  prima  adoprar  le  vele  e  i  remi. 

^E  gli  altri,  a  cui  Roberto  allor  comanda  , 
Abitatori  già  de'Iidi  estremi , 
Vider  portare  il  corpo  al  duro  scoglio, 
Gl'infedeli  assalir  con  grande  orgoglio. 

E'I  Normando  Signor  fra  tutti  il  primo 

IPu ,  che  d'asta  feria  l'empio  Siracco  ; 
E  sotto  il  duro  scudo  aperse  l' imo 
Ventre,  e  ciò  eh'  ascondca  il  tristo  sacco  ; 
E  lui  ravvolse  in  quel  sanguigno  limo. 
Sicché  più  non  vedrà  Menfi,  o  Baldacco, 
Dove  solca  da  queste  parti  a  quelle 
l'ortar  fra  due  Califfi  alte  novelle. 

E  disse  rampognando:  Or  va',  racconta 

Quei ,  che  tra  noi  si  faccia  al  Re  d' Inferno  ; 
E  come  l'uomo  in  guerra  all'iiom  s'affronta; 
E  narra  ivi  di  me  pel  lago  Averno . 
Cos'i  alla  fera  morte  oltraggio  ed  onta 
Aggiungea  per  vendetta,  e  per  ischerno; 
Perché  già  il  falso  raessaggier  deluse 
I  nostri  duci,  e  vera  pace  escluse. 


iSa  LA  GERUSALEMME 

Ma  NoraDdin,  che  veodicar  non  y 
Di  lui,  come  vorrebbe,  U  6er  dispiqio»' 
Fere  Albion  fra  le  vermiglie  golg> , 
Già  di  cavallt  domatore  egregio  : 
Quel ,  dove  ora  non  sono  o  Ap>^t  *>  nte* 
Per  cui' Del  corso  acquiiti  oaore,  l^pv^^t 
Muore  a  pie  tra  le  navi  ;  e  brama  invano 
Carro,  e  destrìer,  cbe*l  porti  ìndi  lonttna< 

E  già  di  Norandin  rigida  Parca 

L' estreme  6Ia  intoruo  al  fuso  accoglie, 
Perch'il  priocipe  Inglese  a  lai  sea  vaTCa^ 
Che  d'avernedesiarultimespoglie: 
E'n  quello  spazio,  ove  le  ciglia  inarca» 
D'acutissima  punta  in  fronte  il  coglie  : 
Talch*egli  cade,  e  tosto  avvìen  che  spiri  t 
Mandando  al  frate  gli  ultimi  sospiri. 

Che  rado  miior  senza  vendetta  alcuna. 

Chi  lascia  il  buon  fratel  nel  caro  albergo. 
Ma  Celebin  per  variar  fortuna , 
Anco  non  volge  al  fìer  nemico  il  tergo  ; 
E  i  suoi  compagni  a  sé  dintorno  aduna, 
£  dice:  Se  di  sangue  or  non  m'aspergo» 
Non  curo  riveder  la  patria,  o'I  padre  , 
Né  baci  aspetto  dall'antica  madre. 

Disse;  e  passò  del  buon  Gisolfoil  braccio» 
La  parte  al  fiero  Albingo  opposta  al  d(M«o; 
L'un  colà  nato,  ove  l'acuto  ghiaccio 
Talor  restringe  alla  Mosella  il  corso; 
L'altro  tra'  boschi ,  ove  al  suo  duro  laccio 
Prese  le  fere,  e  corabaltea  culi' orso; 
E  spesso,  in  paludosa  ed  ima  valle» 
Del  feroce  cinghiai  ferì  le  spalle  ; 


C0NQIIIST4TA 


■  9) 


I 


I 


Perfiote  appresso  in  sulle  cave  tempie 
Protnlilo,  (l'Alemar  ministro  e  donno  ; 
E  nel  piau,  che  del  sangue  altrui  s'adempie. 
Luì  manda  ahciulto  iti  preda  al  grave  sonno. 
Ma  qui  sorgtuiige  il  gran  Roberto,  e  l'empie 
Turbe  il  suo  incontro  sostener  non  pouuo. 
Celebin  più  non  fé',  uè  far  poteva  , 
Cb"  il  nemico  maggior  di  fama  il  leva  . 

E'I  pallido  timore  ingombro  a  tutti 
L'animo  e'I  volto  avea  di  freddo  gelo; 
E  fuggian  ,  paventando,  a' salsi  flutti, 
La  destra,  cbe  parea  destra  del  Cielo. 
Orchi   narrar  potria  le  strida,  e  i  lutti? 
E  degli  anni  squarciar  l'oscuro  velo? 
Percbè  sian  conte  con  eterna  gloria 
La  morte  de'più  forti,  e  la  vittoria? 

Dite,  voi  Muse,  che  nel  ciel  lucente, 
Fra  r  auree  stelle  fate  alto  soggiorno  , 
Qual  fosse  il  primo  cavalier  possente 
Di  ricche  spoglie  in  quel  contrasto  adorno, 
Poiché  la  timorosa  e  varia  gente 
Face»  precipitosa  al  mar  ritorno; 
Roberto  il  grande  fu,  che  stese  a  terra 
Sciriffo  il  Turco,  assai  famoso  in  guerra. 

Duce  di  quei,  che  le  frondose  cime 
Di  Libano  abttaro,  e  quei  paesi; 
E  lode  ebbe  vicina  a  quelle  prime 
L'.ilto  signor  de' sagittari  Inglesi, 
Ch'alzar  trofeo  di  Norandin  sublime 
Volle,  e  lui  dispogliò  d'aurati  arnesi  : 
E'i  fero  Gazi  a  lui  congiunto  estinse, 
E  dal  fianco  aurea  zona  ancor  gli  sciale. 


.54 

Arìstolfo,  Laiiiéc,  e  Baia,  e  Nino,      •  > 
Duci  d*  Arabi,  ancide,  e  d'IduBei;^  •    ■'•'■•' 
E  Raimondo  Biduo  aveaoonquùo,  ' 
Tra'PalMiiai  uom  chiaro,  e  Nabatei. 
Guglielmo  e  Guimerio,  del  Tolgo  uieiao 
Poteaao  io  terra  anco  drizsar  trofieì  ; 
Ha  non  stimaro  onor  fallace  e  corto  , 
Se  pria  noo  s'acquistaTt  il  nuve  «^  poMbft 

Ma  più  d'ogn'altro  in  perseguir  Tclooe 
Si  dimostrava  il  buco  duce  Nonnandos 
E  di  quei ,  che  fuggian ,  la  man  fittoce 
Più  ne  mandava  ancor  di  vita  in  baado: 
Volgeasi  a'Iidi  dolorosa  voce, 
E'I  mar  gonfiava  Tonde,  alto  mu^hiando: 
E  già  d'urli  e  di  strida  e  di  cordogli 
Sonar  s'udian  le  pia^e  e  i  duri  aco^. 

Eldalfio'  intanto  il  cavalier  d*  Egitto 
Trova,  che  più  non  giace,  e'n  coltre  ci  siede 
Che  già  raccolto  avea  l'animo  invitto 
Dal  fero  colpo,  che  gran  duol  gli  diede  ; 
£'1  sudor  e  l'ansar  del  corpo  aJFHitto 
Egtà  cessato.  e'I  suo  vigor sen  riede: 
£  conosce  gli  amici,  e  parla,  e  duolsi 
Del  caso ,  onde  perdeo  gli  spirti  e  ì  polai . 

Ragiona  Eldalfio  a  lui,  come  l' inspira 
L*  Angelo ,  ch*è  vicino,  e  lunge  adopra  ; 
Quel  dico ,  che  destar  lo  sd^no  «  1*  ira 
Suol  d'alto  vento,  e  volge  il  mar  sossopn, 
Con  tenebrosa  potestale  e  dira , 
Che  data,  com'ogni  altra  ,  è  sol  dì  sopra: 
Demonio  il  chiama  angelica  favella; 
Mal  pazzo  mondo  lui  Fortuna  appella. 


» 


CONQUISTATA  iSS 

O  del  gran  Re  de'  Regi  amico  eletto 
E  genero  fedele  ,  osa  ,  e  confida , 
Che  non  fìa  sempre  al  valoroso  petto 
Il  ("ielo avverso,  e  la  fortuna  infida. 

10  tosto  il  calle  d'appianar  prometto 

A  quella  rocca  ,  ove  il  ladron  s'annida  ; 
E  (jiiel  muro  atterrarli  in  picciol  tempo. 
Tu  sorgi;  e  vieni  alla  vendetta  a  tempo. 

E  vedrai  sovra 'l  lido  oni;tÌ  discese 

Le  marittime  turbe  ,  ond'é  coperto,      • 
E  con  giri  larghissimi  distese 
Tosto  n'andrau  girando  in  loco  aperto: 
Talciiè  far  non  potrà  da  noi  difese 
Quella  rocca,  quel  fosso,  o  quel  Roberto. 
Or  segui,  ed  all'impresa  anco  t'accingi, 
E  i  cavalli  alle  navi  ornai  sospingi. 

Cosi  diss'egli  ;  e  col  suo  dire  infuse 
La  Fortuna  in  Argante  ardire,  e  possa. 
Talché  più  non  sentìa  di  carni  ottuse 

11  dolor,  che  lasciò  l'aspra  percossa: 
Né  dell'altro  pensier  ella  il  deluse, 
Che  fermò  la  sua  gente  in  fuga  mossa, 
Tosto  ch'apparve,  come  suol,  maligno 
Marte,  lucendo  di  splendor  sanguigno. 

E  quei ,  che  sino  allora  avean  seguito. 
Per  riportarne  alfìn  vittoria  intiera, 
Ora  veggendo  il  cavaliere  ardito 
Sorto  in  sembianza  minacciosa  e  fera, 
Ch'intorno  scorre  all'arenoso  lito, 
Riordinando  i  suoi  di  schiera  in  schiera; 
Sbigottiti  fermarsi  a  lui  d'incontro, 
£  l'animo  lor  cadde  al  nuovo  incontro. 


t56  LA  GERUSALEMME 

Cosi  da'can  veloci  in  alt;»  selva  , 
O  presso  a  precipizj  ed  a  dirupi. 
Fugge  il  cornuto  cervo  ,  e  si  nnselva  , 
E  la  selvaggia  capra  all'erte  rupi  : 
Sin  cli'appare,  e  spaventa  orrid^i  belva, 
Lo  stormo,  che  noti  teme  oglÌ  orsi  ,  o  i  lupi, 
Nella  terra  di  Bocco  ,  ovver  di  Juba  , 
D'artigli  armata,  e  di  terribil  juba  . 

Disse  Aristolfo,  di  lor  tema  accorto: 

Quii  miracolo  è  questo?  o  cli'io  vaneggio. 
Il  fero  Argante,  che  ci  parve  uom  rm^rto 
Pur  dianzi,  or  vivo  e'ncontra  arma  to  il  veggio, 
Come  sia  dall'  Inferno  oggi  risorto , 
Per  opra  del  demonio,  a  farne  il  peggio 
Ma  non  temiam  ;  ciascuno  a  me  ristrtaj 
Di  voi  più  forti  i  passi;  e  lui  rispiiiga. 

Ma  la  gente  più  frale  omai  dia  %'olta 

Dopo  il  mio  tergo  ;  e  se  n'andrà  secura, 
Sin  eh'  ella  fia  dentro  .l' ripari  accolta 
E  tra  le  navi  e  le  difese  mura . 
Tacque  ;  e  la  schiera  feo  più  densa  e  full 
Che  fu  suo  proprio  magistero  e  cura 
Come  in  far  torre,  per  umano  ingegno. 
Pietra  a  pietra  si  giunge,  e  legno  a  legno. 

Quivi  ordinava  a'  suoi  nemici  a  frc 

Quei,  ch'erano  più  forti  e  d'arme  gravi 
Lor  ristrìngendo  appresso  n\  fero  (>onU 
L'altre  genti  mandava  all'alte  navi. 
Ma  \oY,  di  trapassar  bramose  e  pronte. 
Tardava  it  fosso  alle  confìsse  travi: 
Copriano  intanto  il  Ciel  d'orride  uulii 
Quei,  cb'abitaro  ove  ktiava  Anubì . 


;iu . 

ì 


ali. 


CONQUISTATA 

Ed'altngiù  carlean  gli  acuti  strali. 
Come  in  sul  tetto  grjndine  sonora; 

»,£  molti  di  quei  colpi  eran  mortali. 
Là  ve  fiicean  entrando  anror  dimord 
E  già  Eldalfìo  avea  stese,  in  guisa  d'; 
Quinci  e  quindi  la  genie  Egizia  e  Mora; 
E  come  selva  si  circonda ,  o  tana  , 
Cinger  vorrìa  la  gente  ancor  lontana. 

E  i  Roberti,  e  Gngtielrno,  e  Goldemaro 
Al  numero  cedeano  ornai  soverchio, 
Contra'l  qual  non  restava  altro  riparo, 
Perchè  non  gli  circondi  il  fero  cerchio; 

»E  l'ordine  bramato  a  vrian  più  raro, 
Se  non  facean  al  capo  alto  coperchio  r 
Ma  nel  volger  la  fronte,  e  net  ritrarsi^ 
Gli  ordini  si  turbar  divisi  e  sparsi . 

Perocch'Eldalfìo  i  suoi  di.stesi,  e  volli 
Avea  girando,  e  coinhattea  duppiesso. 
Mentre  Argante  i  destrieri  ornai  raccolti 
Sospingea  nello  stuol  ristretto  e  spesso. 
E  d'arme  saettate  a'corpi,  a'  volli , 
Parte  lasciò  l'orribil  segno  impresso, 
Parte  ancor  fissa  in  terra  ingorda  sembra 
Del  fero  pasto  di  sanguigne  membra. 

Ma  innanzi  a  lutti  il  gran  demonio  adombra 
I  cavalieri,  e  gli  perturba  e  caccia  : 
Benché  di  nube  abbia  vestite  e  d'ombra 
L' orride  spalle,  e  la  terribil  faccia: 
E  scuotendo  il  tridente,  ond'egU  ingombrn 
D'alte  ruine  il  lido,  ancor  minaccia 
Ricoprir  de'gran  monti  il  capo,  e '1  dorso, 
k  Togliendo  all'onde  tempestose  il  morso. 


i6o  L\  GERUSALEMME 

Disse:  e  gli  altri,  grir])itiilo,  atidietro  ei  las- 
che lui  seguir,  menlre  egli  sprona  e  va« 
La  terra,  ov'era  il  muro,  e^iiiile  e  bussa,  i 
Se  non  che  di  ruine  è  sparsa  ecarra 
In  parte:  ed  egli  primo  ascende  e  pasiia^< 
E  punge  il  suo  des  tritar  tra  barca  e  harcad 
Molti  a  tergo  segiiian  seguaci ,  e 'nlon 
Perch'a'Frauchi  quel  sia  l'estremo  gioriioi 

Come  fulmine  ardente  in  Ciel  l^impeggta. 
Fra  le  nubi  tonando,,  e  scorre  avanti; 
Turbandoaltrui  dalla  celeste  reggia  , 
Seguon  poscia  col  turbo  Austri  e  I^vantiÌ| 
E  freme  il  mar  sonoro  e  tutto  ondeggia  , 
Con  on<le  curve  e  rapide  e  spumanti  ; 
E  l'una  dopo  l'altra  al  lido  aggiunge, 
E  quinci  s'ode  mormorar  da  luiige: 

Così  splendean  dì  ferro  i  Turchi  e  i  Siri , 
L'un  folto  sovra  l'altro,  e  quasi  adosso,  j 
Seguendo  Argante;  e'nfin  ne' quarti  giri  i 
Marte  egli  par  ,  tutto  infiammato  e  rossoj 
Di  nuovo  s'odon  pur  voci  e  sospiri 
Di  chi  perctiote  e  fere ,  e  del  percosso  , 
E  minacciosi  gridi,  e  feri  sdegni , 
E  si  lingon  di  sangue  i  neri  legni  . 

E  quinci  e  quindi  da  sublime  parte 
Con  lunghe  aste  si  fea  guerra  vicina. 
Usando  quei  dall'alte  navi  ogni  arte 
In  rispinger  gran  fiamma  e  gran  ruiiia, 
E  questi  da'cavalli;  e  sol  diparte 
Breve  intoppo  l'incendio  e  la  rapina. 
Chi  vide  mai  simil  rifugio  e  scampo  » 
E  tiaval  guerra  in  arenoso  campo? 


CONQUISTATA  161 

iutorno  all'altre  navi  altri  seguaci 

Del  fero  Argante  fanno  aspra  battaglia  ; 
Egli  tnedesmo  pur  cun  gli  altri  audaci 
Quella  de!  gran  Koberlu  avvien  ch'assaglia 
Porla  dal  lido  alcun  sulfuree  faci, 
E  tenta  alcun  ,  come  v'  ascenda  o  saglia  ; 
Me  l'uno  stuol  la  nave  ancora  infìamma. 
Uè  l'altro  indi  respinge  ardente  fiamma. 

Boberto  fiede  allor  tra  'I  capo  e'I  busto 

L'empio  Medonle,  e  noi  percuote  invano  , 
Percb'egli  cade  ìu  quel  sentiero  angusto 
Col  foco,  cbe  portato  avea  lontano: 
E  del  fumante  pino  il  tronco  adusto 
Gittò  colla  Irem^uite  e  fredda  mano. 
Spiacqtie  al  feroce  Argante  il  fero  colpo, 
E  fra  sé  disse  :  Ur  mia  stanchezza  iuoolpo . 

£  rivolto  al  frate!,  cut  stanca  e  doma 
Tenere  e  gravi  membra  il  grave  peso, 
E  come  sian  quell'arme  ingiusta  soma  , 
E  in  rimirar  l'altrui  fatiche  inteso, 
Uii.i  e  due  volte  rampognando,  il  noma: 
Cclebin,  Celebiii,  chi  n'ha  difeso? 
Or  tu  sano,  ed  io  infermo  ancor  vivi,imo: 
'  've  soo  gli  altri,  ch'io  sospiro  e  bran»  ? 

Ove  Ali'ansor,  ove  Ismael  rimase? 
La  forza  di  Sanguigno  uve  lasciasti? 
Come  torn.ire  alle  dolenti  case, 
Senza  il  tuo  Norandino  anco  pensasti  ^ 
Manc;i  alla  reggia  o inai  sostegno  e  base. 
Per  vari  sanguinosi  empi  contriti  : 
E  dal  summu  Sion  vacilla  e  trema, 
£  miuacoia  ruina  a  noi  suprema  . 

G.  0>nq.  T.  II.  >  • 


tfìs  LA  GERUSALEMME 

Disse;  e  dall'animoso  alto  fancitilla 
Tal  ris)v>sta  Ìl  feroce  incontra  udia  : 
Altra  volta  fu.  Argante,  il  mio  irafttiilla 
Cessar  dall'arme,  e  soggiornar  tra  via: 
Nessun  riposo  oggi  ritrovo ,  e  nullo 
Spazio  da  respirar,  come  scita  ; 
Ma  te  difesi,  e'I  nostro  onore ,  e'I  regno , 
Tutto'l  dì  arniato,  e  son  di  biasmo  indegna- 

I  compagni, che  cerchi,  invido  fato 
Alla  nostra  vittoria  estinti  invola, 
Fuor  che  Sanguigno,  il  qual  partì  piagalo 
Nel  primo  assalto,  e  più  non  fé  parola: 
Me,  del  fratello  e  non  d'  onor  privato, 
Questo  sol,  che  m'avanza, oggi  consola: 
E  per  seguirti,  alla  persona  stanca  , 
Con  prontissimi  spirti,  ardir  non  manca  . 

Dunque  dove  coma  odi,  o  vengo,  o  vado. 
Non  fia,  ch'in  me  virtule  invan  s'attenda, 
E  pugnerò  quanto  la  forza,  e'I  grado, 
eh*  io  sostengo  fra  gli  altri,  oggi  si  stenda. 
Oltrale  forze,  ancor  se  fosse  a  grado. 
Non  lece;  or  fa,  ch'il  tuo  volere  intenda. 
Cosi  di<:e  egli  ;  e  placar  può  nel  core 
Del  suo  fratello  it  disdegnoso  ardore . 

E  l'uno  e  l'altro,  ove  più  avvampa  e  ferve 
La  battaglia,  si  spinge  in  mezzo  all'anni; 
E  pria  che  si  ristori,  o  si  conserve 
Il  lor  corpo  già  stanco,  e  si  disarmi  ;         ^_ 
Arder  le  navi ,  e  quella  rocca,  e  serve      ^H 
Peosan  farvi  le  genti;  e  senza  marmi,     ^M 
Dì  tanti  eroi  le  membra  ,  e  senza  spoglìéi 
Lasciar  di  lupi  all'  affamate  voglie . 


CONQiriST\TA  ifiS 

Con  si  falto  pensiero  \rganif  or  libra 

L' asta  ,  che  molto  pesa ,  e  tiinge  splende , 
Nel  gran  Koberto  poi  l'avventa  e  vibra, 
Nn  falla  il  seguo,  e*l  suo  scudiero  offende; 
£  ^It  apre  il  duro  petto ,  e  sangue  imtibra 
In  luì  non  lascia,  in  °uisa  il  ror  gli  fende: 
IJgon  dall'alt;!  naveal  ciel  si  volve 
Cadendo  ,  e  stampa  h  vermiglia  polve. 

Guglielmo  intanto  da  vicina  proda 

Saetta,  e  l'ampin  segno  ei  già  non  falle; 
Ma  percuote  ismagnndo  ,  ove  s'annoda 
Il  nero  collo  nlle  sue  quadre  sp.ille: 
Né  meritar  jxitea  piti  chi:ira  loda. 
Ch'appresso   \rgante  fé  sanguigno  il  calle, 
Ed  urlando  a'suoi  pie  l'alma  feroce 
Fuggì  d' Inferno  alla  Tartarea  foce  . 

Il  principe  dall'arco  ìt  colpo  addoppia, 
£  la  destra  d'(  Isbìda  al  viso  aff'ige  , 
Talché  la  piaga  d'  uno  strale  è  doppia , 
£  manda  ancor  quell'alma  all'atra  Strge. 
Arglinte.  il  qua!  cader  la  fiera  coppia 
Sì  vede  a  Iato,  per  dolor  s'afOige; 
Ma  "1  terzo  colpo  a  luì  dal  teso  nervo 
Venia,  ch'ancìse  a  (ergo  ÌI  fido  servo  . 

E  fu  del  buon  arcier  ventura  il  fallo, 
£  gloria  ,  e  pregio  di  sua  nobii'arte, 
l'erch'in  gnel  duro  e  lucido  metallo 
Le  sue  quadrella  invano  avrìa  cosparte; 
Ma  pur  temendo  Argante,  e  '1  fier  cavallo 
Ritratto,  si  rivolse  a  quella  parte, 
£  nello  scudo  attese  il  quarto  strale, 
Ch'ivi  si  ruppe  assai  vicino  all'ale. 


lA  GERUSALEMME 

E  spezzato  cadeo  nel  corto  volo 

Da  scudo  ad;)inantin,  non  che  rìsptuto. 
Guglielmo  allora  ebbe  vergogna,  e  duolo 
Del  colpo  vano  ,  e  pur  vi  perde  il  quinto: 
Poi  gitta  l'arco  disdegnando  al  suolo, 
L'arco,  onde  mille  pregi  ave»  giÀ  viiilo; 
E  cruccioso  dtcea:  Laggiù  rimanti , 
Che  uon  fia,  che  per  te  giammai  mi  vanti. 

Tu  m'abbandoni  in  sull'estremo  giorno, 
In  cui  sperai  di  fama  eterni  fregi. 
Nel  maggior  nostro  risco;  e  un  nuovo  scoraa 
Non  vaglion  mille  vani  anticbt  pregi: 
Quinci  si  pon  lo  scudo  al  petto  intorno, 
E  spera  far  gran  colpi  e  fatti  egregi 
CoM'asta  ,  quai  non  fece  (  e  non  s' ingai 
Strai  di  Partia,  o  di  losco  armata  can 


1 


Ma  rimirando  i  suoi,  come  s'arrischi 
Il  giovinetto  ancor  d'acerba  etate, 
E  come  squarci  ornai,  non  pure  inciscbi 
L'arme,  e  le  membra  di  sua  man  piai 
S*opposer  tosto  agli  onorati  risebi, 
E  le  navi  cingean  di  genti  armate, 
Talch'un  vallo  di  ferro  intorno  il  chii 
E  de'  nemici  ogni  pensier  deluse  , 

Cosi  dintorno  all'odorate  celle, 
Ov'han  raccolti  i  rugiadosi  odori, 
Cingnn  l'api  Ìl  lor  re  stridenti  e  snellej 
Pungendo  chi  s'appressa  a'colti  fiori: 
E  cercan  con  ferite  assai  più  belle 
Dì  bella  morte  i  gloriosi  onori  ; 
Talché  più  non  si  gloria  il  Re  degl'  Indi 
D'aver  fidi  ministri  e  quinci  e  quindi  . 


CONQUISTATA  i65 

Ma  lor  di  faci  Argante  ornai  circonda 

Fumanti, e  mille  all'opra  accoglie  e  mille; 

I£  non  fu  a'iegni  mai  di  vento,  o  d'onda , 
Quanto  or  di  Gamma  è  riscbio  e  di  faville. 
Roberto  scorre  uUor  di  sponda  in  sponda 
La  sua  nave  coli' altre,  ovesortille 
pari  fortuna;  e  da  vicine  parti 
fìtspinge  con  gran  lancia  i  fochi  sparti . 

Quanti  ei  vede  portar  facelte  accese» 
lanti  ne  manda  giù  percossi  e  morti; 
K  dirci  colle  membra  a  terra  stese 
Caggiono ,  o  più,  degli  animosi  e  forti. 
Ei  grida  ;  Or  quai  rifugi ,  o  quai  difese 
lìestauo  in  altre  piagge,  o'n  altri  porti? 
(>  con  quai  navi  ritornar  potremo 
(Se  perdiam  queste)  all'Occidente  estremo? 

Della  vostra  fortezza  or  vi  sovvegoa, 

Compagui ,  eh'  il  valor  non  copre  oblio  , 
E  di  me ,  dt  cui  già  seguir  l' insegna 
Vi  piacque,  e  dell' ouor.ch'è  vostro  emÌo. 
Non  vogliate  turbar  con  morte  indegna 
Quelli ,  eh'  ora  per  voi  fan  voti  a  Dio: 
Né  la  vostra  temenza  oggi  interrompa 
Glorioso  ritorno,  e  nobil  pompa. 

Ed  Argante  all'  incontro  i  suoi  conforta 
All'  incendio ,  alle  morti .  alle  rapine  : 
Deb  struggiara  questo  nido,  e  questa  porta 
All'arme  ingiuriose  e  peregrine, 
Fedeli  amici  »  a  cui  son  Duce  e  scorta  , 
E  diamo  a  questa  guerra  ulltmo  fine. 
Non  cercale  al  morir  tempo  migliore, 
Che  bel  lìn  fa  chi  ben  pugnando  muore. 


■66  tk  GERUSALEMMI! 

Salvi  saranno  ptisci»  ■  (ìgli  almeno  , 
£  le  tenere  mogli,  e  i  verchi  padrìi 
£  quelle,  che  solean  nel  carif  seno 
Voifaucìulli  iiudrir,  cantile  madrf 
Godendo  i  frutti  del  n»tì»  terreno; 
£  con  abiti  voi  lugubri  ed  adri 
Pianti  sarete,  e  oon  eterna  gloria 
Lascerete  a'nipoti  alt:)  vittoria  . 

Così  dicendo,  ei  gli  occhi  gira,  e  guar 
Le  navi ,  che  portar  gì'  invitti  eroi  , 
E  pens;i  qua!  primiero  intiammi  ed  arda, 
E  qual  pili  esposta  sembri  a' fochi  suoi. 
Quella  il  proprio  sigtmreor  più  non  guai 
Che  già  (■ugiielmo  espose  a'  lidi  Coi  ; 
Quel  d'Italia  dich' io  ,  ch'a  prir 
Tinse  l'arene  di  sanguigni  smalti. 

Giaceva  estrema  nella  terra  aprica  , 
£'1  legno  di  Tancredi  ave.i  vicino. 
Pur  coir  insegna  de"  Normandi  antifl) 
Che  Lilibeo,  Hetoro,  e'I  gran  Pachii 
Onora.  Argante  allor  l'alta  e  nemica 
Proda  prese  con  man  del  curvo  piaa||| 
Là  dove  ancor  tra  questa  parie  e  <]uelu 
Sì  facea  guerra  impetuosa  e  fella . 

Piastre,  e  lance  spezz.tte,  arnesi,  e  scud 
Spade  cadute,  e  strai  con  rotte  pena 
Braccia,  e  gaml>e  recise,  e  capi  ignu 
Piena  avean  quella  arena,  uv'ei  sitstem 
Sull'arme  ,  che  p^treau  sonore  incudill 
I  colpi  di  secure  ,  e  <Ìi  bipenne; 
Né  rilassò,  ne  rallento  l' impresa  , 
Sinché  a  quel  legno  fu  la  fìjiaioa  apprcM 


CONQUISTATA 


167 


I 


E'I  circondò  d'inestinguthil  face 
Foco  inquieto  con  oscuri  lumi; 
£  dalla  negra  pece  ardor  vorace 
Al  Ciel  diffuse  le  faville  ,  e  i  fumi  : 
£  giunse  là,  dove  riposo  e  pace 
Hanno  i  vicini  monti,  e  i  mari,  e  i  fiumi. 
Lo  splendor  della  fiamma  oscura  e  mista. 
Talché  dal  gran  Riccardo  a  ncnr  fu  vista . 

Miiava  il  Cavatier  dal  colle  occulto 
Dell'indomito  mar  l'onda  crudele; 
E  le  aspettate  navi  al  Udo  inculto 
Giunger  vedeva ,  e  già  raccor  le  .vele: 
Dall'altra  parte  udia  quasi  tumulto, 
E  suon  d' arme ,  e  di  grida ,  e  di  querele  ; 
E'ntorno  alla  gran  torre  i  fochi  sparsi 
Scorgeva,  e  da  que'Iegni  il  fumo  alzarsi . 

E  percuotendo  il  fianco,  allor  diceva 
Al  Signor  d'Anzio  :  O  mio  fedcl  amico, 
11  mio  lungo  aspettar  nulla  rileva 
Quei,  che  manda  mia  madre,  e  l'avo  antico  : 
Perchè  for  tardo  ajuto  or  non  solleva 
La  gente  oppressa  dal  crudel  nemico; 
Ed  io  qui  tra  le  piagge  inculteed  erme, 
La  vittoria  degli  empj  or  miro  inerme  . 

Né  senza  disprezzar  il  gran  divieto 
Del  mio  liberatore ,  armar  mi  lice , 
eh  arme  celesti ,  ond'io  sia  illustre  e  lieto 
(  Non  so  se  vero,  o  falso)  a  me  predice: 
Parte  alla  vista  altrui  chiuso,  e  secreto, 
Così  mi  tiene  in  questa  erma  pendice: 
_      Né  potrei,  s'io  volessi  ancora,  armarme, 


I 


ifl8  LA  GERUSALEMME 

Dunqtie  tu  muovi;  e  se  discesi  in  terra 
Saranno  i  miei  sulle  soliiighe  arene  , 
Falli  tornar  colà,  dove  riserra 
Laodicea  'I  porto  d'umide  catene  , 
Sin  che  veggiana  quel  che  d'incerta  guerr 
Oggi  o  domani ,  in  questo  Udo  avviene, 
Ch'io  sempre  non  sarò  dell' arme  ignudoj 
O  mi  provvedi  almen  d'elmo,  e  di  scudo! 

Cosi  disse  Riccardo,  a  cui  rispose 

Ruperto:  Deh  concedi  aggiusti  preghi. 
Ch'io  guidi  senza  te  le  tue  animose 
Schiere,  e'I  soccorso  a'nostri  oggi  non  nÌM 
Forse  altramente,  amico,  il  Ciel  disposo^ 
E  iìa,  che  la  fortuna  a  noi  si  pieghi , 
Sìcch' io  scacci  i  nemici  ,  e'I  foco  estingi 
E  dappresso  i  perigli  ornai  distingua  . 

E  s' in  me  non  bastasse  ardire  e  senno , 
Bastan  le  tue  vittoriose  insegne  , 
Ch'in  ogni  parte  han  vinto,  e  vincer  dennOt 
Se  giammai  foco  per  valor  si  spegne. 
Questo  del  nostro  amor  sia  caro  cenno  , 
Non  comandar,  ch'io  di  catene  indegne 
Carchi  rimiri  i  nostri  duci,  o  morti 
Fra  gente  armata,  armato, e  ch'io 'I  sopporti- 

Se  non  vuoi ,  che  dell'  arme  oggi  mi  spogli. 
Per  non  cinger  mai  più  la  spada  al  fianco; 
Non  far,  ch'io  soffra  i  barbareschi  orgogli', 
E  Io  strazio  crudel  d' Inglese  o  Franco: 
Non  celerian  deserte  arene  o  scogli  ■ 

11  mio  disnor ,  cui  non  fu  pari  unquanco^  m 
Ma  ne  rieoneriano  ì  lidi  e  l'onde: 
Che  nulla  al  tempo,  e  nulla  al  Ciel  s'asconda 


CONQUISTATA 


iC() 


Tacque;  e  l'altro  soggiunse:  Or  va',  combatti, 
E  i  cari  amici,  e  l'onor  tuo  col  nostro 
Difendi:  e  questi  al  rischio  ornai  sottratti , 
E'n  sì  grand' uopo  il  tuo  valor  dimostro^ 
Poscia  non  trapassar  (  sten  fermi  i  patti) 
Ma  fa'  ritorno  a  me  nel  verde  chiostro , 
Senza  irritar  del  fìer  Soldan  la  forza  , 
eh' a  contender  con  lei  più  forti  sforza. 

Non  provar  la  pietà  di  quel  pietoso, 
Se  pur  con  gli  altri  di  tornare  eleggi: 

INoa  turbar  la  sua  pace  e'I  suo  riposo  ; 
Ma'l  soverchio  de'nostri  ardir  correggi  : 
E  di  raB»ti  sovvenga,  al  mondo  ascoso, 
E  delle  sue  di  guerra  amare  leggi , 
Ond'  in  me  quasi  riuovò  gì'  imperi 
Di  Torquato ,  e  di  Lucio  ,  aspri  e  severi . 

Cosi  diss'egli;  e  parte  al  cor  profondo 
Di  tai.  parole  il  buon  Buperto  inscrìsse  : 
Parte  obbliò,  ch'il  suo  valor  secondo 
Non  stimò  ad  altro,  che  d'Europa  uscisse, 

^     Trattone  lui,  che  par  non  ebbe  al  mondo 
D'intrepida  virtù,  menlr'egU  visse: 
Felice  pria  con  poche  spade  e  lance; 
Ma  non  librò  l'ardir  con  giusta  lance . 

Sceser  dopo  tai  detti  all'onde  estreme, 
L'iin  di  lor  tutto  inerme  ,  e  l'altro  armato, 
Dove  fa  picclol  seno  il  mar  che  freme  , 
Alle  superbe  rive  ancor  turbato: 
E  quivi  sette  legni  uniti  insieme 
Può  appena  accorre  in  procelloso  stato. 
Che  sette  Duci  d'arrischiar  la  vita 

,  Fermalo  avean  nella  promessa  aita. 


LA  GERUSALEMME 


Però  fendean  con 
Del  tempestoso 
E'I  vento,  che  g 


più  veloci  pini 
mar  l'instabil  suolo; 


Alla  vittoria  alata  affretta  il  voto  . 


!.  porti 


(la  ritrarsi  eran  vicini 


Verso  l'Occaso  alquanto,  e  verso  il  Polo, 

Schifando  quei  di  Joppe,  e  d'Ascaloaa  , 

Dond'Euro  spira,  od  Austro  altrui  risuoi 

Già  l'Aquila  sublimee  l'alta  Sfinge 
Presa  la  terra  avean  co' duri  morsi 
E  l'altre,  ch'aura  amica  a  riva  spinge, 
Tanti  indomiti  mariomai  trascorsi: 
E  d'arme  i  lidi  ornai  corona  e  cinge 
La  gente, ch'osa  agrari  perigli  esporsi. 
Da  sette  navi  scesa  in  sette  squadre , 
Con  lucide  armi,  e  spoglie  auree  e  leg 

Achille  ti  primo  fu  de' Duci  illustri  , 
Che  de'  Begi  Lombardi  ancor  si  vanta, 
E  cento  avi  racconta,  e  cento  lustri, 
Ramo  gentil  di  gloriosa  pianta: 
Né  i  nomi  antichi  c;indidi  ligustri 
Parvero  al  Ciel,  che  lordi  nebbia  arnniai 
Gisuifo,  il  materno  avo,  ha  nobil  sede  | 
Capua  e  Salerno,  e  senza  maschio  en 

Ma  di  due  fìglie  fu  Lucia  la  prima, 
Che  Riccardo  portò  nel  casto  seno, 
E'I  partorì  nel  fortunatoclima. 
Dove  Napoli  hngna  il  mar  Tirreno  : 
L'altra  s'incinse  in  lui,  che  non  s'  esttii 
Per  oro,  o  per  castella,  o  per  terreno  ; 
Ma  per  sangue  gentil ,  onde  riluce, 
E  per  virtù,  eh'  all'  altrui  schiere  è  duo 


CONQUISTATA  171 

L'altro  è  Giiistìii  ,  Ha  quel  Oiustìn  disceso. 
Che  già  passò  con  Relisario  iavilto, 
Quuiido  scosse  l'Itulia  il  grave  peso 
Del  suo  giogo  crudel ,  siccome  è  scritto . 
Coflsu  il  terzo,  ch'il  nome  antico  ha  preso, 
Brama  l'opime  spoglie;  il  quarto  Afflitto, 
Del  cui  maggior  la  Tama  ancor. non  langue* 
Che  ne'  tormenti  Fu  per  Cristo  esangue  . 

Succede  il  buon  Metello  al  duce  quarto. 
Che  d'azzurro  leon  dispiega  i  velli, 
Nato  col  grande  Eilorre  in  un  sol  parto. 
Come  di  Leda  i  luci<li  gemelli: 
Napoli,  egià  da  te  iiun  mi  diparto. 
Ch'indi  due  antiche  stirpi  ancora  appelli  ; 
Degni  d'aspetto  in  Ciel  lieto  e  benigno, 
E  di  volar  presso  il  lucente  cigno. 

fielprato  il  sesto  fu,  né  corse  meglio 
Altri  gran  lancia ,  o  riiggirò  destriero. 
Usci  l'estremo  il  buon  Loffredo  il  veglio, 
Non  so  se  miglior  duce,  o  cavalìero: 
Dell'antico  valor  lucente  speglio, 
£  d'ogni  arie  più  bella,  o  magistero, 
Die  questi  esempio,  onde  Riccardo  apprese 
D'aspirar  gioviiittto  all'altre  imprese. 

Seguìan  varj   destrier  con  vario  pelo, 
E  con  v«rie  fattezze,  e  varj  segni  ; 
Altri  vince  in  candor  la  neve  e"l  gelo, 
Altri  sembra  carbon,.ch'alluf6,  e  spegni; 
Altri  é  d'altro  color;  ma  lutti  in  Cielo 
11  Sol  medesmodi  portar  snn  degni. 
Non  ch'in  battaglia  il  troppo  irato  Achille; 
E  p<ijon  d'aura  nati  e  di  faville. 


17» 


LA  GERUSALEMME 


Tutti  avean  delle  genti  impresso  il  nome 
E'I  segno,  a  gloria  de' guerrieri  armenti;  1 
Superbi  in  vista,  e  con  ben  culle  chioaie  , 
D'ostro  guerniti,  e  di  fiii'or  lucenti. 
Con  piume  sparse  ;  e  chi  gli  terge  e  come^ 
Par  che  disfidi  a  leggier  corso  i  venti.       ^M 
Attraversando  il  lido  al  suon  di  tromba,  ^^ 
E  del  nitrire  il  mare,  e'I  Giel  rimbomba. 

Brevi  fur  l'accoglienze,  e  brevi  i  detti 

Del  gran  Riccardo:  Amici,  Iddio  vi  scorge 
Ove  il  valor  degli  animosi  petti 
Meglio  in  grand' uopo  si  dimostra  e  scorge. 
A  vincere ,  o  morir  ognun  s'affretti  ,  ^M 
Perchè  l'ora  opportuna  a  voi  sen  porge ;^| 
Vincer  voi  senza  me  potrete  a  tempo,  ^| 
Io  senza  voi  già  non  vivrei  gran  tempo. 

Ma  di  salvar  gli  amici  a  voi  concedo  , 
Come  spero,  la  gloria  :  a  me  non  lece  ; 
E  questi,  al  cut  valor  me  stesso  or  credo, 
Potrà  in  battaglia  sostener  mia  vece. 
Fate,  ch'omai  conosca  il  pio  Goffredo  , 
Ch'in  partirlo  da  lui  gran  torto  ei  fece; 
Né  sol  lodi  virtù  matura  e  lenta  , 
Ma  d'averne  incolpati  alfiu  si  perita  . 

La  sua  fortezza  impetuosa  or  mostri 

Ciascuno  in  opra,  ond'io  per  voi  m'esalti; 
E  s'egli  i  miei  biasmò  ,  gl'impeti  vostri 
Or  laudi  ;  ite  veloci  a' fieri  assalti . 
Disse;  e  quelli  ordinati  ,  a' curvi  rostri 
Volsero  il  corso,  anzi  il  finirò  a  salti. 
Là 've  mirò  il  Signor  iieiramjuo  ed  atro 
Campo  di  fera  morte,  o  pur  teatro  . 


CONQUISTATA  173 

Ma  conservando  pur  1'  usanza  e  't  modo 
Del  secol  prisro,  ;tnzi  nurabil'arte, 
L'ordin  più  folto  de'nemici ,  e'I  nodo 
D'aspra  guerra  incide.in  da  quella  parie; 
Come  cuneo  talor,  dov'è  più  sodo 
Il  tronco  alpestro,  ivi  il  divide  e  parte, 
E  i  duri  colpi  trapassaro  addentro 
Del  ferreo  cerchio  al  sanguinoso  ceutro  , 

Quivi  era  lasso,  e  mal  ferito  ,  ed  egro 
11  Duce  degl'Inglesi ,  e  de'Normandi , 
Tra'suoi,  che  non  servaro  ordine  integro; 
E  giacean  molti  de'feroci,  e  grandi. 
Goldemar,  Aristolfo,  il  sangue  negro 
Versano  ,  e  tu  ,  Kaimondo,  ancor  lo  spandi. 
Sol  dell'arme  gravissime  coperto  , 
Senza  piaga  combatte  il  gran  Roberto. 

Ma  intorno  al  petto,  e  le  lanose  gote, 
11  percosso  metallo  e  stride ,  e  squilla  ; 
Et  con  lena  affannata  ornai  non  puotc 
Più  respirar ,  mentre  in  sudor  distilla  : 
E  d'ogni  lato  son  fumanti  rote 
Della  fìamma  crudel,  ch'arde  e  sfavilla  : 
E  colla  stanca  destra  il  tronco  verde 
Citta  di  rotta  lancia,  e'I  cor  non  perde. 

Ma  con  la  spada  ancor  Guglielmo  infermo 
Scampa,  e  quasi  addivien,  ch'a  morte  iovole, 
Ch'intrepido  il  ricopre,  e  saldo  schermo 
E  dello  scudo  suo  la  grave  mole: 
E  nell'alte  vesligia  impresso  e  fermo. 
Dell'altrui  morte  entro  si  cruccia  e  duole; 
Ma  non  sperato  è  già  'I  soccorso  aggiunto, 
Oadc  molti  schifar  terrìbil  punto. 


'74 


LAGERHSALEMME 


Ruperto,  in  arrivando,  orribii  piaga 
Fa  coir  asta  pungente  al  fero  Ircino, 
E  deatro  al  petto  it  denso  or  gl'impiaj 
Ond'ei  tremando  si  dislfse  al  piano: 
Né  medicina  a  tempo,  od  arte  maga 
Sarebbe  a'colpi  dell'ardita  mtiio, 
Cb'i  suoi  compagni  paurosi  e  lassi 
Volser  di  fuga  negli  amari  passi  . 

Egli  da'curvL  legni  allor  rispìnse 

La  fiamma,  che  stridea  di  trave  in  trave}. 
E  mal  grado  di  tutti  il  foco  estinse, 
£  mezza  accesa  ivi  restò  la  nave: 
£  molti,  che  il  timore  in  prima  vinse 
Uscian  delle  sentine  oscure  e  cave  , 
Perchè  non  serpa  e  cresca  ardore  occulta 
E  grande  al  Ciel  s'ergea  grido  e  tumulici 

Qual  dal  sommo  talor  d' eccelso  monte 
L'orride  nubi  il  Re  del  Ciel  disgombra, 
E  scopre  in  lui  la  fulminata  fronte, 
E  i  tronchi,  i  quai  lasciano  i  rami,  e  l'oml 
E  i  nudi  gioghi,  e'I  contuibato  funte, 
E  tutto  ciò,  ch'una  mina  ingombra: 
Tal  nell'aria  serena  è  quivi  apparso 
Orror  di  morte,  e  foco,  e  sangue  sparsoU 

E  rimirar  que'Francbi,  e  que'  Britanni 
Incontra  sé,  quanti  menò  già  Serse; 
E  misurar  con  gli  occhi  i  proprj  danni 
Poìch'tI  fumo  i  suoi  giri  in  Ciel  dispersoi 
Con  tristo  annunzio  di  futuri  danni, 
Per  tema  ancor  delle  fortune  avverse  : 
Jfé  gran  conforto  di  non  grande  aita 
Solleva  la  speranza  anco  smarrita . 


.,6 


Là  GERCSALEMME 


I 


Argante  con  Eldalfio,  il  qual  pur  aiiCOi; 
Lei  di  turbe  iniìntte  e  Ìor  circonda 
Cedan  l'alto  rcfugio  al  Once  stanco. 
Ritraendosi  al  mar,  cb'il  lido  iuondai 
E  quai  sul  destro  lato,  9  jma^  mtl^  «HM»! 
Acceadon  focbi  ìd  ar«nqif^«poi94fl4  hidni 
Talchè  par  alto  ìacéadict,oinai  ^IfVtlbliilj 
Lungo  il  mar  fiioiwQt?,  e  prawa  UtfllìJMti 

-..(Ida..., 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  DECIMONONO 

ARGOMENTO 

Giunge  l'oste  d' Egitto ,  e  guerra  face 
Gol  pio  campo  per  l'acque,  il  Bnglion  teme 
Di  maggior  danno  \  ma  Ruperto  audace 
Nell'armi  di  Riccardo  fa  l'estreme 
Sue  prove  col  Soldano,  e  morto  giace 
Con  molta  gente  di  Riccardo  insieme  « 
La  vittoria  i  Pagan  i  all'ozio  adesca, 
Gli  assetati  Cristian  pioggia  rinfresca  • 

JVlal  superbo  Emireno  aveva  intanto 

Lasciati  i  lidi ,  ove  quel  mar  risuooa , 

Co'  Duci,  che  seguir  la  speme,  e  1  vanto, 

Di  preda,  e  di  vittoria,  e  di  corona: 

£'n  selva,  a  cui  die  nome  antico  pianto, 

Quando  non  anco  il  Ciel  lampeggia  e  tuona, 

Giungea  per  vie  rivolte  a*  salsi  flutti, 

E  tra  boschi  recisi  e  fonti  asciutti. 

II. 
Non  gli  vedeano  i  Franchi ,  intenti  ali* opre. 

Mentre  era  ancor  lontano  il  Sol  dall'onde; 

Ma  l'antica  Sion  gli  vede  e  scopre, 

Parte  Elia  col  suo  giro  altrui  n'  asconde . 

Qual  gran  nebbia,  eh' a  sera  il  Sol  ricopre^ 

E  tenebrosa  sorge,  e  si  diffonde: 

Tal  l'esercito  il  Ciel  di  polve  adombra, 

E  r  ime  vaili,  e  l'ampie  strade  ingombra. 

G.  Conq,  T.  U.  %% 


1 7»  LA  GERUSALEMME 

tir. 

Alzano  allor  dall'alte  torri  i  gridi 

Insiiio  al  Ciel  quelle  rinchiuse  genti. 
Con  quel  romor  »  che  da'  ior  Traci  nidi 
Fanno  a  stormo  le  gru  ne'giorai  aigeati; 
E  tra  le  nubi  a' più  tepidi  lidi 
Fuggon  cacciate  innanzi  a* freddi  venti: 
Che  speme  aggiunta  fa  più  ardite  e  pronte 
Le  mani  al  saettar,  la  lingua  all'onte • 

IT. 

Al  grido,  al  suono,  al  minacciar,  eh*  udirò, 
Fur  volti  i  Franchi,  ove  s' innalza  e  volve 
(Già  dechinando  il  Sole  in  lungo  giro) 
Candida  nube  di  minuta  polve, 
Appoco  appoco,  qual' apparve  a  Ciro, 
In  color  negro  si  tramuta,  e  'nvolve  : 
Tutte  dintorno  le  montagne  e  i  campi 
Splendono  in  mezzo  d'arme  accesi  lampi. 

T. 

Pria  lo  splendor^  che  di  lontano  abbaglia  , 
Rifulge,  e  quasi  spazio  accresce  al  giorno: 
Poi  veggion  l'aste,  e  d*  orrida  battaglia 
Gli  ordini  avversi  ir  dispiegati  intorno: 
Con  piastra  aurata,  e  con  aurata  maglia 
Sono  i  gran  Cavalier  nel  destro  corno , 
I^'ve  Emiren  con  fronte  alta  e  superba, 
Il  loco,  e  1  sommo  impero  a  se  riserba . 

TI. 

D'Arabi  appresso  più  veloci  squadre 

Vengono,  e  i  Persi  con  più  grave  incarco 
Seguon  d'armi  lucenti,  e  di  leggiadre. 
Cingendo  il  monte,  ov'è  men  ampio  il  varco: 
Dall'altro  lato  in  piene  schiere,  e  quadre, 
Gente  armata  passar  di  strale  e  d'arco  , 
Carri  con  falci  affisse  andare  avanti 
Mirano,  e  torreggiar  gravi  elefanti. 


CONQUISTATA  179 

Ifon  sbigottisce  alla  tarribil  vista 
De' magna  11  imi  Franchi  il  cor  feroce, 
Mentre  Toste, di  turba  orribil  mista, 
£  varia  d'armi,  e  d'abiti ,  e  di  voce, 
Si  fa  lorpiù  vicina,  e  spazio  acquista 
Incontra'l  monte,  ove  s'alzò  la  Croce, 
Quando  ebbe  del  tiranno  empio  d' Inferno 
La  sanguigna  vittoria  il  Re  superno  . 

Ma  s'è  dubbioso  a'nuovi  rischi ,  e  teme      '    '  >' 
Dell'incerta  fortuna  il  volgo  afflitto. 
Il  fior  de' cavalieri  accolto  insieme  , 
Con  giovinile  ardire  ai  Duce  invitto: 
Dà  (grida  )  il  segno  di  battaglia  ;  e  freme. 
Non  avendo  timnr  d'Asia,  o  d'Egitto  , 
Perchè  da  nere  arene,  e  d'alte  selve 
Armino  i  mostri,  e  le  possenti  belve. 

JVIa  pone  agli  animosi  un  lento  fi 

Di  quel  saggio  Signor  la  mano  esperta  ; 
Né  della  notte  al  tepido  sereno 
Vuol  prova  far  della  fortuna  incerta, 
Pria  che  chiuso  t  nemici  ampio  terreno 
Abbian  di  fosse  alla  campagna  aperta  : 
Quelli  pronti  occupar  sublime  giogo, 
Dove  scelse  Pompeo  sicuro  luogo. 

Così  passar  sino  alla  nuova  aurora 

La  breve  notte,  e  quinci  in  varj  accenti  * 
S'udia  '1  tumulto,  e  non  quetato  ancora"' 
11  suon  discorde  d'ìnSnite  genti: 
Di  mar  turbato  in  guisa,  e  di  sonora 
Tempesta,  allurcbè  fan  battaglia  Ì  venti , 
Quindi  in  tnrslo  silenzio,  e  quasi  stanchi 
Giacean  del  guencggiar  Latini,  e  Franchi 


tSo  LA  GERUSALEMME 

Poi  neir uscir  della  purpurea  luce, 
L'osle  vicina  alla  frondosa  spouda 
Di  Cedron  il  torrente  indi  conduce , 
£  s'accampa  Emireno,esi  circonda; 
Ma  per  vie  da  lor  fatte  il  Franco  Duce 
Tra  larghe  fosse  i  suoi  mandava  :iir  ouda; 
Tanta  per  l'acque  esser  dovea  contesa 
lu  secca  terra,  al  Sole  ardente  accesa. 

Pria  con  leggieri  assalti  e  quinci  e  quiodi 
Vìi  sangue  rosseggiar  le  rive  appena  ; 
Poi  vi  trassero  Egizj ,  e  Persi ,  ed  Indi 
A  tinger  quelle  sponde,  e  quella  arena. 
Era  Delia  stagìou,  cb' infiammi,  e  scindi 
Il  suol,  cui  bagna  non  perpetua  vena 
E  i  fonti  asciughi,  e  con  gU  ardenti  stra.1 
D'alto  saetti,  o  Sol,  gli  egri  mortali 

Quando,  usciti  da  fossi  e  da  caverne. 
Spaziavano  i  Franchi  in  verde  riva. 
All'ombre  sempre  folte,  e  quasi  eterne 
Mormorar  l'acque  udendo  all'aura  estii 
Ed  ecco  quivi  Adrasto,  e  Tisaferne 
E  varia  turba  d'altre  geuti  arriva  , 
Con  gli  animali ,  alla  cui  sete  è  scarso 
Ciò,  che  dall'urne  occulte  il  fonte  ha  sparso 

Di  strali  fur  coperte  e  di  quadrella 
Tosto  le  rive,  e  di  pungenti  dardi , 
Chesilanciai-o  in  questa  parte  e'n  quella; 
Poi  s'affrontaro  insieme  i  più  gagtiaixli. 
In  modoantico  alfin  guerra  novella 
Gli  elefanti  facean  più  gravi  e  tardi  : 
E  i  guerrier  più  ristretti  abbatte  e  sforu 
L'impeto,  il  peso,  equella  urribil  forza. 


1 

Ci 

.1 


CONQUISTATA  i8r 

Ma  tutti  Balduino  al  risco  eguali, 
Colla  presenza,  e  colla  destra  ardita, 
Gli  animi  ha  fatti,  onde  non  crede  a' mali 
Alcun  ,  per  dubbio  di  lasciar  la  vita  : 
Quando  stridendo  a  lui  con  rapide  ali , 
Di  non  so  donde  una  saetta  uscita. 
Fere  ilginoocltio,  onde  lasciar  convenne 
Quella  tenzon,  ch'egli  primier sostenne. 

Tutti  fuggiano  allor  la  furia,  e'I  pondo, 

Per  tema  abbandonando  e  l'ombiee  l'acque: 
Molti  precipitar  nel  cavo  fondo 
D'oscure  fosse;  alcuno  estinto  giacque  . 
T.utoldo  il  primo,  ed  Unicbier  secondo, 
Cui  vita  senza  gloria  allor  dispiacque, 
Le  spoglie  riportar  d'ancisi  mostri, 
Emuli  de'Bomani,  a'Duci  nostri. 

Perocché  l'uno  all'altro  allor  rivolto: 

Tu  e' bai  {gli  disse)  orsi  robuste  braccia, 

E  gir  potei  d' ispidi  velli  involto , 

Vinto  il  leon,  qual  nuovo  Alcide,  in  caccia: 

Meco  a'nuovi  perigli  or  mostra  il  volto, 

Perseguendo  chi  altri  ancide  e  scaccia  ; 

E'n  guerra  ancor  ,  non  pur  soiingo  in  selva  , 

Drizza  quasi  un  trofeo  d'estiuta  belva  . 

Così  gli  disse  ;  e  primo  ei  tronca  a  terra 
Fé  la  bestia  cader,  che  tutti  oltraggia, 
Si  come  torre  minacciosa  in  guerra 
Avvien  che  s' apra  alle  percosse ,  e  caggia  . 
Unichier  la  vicina  a  prova  atterra , 
Ch'ebbe  vittoria  del  leon  selvaggia: 
Or  questa  illustre  gloria  a  quella  aggiunge, 
Poi  l'idlre  con  gran  possa  e  fere  e  punge. 


i8a  LA  GERl^ALBHIIB 

L'esempio,  e*l  griàit  ogni  gnerrwr  conTOntf 
Che  Halnuovo  timor  fu  moMo  e  violo, 
Sicch'insierae  ferir  le  fcre  avverse; 
E  quel  ferino  stuolo  indi  respinto 
Urtò  le  genti  d'India,  urtò  le  Pene, 
E  l'onda  e'I  guado  di  rossor  fu  tinto; 
Così  di  qua  di  là  la  fossa  albergo 
Diede,  e'I  torrente,  a  chi  Tolgevm  it  tergo. 

Mal  capace  era  il  letto,  i  passi  angasd , 
Torbide  fatte  Tonde  e  sangainose  ; 
Cadean  sul  guado  i  Persi,  e  gì' Indi  adotti* 
Tra  gli  elefanti ,  e  'n  sulle  rive  ombrose  : 
E  tra'cameli,  i  qnai  gir  dianzi  onusti 
Di  smisurate  some  e  di  gravose, 
.  Or  lievi  e  scarchi  dell'  usate  salme , 
Tingean  dei  proprio  sangue  olivi  e  pekne. 

Quivi  cadde  fi^  gli  altri  il  gran  Serìndo , 
E'n  sulle  rive  die  l'ultimo  crollo. 
Mentre  bramato  avrebbe  il  Gange,  o  l*lDdo> 
Al  gran  camelo  suo  non  ben  satollo. 
Cadde  l'estrania  belva  appresso  all'Indo, 
Perch'ad  ambo  Unichier  recise  il  collo; 
Ma  quasi  integro  all'uno,  all'altro  il  meno. 
Che  di  gran  colpo  egli  feri  da  scbeo  . 

Grande  era  sì,  ma  non  egual  percossa 

A  quella,  ond'il  Signor,  degno  d'impero: 
Pari  bestia  ferì  con  maggior  possa , 
Troncando  (o  meravigliai)  il  collo  intero. 
Spogliata  intanto  avean  la  carne  e  Fossa 
Di  Lutoldo  i  compagni,  e  d'Unìchiero, 
Ed  a' corvi  lasciando  il  fero  pasto. 
Le  cuoja  ìndi  portar  senza  contrasto . 


ì 


CONQUISTATA  i83 

Ma'l  Re  feroce,  e  Tisaferne  il  forte, 
Ch'eran  più  lunge  entro  l'istessa  valle  , 
Visla  la  fuga ,  anzi  1'  orribil  morte 
De'suoi,  dispersi  in  quel  sanguigno  calle, 
Mossero  insieme,  e  variar  la  sorte. 
Che  spesso  in  piccol  tempo  alterna  e  falle: 
E  dove  l'uno  e  l'altro  a  prova  assalse, 
Scampo  al  fuggir,  schermo  al  ferir  non  valse. 

Né  tanto  è  fera  in  mar  dannosa,  o'n  bosco, 
Perchè  d'irsuto  cuojo  s'induri  ed  armi , 
E  sparga  dalla  bocca  amaro  tosco  , 
Ed  abbia  artigli  e  denti,  orribili  armi: 
Né  torbida  procella  all'aer  fosco, 
O  folgore  che  passi  i  monti  e  i  marmi. 
Più  spaventosa  è  dell'  irata  coppia , 
Ch'a  perversa  ragion  tai  posse  accoppia. 

Ecco  £ra  molti  a  pie  di  salto  in  salto 

>l,ucenzio  al  corso  un  gran  destrier  sospìnge, 
E  da  traverso  impetuoso  assalto 
Facendo  al  Re  degl'Indi,  a  lui  si  stringe-: 
Ei  da  sella  rapito  il  leva  in  alto 
Colla  gran  destra,  onde  il  circonda  e  oinge  , 
Ed  avanti  al  suoarcion  per  forza  il  corca, 
Come  ch'egli  s' aggiri ,  o  si  contorca. 

Tutti  a  lui  si  volt:iro,il  grido  alzando 
Per  maraviglia,  Egizj,  ed  Indi,  e  Persi; 
Ei  l'arme  insieme  e'I  Cavalier  portando. 
Acceso  di  furor  tra'Duci  avversi 
Trascorre  il  Campo,  e  va  tra  via  mirando 
Ove  cacci  il  suo  ferro  e'I  sangue  versi  ; 
I  Quel  pur  ripugna,  e  forza  oppone  al  forte, 
I  .£  rÌ8p(nge  la  destra  ,  auzi  la  morte. 


l84  t-A  GEBUS^LEMME 

Com'aquila,  ch'il  volo  in  allo  estenJ 
Porta  il  rapito  drago  al  Ciel  talvolta, 
E  i  piedi  avvinchia,  e  con  gli  artigli  il  preod?: 
Quel  colla  co<la  in  giri  obblrqui  avvolta , 
Fischia,  orrido  le squatnme,e"n  van  contentir, 
Piagato,  e 'neon  tra  lei  s'innalza  e  volta; 
Lunge  ella  vola,  e  porta  il  fero  mostro,     ^h 
E  '1  preme  e  punge  coli'  adunco  rostro  :    ^j^M 

Tale  ei  porlo  la  sanguinosa  preda,  ^H 

Lieto  e  superbo,  e  ne  feo  strazio  e  scempio  . 
Acciocch'ognuit  de'suoida  lunge  il  veda, 
E  segua  del  Signor  !'  altero  esempio  : 
Anco  i  nostri  mirar,  come  succeda 
L'inusitata  sua  vittoria  all'empio  , 
E  sentir  dentro  farsi  il  cor  di  ghiaccio, 
Àlgran  poter  di  sì  robusto  braccio. 

Ma  Lutoldo,  e'I  compagno  ,  opporsi  osaro 
A  tanta  forza,  a  (auto  rischio  ,  a  tanto 
Furor,  che  non  trovava  altro  riparo  : 
Ne'n  periglio  maggior  più  nobil  vanto 
Eroe  farafiso ,  o  nome  ebbe  più  chiaro 
Cofttra  belva  diLerna,  od'Erimanto, 
O  dove  morte  e  vita  insieme  inforsa, 
Faioetico  leone,  ed  orrida  orsa. 

Lutoldo  il  primo  feritor  prevenne 

Adrasto,  che  di  corpo  ogni  altro  avanza  ; 
Né  colpo  di  secure,  o  di  bipenne, 
Giamai  più  grave,  o  di  maggior  possanza, 
O  di  spiedo,  o  di  lancia  ei  pria  sosteune, 
O  d  arme  note  per  moderna  usanza  : 
Rotto  lo  scudo  alla  percossa  e  l'angue; 
Ma  non  fu  tratto  di  sue  membra  Ìl  sangue. 


CONQUISTATA  i8'i 

ì  con  pili  Irnif-a  spada  Ìl  Re  turbato 
'Mostrò  del  suo  furor  orribile  arte; 
■  E  quante  arme  trovò  dal  manco  lato  , 
Tutte  lasciò  di  sangue  infuse  e  sparte. 
Parli  ìl  lucido  scudo;  e '1  braccio  armato 
lasciò  ferito  in  perigliosa  parte, 
T.à've  s'annoda;  e  quel  dolente  e'nfermo 
Non  può  regger  Io  scudo,  o  fare  scbermo. 

Però  costretto  è  di  ritrarsi  indielro, 
Dove  ìl  fratellu  è  pronto  a  far  difesa; 
E  mentre  l'uo  versava  il  sangue  tetro, 
Sol  l'altro  sostenea  la  dubbia  impresa  ; 
Ma  le  sue  armi  ancor  parean'di  vetro 
Al  ferro,  che  più  d'alto  e  fende,  e  pesa  ; 
Onde  sen  gìo  Guglielmo  ,  anch'ei  diviso 
Lo  scudo  e  l'elmo  ,  e  rotto  il  fianco  e'I  viso. 

Ma  l'fedele  Unicbier  sorte  più  destra. 
Opposto  a  Tìsaferne  allor  non  bave, 
Percbè  ferito  ei  fu  presso  alla  destra, 
E  nel  petto,  di  colpo  assai  più  grave: 
E  non  gli  valse  incontra  arte  maestra. 
Schermo  intrepido,  e  cerche  nulla  pavé: 
Talch'a  lieto  principio  il  fin  riesce 
Mesto  :  e  gloria  col  lutto  in  un  sì  mesce . 

■  Poi  Tìsaferne  un  Guido  e  l'altro  impiaga, 
Che  solca  sempre  ne' perìgli  ir  seco: 
Anzi  gli  ancide,  e  fu  mortai  la  piaga, 
Che  tosto  l'un  fé  monco,  e  l'altro  cieco. 
Là  dove  il  sangue  intorno  a!  cor  s'allaga. 
Fisse  it  ferro  a  Fulcone;  e  del  suo  speco 
L'onda  vermìglia  uscio  per  larga  strada, 
E'utepidissi  nel  polmon  la  spada. 


LA  GERUSALEMME 


Feri  poscia  Eberardo  ovedisgiimge 
Dell'aurata  lorica  il  sommo,  e  l'itno 
Del  lucido  elmo;  e  quivi  al  collo  aggiunge, 
Lo  qual  reciso  cadde  a!  colpo  primo , 
E  per  l'arena  andò  rotando  ,  e  lunge 
Restò  dal  tronco  in  quel  sanguigno  limo: 
Casto,  Gaston,  Lamberto  ìn  varj  modi 
Abbatte,  e  rompe  della  guerra  t  nodi  .       ^È 

Come  due  fochi  infra  virgulti  e  piante  tl^ 

D'arida  selva,  e  dove  scoppia  il  lauro  , 
Spargon  la  fiamma  torbida  e  sonante. 
Crescendo  allo  spirar  d' Austro  e  dì  Cauro  ; 
O  quai  due  fìbmi ,  l'un  invér  Levante 
Corre  spumoso,  e  l'altro  inverso  il  Mauro; 
Risuona  impetuoso,  e'n  mar  si  sgombraci) 
E  la  sua  via  d'altre  mine  ingombra  : 

Così  de'duo  guerrier  la  forza  e  l'ira 
Strugge  il  fedele  stuol  da  varie  parti,  . 
E  dovunque  si  volge  e  si  raggira. 
Cedono  tutte  incontra  e  Tarmi  e  l'arti: 
Fortuna  intantoa  lor  seconda  aspira , 
Ed  a'Franchi  già  lassi,  e  'ii  fuga  sparti  * 
La  via  di  breve  fuga  ornai  precisa  , 
E  tutta  piena  è  già  di  gente  uccisa. 

Sembra  quasi  di  morti  orrida  tomba 
La  scura  valle,  e  di  sanguigno  [lutto 
Spuma  il  nero  torrente;  e  più  rimhomb 
Al  suon  dell'armi,  all'alte  strida,  al  lutto. 
D'Adrasto  il  grido  è  qual  tartarea  tromba, 
Ch'orribiI  s'ode  risuonar  ner  tutto  , 
Sion,  ed  Aera,  e  l'uno  e  i  altro  Campo 
Mosse;  e'i  raiaor  teme»  vergogna  e  scampo. 


F  CONQUISTATA  187 

vecchissimo  Duce  ancora  iidillo, 
Beiich'ei  itevesse,  e  nell'obblio  giocondo 
I  lunghi  affanni,  a  cui  lo  Ciel  sortillo , 
Tuffasse  iit  parte  col  minor  Ititimondo: 
Che  riportato  avea  l'alto  vessillo, 
L'arme,  e  degli  altri  arnesi  il  caro  pondo 
DoU'infelice  impresa,  e  dall'arena 
Tinta  di  sangue,  e  tornò  vivo  appena. 

Seco  tornaro  insieme  i  due  Roberti, 

E'I  possente  \ristoIfo,  e'I duce  Inglese, 
Ch'invan  fortuna,  e'I  lor  valore  esperti, 
Della  rocca  lasciar  l'aspre  difese: 
Seco  volle  quel  d' Ansa  i  casi  incerti 
Anco  tentar  nelle  più  dubbie  imprese; 
£  co'  siletizj  della  Luna  amici , 
Taciti  si  partir  da'lidi  aprici . 

Tacili  sì  partir  per  l'aria  negra  , 
Tutti  in  pred;i  lasciando  i  nudi  legni; 
Onde  aver  non  potran  vittoria  allegra 
1  lor  nemici,  d'altre  spoglie  indegni: 
Però  di  gente  dolorosa  ed  egra 
Pieno  era  il  campo,  e  lutti  udiansi,  e  adegni, 
Quando  egli  spaventò  più  orribil  suono. 
Pur  come  tuon,  ctie  segua  appresso  al  tuono. 

Ii'antichissimo  Duce  allor  rivolto 

All'altro,  che  si  ciba,  e  parie  langue, 
Turbossi  alquanto;  e  più  severo  il  volto, 
Cui  fatto  avea  la  lunga  etatc  esangue, 
Disse  ;  Che  fìa  ,  non  so  ;  ma  un  grido  ascolto, 
Che  mi  perturba,  e  stringe  al  core  il  sangue: 
E  son  tristo  indovino  (o  ch'io  m'  in^:iuuo), 
Di  mal  vicino,  e  di  presente  affanno. 


LA  GERUSALEMME 


E  già  quasi  di  vetta  assai  lontano 

10  l'aotevidi,  e  poi  noi  tenni  ascosto  ; 
Cliel'acquaerooiljraal  Franco, ed  al  Germaoo 
Alfin  si  vendei'iaii  di  sangne  a  costo  : 
E  spesso  in  debil  forte  ardire  insano 
Conobbi,  e  sospirai  luglio  ed  agosto. 
Bramando  in  nuova  età  senil  cousigUo  : 
Cbè  sofferenza  vince  ogni  periglio. 

Or  vedrò  s'io  m'apposi ,  e  s'io  predissi 

11  vero,  e'I  meglio  ,  e  se  di  ciò  mi  calse. 
Tu  posa  intanto  ;  a  cui  la  piaga  aprissi, 
E  gran  fatica  al  sofferir  non  valse. 
Tacque;  e  fra  tre  nipoti  indi  partissi  , 
CoQ  un'asta  reggendo  il  passo,  e  salse 
Là,  onde  vedea  nella  confusa  turba 
Chi  turbato  è  fuggendo,  e  chi  perturba. 

Come  allor  che  si  turba  il  mar  Tirreno, 
E  freme  sotto  ancor  tacita  l' onda  , 
Per  futura  tempesta  ei  gonSa  il  seno  ; 
Non  più  d' un  lato  ,  che  dall'  altro  inonda 
Prima,  ch'un  vento  involva  il  Ciel  sereno 
E  signoreggi  ei  sol  l'acqua  profonda  : 
Esol  Je  nubi,  e'I  flutto  a  certi  segni 
Muova,  e  rivolga  in  duo  turbati  regni. 

Così  fra' suoi  pensier  d'alma  turbata  , 
Tutto  riman  sospeso,  e  nullo  il  move: 
Mentre  o  pensa  d'andar  con  gente  armai 
Egli  medesmo  a  far  l'ultime  prove, 
O'I  Duce  ritrovar  dell'oste  ingrata. 
Ch'ascolta  forse  altrui  consiglio  altrove 
Questo  allìn  meglio  estima  ,  e  questo  ele^e, 
Cercando  lui,  che  gli  altri  affrena  e  regge. 


100 

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I 

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CONQUISTATA  189 

E'I  ritroTÒ  col  suo  fratello  assiso 

Nella  sua  tenda,  ov'altri  Duci  accoglie; 
Da  cui  rado  Ìl  voltre  ebbe  diviso. 
Dolente  assai  delle  sue  acerbe  doglie; 
Or  visto  il  veglio  con  men  lieto  viso: 
Ecco  il  frutto  (diss'ei }  che  qui  si  coglie: 
Queste  produce  (  e  d'altre  ora  non  calme) 
(jueslo  8.icro  terren  corone  e  palme. 

nia  ben  tem'io,  che  meglio  alfine  osservi 
Le  sue  promesse  il  minaccioso  Argante; 
E  quasi  damme  fuggitive,  o  cervi, 
Aliiii  d'Asia  ci  cacci  e  di  Levante; 
O  ci  faccia  de'suoi  prigioni  e  servi , 
Come  spesso  cred'Jo,  ch'ornai  si  vante; 
Poic'ha  preso  le  navi,  e  preso  il  porto, 
E  corre  vincitor  l'Occaso,  e  l'Orto . 

A  noi  dianzi  negò  vittoria  il  mare, 

Omega  acampo:  e  di  fuggire  io  temo; 
Né  riveder  le  rive  amate  e  care 
Spero  giammai  dell'Occidente  estremo  ; 
Ma  possiam  qui  morir,  se  meglio  or  pare. 
Senza  adoprar  fuggendo  o  vela  o  remo: 
8'allro  rifugio,  oltra  la  morte,  avanza, 
Dicalo  chi  di  vita  ba  più  speranza  . 

■  Tacque  Goffredo;  ed  ebbe  allor  risposta. 

Ch'ogni  mal,  fuor  che  morte,  avea  rimedio, 
Dal  Pastordi  Cosenza,  a  lui  di  costa 
Sedente,  il  qual  fuggi  periglio  e  tedio  ; 
Mutata  è  (  disse  )  la  fortuna  opposta  , 
E  noi  rainacciu  di  gravoso  assedio, 
O  di  giornata .  che  vergogna  apporte  : 
Che  gran  lode  è  schifare  a  suoi  la  morte . 


tgo  LA.GERIIS\LEMME 

Se  la  vita  più  lunga  ornai  ti  spiace, 

Né  puoi  sperar,  che  le  tue  glorie  accres( 

E  s'odii,  senza  regno,  am:ita  pace, 

Di  noi  ti  caglia,  e  pur  di  noi  t' tncresca 

Salva  noi  tutti,  e  sii  Pastur  verace, 

Teneudo  via,  ch'a  certo  fin  riesca; 

eh' Antiochia  n'aspetta, anzi  ne  chiama, 

Ivi  regna,  se  vuoi,  con  miglior  fama. 

Se  questa  pace  il  Turco  a  te  dinega , 
O'I  pauroso  Iraperator  d'Egitto, 
Tutti  noi,  ch'una  fede  unisce  e  lega, 
L'offriam  ,  pregando  umili,  o  Sire  invittovi 
Cosi  diss'egli,  e  per  suo  dir  non  piega 
Il  magnanimo  Duce,  o  per  despitto. 
Ma  di  Tolosa  allora  il  saggio  Conte 
Incontra  lui  sdegnosa  alzò  la  fronte: 

Qual  parola  crudel  t'  usci  di  bocca? 
Mentre  falsa  pietà  dimostri  e  fìngi, 
A  morte  ne  conduci ,  ove  trabocca 
Timido  cor,  parte  n'affretti  e  spingi. 
Non  è  secura  mai  cìttate  o  rocca 
Al  fuggitivo:  e  tu  al  fuggir  n'astringi, 
Non  a  ]uigiiare;  e'n  piìi  lontana  terra 
Cercar  debbiam  via  più  dubbiosa  guerra.! 

Fuggirem  volontari ,  o  mal  tuo  grado 
Farem  battaglia,  e  pugnerem  costretti, 
Se  ti  lascia  Ìl  buon  Sir  Io  scettro,  e'I  grado 
.Se  ti  fa  Duce  di  guerrieri  eletti  : 
li'n  altra  vaile,  e'n  men  securo  guado. 
Mostreremo  a' nemici  il  tergo  o'petti? 
Cbi  prima  lascia  il  vallo ,  onde  egli  è  cial 
Per  uso  0  per  ragione  in  prima  è  vinto.    )>] 


I 


192  LA  GEaUSALBBUtB 

Dogliomì  sol  ch'aU'opi-a  omui  son  leato  , 
Per  trar  voi  di  periglio  e  me  d'af&oai» 
AlloT  ciò  far  potea  senza  spaveato  , 
Ch'  eran  nostri  i  vantaggi ,  e  loro  i  danai . 
Or  di  qualcbe  ripulsa  io  sul  pavento  , 
Che  m'hanno  in  guerra  espertoidue  tinnai. 
Ala  sol  per  tutti  (  o  pur  mi  sia  concesso  } 
Di  uuovo  offro  la  vita,  e'I  petto  Utesso . 

Così  rispose;  e  la  sentenza  estrema 
Disse  della  milizia  il  vecchio  padre: 
Già  non  dobbiamo  aver  spavento  o  tema , 
Dove  Duce  sei  tu  d'invitte  squadre; 
Ma  nostra  gente  indebolita  e  scema 
Ha  per  soccorso  ornai  schiere  leggiadre;' 
Talché  render  conviene  (e  tardi  parane) 
L'arme  a  RupertOjO'l  gran  Riccardo  ali' arme. 

Non  devi  escluder  lui,  se  tanti  accogli 

De'suoi  guerrieri,  oud'ei  può  far  ritorna; 
Uè  più  tra  salse  arene  e  salsi  scogli 
Star  (come  intesi)  in  placido  soggiorno  . 
Abbian  fine  i  lunghi  odìi,  e  i  feri  orgogli  > 
Che  discordia  è  cagion  d' onta  e  di  soorno  : 
E  (se  dir  lece  il  vero)  ei  vai  per  mille  ; 
Né  fu  da' Greci  più  bramato  Achille  . 

Iluperto  d'  Ansa  era  frattanto  accorso 
Da  quella  via ,  la  qiial  conduce  a'  alari  , 
Sin  là 've  hanno  i  cavalli  il  campo  al  corso» 
E  i  Giudici  alto  seggio,  e  Dio  gli  altari. 
Qui  il  fratel  di  Eutoldo  al  primo  occorsOf 
Scorge  venir  con  tardi  passi  e  rari , 
Coll'armì  rotte,  e  polveroso ,  e  stanco  , 
Traendo  appena  il  mal  piagato  fianco. 


CONQUISTATA  tgS 


I.XIII. 


Spargea  sudor  dal  viso,  e  sangue  misto. 
Ma  pur  non  si  smarriva  il  cor  gentile; 

"    PI' ebbe  pietà  quel  d'Anzio,  allorché  vista 
L'ha*cosi  concio  d'empia  mano  ostile  : 
£  pianse  i  morti  in  quel  famoso  acquisto, 
£  la  fortuna,  che  mutalo  ha  stile  ; 
Ahi,  Duci  Franchi,  come  in  lutto  e'n  polve 
La  vostra  gloria  si  tramuta  e  volve? 


rxiT. 


Così  morir  tanti  guerrieri  egregi 

Dovean  senza  sepolcro  in  terra  estrana. 
Ma  tu ,  che  vivo  ancor,  si  degni  pregi 
D' onor  riporti,  e  di  virtù  sovrana , 
Dimmi,  o  Guglielmo:  Incontra  i  negri  Regi 
Fragil  sarà  la  nostra  forza ,  e  vana? 
O  sostener  potrem  Tarme  nemiche, 
Dopo  sì  gloriose  asgre  fatiche? 

X.XT. 

Quel  che  sarà  non  so;  ma  in  quel ,  ch'io  scerna 
Vane  (risponde)  fian  difese,  e  schermi, 
Coutra  i  giganti  della  valle  Inferna , 
£ 'neon  tra  i  mostri  anco  i  ripari  infermi. 
Se  non  piace  al  Signor ,  eh'  il  Ciel  governa. 
Che  la  sua  aita  il  nostro  ardir  confermi  : 
In  altra  guisa  omai  l'ore  del  pianto 
Son  giunte,  e'h  fumo  è  sparso  il  nostro  vanto. 

I.XTI. 

Perchè  là  've  il  torrente  inonda  e  bagna-, 
Molti  perir  de'  più  famosi  in  armi  ; 
£  parte  di  sua  vita  ancor  si  lagna  « 
Più  non  sperando  onor  di  bianchi  marmi  • 
Ma  tu  m'aita,  prego,  e  tu  ristagna 
Il  sangue  al  sacro  suon  de'  forti  carmi  ; 
Ch'io  tardo  giungo,  e 'n  mia  salute  è  lenta 
Ogni  medica  mano  altrove  intenta. 

Q.  Ouui.  T.  IL  «3 


194  LA  GERUSALEMME 

X.XTII. 

Così  disse  pregando;  e  con  soavi 

Passi  r  altro  il  conduce  assai  Ticino, 
Dove  del  sangue  sparso  il  terga,  e  lavi. 
Tra  lucido  ostro  assiso  e  bianco  lino  •  ' 
Curò  le  piaghe  sue  profonde  e  gravi, 
A  cui  fu  d' uopo  il  proveder  divino: 
E  fece  opra  miglior,  che  d'arte  maga; 
Se  pura  fé  di  puro  cor  s' appaga  • 

LXTIII. 

Nell'egro  ei  mitigò  la  doglia  acerba. 
Ma  no  '1  desio,  che  dentro  il  rode  ed  ange, 
Di  vendicar  de'  suoi  V  onta  superba 
Contra  chi  ber  solea  del  Nilo,  o  *a  Gange: 
£  fisse  nella  mente  anco  riserba 
Le  sue  parole,  e  l'altrui  morte  ei  piange; 
£  gli  son  quasi  dal  pensier  dipinti 
I  simulacri  degli  amici  estinti. 

LXIX. 

Parte  del  suo  Signore  oblia  V  impero , 

Ch'egli  guerra  non  faccia,  e  sol  nspinga; 
£  del  Soldan,  eh' è  si  possente  e  fero. 
Schivi  l'incontro,  ove  s'avanzi  e  spinga: 
Tanta  nel  petto  gio vinile  altero 
Può  di  gloria  immortai  dolce  lusinga, 
O  quasi  forza  è  pur  d' eterna  luce 
Questo  nobil  desio,  eh' a  morte  induce. 


X.XX. 


Questo  fermo  pensier  dal  cor  avulse 

Tutt' altri,  e  sbandì  quasi  il  dolce  sonno; 
£  non  vi  fur  per  V  arme  altre  repulse. 
Per  l'arme  del  suo  fido  amico  e  donno. 
Ma  come  il  nuovo  di  nel  Ciel  rifulse. 
Sostenne  il  peso,  e  far  pochi  altri  il  ponno: 
£  fece  biancheggiar  con  auree  piume 
L'augello  imperioso  al  chiaro  lume. 


CONQUISTATA  ipS 

LXXI. 

Il  grave  usbergo,  e'I  grave  scudo  io  dico. 
In  cui  r aquila  i  vanni  innalza  e  spande; 
E  Telmo  sostenea  del  caro  amico, 
Che  sculte  d'oro  avea  ricche  ghirlande: 
I^  spada  no,  che  fu  dal  padre  antico 
Portata  in  guerra,  in  guisa  è  grave  e  grande: 
Né  fuor,  che'l  pio  Goffredo,  alcun  la  vibra; 
£i  sol  potea  di  forza  opporsi  in  libra. 

LXUI. 

Un'altra  spada  al  fianco  allor  si  cinge 

Ruperto,  in  cui  la  guardia  e'I  pomo  è  d'oro, 
E  vi  riluce  impressa  alata  Sfinge , 
Che  si  corona  di  frondoso  alloro: 
Quinci  un  possente  suo  destrier  sospinge, 
A  cui  cede  nel  corso  il  Trace  e  '1  Moro  ; 
Negro,  candido  un  pie,  stellato  in  fronte; 
£  gli  altri  appresso  fi  condurre  al  fonte. 

LXXIII. 

L'asta,  (a  qual  parca  nodosa  antenna, 
Integra,  e  tinta  di  color  vermiglio, 
E  trouca  già  nella  famosa  Ardenna, 
Lasciò  con  gli  altri  arnesi  il  padre  al  figlio; 
Ma  dove  Marte  fere,  e  non  accenna. 
La  ruppe  quel ,  cui  die  virtute  esiglio  : 
Quel,ch'in  battaglia  ogni  dur  rompe  espezza. 
Ed  ebbe  eguale  al  suo  valor  bellezza. 

I.XXIT. 

V  è  solo  il  tronco  ;  e  '1  suo  fedel  ne  scelse 
Una  fra  molte  la  più  grave  e  dura. 
Che  mai  sia  incisa  nelle  cime  eccelse 
Del  nevoso  Apennino,o'n  selva  oscura. 
Là'nde  affissa  pendea ,  primier  la  svelse 
Questi,  che  tanto  l'alma  ebbe  secura  : 
Poi  mosse  a  ricercar  dell'acque  dolci , 
Fra'  seggi  de'  pastori  e  de'  bifolci. 


196  Lii  GERUSjìLEHBIB 

LXST. 

Con  gì'  Italici  suoi  la  fida  scorta 
Di  que'di  Trena  egli  seguir  potea; 
Ma  venne  alF  ombra  per  la  via  più  corta 
Dove  il  lasso  guerrier  s' attuffi ,  e  bea  : 
Egli  a' fatti  animosi  altrui  conforta  9 
Là  've  il  rischio  più  certo  esser  credea; 
Ma  varie  genti  all'onde,  e  quindi  e  quinci 
Trassero  pria,  eh'  a  guerreggiar  cominci. 

&XXTI. 

G)si  lupi  assetati ,  a  cui  distilla 

Il  nero  sangue  ancor  dal  muso  immondo, 
Vengono  a  perturbar  l'onda  tranquilla. 
Dal  sanguigno  lor  pasto,  al  rio  profondo: 
O  pur  fere  diverse,  ove  sfavilla 
Atlante,  che  sostiene  il  grave  pondo 9 
Con  bocca  aperta ,  e  con  spumosa  lingua 
Sen  vanno  a' fiumi,  in  cui  l'ardor  s'estingOL 

X.XXTII. 

Disse  Ruperto  a' suoi:  Compagni  illustri 
Di  quel  Signor,  che  pari  unqua  non  ebbe; 
Ma  innanzi  al  cominciar  di  cinque  lustri. 
Superò  il  padre,  e  la  sua  gloria  accrebbe; 
Deh  fate  or ,  prego,  eh'  il  suo  onor  s' illustri, 
Che  nulla  invidia  far  men  chiaro  il  debbe; 
Onde  chi  non  degnollo,  ed  or  l'incolpa, 
Conosca  il  torto ,  e  la  sua  propria  colpa  ; 


X.XXT111. 


E  pensi  :  se  pon  tanto  i  suoi  seguaci , 

Che  farebbe  il  Signore  a' suoi  congiunto^ 
Valore  impetuoso  a  que' rapaci 
Lupi  mostrate  ornai,  che'l  tempo  è  giunto. 
Cosi  disse;  e  lor  fece  in  guerra  audaci. 
Come  il  destrìer,che  da' suoi  sproni  è  punto: 
E  nel  corso  splendean  quell'auree  penne, 
Talch'  altri  appena  il  suo  splendor  sostenne. 


CONQUISTATA  197 

S.XX1X, 

Dicean  gli  Assiri ,  mossi  al  primo  sguardo, 
Folgoreggiar  veggendo ,  e  quasi  a  volo , 
L' augel  sublime  i  É  questo  il  gran  Riccardo, 
Che  riede  in  guerra ,  e  con  più  fero  stuolo  • 
Fu  dunque  un  vano  messaggier  bugiardo 
Quel  di  Fenicia  ;  e  n'  abbiam  onta  e  duolo. 
Egli  intanto  giungea ,  che  nulla  mente. 
Più  di  virtù ,  che  di  fin' ór  lucente  . 


LXXX. 


Nel  lucido  elmo  egli  primier  percosse 
11  dispietato  Aman  di  padre  Ebreo, 
in  Soria  nato,  e  si  di  sella  il  mosse. 
Anzi  di  ment(^  che  '1  fellon  cadeo 
Stordito  ;  e  come  notte  orribil  fosse, 
Il  dolce  lume,  e  seco  il  Ciel  perdeo, 
Ch'alfin  perduto  più  non  si  racquista  : 
Or  giace  orbo  di  mente ,  orbo  di  vista* 


X.XXXI. 


£  nel  secondo  colpo  ei  più  non  falla. 
Benché  fere  più  basso  ,  e  pur  ancide 
Sanson,  forato  il  collo  ;  indi  la  spalla 
Trafìgge  d' Absalon  ,  che  fugge  e  stride , 
Benché  sia  mastro  della  regia  stalla, 
E  sembri  in  quella  d'Augea  un  nuovo  Alcide. 
Né  vi  poteo  condur  si  cara  preda , 
Perch'altrui  tanta  gloria  il  Ciel  conceda. 

&(XXI1. 

Poi  coir  asta  medesma  in  terra  abbatte 
Jampsone,  e  Tamerlano,  a  morte  offeso, 
Che  dal  paese,  ove  le  nevi  intatte 
Non  strugge  il  Sol,  d'antica  stirpe  è  sceso . 
L' uno  né  spira  più ,  né  polso  or  batte, 
Ma  giace  della  terra  immobil  peso  : 
L'altro  la  morde,  e  *n  sul  morir  si  volve 
Calcitrando  nel  sangue,  e  'n  atra  polve. 


LAGERUS\LF.M^IE 

Sedea  raccolto  in  ben  poliU  sella 

Decber,  e  già  smarrito  il  viso  e  'I  core. 
Mentre  mirò  qiieslii  percossa  e  quella,  , 
Ch'empier  potea  di  spaventoso  orrore:' 
E  la  sinistra  man  ,  tremante  anch' ella, 
Lasciava  il  freno:  a  lui,  che  tutto  smoKi 
Fra' (lenti  trapassò  l'acuta  lancia 
E  gli  trafìsse  la  sinistra  guancia. 

Com'uom,  che  siede  curvo,  e  l'onde  mira 
Da  pietra ,  che  sovrasti  al  suol  marino, 
Prende  il  pesce  coli' amo  ,  e  suso  il  tira 
Colla  tremula  canna  as'vint^  al  lino: 
Tal  preso  per  la  parte,  ond'ei  respira, 
Coir  asta  il  leva,  e  gilta  a  capo  chino 
Sovra  l'aperta  bocca,  indi  sei»  fugge 
L'anima,  cb'al  partir  si  lagna  e  mug; 

Rotta  l'asta  il  gnerrier,  eh'  ìntegra  e  salda 
Restare  a'duri  col[>i  om.ii  non  puote; 
Fa  la  spada  di  sangue  umida  e  calda, 
Mentr'ei  Torildo,  e  lìubican  percote, 
Ch'abitò  in  Aera  in  sulla  verde  falda: 
E  fra  l'irsute  ciglia,  e  l'ampie  gote 
Diviso  cade;  e'I  suol  per  dura  scossa. 
Sparso  è  di  sangue,  e  di  cerebro,  e  d'ossa- 

Frattanto  non  teneva  il  rischio  a  bada 
I  suoi,  né  di  terror  aspetto  e  d'ombre;  i 
Bench'io  lordi  saette  un  nembo  cada. 
Onde  il  sereno  CÌel  par  che  s'adombre; 
Ma  qual  feria  di  lancia,  e  qual  di  spada, 
Perdi'  il  dubbioso  guado  a  lor  si  sgombre: 
E  d'ambo  i  lati  fean  sanguigno  il  calle, 
E  dì  morti  coprian  l'orrida  valle. 


I 

issa- 

i 


aoo  LA  6ERUSALEHHC 

Pria  varcato  il  torrente ,  Erode  ancìse  , 
Nigrao ,  Tenebricante ,  e  Lucifuga  ; 
Poscia  il  corso  vital  d' Eumene  incise  , 
Di  SifoQ,  di  Smeriglio,  e  di  Felluga: 
Die  morte  a  questi ,  altri  il  timor  conquiae, 
£  tor  <]isperse  tn  dolorosa  fuga  : 
£i  persegiiilU,  e 'a  perseguir  seguito 
Fu  dallo  stuol  de' suoi  compagni  ardito. 

Giovine  incauto  era  trascorso,  e  vago 
Di  vittoria ,  d' onor,  d'  eterna  loda, 
Quand'ei  scopri, quasi  dei  6n  presago. 
L'empio  Soldan,  che  forza  acCDppìa  e  froda: 
Come  il  pastor,  che  scorga  orribil  drago 
Strisciar  fra  l'erba,  ove  s'avviiichia  e  snoda, 
£  sibilando  alzar  superba  cresta 
Gontìo  il  ceruleo  collo,  ond'ei  s'  arresta: 

Così  riflette  dubbio;  e'I  gran  ribello 
fien  riconobbe  alla  famosa  insana. 
Con  Amoralto,  il  Cavalier  novella. 
La  cui  virtù  d'iniqua  legge  indegna  . 
Quasi  leon,  ch'omai  d'orrido  vello 
S'adorni,  e'n  tana  rimaner  si  sdegna; 
Ma  segue  il  padre,  e  giù  gli  artigli  e  *l  mentii 
Tinger  vorria  nell'Africano  armento  . 

Parte  mirando  uscir  d'  oscuri  aguati 
£gli  vedeva  all'ombra  occulta  e  bruna. 
Già  più  vicini  i  cavalieri  armati, 
Sotto  r  in,segne  di  turbata  Luna  : 
£  gli  altri  poi,  siccome  augelli  alati. 
Di  cui  stridente  schiera  in  Ciel  s'aduna  , 
Tornare  in  guerra;  e  sé  primiero,  o  solo, 
Onde  si  volse  al  suo  feroce  stuolo. 


CONQUISTATA  aoi 

XCT, 

Tide,  ch'era  seguito,  e  nulla  ei  disse, 
Quasi  d'indugio  or  si  vergogni  e  penta  ; 
E  quel ,  che  di  sua  morte  in  cor  descrisse, 
Obliando ,  al  destriero  il  freno  allenta; 
Ma  del  suo  ardir  l'alte  parole  ha  fisse, 
In  guisa  d' uom ,  eh'  il  suo  dover  rammenta: 
E'ncontra  il  Re  della  spietata  turba 
Drizza  prima  il  suo  corsole  lui  perturba. 


XCTI. 


Quinci  la  Luna,  e  quindi  il  Sol  fiammeggia, 
Nel  duro  campo  incontra  lei  converso, 
Come  nel  Ciel,  ove  oscurar  si  deggia, 
E'mpallidir  l'aspetto  all'aer  perso: 
E  tosto  fia,  che  qui  imbrunir  si  veggia 
Di  nero  sangue  orribilmente  asperso. 
Ahi  lagrimosa  ecclissi,  ahi  non  felice 
Virtù  !  quando  egual  lutto  il  Ciel  predice? 


XCTII. 


Incominciar  l' impetuoso  assalto 

I  duo  guerrier ,  con  cento  colpi  e  mille  : 
Ed  ambe  fiameggiar  le  spade  in  alto , 
E  risonar  siccome  incudi  o  squille 
Quell'arme  adamantine;  e'I  verde  smalto 
Non  però  tinser  di  sanguigne  stille  ; 
Ma  sovra  gli  elmi  ogni  crudel  percossa 
Fu  grave ,  e  parve  Pelio  imposto  ad  Ossa . 

XCTIII. 

Di  fuori  il  ferro,  entro  il  furore  avvampa, 
Sicché  non  bolle  più  Vulcano,  od  Ischia. 
L'ire,  gli  odj,  le  forze  insieme  accampa 
Ciascun  contra  il  nemico,  e  più  s'arrischia: 
Né  da  colpo  giammai  s'arretra  o  scampa. 
Per  la  confusion  turbata  e  mischia; 
Ma  tanto  rabbia  in  lor  s'avanza  e  cresce, 
Quanto  s' inaspra  la  battaglia  e  mesce. 


loa  LA.  GERUSALEMME 


XCIX. 


Come  in  valle  talor,  che  cinge  e  serra  ^ 
D' alpestri  monli  oscura  selva  intor^o^ 
Fanno  irati  fra  sé  terribil  guerra 
Euro,  e  chi  spira  onde  tramonta  il  giorno: 
Caggion  con  gran  romore  i  rami  a  terra. 
Percuotendosi  insieme  il  faggio  e  Torao: 
Così  genti  pugnar  di  fé  discordi , 
Né  V*  è  chi  pensi  a  fuga ,  o  sen  ricordi . 

Ma'l  buon  figliuolo,  a  cui  pietà  perfetta 
Nega  la  dispietata  iniqua  legge, 
Delle  paterne  ingiurie  aspra  vendetta 
Già  far  vorrebbe,  e  di  morire  elegge: 
E  lui,  ch'ai  padre  é  infesto,  e  più  8* affretta, 
£*1  suo  destriero,  e*l  suo  furor  non  tegge^ 
Percuote  ove  noi  copre  o  scudo,  o  schermo, 
Ed  impiaga  la  piaga  al  lato  infermo  • 

CI. 

Buperto  si  girò  tre  volte,  ed  anco 
Feri  tre  volte,  e  fece  alte  ruine, 
Terribil  più,  che  si  mostrasse  unquanco 
D*armì,  e  di  genti,  ch'incontrò  vicine. 
La  quarta  a  lui,  pur  ruinoso  e  stanco. 
Della  sua  morte  apparve  orrido  fine 
Visibilmente,  e'n  quel  gravoso  impaccio 
Morte,  che  per  ferire  alzava  il  braccio. 

cu. 

E  d' alto  cadde,  e  rimbombò  funesta 
La  fera  spada  in  sulle  cave  tempie , 
Sicché  stordissi  alla  percossa  infesta 
Del  Re  crudel,  che'l  suo  furore  adempie. 
Fu  tratto  l' elmo  ali*  onorata  testa, 
Ella  di  piaghe  offesa  e  gravi  ed  empie  , 
Disarmata  la  mano,  e  '1  petto,  e'i  tergo 
Del  fino  scudo,  e  del  lucente  usbergo. 


CONQUISTATA  ao3 

CHI. 

Così  morìsti ,  o  viva  gloria  o  lume 

Del  nobil  regno,  e  fasti  eterno  Occaso, 
Spargendo  d' un  purpureo  e  caldo  fiume 
Il  Sol  dell'armi  in  quelForribil  caso: 
Anzi  volasti  al  Ciel  con  altre  piume^ 
Che  d'Aquila,  o  di  Fama,  o  di  Pegaso, 
Le  tue  spoglie  lasciando  al  fier  nemico, 

,  Lagriraosa  vendetta  al  fido  amico. 

CIT. 

Ma  di  quell'auree  spoglie  altero  e  lieto 
Corre  Amoralto  alla  gentil  rapina, 
Ch'ai  suo  valore  ornai,  senza  divieto, 
Quella  gloria  quel  giorno  il  Ciel  destina; 
•£  i  nobili  destrier,  eh'  al  bel  Sebeto 
Bebbero,  e  si  lavar  d'onda  marina, 
Or  prende  ad  acque  men  turbate  e  scarse. 
In  cui  più  sangue,  ch'altro  umor,  si  sparse. 

CT. 

E  sol  Circino,  al  suo  famoso  Duce 
Serbandosi,  fuggì  con  leggier  corso; 
E  scosso  il  fren  ,  ch'in  servitù  l'adduce. 
Calcitrando  superbo,  ei  die  di  morso. 
Quasi  eletto  a  portare  arme  di  luce, 
E 'n vitto  Cavalier  sul  bianco  dorso. 
Nel  di,  che  quei  del  Sol  (s'altrui  si  crede) 
Ebbero  intoppo  in  Ciel  da  viva  fede  .* 

CTI. 

Ma  trasser  gli  altri,  ov'è  maggior  tumulto. 
Che  per  desio  di  preda  ardente,  o  d'acque. 
Al  nobil  corpo ,  che  lasciar  sepulto 
Non  vorran  senza  onore,  ov'ei  si  giacque. 
Non  era  al  buon  Loffredo  il  caso  occulto, 
Lagrimoso  e  dolente;  e  più  gli  spiacque , 
Perchè  Ramnsio,  al  suo  cader  maligno. 
Era  in  gran  rischio,  e  tutto  omai  sanguigno. 


ao4  LA  GERUSALEMME 


CTIT. 


Correa  Achille,  e  Giustiao  a  certa  mortei 
Ne  Cosso,  né  Belprato  era  piti  tardo; 
Battean  deir altra  vita  ornai  le  porte 
Ed  Afflitto,  e  Metello,  e'I  fido  Evardo, 
Non  cercando  a  un  bel  fin  migliori  scorte, 
Né  ^1  si  gran  lutto  riveder  Riccardo  ; 
Ned  altra  gloria  mai,  ned  altra  palma , 
Che  di  morir  coli'  onorata  salma  • 


GTIII. 


Ma  qual  fero  leon  di  tana  uscito 

Co' figli  appresso,  in  perigliosa  caccia. 
Se  incontra  in  selva  il  cacciatore  ardito  , 
Intorno  ailor  si  volge,  e  lui  minaccia: 
Tale  il  buon  vecchio,  allor  nulla  smarrito  % 
Ma  con  gran  core ,  e  con  robuste  braccia 
Fermò  il  cavallo  al  sanguinoso  varco. 
Sin  che  ne  trasse  il  sospirato  incarco  . 

CIX. 

E  qual  gran  foco ,  allorché  fumo  oscuro 
Tutto  dintorno  il  Cielo  asconde  e  copre. 
Ed  Orione  involve,  e'i  pigro  Arturo, 
E  r altre  di  lassù  mirabili  opre  : 
Quivi  la  pugna  ardeva;  e  Taer  puro 
Sereno  in  altra  parte  il  Sol  discopre  : 
E  fra  lontani  da  mattina  a  terza 
Si  combatte  cessando ,  e  quasi  scherza . 

ex. 

Però  si  volge  allor  Loffredo  il  veglio 
Al  buon  Achille,  ed  a  partir  l'invita  : 
Forte  guerrier,  che  fra  tutti  altri  io  sceglio 
Nel  gran  periglio,  ornai  facciam  partita: 
Che  certo  di  ritrarsi  estimo  il  meglio. 
Prima  ch'ai  tuo  fratel  la  nobil  vita 
Copra  quasi  di  Marte  incendio  o  nembo. 
Che  di  morti  alla  terra  ha  pieno  il  grembo. 


CONQUISTATA  ao5 

CXI. 

Così  dìss*egli;  ed  ubbidiva  addetti 
De'diioi  più  saggi  il  cavalier  feroce , 
Con  gli  altri  suoi  compagni  in  guerra  eletti  ^ 
Ritratti  al  suon  della  severa  voce. 
E  tutti  insieme  in  un  drappel  ristretti, 
Il  corpo  riportar,  cui  nulla  or  nuoce, 
O  lancia,  o  strai,  benché  sia  d'arme  ignudo; 
Pur  ciascuno  il  coprìa  del  proprio  scudo. 

CXII. 

Fino  al  torrente  poi  la  turba  infida 
Preme  i  fedeli  ;  e  sul  partir  contrasta. 
Empiendo  il  Ciel  di  minacciose  strida, 
E  ferendo  vicin  di  ferro  e  d'asta  : 
E  fulminando ,  il  Re  di  morte  sfida , 
E  pone  a  morte,  e'I  minacciar  non  basta , 
Sin  là 've  quasi  misto  il  sangue  all'onde, 
Fa  lubrico  il  calar  d'antiche  sponde. 

CXIII. 

Come  in  bocca  del  porto,  ove  s'implica 
Nel  mar  il  curvo  lido,  orrido  scoglio 
Quinci  e  quindi  torreggia ,  o  rupe  antica , 
E  reprime  de' venti  il  fero  orgoglio: 
Così  allor  reprimean  l'ira  nemica, 
Pien  d'alto  sdegno  i  Duci  e  di  cordoglio, 
Sin  ch'i  suoi  fur  passati  all'altra  parte. 
Non  cessando  mill'arme  all'aura  sparte. 

CXIT. 

Non  cessan  le  saette ,  e  i  dardi ,  e  i  sassi , 
E  rado  avvien ,  che  scenda  il  colpo  in  fallo 
Sovra  l'armata  schiera  a'dubbj  passi, 
Talché  rimbomba  il  lucido  metallo. 
Alfin  Ramusio,  e  mesti  i  Duci  e  lassi , 
Col  nobil  peso,  entrar  nell'ampio  vallo, 
E  colla  pompa  d' infelici  spoglie , 
L'Aurea  porta  il  Re  superbo  accoglie. 


3o6  LA  GERUSALEMME 


CXT. 


L'antica  porta,  in  cui  lo  Sol  dispiega 

Il  primo  raggio,  e  lei  n'illustra ,  el  tempiOi 
Or  s'apre  a  lui,  che  giusto  il  ciel  rilega 
Dal  suol  nativo ,  e  qui  trionfa  or  V  empio , 
Del  pio  sangue  macchiato ,  e  nulla  il  piega 
Gloriosa  umiltà  d'antico  esempio, ' 
Ch'ivi  portò  la  palma  il  Re  de' Regi, 
Sovra  il  pigro  animai  senz'aurei  fregi . 

CXfl. 

£  qui  depose  umil  l'alto  diadema 
Eraclio ,  vinci tor  de' fieri  Persi . 
Pur  il  feilon  non  ha  spavento,  o  tema. 
Né  l'hanno  i  suoi ,  d' iniqua  morte  aspersi . 

0  alti  providenzia ,  anzi  suprema , 

Che  piovi  il  foco,  e  spargi  il  mare ,  e*l  versi, 
Qual  vendetta  minacci  e  grave  ed  aspra 
A  chi  s' indura  in  aspettando  e  'aaspra? 

CXTII. 

L'alta  vittoria  i  Siri  all'ozio  adesca, 

£  de*  nostri  produce  onta ,  e  disprezzo . 
Godon  ne' verdi  monti  all'onda  fresca 

1  cari  cibi ,  e  le  dolci  ombre ,  e  1  rezzo  . 
Vecchi  e  fanciulli  più  lascivi  in  tresca 
Vedi  meschiarsi ,  e  Belzebub  in  mezzo; 
Ventilando  il  pavon  tra  fonti  e  rivi. 
Ch'ai  mormorar  lusinga  i  sonni  estivi . 


CXTIII. 


Soglion  così  passar  l'ore  diurne, 
£  sotterra  cercar  più  freddo  loco. 
Fanno  il  Ciel  vergognar  l'opre  notturne  , 
£  i  lor  sozzi  diletti ,  e'I  riso,  e'I  gioco  : 
Aprono  il  corso  all'acque,  e  i  fonti,  e  T urne 
Versan  fuori  il  ruscel  corrente  e  roco  : 
La  terra  le  vivande,  e'I  mar  dispensa , 
Ond' ingombri  £miren  superba  mensa  • 


CONQUISTATA  aoy 

CXIX. 

Dair  altra  parte  io  sanguinose  pene 

Doleansi  i  nostri,  e'n  lagrimoso duolo; 
Qual  d*  Etiopia  le  più  ardenti  arene , 
Bolle  sotto  a  lor  più  l'arido  suolo  ; 
£  Toste  inopia  d'ogni  umor  sostiene, 
£  de' fonti  cercando  a  stuolo  a  stuolo. 
La  fama  d'Antiochia  or  nulla  estima, 
Verso  la  sete  in  quell' estranio  clima. 

cxx. 

Spenta  è  del  Cielo  ogni  benigna  lampa  : 
Signoreggiano  in  lui  possenti  stelle: 
Onde  piove  virtù,  ch'informa  e  stampa 
L'aria  d'impression  maligne  e  felle . 
Cresce  l'ardore  estivo,  e  sempre  avvampa 
Più  mortalmente  in  queste  parti  e'n  quelle. 
A  giorno  reo  notte  più  rea  succede, 
£  dopo  lei  peggiore  il  di  sen  riede  • 

CXXl. 

Non  esce  il  Sol  giammai,  ch'asperso ,  e  cinto 
Di  sanguigni  vapori  entro,  e  dintorno, 
£i  non  dimostri,  e  quasi  altrui  dipinto, 
Mesto  presagio  d'infelice  giorno. 
Non  parte  mai,  che  più  turbato,  e  tinto, 
Non  minacci  egual  noja  al  suo  ritorno, 
E  non  inaspri  i  già  sofferti  danni 
Con  timor  certo  di  più  gravi  af&nni . 

CXXII. 

Mentre  egli  i  raggi  poi  d'alto  diffonde , 
Quanto  dintorno  occhio  mortai  si  gira. 
Seccarsi  i  fiori,  impallidir  le  fronde , 
Assetate  languir  Terbe  ei  rimira , 
£  fendersi  la  terra ,  e  scemar  V  onde 
Ogni  cosa  del  Ciel  soggetta  all'  ira  : 
£  le  sterili  nubi  in  aria  sparse , 
Fiamme  parean ,  quando  prodigio  apparse. 


ao8  LA  GERUSALEMME 

CXXIIX. 

Il  CìeI  minaccia  incendio ,  e  nega  pace. 

Né  cosa  appar,  che  gli  occhi  al  me  a  restaare: 
Zefiro  nel  suo  speco  ed  Euro  or  tace , 
Cessato  è  il  dolce  vaneggiar  dell'  aure. 
Talor  vi  soffia  (e  pare  adusta  face) 
Vento,  che  muove  dall'arene  Maure» 
E  gravoso  di  polve  i  lumi  ingombra  , 
Ricoprendo  a'bei  poggi  il  verde,  e  l'ombra. 


CXXIT. 


Non  ha  poscia  la  notte  ombre  più  liete  ; 
Ma  di  fiamma  e  d'ardor  son  quasi  impresie: 
E  di  travi  di  foco,  e  di  comete, 
E  d'altri  fregi  ardenti  il  velo  intesse  : 
Né  pur,  terra  infelice,  a  tanta  sete 
Son  dall'avara  Lunaalmen  concesse 
Le  sue  dolci  rugiade  :  e  Terbe,  e  i  fiori 
Chiamano  indarno  i  lor  vitali  umori  • 


CXXT. 


Dalle  notti  inquiete  il  pigro  sonno 
Sbandito  fugge;  e  i  miseri  mortali , 
Lusingando ,  ritrarlo  a  sé  noi  ponilo  : 
E  la  sete  é  peggior  di  tutti  i  mali . 
Non  cessa  di  Giudea  l'iniquo  doano 
Di  sparger  succhi  all'acque  empj,  e  mortali. 
Onde  viepiù  di  Stige  e  d' Acheronte  , 
Sembra  al  pio  Cavalier  turbato  il  fonte. 

cxxTf; 

E  Siloe,  che  solcasi  puro  e  mondo 

Pur  dianzi  offrir  cortese  il  suo  tesoro  » 

Or  di  tepide  linfe  appena  il  fondo 

Arido  copre,  e  nega  altrui  ristoro  : 

Né  sol  vorrijino  il  Po,  qualor  profondo 

Seri  va  con  fronte  di  superbo  toro; 

Nè'l  Gange,  o'I  Nilo,  allorché  non  s* appaga 

Di  sette  alberghi ,  e  1  verde  Egitto  allag;a . 


CONQUISTATA  009 

GXXTTI. 

S' alcun  giammai  tra  le  frondose  rive 
Puro  vide  stagnar  liquido  argento; 
O  giù  precipitose  ir  V  acque  vive 
Per  alpe,  o'n  pioggia  erbosa  a  passo  lento; 
Quelle  al  vago  desio  forma  e  descrive , 
£  ministra  sol  esca  al  suo  tormento: 
£  r immagine  lor  gelida  e  molle 
Gli  asciuga  e  scalda,  e  nel  pensier  ribolle. 

CXXTIXt. 

"Vedi  le  membra  del  guerrier  robuste, 
Cui  ne  camin  per  aspra  terra  preso , 
Né  grave  salma,  onde  passaro  onuste , 
Né  domò  ferro  acuto ,  o  ferro  acceso  ; 
Ch'or  risolute,  e  nel  gran  giorno  aduste, 
Giacciono  a  se  medesme  inutil  peso  : 
£  viva  nelle  vene  occulta  fiamma. 
Che  in  lor  si  pasce,  entro  gli  spirti  infiamma. 

Langue  il  còrsier  già  si  feroce ,  e  1'  erba  > 
Già  desiato  cibb,  a  noja  or  prende: 
Vacilla  il  piede  infermo,  e  la  superba 
Cervice  dianzi  è  giù  dimessa ,  e  pende  : 
Memoria  di  sue  palme  omai  non  serba, 
Ne  più  dolce  di  gloria  ardor  Faccende; 
Ma  stima  l'auree  pompe  ignobil  soma: 
T.into  l'empia  stagion  l'affligge  e  doma. 

Languisce  il  fido  cane  ;  ed  ogni  cura 
Del  caro  albergo,  e  del  Signore  obblia: 
Giace  disteso,  ed  all'interna  arsura. 
Sempre  anelando,  aure  novelle  invia. 
IVIa  s'altrui  diede  il  respirar  natura  , 
Perch'il  caldo  del  cor  temprato  sia, 
Or  nulla  o  poco  refrigerio  ei  n'ave, 
Si  quello,  onde  si  spira,  è  denso  e  grave, 
o.  Coiif .  r.  //•  i4 


Tal'era  la  stagioD ,  che  taatì  afflisse 
Fidi  guerrieri,  e  si  turbato  il  Cielo  : 
Quando  il  Signor,  ch'in  lui  sue  Stelle  affisM, 
E  spi^ó  l'aria,  corne  un  picciol  velo; 
£  librando  la  terra ,  al  mar  prescriace 

I  suoi  confini,  e  temprò  fiamme  e  gelo  : 
t^itsù  dormia  (se  dirlo  a  noi  convieiui) 
Formando  i  simolacri  a'  nostri  sensi . 

Sovra  gli  occulti  lumi ,  e  i  lumi  ardeatì,  . 
E  l'alio  suon  dell' armonia  superna. 
Caligine  è  lassù  d'ombre  lucenti  , 
In  cui  s' inroWe  il  Re ,  ch'il  Ciel  gOTenu; 
E  nell'entrar  dell'animose  mentì  , 
Negando,  s'apre;  e  quivi  è  pace  eterna. 
Quivi  Dio  pose  in  fulgide  tenebre, 
E'n  profondo  silenzio,  alte  latebre  . 

E  quivi  egli  di  rado  a  se  congiunge  - 
L'alto  pensier,  che  di  volar*  ardisca 
Sovra  le  stelle,  e  trapassar  da  luDge, 
Sin  che  entrando  la  nube  a  lui  s'unisca. 
Quivi  eraallor,  che  palma  a  palma  aggiunge 

II  Duce  pio,  con  viva  fede  e  prisca  : 

E  dice,  alzando  al  Ciel  le  mani ,  e  gli  occhi, 
Onde  la  grazia  in  lui  rispleoda  e  fìocchi  : 

Padre  del  Ciel,  ch'ai  fido  Be  piovesti , 
E  la  manna  versasti  in  gran  deserto; 
Ed  alla  vecchia  man  virtiì  porgesti. 
Onde  rompa  le  pietre,  e'I  monte  aperto 
Un  fiume  versi:  or  rinnovella  in  questi 
Le  grazie  antiche  :  e  se  ineguale  è  il  mertOt 
Di  tua  pietate  t  lor  difetti  aderapi. 
Che  aon  pur  tuoi  guerrieri  incontr'agU  em^. 


CONQUISTATA  aii 

Tarde  non  furon  già  queste  preghiere, 
A  cui  fede  e  speranza  il  volo  impiuma  ; 
Ma  volando  passar  preste  e  leggiere 
Hel  regno ,  che  non  teme  ardore  e  bruma  : 
Il  Re  l'accolse,  e  ie  fedeh  schiere 
Mirò  col  guardo,  onde  ogni  core  alluma- 
Disse  (  ed  ogni  parola  è  più  costante  , 
Che  legge  scritta  in  lucido  diamante) 

Abbia  sin  or  sofferto,  e  non  sen  dolga, 
La  mia  gente  per  me  danno  e  perìglio  ; 
Bench'armi  incontra  il  mondo,  e  i  lacci  sciolga 
Satan,  uscito  dall'eterno  esiglio. 
^uovo  ordin  d'altre  cose  ornai  si  volga, 
Felice  a'fìdi;  ed  accennò  col  ciglio, 
Promettendo  vittoria  al  Duce  invitto, 
E  scorno  all'Asia,  ed  al  bugiardo  Egitto  . 

Mosse  la  fronte  veneranda:  e  gli  ampi 
Cieli  treraaro  ,  e  i  lumi  erranti  e  fissi  ; 
Tremò  Olimpo  coll'aria,  e  i  s;ilsi  campi 
Dell' Oceano, -e  i  suoi  profondi  abissi  : 
Fiammeggiare  a  sinistra  accesi  lampi 
Fur  visti,  e  chiaro  tuono  insieme  udissi: 
Segni  di  liete  voci  un  chiaro  suono, 
Sovra  Sion  ,  ed  Aera  ,  il  lampo ,  e  '1  tuono . 

Ecco  subite  nubi,  o  sian  di  terra 
Su  volati  i  vapori,  e'n  alto  ascesi , 
O  sia  grazia  del  ciel,  cb'omai  disserra 
Le  porte  all'acque,  e  tempra  i  fochi  accesi: 
Eoco  notte  improvvisa  involve  e  serra 
Il  giorno,  e  i  negri  orrori  intorno  ha  stesi  : 

I Segue  la  pioggia  impetuosa  ,  e  pare, 
Ch'a  terra  caggia  il  Ciel  converso  in  mare. 


LA  GERUSALEMME 


Ckime  taloT  nella  stagiun'  estin  t      '^         * 
Se  la  pioggia  dal  Cielo  a  noi  dUcende, 
Stuol  d'anitre  loquaci  in  aeoca  rì^a. 
Con  rauco  niormoraT,  liete  l'atteade:- 
E  spiega  l'ali  al  fresco  umor,  aè  schiva 
Alcuna  dì  bagnarsi  in  lui  ai  rande  ; 
E  là, 've  in  maggior  fonda  ci  si  rmoooglia* 
Si  tuf]& ,  e  spegne  l' assetata  voglia  :  . 

Così,  gridando,  la  cadente  pion. 
Cui  la- destra  del  Ciel  pietosa  or  vena, 
Baccoglion  lieti ,  e  lor  diletta  e  giova 
La  chioma  averne,  non  cb'il  manto,  aspem: 
Chi  bee  ne' vasi,  e  chi  negli  elmi  a  prova, 
Chi  tien  la  mano  in  mezzo  all'acque  immena: 
Qual  se  ne  spruzza  il  volto,  e  qua!  le  tempie, 
Altri  ad  uso  miglior  l'urne  riempie. 

Non  pur  l'umana  gente  or  si  rall^ra  , 
E  de'  suoi  danni  a  ristorar  sì  viene  ; 
Ma  la  terra ,  che  dianzi  afflitta  ed  egrt , 
Di  sue  piaghe  le  membra  avea  ripiene. 
La  pioggia  tn  sen  raccoglie,  e  si  rint^ra, 
E  la  comparte  alle  più  interne  vene: 
£  largamente  ì  nutritivi  umori 
Alle  piante  ministra,  all'erbe,  a'fiori. 

Ed  inferma  simiglia ,  a  cui  vitale 

Succo  l'interne  parti  arse  rinfresca  , 
E  disgombrando  la  cagìon  del  male, 
A  cui  le  membra  sue  far  arida  esca  ; 
La  rinfranca,  ravviva,  e  torna  quale 
Fu  nella  suastagion  fiorita  e  fresca: 
Talché  obbliando  i  suoi  passati  afTannì, 
la  ghirlande  ripiglia,  e  i  verdi  panni  . 


CONQUISTATA  ai» 

CXXIII. 

Cessa  la  pioggia  alfine,  e  torna  il  Sole; 
Ma  dolce  spiega  e  temperato  il  raggio  » 
Col  sereno  splendor ,  siccome  ei  suole 
Tra*!  fin  d'aprile  el  cominciar  di  maggio. 
O  fidanza  gentil,  chi  Dio  ben  cole, 
L'aria  sgombrar  d'ogni  gravoso  oltraggio; 
Cangiare  alle  stagioni  ordine,  e  stato, 
Vincer  la  forza  delle  Stelle,  e'I  Fato! 


CXI.IT. 


Dalle  tenebre  uscito  il  Re  del  mondo, 
Alle  preghiere  omai  del  Franco  duce, 
Scosso  dintorno  ha  quelF or ror  profondo, 
£  fiammeggiar  fa  la  serena  luce  : 
Ed  al  gran  carro,  a  cui  non  è  secondo 
Qual  altro  più  scintilla ,  e  più  riluce. 
Lega  animai  pennati,  e'I  volge,  e  rota, 
Rota  sublime  in  più  sublime  rota . 

CXLt. 

Stellato  è  l'ampio  carro,  e  d'occhi  è  sparso, 
E  spirito  di  vita  il  muove  intorno; 
Tardo  appo  lui,  non  pur  di  lume  è  scarso, 
Quel  che  n'apporta  in  Oriente  il  giorno. 
Con  questo  al  suo  fedel  per  grazia  apparso, 
Gira  egli  il  mondo  in  maestate  adorno; 
Regni,  genti,  contese,  e  tutte  quattro 
Parti  rimira ,  e  non  pur  Tile ,  o  Battro . 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  FI  G  ESIMO 

ARGOMENTO 

Goffredo,  in  sogno  al  Giel  rapito  «  mira 
Dell'antica  Sion  il  Regno  »  e  i  Begi  ^ 
Indi  nella  Città  beata  ammira 
Di  Dio  la  gloria ,  e  1  trono ,  e  i  canti ,  e  i  pr^ 
D'Angioli ,  e  Santi ,  ond'ei  tanto  toipira» 
Ch'a  sé  vittoria,  a' suo' guerrieri  ograg;! 
Perdono  impetra .  Il  padre  suo  gli  scopra 
Della  futura  età  le  imprese  e  l'opre  • 

Usciva  ornai  dal  molle  e  fresco  grembo 

Della  gran  madre  sua  la  notte  oscura , 

Aure  lievi  portando ,  e  largo  nembo 

Di  sua  rugiada  preziosa  e  pura  : 

£  del  velo  scuotendo  il  nero  lembo , 

Spargea  col  vivo  gel  l' estiva  arsura  : 

£  i  venticei  battendo  intorno  Tali^ 

I  sonni  lusingar  d*  egri  mortali . 

II. 

£  quegli  ogni  pensier,  ch'il  di  conduce^ 
Tuffato  avean  nel  dolce  oblio  profondo; 
Ma  vigilando  nell'eterna  luce, 
Sedeva  al  suo  governo  il  Re  del  mondo  : 
£  da  stellante  seggio  al  Franco  duce 
Yolgea  lo  sguardo  più  lieto  e  giocondo: 
Quinci  un  segno  mandò  tra']  giorno  eTombrip 
Di  raggio  in  guisa,  ond* atro  orror  disgombra* 


] 


CONQUISTATA  ai5 

III. 

Non  lunge  all'aurea  porta ,  ond*  esce  il  Sole, 
E  porta  di  zaffiro  in  Oriente, 
Che  sol  per  grazia  avanti  aprir  si  suole , 
Che  si  diserri  V  uscio  al  di  nascente . 
Di  questa  escono  i  sogni ,  ond*  egli  vuole 
Le  tenebre  illustrar  d'umana  mente. 
Ed  ora  quel,  eh* al  pio  Signor  discende. 
L'ali  dorate  in  verso  lui  distende. 


IT. 


Sommo  Sol,  il  cui  raggio  è  luce  all'alma, 
E  dolce  ardor,  perchè  non  giaccia  e  geli; 
E  voi,  che  sciolti  da  terrena  salma. 
Ratti  volaste,  ov'egli  illustra  i  Cieli; 
Qual  sia  gloria  lassù ,  corona ,  e  palma 
Per  me,  con  vostra  pace  ,  or  si  riveli. 
Come  già  lessi;  e  i  gradi,  e  i  cori,  e  '1  canto^ 
E  ciò,  ch'in  luce  involve  il  Regno  santo. 

T. 

Lunge  siate,  o  profani,  e  voi,  ch'adugge 
L'ombra  di  morte,  e  '1  cieco  orror  d'Inferno, 
Che  ricercate  pur  latebre,  ed  ugge 
Al  peccar  vostro,  ed  al  nemico  interno: 
E  voi,  ch'il  vano  amore  infiamma  e  strugge, 

0  l'odio  indura  al  più  gelato  verno. 

Ma  chi  di  santo  ardor  mi  purga  il  labro, 
Se  r  opre  or  narro  del  celeste  fabro? 

TI. 

Nulla  mai  vision  nel  sonno  offerse 
Imagini  del  ver  lucenti  e  belle. 
Più  di  questa,  eh' a  lui  dormendo  aperse 

1  secreti  del  Cielo,  e  delle  stelle  ; 

Anzi  i  divini,  e  quasi  in  speglio  ei  scersi 
■  Misteri  d'opre  antiche,  e  di  novelle: 
£  'nsieme  gli  apparì  la  terra',  e  '1  Cielo, 
Come  in  teatro,  a  cui  si  squarci  il  velo. 


3i6  LA  GERnSALEHUS 

Vide  repente  uscir  duo  vaghi  Amori, 
E  quinci  e  quìadi  £ar  contrario  Ìl  Tolo, 
£  Tua  girar  con  inconsunti  errori 
La  terra,  e  non  partir  dairumil  suolo: 
E  l'altro  circondar  gli  eterni  cori 
Del  Ciel  sublime ,  e  gir  di  polo  in  polo. 
Con  ali  più  del  Sol  lucenti  e  preste* 
Fabro  immortal  d'alta  città  celeste. 

£  quel  facea  lassù  mirabiropra, 
Di  chiarissima  luce  e  d' ór  sereaa. 
Ove  notte  non  é ,  eh*  il  Sol  ricopra, , 
Nè'I  pigro  verno  i  di  correnti  afireaa. 
Questi  fra  noi ,  senza  mirar  di  sopra, 
A  sua  voglia  formò  città  terrena, 
E  d' idoli ,  e  di  mostri  albergo  e  tempio: 
Tanto  è  diverso  a  quel  divino  esempio . 

Egli  priraier  parea  de' sacri  monti 
Coir  aratro  segnar  la  terra  intorno. 
Ed  indur  l'ombre  dolci  a' chiari  foDti, 
Ove  faccia  al  gran  di  lieto  soggiorno: 
E  d'alte  torri  alle  superbe  fronti 
Far  gran  corona,  e'I  suo  edificio  adorno: 
E  d'aurea  pompa  ornar  la  nuova  reggia. 
Ove  pria  s'invaghisce ,  e  poi  vaneggia  . 

Quinci  d'alto  Signor  gli  occhi  lusinga 
Bellezza  ignuda  e  senza  velo,  o  gonna. 
Perch'air  opra  crudele  il  Re  costringa. 
Col  possente  desio,  eh'  in  lui  s' ìndooDa; 
£  par,  che  penitenza  il  muova  e  spìnga 
In  antro  oscuro,  ove  d' ignobil  donna 
Pianga  l'amore,  e  i  suoi  diletti  immondi, 
E'I  sangue  sparso,  e  d'altro  umor  s*iaoadi. 


CONQUISTATA  ai7 

mi. 

E  quel  raedesmo  al  maggior  tìglro  infiamma 
Di  più  iniquo  desio  più  molle  core; 
£  non  si  vide  mai  cervo,  né  damma 
Cercar  del  rivo  al  più  cocente  ardore, 
Com'egli  il  refrigerio  a  tanta  fiamma 
Cercando  già  di  non  concesso  amore  : 
Parte  di  donna,  che  si  turba  e  piange, 
Appar  l'onesto  sdegno,  e  1  duol ,  che  l'auge, 

TCÌt, 

Poscia  lume  celeste  al  cor  gì'  informa, 
Quasi  pittor  delle  memorie  antiche , 
Del  più  saggio  figliuol  la  vera  forma , 
Con  tante  sue  non  pure  e  non  pudiche 
Illegittime  fiamme,  e  varia  torma 
D' estranie  donne,  e  di  mal  fide  amiche; 
£  tra  quelle  lascive  e  immonde  gr€*gge. 
Contaminata  la  paterna  legge. 

SUI. 

Quivi  non  solo  incoronata  il  crine 
Di  Faraon  la  figlia  a  lui  si  mostra; 
Ma  settecento  ancor  quasi  Regine, 
Quell'interno  pittore  ingemma  e 'nostra; 
L'Idumee,  le  Sidonie,  e  le  vicine 
Cetee  col  Re  canuto  iu  verde  chiostra; 
E  quelle  di  Moab  figura  insieme, 
£  le  figlie  d' Àmon ,  dannato  seme . 

XIY. 

Di  pio,  di  saggio  empio  diviene  e  stolto. 
Fra  tanti  amori  il  veglio  e  tanti  scorni. 
Ed  al  vero  suo  Dio  Io  cor  ritolto , 
I  falsi  adora  anzi  gli  estremi  giorni . 
Un  bosco,  un  tempio  è  lor  sacrato  e  colto; 
Par  che  la  Diva  Astarte  ancor  s'adorni  : 
Sembrao  ne'sacrificj  i  fochi  accensi, 
£  dintorno  fumar  gli  Arabi  incensi. 


Turbato  il  Re  del  Cielo  al  eulta  indino  » 
Onde  onora  gli  Dei  falsi  e  bugiardi. 
Par  ch'il  mioacci;  e  con  paterno  sd^oo 
A  lui  rivolga  le  parole  e  ì  guardi . 
Di  manto  io  guisa  alfine  è  sciuo  il  regno. 
Tanto  il  giusto  furor  vien  grave  e  tardi; 
E  pur  sovente  e  questa  parte  e  quella 
Si  mostra  a  lui  ritrosa ,  anzi  rubella . 

Altari ,  e  statue ,  e  senza  luce  i  boschi 
Alzati  son  sovra  ogni  eccelso  colle, 
E  Rolto  a'  rami  più  frondosi,  e  foschi. 
Dal  volgo,  nel  piacer  languente  e  molle: 
£  come  al  suo  splendor  sian  ciechi,  e  losclù, 
Il  vero  culto  al  vero  Dio  sì  tolle . 
La  plebe  in  mille  colpe  erra,  e  trascorre, 
E'n  tutto  ciò,  ch'il  Ciel  sdegnando  abborre. 

Più  dura  poi  della  macchiata  fede 
Vendetta  par,  che  lasci  il  regno  afflitto. 
Che  di  regi  tesori  avare  prede. 
Fa ,  dispogliando  i!  tempio,  il  Re  d*  Egitto: 
E  colle  spoglie  d'or,  superbo  ei  rìede; 
L'altro  riman  com'era  in  Ciel  prescritto, 
Facendo  a  tanto  mal  quasi  restauro, 
Pfegli  scudi  il  metallo,  in  vece  d'auro. 

Ma  né  questo,  ned  altro  iniquo  oltraggio, 
Né  i  Regi  avvinti  di  catene  e  spesse 
Volte  a  morte  rapiti,  od  a  servaggio. 
Né  di  vergogna  alte  colonne  impresse. 
Par  che  facciano  il  volgo  al  ver  più  saggio; 
Né  '1  giogo  pur,  che  gli  ostinati  oppresse; 
Ma  ribellante,  e'n  lungo  errar  proterro. 
Or  d'  UQ  Idolo,  or  d'altro  il  vile  è  serro. 


CONQUISTATA  %ig 

XIX. 

Qui*!  Dio  deir Ellesponto  ha  speco,  e  selva, 
£  simulacro;  e'I  Re  lasciva  madre, 
eh' a  quei  misteri  è  intentale  si  riusciva 
Fra  le  spelunche  vei^ognose,  ed  adre. 
Là  Relzebub  risponde ,  o  mostro ,  o  belva 
S'adora ,  e  d'alto  Ciel  sublimi  squadre, 
O  '1  Sol ,  che  pien  di  scorno  il  dì  riporta , 
O  la  strada  de' segni  obliqua  e  torta. 

XX. 

Nel  tempio  istesso,  ove  il  Signore  alberga» 
Cavalli  ha  il  .Sol,  Baal  profani  altari  : 
E  perch' altri  gli  atterri,  e  gli  sommerga, 
E  ne  scacci  gli  Dei  d'Averno  avari; 
Par  che  di  nuove  macchie  ancor  s'asperga. 
Né  laverian  senza  sua  grazia  i  mari  ; 
Ma  risorgon  le  statyie,  e'n  verde  spoglia 
Questo  e  quel  bosco  inciso  ivi  germoglia . 

XXI. 

E  fantasmi  a  fantasmi,  e  larve  a  larve 

Succeder  gli  parean ,  com'onde  in  fiume; 
E  sempre  ch'una  immago  a  lui  disparve, 
L' altra  s'offerse  al  più  verace  lume . 
Distrutto  il  tempio,  e  rinovato  apparve. 
Mutata  stirpe,  a  Regi  è  il  lor  costume  : 
E  di  gente  Idumea  nel  seggio  antico 
Assiso  il  Re,  del  grande  imperio  amico. 

XXII. 

Quinci  il  terreno  amor  d'augusta  lode. 
Amor  di  regno,  e  di  caduca  altezza, 
Sospinge  all'  opre  nuove  il  forte  Erode, 
Che  le  sue  antiche  leggi  abbassa,  e  sprezza. 
Egli  ama ,  anzi  arde,  e  per  dolor  si  rode, 
•Tutto  infiammato  di  morta!  bellezza. 
Pria  sparge  il  giusto,  e  poi'l  femineo  sangue» 
È  d'amore  egro  e  d'odio,  invecchia,  e  langue. 


330  Là  GEHtJSALEMME 

Poi  gli  parca  veder  turbalo  il  Sole, 
Quasi  tenebre  a  tutti  Ìl  Ciel  pareggi; 
£  mine  minacci  eterna  mole, 
Al  vari:ir  delle  sue  certe  leggi  : 
E  la  terra  tremar ,  eli'  egra  si  duole  , 
Bendendo  l'aloie  aUor  celesti  seggi  : 
E  i  monti  al  duro  crollo ,  e  i  marmi  ha  scìmì, 
Ed  aperti  i  sepolcri ,  e  i  ciechi  abÌHi . 

Guerra  aspra  alGne ,  e  fama  ornda  e  tetra , 
E  crudeli  vivande,  e  morti ,  e  scempi  , 
E  di  giustìzia ,  che  vendetta  infpetra  , 
Vedea  Goffredo  i  più  temuti  esempjf 
Né  pietra  r.iraaner  congiunta  a  pietra  , 
E'I  popol  già  fedel  servire  agli  empj  , 
Disperso  oltra  l'Eufrate,  oUra  1*  Idaape, 
Alla  Caucasea  porta,  all'onde  Caspe. 

E  dove  fece  il  Re  del  Ciel  sanguigna 
La  sua  corona,  e  fera  morte  il  morse. 
Marmorea  (  ah  vituperio  !  )  alzar  Ciprigaa 
Lasciva  Dea  net  sacro  monte  ei  scorse  : 
£  la  statua  di  Giove,  opra  maligaa. 
Non  lontana  apparì,  dov'ei  risorse  : 
E  dove  giacque  in  fasce,  il  ver  rassembra 
Il  vago  Adon  con  lascivette  membra . 

Tali  immagini  e  tante  ha  in  sonno  offerte 
11  divi»  sogno  a  quel  Signor  pietoso. 
Che  le  luci  dell'alma  in  sé  converte. 
Mentre  è  dall'  opre  esterne  almo  riposo . 
Quando  ecco  al  Ciel  son  già ,  tonando  ,  aperte 
L'eccelse  porte,  ov' aspirò  bramoso: 
E  città  nuova  or  da'celesti  regni 
Scende,  percb'ei  v'ascénda,  e'I  varco  iiis^t 


CONQUISTATA  aai 

XXTII. 

Come  sposa  real ,  eh'  in  gioja ,  e  'n  festa , 
Le  preziose  pompe  altrui  dispieghi, 
E'I  suo  candido  seno,  e  f  aurea  testa 
Di  care  gemme  e  d'or  circondi  e  leghi. 
Fa  colle  grazie,  di  beltate  onesta  , 
Ch'ogni  alma  ad  onorarla  inchini  e  pieghi: 
Cosi  parca  quella  cittade  adorna , 
Che  di  luce  immortai  mai  sempre  aggiorna. 

XXTIfl. 

Al  diaspro  quel  lume  era  sembiante,      • 
Ed  al  cristallo,  in  cui  lo  Sol  fiammeggia: 
Grande  ed  alto  il  suo  muro,  e  poscia,  od  ante. 
Maggior  non  sorse ,  e  solo  ei  se  pareggia . 
Dodici  porte  avea,  tre  ver  Levante, 
Tre  ver  l'Occaso,  la  sublime  reggia. 
Tre  son  volte  al  piovoso  e  nubilo  Austro , 
L'ultime  tre  converse  al  freddo  plaustro. 

XXIX. 

Un  Angelo  vedeà  del  sommo  coro , 
Che  ciascuna  di  lor  guarda  e  difende  ; 
E'I  nome  antico,  scritto  in  bel  lavoro, 
De' figli  d'Israel  quivi  risplende: 
Porte  di  bianche  perle,  e  piazza  ha  d'oro: 
Tutto  è  diaspro  quanto  il  muro  estende  : 
Di  varie  gemme  i  fondamenti  illustri 
Sono,  ognor saldi  al  variar  de' lustri . 

XXX. 

Quivi  è  l'jaspe,  il  cui  splendor  rinverde, 
E'I  ceruleo  zaffiro  il  Ciel  simiglia: 
E'I  calcedonio  impallidisce  e  perde, 
Qual  lume  suol,  ch'a  leve  umor  s'appiglia. 
Vince  il  lieto  smeraldo  il  più  bel  verde, 
El  sardio  sparge  ancor  luce  vermiglia  , 
Ma  sol  di  sangue  ei  si  colora  e  tinge  ; 
Seco  il  sardonie  i  tre  color  dipinge . 


Parea  Goffredo  a  quel  piacer  contonto. 

Oh'  ogni  altro  suo  peosìer  dal  core  aTolse; 
Quando  più  lampeggiò  senza  spaTeDCo 
Il  Ciel,  ch'ai  suo  valor  nou  di^repalse: 
£luniiaosa,  più  di  puro  argento 
E  d'or  fino,  alta  scala  ìndi  refulse; 
Stesa  dall'  inie.parti  alle  superne  , 
E  tutta  fiamtne^ù  di  luci  eteme . 

Qual  discendea,  qual  v'ascendea  poggiando 
De^li  Angeli  del  Ciel  sublimi  e  saelli. 
Che  non  ebber  di  là  contesa,  o  bando, 
E  parean  mescolarsi  e  questi  e  quelli  . 
Dall'altra  parte  il  santo  Amor  volando, 
Stendea  catene  dì  gemmati  anelli  :   - 
Egli  fu  il  mastro  ;  ei  le  belle  alme  avvìnse, 
E  tutte  a  8^  rapite,  a  Dio  le  strinse. 

Quegli  or  la  scala  rimirava  ,  or  queste  , 
Pur  quasi  gemme  in  bel  lavoro  e  nodi , 
D'occulto  lume  e  di  splendor  celeste 
Lucidi,  e  sfkvillaoti  in  varj  modi . 
Non  vanti  Grecia  ornai  l'opre  conteste 
Da' falsi  Divi ,  e  le  bugiarde  lodi  ; 
E  Venere,  e'I  suo  Drudo  avvinto  or  taccia: 
Ch'a  quesu  il  mondo  stesso  e'I  Ciel  s'allaccia. 

Di  Goffredo  fu  ratto  al  Ciel  repente 

Lo  spirto  in  sogno;  e  d'ogn'intorno  ei  scene 
Un  bel  sereno  candido  e  lucente. 
Tutto  d'auro  e  di  stelle  ivi  cosperse  : 
Simile  a  quel  caridor  d'alma  innocente  , 
A  cui  nel  Capricorno  il  Ciel  s'aperse  ; 
Se  questo  è  l'uscio,  onde  varcar  si  creda 
Mente,  che  peregrina  a  Dio  sen  rieda. 


CONQUISTATA  aa5 

Uhm. 

Goffredo  in  quel  sublime  eterno  loco 
Maravigliossi,  ove  il  suo  amor  sortillo; 
E  dentro  al  lume  di  celeste  foco 
Vide  un  guerrier,  quasi  nel  mar  tranquillo; 
E'n  suono ,  a  cui  saria  stridente  e  roco 
Qual  più  dolce  è  quaggiù,  parlare  udillo: 
Non  riconosci  (e  lo  chiamò  per  nome) 
Il  padre  Eustazio  alle  canute  chiome? 

XLIT. 

£i  risponder  pa^eva  :  Il  nuovo  aspetto. 
Che  di  luce  e  d'onor  se  stesso  avanza, 
Pur  tardi  raffiguro;  e  dentro  al  petto 
Già  sento  del  mio  amor  l'antica  usanza. 
Circondò  poi  con  dolce  e  caro  affetto 
Tre  volte  il  collo  alfim mortai  sembianza; 
E  tre  fiate  la  divina  imago 
Rassembrò  spirto  leve,  od  aer  vago. 

XLT. 

Sorridendo  ei  dicea  :  Come  tu  credi , 
Non  son  più  cinto  di  terrena  vesta; 
Ma  nudo  spirto ,  e  pura  forma  or  vedi; 
La  spoglia  incenerita  al  mondo  resta. 
Qui  di  città  celeste  adorne  sedi 
Il  Re  superno  a' suoi  fedéli  appresta  . 
Qui  avrai  (  ma  tardi  al  tuo  desio  m'avveggio) 
Co' tuoi  fidi  compagni  eterno  seggio. 

XLTI. 

Qui  non  di  lauro,  e  non  di  fiori  e  d'erba, 
Ond'il  mondo  bramò  pregi  e  ghirlande. 
Ma  di  giustizia  a  te  s'ingemma  e  serba 
Corona ,  o  figlio ,  luminosa  e  grande  : 
L'altra,  ch'ornar  potria  fronte  superba 
Là  dove  mortai  fama  il  volo  spande , 
Rifiuterai ,  so  certo;  e  non  t' incresca  , 
Perch'indi  la  tua  gloria  in  Ciel  s'accresca. 

%.  Cf/^  7.21.  m« 


326  LAGERUSALEHBIB 

Ma  perchè  più  lo  tuo  desire  avvampi 
NelTamor  di  quassù ,  più  fiso  or  mira 
Questi  lucidi  alberghi ,  e  i  varj  campi 
Di  tante  spere,  e  chi  gì*  informa  e  gira, 
E  degli  Angeli  i  raggi  e  i  chiari  lampi: 
E'ntanto  ascolta  la  celeste  lira, 
E  d'angelico  suon  la  chiara  tromba; 
Ecco  Dio,  che  rifulge,  e  già  rimbomba. 

XLVIII. 

Già  sovra  '1  $>ole  e  la  stellante  ciiiostra 
E  posto  di  smeraldo  un  seggio  in  alto. 
In  cui  le  due  Nature  il  Be  dimostra  , 
Tinta  r  umana  di  sanguino  smalto. 
LMride  santa  in  giro  al  soglio  inostra    ' 
Segno  di  pace,  e  noi  perturba  assalto . 
Seggìon,  d'or  coronati ,  intorno  i  Vegli, 
Con  bianca  stola  intra  lucenti  spegli. 


XLIX. 


Folgoreggiando  uscian  del  seggio  eterno 
Fulmini  e  foco,  spaventosi  in  vista  , 
E  voci,  come  tuoni  a  mezzo  il  verno ^ 
Correan  per  Taria  tenebrosa  e  mista . 
E  sette  lampe  avanti  al  Re  superno  , 
Il  cui  santo  splendor  nulla  contrista  , 
Spìravan  dolci  spirti  e  chiare  fiamme. 
Onde  Talma  s'illustri,  e*l  cor  s* infiamma. 


I.. 


E  di  ceruleo  vetro  un  mar  più  largo 

Di  quello,  ond'il  Centauro  a  noi  penrenne, 
O  d' altro y  che  solcasse  o  Scilla  od  Ai^o, 
O  di  quanti  portaro  al  lido  antenne  , 
Ondeggia  incontra:  e  con  mill' occhi  d*  Argi 
Hanno  i  quattro  animai  dipinte  penice  : 
Ciascun  sei  ali  spiega,  e'n  varie  forme 
Par  eh'  intorno  a  quel  seggio  il  Ver  infonm 


CONQUISTATA  «47 

Pur  davanti  alla  sede  un  lume  accenso 
Di  sette,  come  stelle,  ardenti  faci, 
Un  aitar  d*oro  illustra,  espira  incenso 
Odorato  di  lodi  a  Dio  veraci , 
Da  cui  perde  la  Musa,  e  perde  il  senso, 
Perdono  tutti  i  pensier  nostri  audaci: 
Uè  bastar  ponno  adamantine  lingue; 
Ma'l  suo  spirto  le  spira  ,  e'I  ver  distingue. 

LII. 

D*  altro  hto  apparian  le  spoglie  eccelse 
Del  superbo  dragon,  che  pur  contrasta; 
E  tante  stelle  al  suo  cader  divelse , 
Da  Michel  vinto  al  fulminar  dell'asta: 
E  di  chi  ribellando  in  guerra  ei  scelse, 
Sparsa  la  parte  temeraria  e  guasta  , 
Vacue  le  sedi ,  e  rotti  i  carri  e  i  vanni ,  ^ 

E  del  gran  precipizio  antichi  danni. 

LUI. 

£1  trofeo  della  Croce ,  e  *1  sangue  sparso 

Dell' uom,  che  vince,  e'I  suo  morir  perdona, 
Bai  purpurei  spargendo,  è  quivi  apparso 
Con  pungente  di  spine  aspra  corona  : 
CoH'altre  sue,  che  nulla  avaro  e  scarso 
Delle  sue  grazie,  altrui  comparte  e  dona, 
D'oro  e  di  raggi ,  e  col  natio  diadema 
Di  pura  umanità  gloria  suprema . 

LfT. 

Maria  di  Sol  vestita  ha  il  crine  adorno 
D'alta  corona  di  lucenti  stelle; 
E  sotto  i  piedi  è  l' uno  e  T altro  corno 
Delia  candida  Luna  :  e  quasi  ancelle. 
Le  celesti  virtù  le  sono  intorno, 
Pure,  leggiadre,  e  graziose  e  belle. 
Ella  dagli  occhi ,  e  dal  suo  casto  grembo 
Versa  di  mille  grazie  un  dolce  nembo . 


siS  LA  GERUSALESnnE 


IT. 


Serabran  gli  Angeli  eterni  auge!  volanti , 
E  nuove  rote  fan  col  terzo  giro  , 
Varj  di  nome  e  d'opre  e  di  sembianti  ; 
£  i  più  beati  a  Dio  via  più  8*  unirò  : 
E  di  sua  luce  han  gloriosi  animanti; 
Men  gli  altri,  che  più  lunge  il  Ciel  sortirò: 
L*un  Taliro  illustra,  e  i  doni  altrui  compait» 
Transfusi  da  sovrana  ad  ima  parte. 

LTT. 

Da  coronata  fiamma  il  primo  Amore     * 
Cospnrgea, sfavillando,  a' primi  cerchi 
Più  chiara  luce,  e  più  soave  ardore, 
E  grazia,  che  non  sct^mi,  e  non  soverchi. 
Perchè  di  grado  in  grado  al  sommo  onore 
L' intimo  si  pareggi ,  e  più  non  cerchi; 
Ma  contento,  il  Signor,  ch'il  mondo  folce, 
Lodi  con  armonia  sonora  e  dolce. 


LflI. 


Come  fremito  d'acque  e  di  torrenti  , 
Precipitando  per  montagna  alpestra, 
O  mormorar  de'  più  sereni  venti 
Via  più  rimbomba  alla  magion  silvestn: 

[   Così  Miai  non  cessar  divini  accenti  , 
Lodando  il  Ke  d;dla  possente  destra , 
Delle  vendette  il  Dio  nel  santo  carme , 
Che  vince,  e  dona ,  e  toglie  i  regni  e  Tarme. 

I.T1II. 

Santo  Signor,  Santo  (gridaro)  e  Santo 
Degli  eserciti  Dio,  temuto  in  guerra; 
Piena  e  la  terra  di  tua  gloria,  e  quanto 
Ella  nel  giro  suo  circonda  e  serra  . 
N'»ii  rimbomba  eaggendo  il  Nil  cotanto. 
Il  Nil,  ch'esce  più  volte ,  e  va  sotterra  : 
E  se  I  vicini  a  quel  rimbombo  assorda. 
E  perch'il  senso  umano  e'i  suon  discorda. 


CONQUISTATA  aay 

Ma  concorde  armonia  con  dolci  tempre 
Da  pure  menti  è  su  nel  Cielo  intesa , 
Dove  non  è  giammai  chi  turbi  o  stempre 

I  lumi ,  o  i  cori ,  o  faccia  alf  alme  offesa  • 
Quivi  par  che  misuri  il  corso,  e  tempre 

II  Sol,  rotando  la  sua  lampa  accesa 
Tra  fiamme  ardenti  e  lucidi  cristalli , 
E  faccia  al  Re  del  Ciel  concenti  e  balli . 


LX. 


Con  cento  nomi,  in  cento  suon  diversi  « 
Il  gran  Re  delle  stelle  ivi  s'adora  : 
E'n  angeliche  note  i  santi  versi 
L' alta  reggia  del  Ciel  fan  più  sonora  . 
Tu  1  Bello ,  e  TUn  :  tu  Luce ,  e  luce  versi  : 
Tu  Sol ,  tu  stella  sorta  anzi  V  Aurora: 
Tu  foco  e  fiamma  sei,  che  Talme  accendi: 
Tu  santo  Amor,  eh' a  noi  per  noi  discendi* 

I.Xf. 

Tu  de' secoli  il  Re:  tu  seil  Vetusto  , 
E'I  Novissimo:  tu  Principio  e  Fine  : 
E  la  Giustizia  ancor,  non  pur  il  Giusto: 
Forza,  Mente,  Ragion  d'opre  divine  : 
Mezzo  fra'l  Padre,  e'I  peccatore  ingiusto, 
Che  ritogli  all'Inferno  alte  rapine  : 
Tu  Vita ,  ch'empia  morte  assorbe  e  strugge: 
E  salute,  onde  l'alma  a  Dio  rifugge  . 

I.XIT 

Tu  Verità:  tu  Via:  tu  Porta  e  Tempio: 
Sacerdote,  ed  Agnel:  Leone,  ed  Angue: 
Pastor:  Medico  pio,  ch'il  fero  scempio 
Soffristi,  e  per  altrui  versasti  il  sangue: 
Tu  Imago  eterna,  e  dell'Imago  esempio: 
Ristoro  e  Pace  a  chi  guerreggia  e  langue  : 
E  Pietra,  e  Fonte,  e  Fiume,  ed  umil  Verrai: 
.Vite  d' uve  feconda,  e  Fiore,  e  Germ« . 


a3o  LA  GERUSALEMME 

Lxirr. 

Altro,  e  ristesse  :  or  grande  il  mondo  aocogfi 

Nel  pugno;  or  vuoi  ch'un  picciol  corti  copia: 

Simile,  e  dissimil,  che  leghi,  e  sciogli 

Satan  rubello  :  e  vai  sotterra ,  e  sopra 

Il  Ciel  trionfi;  e'I  tuo  mortai  dispogli* 

Poi  il  rendi  eterno,  e  premi  il  oitrrto  e  Topn: 

Re  de*  Regi,  e  Dator  di  sante  leggi  ; 

Dio  degli  Dei ,  che  sol  puoi  tutto  e  r^gi . 


LXIT. 


Mentre  il  sonno  al  buon  Duce  i  sensi  lega. 
Degli  angelici  canti  il  dolce  suono 
Sveglia  la  mente,  ond'ella  e  loda  e  prega, 
E'rapetra  a  sé  vittoria,  a' suoi  perdono. 
L'alta  gloria  dell'alme  indi  si  spiega, 
Ch'ebber  d*eterna  grazia  il  santo  dono; 
E  *n  nuovo  ordine  pur  diviso  assembra 
L'altro,  che  non  vestì  terrene  membra  . 


I.X?. 


Qualdi  purpuree  rose,  e  di  sanguigne, 
Qual  di  ligustri  avea  corona  a* crini; 
Altri  il  pallor ,  che  V  umiltà  dipigne, 
Nelle  viole  illustra  a'rai  divini. 
Ma  tutte  risplendean  Talme  benigne. 
Colla  stola  di  gloria  in  bianchi  lini. 
Quasi  in  manto  di  luce;  e  un  verde  ramo 
Mostra  ciascun  dietro  al  vetusto  Adamo. 


LXTI. 


Come  se  in  Oriente  il  eli  rinasce, 
£  di  candida  luce  il  Ciel  s'inalba  , 
Splendo  con  bianche  e  con  dorate  fasce. 
Fra  rugiadose  nubi,  il  Sole,  o  1'  Alba  ; 

^    Cosi  ne'rajTiji  p.ir  s  ammanti  e  fasce' 
La  stirpe,  nata  innanzi  il  regno  d'Alba, 
A  cui  già  s'ombreggiava  il  lumeocctiUo, 
Pria  che'l  vel  rimovesse  il  Re  sepulto  • 


CONQUISTATA  a3i 


I.XTII 


Tronco  avea  di  fin* ór  fondato  e  saldo 
La  pianta,  che  sorgea  d'alta  radice; 
E  i  rami  frondeggiar  quasi  smeraldo , 
Facendo  il  rogo  all' immortai  Fenice. 
Spirava,  ardente  d'amoroso  ealdo , 
Nel  grand'albor  di  lesse  aura  felice  : 
E  germogliava  il  fiore,  a  cui  tranquilla 
1/ onda  del  santo  fiume  il  crine  instilla. 


LXVIII. 


Era  da  questa  pirle  alfombre  assiso 
Il  Duce  d'Israel  co' Regi  invitti; 
E  color,  che  nel  regno  in  se  diviso, 
Fur  di  percossa ,  o  d'aspro  giogo  afflitti  ; 
Ma  quei,  eh'  illuminò  f  Agnello  anciso, 
Himovendo  i  sigilli  a'nomi  inscritti, 
Sedeanli  incontra  ìii  coronata  chioma, 
Famosi  Augusti  della  nobil  Roma  . 

LXIX. 

D'eterni  seggi,  e  di  colonne  e  d'arme, 
E  di  scettri  e  corone  il  lume  abbaglia  ; 
Né  qui  sono  i  metalli  impresi  e  i  marmi, 
Ne  rigido  diaspro  ancor  s'intaglia 
D'imprese  occulte,  e  di  leggiadri  carmi, 
O  di  vago  trofeo  d'alta  battaglia  : 
Com'ivi  sculta  è  preziosa  gemma. 
Ch'in  sacre  note  i  suoi  misteri  ingemma. 

Nell'alto  suo  pensier,  qual  Sole  in  vetro, 
Sembravan  fiammeggiarci  raggi  interni; 
E'I  padre  dir  parca  :  Qual  grazia  impetro 
Teco  dall'alto  Re  de' regni  eterni? 
Ch'abbi  lui  visto  in  pura  luce,  e  Pietro, 
li  cui  splendore  appena  ornai  discerni: 
Mira  le  s;inte  chiavi,  e  mira  appresso 
Lino  e  Clemente  pur  oel  giro  istesso  • 


a3a  LA  GERUSALEMME 


IXXI. 


Mira  i  più  celebrati  in  sacra  istoria; 
Silvestro,  a  cui  d'Italia  il  don  si  fece, 
dibassai  d'invitto  Imperator si  gloria. 
Più  del  Signor f  ch'ivi  è  di  Pietro  in  vece. 
Mira  là  il  Magno,  e  T immortai  vittoria. 
Per  cui  di  nuovo  trionfando  ir  lece 
Dell'avaro  Satin;  e  l'alma  augusta 
Traslata  al  Ciel ,  ov'  ogni  grazia  è  giusta  • 

LXXlt. 

Mira  vacue  le  sedi  alte  e  lucenti, 
£  di  gloria  immortai  sacri  diademi  , 
I^à've  poi  salirau  Paoli,  e  Clementi, 
Ne'  secoli  più  tardi  e  quasi  estremi . 
Nel  settimo  parran  smarriti  e  spenti 
I  rai  del  Sol ,  non  che  turbati  e  scemi: 
Cieca  Roma,  orbo  il  mondo,  e  preso  il  tempio^ 
eh' è  di  questo  immortai  sereno  esempio. 

LXXIII. 

Egli  medesmo  poscia  orna  e  circonda 
L'augusta  chioma  di  corone,  e  d'auro. 
Rara  clemenza!  e  di  sue  grazie  abbonda, 
E  di  quel  suo  celeste  ampio  tesauro  ; 
Acciocch'il  vincitor  la  terra,  e  l'onda 
Trascorra,  e  domi  il  fero  Scita,  eU  Mauro: 
E  penitente,  anzi  gli  strerai  giorni , 
Più  che  di  gran  trioufo  il  Cielo  adorni. 

LXKir. 

Ma  poiché  giunto  alla  sacrata  verga 
L'ottavo  sosterrà  di  Pietro  il  manto; 
Dal  Ciel  richiamer.'illa,  in  cui  s'alberga. 
Colla  (Jiustizia,  e  colla  Ferie  accanto  : 
Pria  cerco  avendo,  ov'il  Sol  chini ,  o  sterga, 
Come  suol  niessagf^ier  del  regno  santo  ; 
Che  loco  in  terra  <r illustrar  non  Liscia, 
Fra  gli  estremi  del  mondo,  oud'ei  si  fascia^ 


CONQUISTATA  a33 

Ne  Pio,  fra  gli  stellati  eterni  seggi 

Fia  più  di  gran  vittoria  in  Ciel  contento  ; 
Né  di  mole,  ch'Olimpo  alta  pareggi , 
Sisto  air  opre  laggiù  pietose  intento;. 
Che  d'aver  dato  alle  severe  leggi 
Chi  suo  rigor  contempre,  e  suo  spavento;  * 
Padre  a' Regi  e  Pastor,  sostegno  al  mondo, 
Ministro  a  Dio,  ch'in  lui  n'appoggia  il  pondo. 

LXXTI. 

La  Francia,  adorna  or  da  natura  e  d'arte, 
Squallida  allor  vedrassi  in  manto  negro, 
Né  d'empio  oltraggio  inviolata  parte, 
Né  loco  dal  furor  rimaso  integro: 
Vedova  la  corona,  afflitte  e  sparte 
Le  sue  fortune,  e'I  regno  oppresso  ed  egro  : 
£  di  stirpe  real  percosso  e  tronco 
Il  più  bel  ramo,  e  fulminato  il  tronco. 

LXXflI. 

£i  solo  (oh  quanto  lunge  a' tempi  nostri 
Trascorro!  )  ei  solo  il  Re  può  dare  al  regno, 
E'I  regno  al  Re:  domi  i  tiranni  e  i  mostri, 
E  placarli  del  Cielo  il  grave  sdegno. 
E  i  due  nepoti  eletti  ai  lucidi  ostri 
Chiama,  onde  l'uno  e  laltro  in  prima  é  degno: 
Nunzi,  o  ministri,  e  fidi,  e  gravi,  e  saggi, 
Che  spargeran  delle  sue  grazie  i  raggi. 

Z,XXTIII. 

Roma,  che  rimirò  nel  secol  prisco 

Duo  Soli ,  e  maraviglia  e  timor  n'  ebbe , 
Come  vedesse  in  Ciel  spavento  e  risco , 
Tanti  Soli  scorgendo,  or  che  direbbe? 
Nel  cui  lume  affissarti  appena  ardisco, 
Tanto  lor  gloria  al  sommo  Sol  s'accrebbe; 
eh' è  vivo  fonte  pur,  che  luce  infonde, 
£  rai  sparge,  e  faville  in  fiume  e'n  onde. 


a34  LA  GERUSALEMMB 

I.XlCfX. 

Quinci  ne' sacri  Regi  ella  deriTa: 

E  se  terreno  affetto  in  mezzo  è  posto , 
Qual  Luna  suol,  ch'ai  sommo  Cielo  arriva, 
Ed  abbia  il  maggior  lume  incontra  opposto, 
L'augusta  gloria  imbruna,  e  fosca  e  priva 
*  Quasi  d' onor,  tiene  il  suo  raggio  ascosto. 
Questa  è  Tecclissi  in  CieU  ch'in  nubi  e*n  ooho 
La  real  maestà  sovente  adombra  . 


LXXX. 


Mira  come  s  offusca  (  ahi  terra  avara  !  ) 
Dianzi  nel  padre,  ed  or  nel  figlio  Elnrìco: 
Ma  volgi  gli  occhi,  ove  più  bella  e  chiara, 
Bisplende  in  quel  si  grande  a  Cristo  amico, 
Ch'a'rai  del  suo  Vicario  arde  e  rischiara 
11  m  >ndo  tutto,  e  lascia  il  seggio  antico* 
Quel,  fiammeggiante  in  guisa  di  piropo, 
È  Costintino;  e*l  buon  Teodosio  è  dopo. 


LXXXf. 


In  quel  gran  seggio ,  ov'é  la  santa  "Libra  , 
In  cui  la  terra  in  lance,  e'I  mar  si  pone, 
Giustiniano  è  quel,  ch'il  mondo  libra. 
Tutto  di  paline  adorno  e  di  corone. 
Nell'altro  Koca  :  appresso  i  raggi  vibra 
Il  magnanimo  Carlo,  e'I  primo  Ottone. 
Oh  quante  cose  astringo  in  picciol  fascio. 
Equanti  illustri  nomi  addietro  io  lascio! 


LXIXII. 


Perocch'a  dipartir  n'affretta  il  tempo  , 
Ed  il  Sol,  ch'i  mortali  omai  richiama 
Laggiuso  all'opre,  ove  regnare  a  tempo. 
Figlio,  dovrai  con  gloriosa  fama  : 
Poi  qui,  dov'io  meu  vivo,  e  non  m'  attempo, 
Torn.ire  al  Ciel ,  che  li  conforta  e  cliiauia: 
E  gran  serie  [irepara  allalma  stanca  , 
In  cui  di  lucide  ali  il  cigno  imbianca. 


CONQUISTATA  »35 

i.xniii. 

Tu  sei  quel  cigno,  anzi  il  morir  si  lieto, 
D^un  bel  presagio,  a  cui  non  sorse  eguale; 
£  dal  regno  terren  senza  divieto 
Al  Ciel  dispiegherai  le  candide  ale: 
Poscia  (  conserva  al  cor  Tallo  secreto) 
Là  dee  regnar' lo  tuo  fratel  mortale  : 
E  volta  a  Dio  la  faccia,  al  mondo  il  tergo, 
A  (e  qui  salirà  nelTaureo  albergo. 

L  XXX  IT. 

Perchè  di  Leda  i  favolosi  figli , 

eh* antica  fama  uniti  in  Ciel  figura. 
La  nuova  età  non  lodi  infra  perigli 
Della  tempesta ,  e  della  notte  oscura  : 
Ma'l  vostro  esempio,  e  i  vostri  alti  consigli 
Segua,  dove  minaccia  aspra  ventura  : 
-  £  gemino  voi  siate  e  vivo  lampo, 
Ch'altrui  risplenda  in  tempestoso  campo. 

LXXXV. 

Appresso  gli  apparian,  quasi  congiunti. 
Tre  seggi  e  quattro,  in  cui  nessuno  asside  ; 
Ma  quasi  raggio,  che  turbato  spunti, 
La  gemma  delfestremo  ombrata  ei  vide. 
Questi  de' sette  Regi,  a'primi  aggiunti. 
Avranno  (  udì  )  Talme  devote  e  fide  • 
Parte  il  Ciel  si  turbava ,  e  fiera  pioggia 
Cadea  di  sangue  in  disusata  foggia  • 

I.XXXTI. 

Dir  parve  il  padre,  e  non  col  viso  asciutto 
(Se  per  pietad^  in  Ciel  si  plora  e  geme) 
Ahi!  di  regno  infelice,  e  pur  distrutto, 
Caduta  è  la  corona ,  e  spento  il  seme. 
Non  ricercar  de' tuoi  l'amaro  lutto, 
E  le  percosse  e  le  mine  estreme. 
TSoìì  riminir  lagfifin  le  sl^itu**  iijninlf*, 
Come  ciascuna  par  che  pianga  e  sude. 


sjS  la  gerusalehmb 

Poi,  qual  di  tomba  tenebrosa,  o  d*arca, 
Uscì  dolente  e  lagrimosa  voce, 
E  di  donna  sembrò,  che  si  raaimarca: 
Preso  è  '1  Sepolcro ,  e  svelta  ia  me  la  Creo 
Macchiato  il  tempio;  'e  d'iufedel  monarca 
Sostegno,  orba  regina,  il  giogo  atroce. 
Tuoni  di  voci  allor  quasi  lugubri 
Scorrean  dall' Elesponto  a* lidi  Rubri. 


LXXXTIII. 


Di  nuovo  il  Sol  con  vergognosa  fronte 
Mirar  pareva ,  e  con  turbate  ciglia 
Soffrir  gli  oltraggi  di  catene  e  d*  onte, 
Di  Sion  mesta  e  nubilosa  figlia  ; 
E'n  Aera  alzarsi,  e  nell'opposto  monte. 
Non  pili  la  Croce  del  Signor  vermiglia; 
Ma  deir Egitto  la  superba  insegna, 
E'I  trofeo  di  Satan,  ch'è  sciolto,  e  regna. 

X.XXXIX. 

Poscia  di  fiero  colpo  il  S.il  percosso 
Vedeasi  in  vista  spaventosa  e  negra. 
E  le  stelle  cader  dal  Giel  commosso. 
Né  rimaner  lassù  la  spera  integra: 
Fervido  il  mar  di  Tracia  è  tinto  in  rosso; 
11  lido  el  campo  ornai  simiglia  a  Flegra: 
E  schiere  di  giganti  orribìl  corso 
Fanno,  con  testa  di  serpente  e  d'orso. 

xc. 

Grande  e  terribil  drago  or  vola ,  or  serpe 
E  sparge  fiamme,  e  versa  il  tosco,  e  fiscbù 
Dintorno  alla  gentile  antica  sterpe. 
Dove  r aquila  annida,  e  pur  s* arrischia. 
Co'  nodi  avvolta  è  la  tartarea  serpe 
A  quel  sacrato  augello  in  fiera  mischia  • 
Lo  scaccia  alfiu  dal  nido  ingombro  e  guaa 
E  due  regni  divora  :  ahi  fiero  pasto  ! 


CONQUISTATA  a37 

XCI. 

Oltra  ì  mari,  oltra  i  moati,  il  fosco,  e  Taura 
Del  tenebroso  Ciel  trapassa  e  fende 
L'auge!  volante,  e'I  nido  orna  e  restaura 
Dove  ricovra,  e*nsino  al  Cielo  ascende  . 
Ed  a  due  capì  alte  corone  inaura; 
L'ali  al  Borea,  all'Occaso  innalza  e  stende, 
£  i  popoli,  e  i  paesi  all'ombra  ammanta , 
£  chi  d'antica  libertà  si  vanta. 


XC1I 


Al  gran  Sol  di  giustizia  il  chiaro  sguardo, 
E  i  figli  coronati  a  prova  affisa, 
Al  cui  volo  sublime  ogni  altro  è  tardo 
Sovra  la  terra,  eh'  è  dal  mar  divisa  ; 
THè  vola  al  segno  mai  saetta,  o  dardo , 
Com'  ella  al  Ciel ,  ne  l' è  sua  via  precisa  :    ' 
£  mentre  gira  pur  di  cerchio  in  cerchio, 
Nulla  s'abbaglia  allo  splendor  soverchio. 

XC1TI. 

Mira  Goffredo,  e  de' guerrieri  egregi 
Spirti  far  gli  parean  lucente  rota  ; 
E  per  fama  ei  conosce  i  nomi ,  e  i  pregi , 
S'è  pur  d'alcun  l'alta  sembianza  ignota. 
Quivi  Ugon  risplendea ,  da'  Franchi  Regi 
Nato,  e  Goffredo  il  zio ,  l' alma  devota  : 
E  della  gente  d^Azzio  a  tutti  innanzi 
Guelfo  apparia,  che  si  parti  pur  dianzi  • 

XC1T. 

Seco  girar  parean,  qual  fiamme  accese. 
L'alme  de' prischi  eroi,  nel  Ciel  consorti, 
Che  per  l'Italia  in  onorate  imprese 
Piaghe  soffrirò ,  e  gloriose  morti  : 
E  del  barbaro  orgoglio  all'aspre  offese, 
Fur  quasi  scogli  in  mar  turbato, t>  porti: 
Cajo,  AureKo,  Foresto,  il  nuovo  Ettorre 
Centra  Attila ,  e  di  guerra  eccelsa  torre. 


a38  LA  6ERUSALEUME 


HCV. 


II  luminoso  cerchio  in  giro  vol?e 

Acarino,  il  primo  Aszo,  il  pio  germano, 
Che  trionfar  di  lei ,  che '1  Yel  dissolve. 
Con  piaghe  adorne  di  splendor  sovrano: 
Dì  sua  luce  Aforisio  ancor  s*  involve. 
Vincitore  altri  d' Unno,  altri  d*  Alano, 
D'Erulo  altri,  o  di  Goto;  e  par  che*segua 
V^leriano  il  padre,  e'I  padre  adegua. 

XCTf. 

Già  degli  schiavi  il  vincitore  Ernesto 
Ancor  fiameggia  infra  1*  eterne  luci  : 
E  tu  al  Lombardo  Re  grave  e  molesto,' 
Quivi ,  Adoardo ,  al  pio  Signor  riluci. 
Enrico  e  Berengario  il  bel  contesto 
Adorna  ;  e  dopo  gli  altri  invitti  Duci, 
Ottone f  e  i  figli;  e  già  con  lor  rotando 
Patrizio,  Belisario,  Anselmo,  Orlando. 


XCTIl. 


Traslato  in  maggior  tempio,  allegro  or  gode 
Americo  de' suoi  ,  ch'in  terra  ei  lassa. 
Dove  le  rive  il  Po  distringe  e  rode , 
La  cui  forma  col  mondo  ancor  trapassa: 
Molti  Azzi  han  seco  in  Cielo  eterna  lode. 
Verso  di  cui  Fumana  è  vile  e  bassa. 
E  'IVdaldo,  e  Matilde  ancor  si  vela 
Di  casta  luce,  e  fra  gli  eroi  s*  inciela  • 


xcvTir. 


E  tra  '1  chiaro  caudor  del  puro  latte, 
E  l'acceso  del  foco  e  vivo  raggio. 
Trionfa  or  co'Normandi ,  e  non  combatte, 
iVè  v'è  sdegno  fra  lor  di  vecchio  oltraggio. 
Aure,  o  fiamme  giammai  non  fur  sì  ratte. 
Né  Sol  girando  obliquo  erto  viaggio , 
Come  girar  parenn  Latini,  e  Franchi, 
Pronti,  e  leggieri  a'  pensier  gravi  e 


CONQUISTATA  289 

XCIX. 

Poi  vedea  quei,  ch'alia  spietata  rabbia 
Far  coutrasto  solean  del  Mauro  infido: 
£  spesso  gli  serrar,  quai  fere  in  gabbia, 
O  vinti  gli  cacciar  di  lido  in  lido. 
Ruìdias  il  primo;  è  par  ch'egli  abbia 
Compagni  di  gran  norae,  e  d*alto  grido. 
Vedea  de' Greci  alme  lucenti  e  v«ghe, 
Contente  in  Ciel  dell'onorate  piaghe  . 

e 

Ma  pur  volger  pareva  al  pio  guerriero 

Gli  occhi  già  stanchi,  e  di  mirar  non  sazi, 
lii've  poi  ch'avrà  pieno  il  corso  intero 
Della  vita  mortale,  e  i  brevi  spazi. 
Alma  real  degnissima  d'impero. 
Dee  seder  fra  smeraldi  e  fra  topazi . 
Quei  seggi  (  disse  il  padre }  il  Cielo  estolle 
Alla  stirpe,  eh' all' altre  il  pregio  tolle. 

CI. 

Dall'Austro  il  nome,e  'ncontra  l'Austro  avranno, 
Neil'  estreme  del  mondo  avverse  parti , 
Corone  e  scettri,  oltre  il  carain  dell'anno 
£  del  Sole ,  ove  i  raggi  appena  ha  sparti  : 
Non  fia  dell'Occidente  empio  tiranno, 
Che  non  tremi  il  valor,  e  l'armi  e  l'arti; 
£  dal  destro  d'Europa  e  dal  sinistro 
Lato,  gloria  daranle  Ibero  ed  Istro. 

cu. 

Kè  prole  augusta  mai  sì  nobil  parto 
Di  tanti  He,  di  tanti  eroi  vi  scorse, 
Com'  ella  ,  poich'  il  sesto  appresso  il  quarto 
Vedrà  regnar  fra  le  Colonne  e  l'Orse, 
Ed  oltre.  E  te  àa'tuoi  nulla  diparto. 
Né  d'altro  successor  la  mente  inforse. 
Ne  met^  a  quel  valor,  né  pari  al  seggio. 
Né  confine  ali* imperio  in  terra  io  veggio. 


a4o  L\  GERUSALEU9IE 

CHI. 

Di  questa  nascer  dee  T  invitto  Carlo  9 
Promesso  a  lei  daMumi  erranti  e  fissi , 
Anzi  da  Dio ,  ch'altrui  vorrà  mostrarlo  • 
Qual  raggio  suo,  dopo  Y  oscura  eclissi , 
Farà  più  bello  il  mondo ^  e  ciò  eh*  io  parlo, 
£  breve  stilla  d' infiniti  abissi; 
£  stenderà  1*  imperio  e  quinci  e  quindi, 
Vittorioso,  a' Mauritania  agV  Indi  • 

or. 

Già  sin  ora  tremar  gli  antri  profondi 

Veggio  d*£rcinta,  e  dell'antica  Ardenna; 
£  i  regni  di  Baldacco,  e  i  tempi  immondi, 
£  l' arca  infame  di  cadere  accenna  : 
£  neir ampio  Oceano  in  novi  mondi. 
Dove  or  non  spiega  il  volo  ardita  antenna: 
Muto  è  ridol  bugiardo  a  plebe  inferma, 
01  precipizio  suo,  mugghiando,  affermi. 

CT. 

Carlo,  ch'avrà  portato  il  grave  incarco 
Del  mondo,  che  mina  alfin  minaccia , 
In  quel  sarà,  e*  ha  le  colonne,  e  *1  varco. 
Perchè  d*  Alcide  il  corso  omai  si  taccia  : 
Benché  Lerna  spaventi  al  suon  dell*  arco, 
£  plachi  il  bosco  d'£rimanto  in  caccia: 
Né  tanto  ei  circondò  d'estrania  terra. 
Mostri  domando,  o  pur  tiranni  in  guerra. 

CTI. 

Né  Bacco,  il  qual  frenò  dall'alto  giogo 
Di  Nisa  al  carro  suo  Torrida  tigre  : 
Né  quel,  che  pose  a'  Persi  il  duro  giogo, 
£  correr  fece  servi  Eufrate  e  Tigre  : 
Né  Cesare,  o  Trajan  ;  che  tempo ,  o  lungo 
Non  manca  air  opre  del  valor  impigre. 
£  dubbi  siam,  restando  ove  combatti, 
Stender  virtù  con  gli  animosi  fsitti  '• 


CONQUISTATA  241 

CTII. 

Là  vedi  il  trono,  e  vedi  inscritto  il  nome 
Di  Ferdinando,  e  del  gran  figlio  eletto, 
Perchè  gli  empj  rispinga,  e  l'aspre  some, 
Sin  che  muoja  il  dragon  da  rabbia  astretto: 
£  di  Rodolfo,  a  cui  le  sacre  chiome 
Veder  di  gloria  incoronate  aspetto, 
£  di  tanti  altri,  a  cui  virtù  divina, 
£d  origin  celeste  i  Regi  inchina. 

CTIII, 

In  quell'età  non  fia  maggior  sostegno, 
CheU  Barbaro  crudel  ritenga  a  bada, 
D'Alfonso  invitto;  e  quelTimperio  indegno 
Vincer  potria  coli'  onorata  spada  : 
Nato  agli  onori,  alle  vittorie,  al  regno, 
Mostrerà  di  valor  sublime  strada; 
Ne  man  più  forte  o  degna  ha  palma,  o  scettro, 
O  si  grand' alma  in  Ciel  lucido  elettro. 

e». 

Lasciam  le  caste  e  gloriose  donne. 

Schiera  d'un  bel  silenzio  assai  contenta; 
£  d'alto  soglio  mira  alte  colonne, 
Onde  l'eternitate  il  Ciel  sostenta: 
Per  cui  varchi  la  fama,  e  non  assonne. 
Benché  la  vita  sia  caduca  e  spenta  : 
Né  fora  egual  sostegno  Abila  e  Calpe 
A  tanto  onore,  ovver  Pirene  ed  Alpe. 

ex. 

LÀ  di  vittorie  e  di  corone  adorno 

(Se  pur  vita  mortale  in  terra  è  lunga) 
Farà  veglio  Filippo  al  Ciel  ritomo, 
Dov'egli  gloria  alla  sua  gloria  aggiunga; 
Poich'avrà  sparso  il  suo  gran  nome  intorno, 
Ovunque  i  regni  estremi  il  mar  disgiunga. 
Domi  popoli,  genti,  e  regi  avversi. 
Vinti  in  terra  i  nemici^  e'n  mar  dispersi. 

G.  Còiiy.  r.  lE.  t6 


s4a  lA  GEBDS4LEHMB 

Altri  salvati,  altri  d'iocerte  e  false 

Leggi  d'error  conversi  al  proprio  culto. 
Ed  illustrato  io  mnxo  all'onde  aalae 
Coir  arme,  e  colla  fede  il  vero  occulto; 
Là  dove  Alcide  a  trapassar  noa  valse  ; 
Nè'l  Greco^cbe  fu  errando  ìa  mar  i 
O  nave,  ch'afferrò  eoa  duro  morso 
Asia,  od  Europa,  o  sciolse  attroade  il  cono. 

Veggio  sul  lido  estremo  al  polo  alxarsì , 
Plori  pur  su  quelli,  onde  fu  domo  Anteo: 
E'ii  fiammeggianti  Bielle  altrui  mostraru 
Xa  Croce,  eterno  al  He  del  Ciel  trofeo. 
Veggio  altri  lumi  a' naviganti  apparsi, 
Foiclip  Boote,  e'I  carro  in  mar  cadeo. 
IVIa  ciù  Diimmerge,  e  scaccia  infida  turba, 
che  tutti  i  Di>stri  lidi  umai  perturba? 

Angelo  par  che  tenga  al  freno  avvinto 

Euro  con  Austro,  e  che  gli  schiuda  e  sciol^ 
Angel  certo  è ,  di  zona  in  guerra  acciaio , 
E  dà  vittoria  ove  secondo  ei  vol^  , 
L'altro  ha  la  verga;  e  d'ostro  e  d'or  dipinto, 
Par  che  sparga  le  nubi ,  o  pur  le  accolga. 
11  terz<j  cui  tridente  arde  e  sfavilla  , 
E  fa  l'onda  turbata,  epoi  tranquilla* 

Pajono  isole,  o  selve,  in  torbida  onda 

U'alber  volanti;  e'I  mar  s'innalza,  e  mufge. 
Chi  tante  navi  prende,  e  parte  affouda? 
Altre  n'infiamma,  e  vincìtor  distru^e? 
Vola  intorno  a'trofei  di  sponda  in  spooda 
L'aquila  imperiosa,  eì  leon  rugge  : 
Cen;a  il  drago  crudel  speco ,  o  latebre: 
Copre  Bizanzio  ed  Asia  orror  funebre. 


CONQUISTATA  i43 

exr. 

La  Regina  del  mar  di  lucido  ostro 

Lieta  risplende,  e  mille  tempj  alluma; 
E  de'  sacri  animai  gli  artigli ,  e  '1  rostro 
Loda,  e  quel  suo,  eh'  i  vanni  al  volo  impiuma. 
£  Partenope  ancor  del  vinto  mostro 
Canta  la  fuga,  e'ncende  odori ,  e  fuma  : 
Roma  rinova  le  sue  antiche  pompe 
Al  glorioso,  che  l'incontra,  e  rompe. 

■  CXVl. 

Di  Gedeone  ancora  il  puro  vello 
Quivi  i  sacri  misteri  alfin  rinova . 
Ma  qual  pria  narrar  debbo, o  questo  o  quello. 
Di  tanti  eroi,  che'l  porteranno  a  prova? 
E  i  nomi  ignoti  di  splendor  novello 
Farà  lucenti  in  bella  etate  e  nova? 
Te,  Cosmo  invitto,  al  tuo  splendor  conosco  » 
O  saggio  fondator  del  reguo  l'osco. 

CXTII. 

Tu ,  e'  hai  del  mondo  il  nome ,  e'I  Ciel  riempi 
Della  tua  fama,  e'I  fai  più  adorno  e  chiaro, 
A' tuoi  figli  darai  sublimi  esempj 
Da  sprezzar  Dite,  ed  Acheronte  avan>; 
Vincendo  quei,  che  negli  antichi  tempi 
Statue,  o  colonne  alla  giustizia  alzaro: 
E  mentre  lieto  corre  e  TArbìa,  e  l'Arno^ 
Catenato  il  furor  si  rode  indarno  . 


CXVIII. 


Ma  Ferrando ,  al  cui  saggio  alto  governo 
Placate  ubbidiran  la  terra,  e  l'onde^ 
Men  in  sue  squadre,  e  nel  furore  esterno 
Di  gente  mossa  a  guerreggiar  altronde, 
Meno  in  tesor,  che  nell'amore  interno, 
E'n  se  medesmo,  e'n  sue  virtù  profonde, 

*   Fonderà  quel  potere ,  ond*ei  corregge 
Toscana ,  a  se  di  se  corona  e  legge  • 


Del  Bavarico  duce  invitta  prole 
Par  ch'io  Germaoia  il  primo  i 
E  gloriosa ,  e  più  chiara  chel  Si^e, 
La  veggion  de*  nemici  i  lami  inlerai  : 
E  dell'  imperio  la  gravoM  nH^ 
Ili  lei  scateni  avrà  costanti  e  feriBÌ  ■ 
E*n  prisca  aohìltà  pace  tninqnilla  » 
E  fede,  J:fae  ood  teme,  e  non  TacHlli^. 

Degli  Avali  il  valor  non  lun^  io  i 
Come  illustre  rìspleade,  e  (^iaroa 
1d  monte,  in  lido,  in  tempettoao  gorgo, 
E  vincitore  in  varie pirtiaccampa . 
Quidel  buon  Dona,  il  ve^iu,  ancoriii'a 
Ch'in  mezzo  all'oqde  par  lucida  lampa 
D'eterna  gloria;  e'n  sommo  grado  il  ginagc 
Audrea  il  nipote,  e  palme  a  palaie  l 


Sarà  terror  dell' Aflricana  piaggia 

Il  gran  Ferrando,  e  dell'algente  Beno; 
Là  dove  fugga  sanguinoso,  e  caggia 
L'empio,  mordendo  il  suo  natio  terreao, 
Mon  avrà  man  più  forte,  alma  più  aaggii, 
Cittati,  e  regni,  a  cui  ristringa  il  (reno; 
Ma  di  Cordoba  il  nome,  e  dì  Cardona 
Con  altissime  laudi  al  Qel  risuona. 

La  gloria  di  CoDSalvo,  altrui  molesta. 
Il  buon  Duca  di  Sessa  ancor  lusinga  ;■ 
E  col  suon  de' trofei  virtù  sideata, 
E  poggia  a'primì  onori  a,\Ba  solinga . 
Né  di  Zuniga  il  merto  o  cessa  ,  o  reata  , 
Dove  all'eccelse  imprese  alcun  s'accinga; 
Ma  di  Zuniga  il  nome,  e  di  Miranda 
Awien  che  glorioso  l' ali  spanda . 


\ 


CONQUISTATA  a45 

Né  quel  di  Feria ,  o  dei  suo  Duce  ,  adombra 
Futura  età,  né  fìa  meo  chiaro  il  grido  : 
O  pur  quel  di  Toledo,  onde  s'ingombra 
D'Affrica  quasi ,  o  pur  di  Spagna  il  lido  : 
Altri  regge  l'Italia  ;  e  scaccia  e  sgombra 
Altri,  Malta  salvando,  il  Trace  iiiBdo: 
Qual  varca  l'Albi  algente,  o  duve  il  lasso, 
Che  serri  ad  un  de' nostri  il  duro  passo? 

Ahi,  chi  tanto  valore  in  vane  imprese, 
E'n  periglioso  campo  oscura  a  torto? 
Ch'altrove  quelle  insegne  alfìn  distese, 
Sariao  temute  dall'Occaso  all'Orto. 
Cessin  (sangue  real)  sì  gray^  offese: 
E  gilta  l'armi ,  o  tu  correggi  il  torto; 
O  le  rivolgi  incontra  'I  fero  Trace, 
Dando  a' popoli  tuoi  salute  e  pace  . 

Tu  ,  Carlo  ,  tu  primiero  a  tanti  sdegni 
Fon  fìne,  e  queta  le  discordie  antiche, 
Tu ,  che  prendi  i  gran  Regi ,  e  doni  i  regni , 
Ed  in  gelate  parti,  e'n  parti  apriche; 
Tu,  che  di  perdonar,  vincendo,  insegni, 
E  premio  stimi  il  Ciel  d'alte  fatiche, 
A  cui ,  vivendo  ancora,  il  calle  aprirti 
Potrai  d'Olimpo  infra  divini  spirti. 

Ma  Filiberto  vince,  e  vince  in  modo , 
Che  d'eterna  vittoria  hn  pace  i  frutti: 
E  tra  possenti  Regi  ordisce  il  nudo, 
Per  cui  torna  d'Europa  in  festa  ì  lutti. 
L'armi  di  Guidobaldo,  o  l'arme  io  lodo, 
U'I  senno,  o  quei  valor,  eh' è  luce  a  tutti? 
U  la  gloria  del  padre  io  più  subtimo, 
U  lui  felice  più  d'un  figlio  estimo? 


>46 

Già  per  le  vie  dell' avo  al  Cielo  upifS" 
Il  magnanimo  figlio  in  più  Tvnlì  aisaì; 
E  fra'R^r,  e  fra  l'armi  ».^>leikdee«pin 
La  fama  del  suo  onore ,  e  spiega  i  vanni: 
Novo  Alessandro  all'Oriente  or  gira 
T>a  nobil  destra  ;  e  gravi  e  lunghi  af&oai 
Sostien  poi  nell'Occaso',  e'I  vince  «  doMi' 
Più  d'altri  non  si  gloria  Italia,  o  Rosa. 

Gloriosa  colonna  all'empia  fona 
De'  Barbari  io  mar  sembra  orrido  acogltn» 
Tra  fulmini  di  guerra;  e  si  riaforaat 
E  frange  di  quegli  empj  il  duro  of;gog^( 
Al  nome  sol  dell'  onorato  Sforza  , 
Verga  l'eternità  più  lungo  foglio  . 
Segue  Vespesiano  alti  ve^tigt. 
Sempre  lunge  da'laghi  Averni ,  e  Sti|p.. 

Chi  potrebbe  tacer  l'invitte  posse 
Di  Luigi ,  o  di  Carlo ,  altera  coppia  ? 
Cadran  le  schiere  a  quel  valor  percoMe , 
E  le  mura,  ove  il  ferro  i  risebi  addoppia: 
E  i  gran  giganti  alle  feroci  sofMne, 
E  ciò,  che  la  possanza  e  l'arte  accoppiai 
E  dove  quel  valor  percote,  o'ncoDtra, 
Non  fia  forza ,  o  furor  securo  iacoatim. 

Chi  d'un  altro  Ferrante  il  core,  e'I  senno, 
O  la  man  larga  all'  oro ,  allo  stil  pronta, 
O  quanti  seco  in  un  silenzio  accenno 
Di  progenie,  ch'ai  Ciet  poggia  e  sormonta? 
Potrian  chiuder  Ìl  passo  a  Pirro,  a  Branno, 
E  fare  ad  AnnibàI  vergt^aa  ed  onta  , 
Que  valorosi ,  ch'alzeranno  in  guerra 
L'Orsa  sublime  in  Ciel.  sublime  in  toan.. 


CONQUISTATA  x47 


ex  XXI. 


Veggio  Onorato  pur  col  vello  d*oro, 
E  gli  altri  suoi ,  che  l'Aquila  d'argento 
Dispiegheranno;  ai  trionfale  alloro 
Già  veggio  Pietro,  il  valoroso,  intento  ; 
£  lungo  il  Reno,  o  sovra  il  mar  sonoro. 
Col  Duce  suo  fra  cento  squadre  e  cento. 
Veggio.  Sa  velli  e  Conti,  e  quindi  e  quinci; 
E  te,  che  TOrso  alla  Colonna  avvinci. 


cxxxir. 


Ecco  de' regni,  che  divide  il  mare. 

Partendo  i  monti  con  sentiero  angusto. 
Due  regie  stirpi,  e  gloriose  e  chiare. 
In  cui  riluce  lo  splendor  vetusto: 
E  nell'una  e  nell'altra  a  prova  appare 
Cortesia ,  largita  degna  d'  Augusto. 
E  Luigi  di  qua  dal  breve  golfo 
Scenderà  da  Guglielmo,  e  da  Aristolfo. 

CXXXIIf. 

Co' figli  di  valor,  di  gloria  adorni. 

Fra' quali  or  fonda  Alfonso  in  salda  pietra; 
E  fia  ch'Italia  al  prima  onor  ritorni. 
S'ella  mai  grazia  d'adorarlo  impetra. 
E  Carlo,  a  cui  p.ir  che  Venosa  adorni 
Armi,  e  coroue,  e  la  f.imosa  cetra. 
Quei  l'insegna  dal  Cielo,  e'I  gran  cognome 
Avrau  da  genti  sparse,  ancise  e  dome. 

CXXXIT. 

Gli  Africani  trofei,  le  spoglie ,  e  l'armi , 
Le  vittorie  d'Epiro,  ovver  de'Sardi , 
Non  pur  fian  degne  de'sublimi  carmi 
Ne' tempi  fortunati  a  venir  tardi  ; 
Ma  n'intagli  Jerace  i  bianchi  marmi, 
In  cui  l'antiche  imprese  altri  risguardi. 
Ma  sol  Giovanni  io  scelgo,  e  solo  ardisco 
Di  farlo  paragone  al  secol  prisco . 


L'un  suocero,  d'onore  e  d'anni  «ntioò^ 
Duce  sali  d'Eraclea;  alfin  del-«ono. 
Gì'  Insubri  reggerà  dì  Carlo  anioa  « 
Gran  tempo  inoanu  a  lui  ael  Ciel 
Principe  l'altro  fia  nel  suolo  ■piicx> 
Ove  it  foco  de'  monti  infiammm  il 
Né  d'altri  più  Sicilia  allor  si  vanti , 
Benché  molti  Jeroni  onori  e  canti.  ■ 

Saria  più  degna  d'tmmorUleatato 
Ijì  fé  di  lui,  che  Bisignano  oDoitt  , 
E  tutta  Europa ,  oud'^li  al  Cìd  tradato 
Celesti  grazie  all'  alta  stirpe  irrora  . 
Quel  di  Stigliano,  e  di  Sulmona  a  lato, 
A  cui  virtù  corone  e  scettri  indora  ; 
Coppia  degna  è  del  Ciel ,  ch'in  varie  tonm 
Parche  le  vie  sublimi  a'Bgli  infomie. 

Fia  in  quei  di  Capua  alta  fortuna  ad  alta 
Virtù  congiunta,  il  che  di  rado  arvieoe  : 
E  benché  ingiuriosa  Italia  assalta  , 
Ora  i  monti  varcando ,  ed  or  l'arene  , 
La  nobiltà,  eh'  i  gran  principi  esalta. 
Il  pregio  antico,  e'I  prisco  onof  mantìeoe. 
Ha  nel  Prence  di  Conca  al  sommo  poggia, 
E  splende  adorna  in  disusala  foggia . 

Chi  il  buon  Prence  d' Avella,  e  i  saggi  e  fiwti 
Cavalier  di  quel  sangue  alzar  potrebbe. 
Se  fìandi  sua  virtuteal  Cielo  scorti. 
Col  grand' onor,  ch'a  pochi  unqua  si  àMtà 
Debbo  a'Romani,  o  debbo  a'GrecL  opporti, 
In  cui  Io  studio  pregio  all'armi  accrebbe i 
O  di  Napoli  gloria  e  di  Nocera , 
Successor  d'Alessandro ,  e  prole  alum? 


CONQUISTATA  »4g 

CXXXIX. 

Oh  !  quanti  Duci  di  lontano  io  veggio  ^ 
Come  gran  lumi  in  lucido  sereno  : 
Quel  d'Atri,  al  cui  splendor  poichi  io  pareggio, 
Pien  di  Blosofia  la  lingua  e*l  seno. 
Quel  di  Termoli  è  seco  in  alto  seggio, 
£  rCosso,  che  Fortuna  ha  sotto  il  freno: 
D'alto  intelletto  il  Sangro  eccelsa  torre , 
Due  Spinelli,  il  Ghevara,  il  novo  Ettorre . 

E  quel  d' Eboli  ancora,  a  cui  Fortuna , 
Che  le  cose  quaggiù  confonde  e  mesce, 
Non  toglie  la  sua  luce,  e  non  l'imbruna  ; 
Ma  scemando  i  tesori,  i  merti  accresce. 
E  quel  di  Massa  appo  Tantica  liUna , 
E  quel,  che  nello  scudo  ha  l'onde,  e'I  pesce. 
E  non  men  ricchi  di  virtù,  che  d'auro. 
Lo  Spinola,  il  Piueltò,  e  quel  di  Lauro  . 

CXLl. 

E'I  gran  Loffredo,  il  qual  fra'Belgi  e  Celti, 
Nell'arme  splenderà  con  vivo  raggio, 
Quand'  i  bei  gigli  d'or  fian  quasi  svelti, 
E  Francia  afflitta  da  crudele  oltraggio. 
E  i  Capeci  con  altri  a  prova  scelti 
Animosi  guerrier  d'alto  coraggio: 
E'I  cortese  Pignone,  e'I  Gambacorta, 
Coir  alta  sua  progenie  alfin  risorta . 

CXL1I. 

E  di  Circello,  e  d'Ansa  altri  Marchesi, 
E'I  figlio,  indegno  di  fortuna  avversa , 
Gli  animi  avranno  al  vero  onore  accesi, 
E  '1  Conte  di  Loreto ,  e  quel  d'Anversa  . 
Fra' ca va lier  magnanimi,  e  cortesi 
Risplende  il  Manso,  e  doni  e  raggi  ei  versa. 
Ma  cieco  obblio  già  non  asconde  e  copre 
Del  buon  Duca  di  Sora  il  nome  e  l' opre . 


Boma ,  ch'a  tutti  gli  altri  fama  or  tolUy  - 
L'arme,  e  quel  mansueto  allo  govomo 
Tu  loderai  ne' più  sublimi  colli* 
Ne  tremerà  Giaevra,  e1  lago  Avemo. 

'    Tu,  Bonel,  tu,  SfuiMrato,  e  ta,  ch'e 
Scala  celeste,  avrai  l'onore  etemo, 
Aldobrandino,  asceso  in  d^no  grado  , 
Purgando  de  ladroni  il  varco  e1  gawlo. 

E  lu-Micbele,  io  cui  sì  cara  a^iunge 

Viriate,  e'n  verde  età  gran  pregio  acquato. 
Ob  qual  novo  splendor  veg^o  Ìo  da  luogt, 
Cui  nulla  oscura  nulle  alfine  attrista  1 
Cesare  quegli  6a,  ch*in  sé  congiuoge 
Senno  e  valor,  così  pensoso  in  vista  ; 
Degno,  che  serbi  iu  lui  virtule  amica 
La  stirpe  d'izzio,  e  ta  sua  gloria  aatica . 

Ma  Vincenza  all' Olimpo  it  cor  parerla. 
La  fede  al  Cielo,  e  U  sua  fama  al  maodo; 
Né  mai  il  più  degno  alla  stellante  r^^ta 
Salse ,  o  sprezzò  d' Inferno  orror  profondo: 
Non  quel ,  dì  cui  si  canta  ,  e  si  van^gia. 
Che  p  >rtas.-ie  d'  Atlante  il  grave  poado  ; 
Non  Enea,  ch'i  nepoti  all'ombre  scorge; 
Ma  più  vera  pietà  l'illustra  e  scoi^. 

l'ietà ,  giustizia ,  fede ,  amiche  scorte 
Saran  del  nobii  Duce  a  certi  passi  : 
Cipsi  I' uom  vince  la  seconda  morte, 
£  sale  al  Crei,  pria  che  la  spoglia  ei  lassi. 
Fama  mortai ,  che  le  Caucasee  porte 
Sorvoli,  e  quel  gran  monte  indi  trapassi  » 
Ed  oltre  il  Gange  nuoti ,  alfine  è  aulla  : 
Spesso  è  meglio  il  morir  ignoto  ia  culla. 


CONQUISTATA  *St 


GXLTII. 


Che  gioverà ,  ch'ai  suo  volare  estenda 

L'angusto  spazio  Carlo  ,  o*I  gran  Filippo, 
Oltra  le  mete  ?  e  sia  chi  i  nomi  intenda? 
£  nel  marmo  gfintagli  altro  Lisippo? 
A  chi  r  invido  sguardo  altrove  intenda, 
£  paja  cieco  a  tanta  luce,  o  lippo? 
Tu  volgi  gli  occhi  ;  e  dimostrolle  a  dito 
La  terra,  cinta  d'arenoso  lito. 


CXLVIIf. 


Quanto  è  bassa  cagion  d'alta  virtude? 
£  d' eterno  valor  vano  contrasto  ? 
In  picciol  giro  astretto,  e  in  erme  e  nude 
Solitudini  è  chiuso  il  grido,  e*l  fasto. 
Lei,  com'isola,  il  mare  inonda  e  chiude; 
£  lui,  eh* ora  Ocean  chiamate,  or  vasto, 
Nuirha,  fuor  che  tai  nomi,  altero  e  magno; 
Ma  è  bassa  paludp ,  e  breve  stagno. 

CXI.IX. 

Cosi  r  un  disse  ;  e  V  altro  a  terra  i  lumi 
Volse,  quasi  sdegnando:  indi  sorrise, 
Che  vide  a  un  punto  sol  mar,  terre  e  fiumi. 
Che  qui  pajon  distinti  in  mille  guise, 
£  disdegnò  che  pur  all'ombre,  a'fumi , 
La  nostra  folle  umanità  s'affise; 
Servo  imperio  cercando,  e  muta  fama , 
De  miri  il  ciel,  eh'  a  sé  n'invita  e  chiama. 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  FIGESIMOPRIMO 

ARGOHKHTO 

Goffivdo,  aperto  il  •agno  t'nai', 
Riccardo  al  conipo,  n'I  norto 
K)  cha  TÌoniiMno  alfin*  pnr 
Far  l'otaquie  inporbo,  oad*! 
L'alto  TiJw  non  mai  piik  oditi 
Gli  «TOT  confeui  a  Piatro ,  «1 ,  eha 
A  aa  vicin  (onte,  vool 
Ondo  armato  dal  Ciel  beo 


llSol,cberaltecime  a'monti  indora ^ 
E  dipinge  le  nubi  a  sé  diotorno  , 
Dopo  la  bella  e  rugiadosa  Aurora, 
Al  suo  corso  immortai  facea  ritorno. 
Quando  al  Signor,  che  taato  il  Cielo  ona 
Disparve  il  sogno  all'apparir  del  giorno; 
Ond'ei  riprende  le  purpuree  veste, 
Non  obbliaodo  il  suo  peusier  celeste. 

£  r  onorata  spada  appende  al  Banco , 
Il  cui  pomo  di  gemme  e  d'or  riluce; 
E  poi  s' invia  dove,  dagli  anni  stanco. 
Ancor  prendea  riposo  il  vecchio  Duce: 
E  qualunque  altro  sia ,  Latino  o  Franco  , 
Od  Inglese  o  Germano  ivi  riduce. 
Dagli  Araldi  canori  a  suon  di  tromba 
Chiamati  ;  e  tutto  intorno  Ìl  Ciel  i 


CONQUISTATA  aSS 

Poictiè  Goffredo  il  suo  consiglia  accolto 
Vide  là 've  s'accampa  il  buon  Giovanni, 
Ben  riconobbe  al  perturbato  volto 
Il  dolor  di  ciascuno,  e  i  proprj  affanni . 
E'n  questa  guisa  ebbe  il  parlar  disciolto: 
Se  celeste  virtù  non  face  inganni. 
La  vittoria  épromessa  al  valor  nostro. 
Come  all'alma  presaga  in  sogno  è  mostro. 

Dunque  ciascuno  il  suo  timor  disgombre, 
E  speri  in  Dio,  ch'i  suoi  fedeli  affida. 
Bencbè  del  rampo  ingiusto  spazio  ingombre 
L'oste  crudel,  che  ne  minaccia  e  sfida  : 
Né  pensi  di  seguir  fanlasme,  ed  ombre, 
O'I  vaneggiar  d*  immaginata  guida  j 
Ma  d'animosa  fé  la  vera  scorta. 
Ch'in  magnanima  impresa  altrui  conforta. 

Vera  scorta  è  la  Fede,  e  sol  verace 

È  la  speranza  in  Dio,  né  d'altra  or  calme: 

E  vera  vista  ancor  d'eterna  pace 

È  quella,  che  lassù  promette  all'alme  . 

Dunque  crediam  (  né  Sa  il  pensiero  audace) 

Che  ci  serbi  nel  Ciel  corone  e  palme. 

Là  've  pur  vidi,  e  di  vedere  io  cheggio, 

A' miei  fìdi  compagni  ornato  il  seggio. 

Sei  forse  dubbio  in  perigliosa  guerra 
Stender  virtù  con  gli  animosi  fatti  f 
O  di  restar  nella  promessa  terra 
Timor  ti  vieta  ,  ove  per  lei  combatti  ? 
Chi  cerca  altra  salute  agogna,  ed  erra, 
■Sperando  tregue  insidiose  e  patti  ; 

Il'ercbè  già  in  noi ,  non  pur  salute  e  scampo, 
MalregDoèposto;epressoèiigiorooe'lcanipo. 


Così  disa'fgli;  e^rima  a  lui  i 

De' guerrieri  Nomuadì  il  Ducè-to^ttOi 

Chi  di  fu^ir  per  altra  via  pn^KM*^ 

O  di  campar,  dod  gioDga  Ù  fi*  •) 

Ed  io ,  che  di  solcar  V  onde  •_ 

Sperai,  &oendo  d'  Asia  onai  Cra^ttD* 

Morire  ianaazi ,  che  partirmi  or  i 

Se  a*  Barbari  non  rompo  il  davo  a 

Certa  vittòria  ia  prtoia  »  o  morte,  arreiBa 

10  co  miei  tutti ,  a  cui  l'iadugio  iacraUw; 
E'I  fine  ornai  di  questa  tmpm*  MtTMMr . 

11  valor  di  ciascuo  mostrai  doftiabbe  ; 
Non  biasofiare  il  timor,  che  nulla  i*teino , 

Se  non  quell* indugiar,  ch'i  rischi  seonèbe. 

E  tempo  fora  ornai,  se  ben  riguardi  , 

D' aver  qui  viuto  ;  e  dubbio  é  il  TÌnccr  Unii. 

Qui  tacque;  e  sciolto  alla  sua  lingua  0  freno, 
L'antichissimo  Duce  a  lui  si  Tolse  : 
Roberto ,  d'alto  cor  natura  appieno 
Tebbe  fornito ,  e'n  te  sue  doti  accolse  : 
Mè'l  più  ardito  fra  noi  «  di  seno  ia  seno 
Varcando  il  mar,  le  vele  al  vento  aciolM; 
£  fra  giovani  sei  d'alto  consìglio  ; 
Ma  di  gran  forza  è  d'uopo  in  gran  periglio. 

Però  i  miei  detti  non  aver  tu  a  sdegno , 
Che  di  vecchiesza  sol  mi  glorio  e  vanto, 
E  degli  anni,  il  cui  peso  ancor  aostc^o** 
-     Me  stesso  onoro,  e  chi  mi  siede  accanto; 
Né  i  messi  disprezzar  del  sommo  regnò. 
Che  quasi  un  messaggier  del  regno  santo. 
Mandalo  è  il  sogno:  e  quel,  ch'ai  Duce  appuft 
Non  Ra  menzogna  di  mentite  larve. 


CONQUISTATA  a55 

\I. 

Se  d*altrui  fosse,  io*l  crederei  deluso, 
D*una  e  d^  un'altra  sua  turbata  imago; 
Ma  pio  Duce  sovran  col  raggio  iufuso 
E  nel  sogno  divin  del  ver  presago . 
Sia  dal  cor  dunque  ogni  timore  escluso, 
Né  gran  turba  ci  turbi,  o'ocanto,  o  mago , 
Ch'ei  vincer  debbe;  e  come  par  ch'accenne, 
Torna  vittoria  a  lui  con  auree  penne. 

XII. 

Dai  Ciel  dovrà  tornar,  che  non  altronde 
Spiega  r  Angel  custode  il  santo  volo  ; 
£  tutte  coprirà  le  piagge  e  Tonde 
CoITale,  e  Tarenoso  instabil  suolo. 
Ma  s*a  grazia  del  Ciel  virtù  risponde, 
Non  si  neghi  pietà  d'acerbo  duolo; 
£  non  si  lasci ,  ove  percote  il  flutto , 
li  gran  Riccardo  in  cosi  estremo  lutto. 

SUI. 

£  non  si  neghi  a  noi  la  tida  aita , 

Che  sol  può  darne  il  suo  possente  braccio , 
£  quella  destra  in  ogni  impresa  ardita. 
Che  rompe  Tarme,  quasi  vetro  o  ghiaccio. 
Tul  consola,  Goffredo,  e  tu  Tinvita . 
Questo  sol  modo  io  veggio  (e  più  noi  taccio) 
Quanto  giudicio  uman  quaggiù  discerne: 
Gli  altri  son  noti  alle  virtuti  eterne. 


XIT. 


Ma  ponno  assicurarti  antichi  esempj , 
Ch'io  stesso  vidi.  Il  glorioso  Augusto, 
Che  gloria  fu  de' più  felici  tempi, 
Volea  di  Spagna  al  lor  paese  adusto 
Scacciar  gli  Arabi,  e  i  Mori  iniqui  ed  empj, 
Ch'avean  seguito  il  lor  tiranno  ingiusto: 
£d  eran  più,  che  le  minute  arene 
Tra  le  piagge  de'Mauri  e  di  Cirene  • 


LA  GEnUSALCMUB 

Era  col  fier  tiranno  empio  gigante, 

CLe  Ferrati  cliiamò  quel  secol  prisco. 
Grande  così,  ch'ai  Mauritano  Atlante 
Quasi  (l'altezza  pareggiarlo  ardisco: 
Tutti  fiiggiaiio  al  suo  furor  davaute  ; 
Solo  s'espose  Orlando  al  dubbio  risco  : 
E  seco  in  fiera  lulia,  e'n  fier  duello 
Contese,  e  contrastava  il  gran  rubetlo- 


Appre 


lalona  i 


I  duro  camp 

'onore  a  morte  corre, 

pirvc  ardente  lampo, 


Qual  uora,  che  per 

Tornò  al  periglio  .  t 

Che  fieda  eccelso  monte,  od  alta  torre 

Ebbe  vittoria  aIGn  ,  non  solo  scampo, 

E  si  polè  fra'  nostri  indi  raccorre;  i 

Ma  tutti  gran  timore  ancor  perturba 

Dell' Affricana  innumerabil  turba  . 

Pur  it  gran  Carlo  i  suoi  schierati  a  fronte 
Lor  pose,  e  die  la  tomba  i  primi  segni. 
Eran  tutte  le  schiere  a  morir  pronte  ,       > 
Sperando  giuria  ne' celesti  regni; 
(  E  parlo  cose  già  più  illustri  e  conte) 
Allorché  frondeggiar  gli  aridi  legni  ; 
L'aste,  e  i  (ronchi,  dico  io,  recisi  e  svelti. 
Di  quei,  ch'il  cielo  avea  chiamati  e  scelti. 

L'aste  tronche  fiorirò,  e  fu  dimostro  h 

Questo  segno  dal  Ciel  d'alta  vittoria  :        fl 
Né  di  sì  raro  e  sì  mirabii  mostro  fl 

Serban  1'  età  più  antiche  alta  memoria  . 
Speri  con  fede  eguale  il  secol  nostro  , 
Ma  in  periglio  minor  più  certa  gloria  : 
Che  la  bramata  palma  il  Ciel  le  serba 
Di  Babel,  e  di  Menfi  emp. 


il  Ciel  le  serba      ^^È 
npta  e  superba .    ^H 


CONQUISTATA  287 


XIX. 


Questo  d'antico  senno,  e  grave  e  saggio, 
Parlar  s'udì  :  Tre* furo  i  messi  eletti 
Da  consolar  l'indomito  coraggio 
Nella  tempesta  de'nojosi  affetti . 
Quel,  che  sprezzando  l'usurpato  oltraggio, 
Al  sommo  aggiunse  de' suoi  onor  perfetti  : 
Tancredi  io  dico,  eM  buon  Loffredo  insieme, 
Con  Eustazio,  de'Franchi  onore  e  speme. 


XX. 


Ala  sovra  un  suo  destrier,  quasi  volante , 
Belprato  era  precorso  a' saldi  lidi , 
Dove  non  lungealle  silvestri  piante, 
Freme  percosso  il  mar  con  raschi  stridi  : 
Qui  Taltro,  che  fuggi  maligna  amante, 
Avea  i  suoi  alberghi  solitari  e  fidi . 
E  qui  solca  sulla  marina  pietra 
Cantar  d'antiche  imprese  a  suon  di  cetra. 

XZI. 

Allor  suonando  ancora  o  cetra,  o  lira, 
Onde  consoli  il  suo  ingrato  riposo. 
Mille  pensier  diversi  in  sé  raggira, 
Sol  di  sé  certo,  e  pur  d'altrui  dubbioso: 
Quando  già  presso  il  cavalier  rimira 
Venir,  non  aspettato ,  al  loco  ascoso. 
Sparso  di  pianto,  più  che  di  sudore  ; 

•    E  scritto  avea  nel  viso  il  suo  dolore. 


XXIT. 


E  disse  sospirando  :  Oimé  dolente. 
Che  fia  non  so,  né  dovinar  vorrei. 
Ma  se  l'aspetto  di  colui  non  mente. 
Dolor  m'apporta,  e  lagrimosi  omei  :    . 
Che  fu  predetto  (e  bene  il  serbo  in  mente) 
Amarissimo  pianto  a' giorni  miei; 
Chiudendo  il  mio  fedele  in  morte  i  lumi, 
£  i  miei  versando  pur  fontane  e  fiumi  • 

O.Con^.T.IL  17 


Di  sua  vittoria,  o  del  suo  daDQO 

Ma  piti  vicin  Belprato  omni  discioglie 
La  dolorosa  lingua  »1  duolo  acerbo  : 
Ahi ,  che  Kiipcrto  è  anciso;  e  d'auree  sj 
Lieto  or  trionfa  il  vlncitor  superbo, 
O  figlìuol  di  Giigliifimo:  e'ii  tante  dogt 
PenltHia  a  me,  s'iu  vita  ancor  mi  serbo 
Ferito  è  il  bel  Kamusio,  e  sparso  ilsan 
Haa  gli  altri  Duci  :  Affliuo  afflitto  or  U 

Così  disse  Belprato;  e'I  seno  e'I  viso 
Tutto  d'amare  lagrime  s'asperse; 
Ma  di  Riccardo,  a  quel  dolente  avviso 
Nube  atra  di  dolor  gli  occhi  coperse  , 
£  cadde  in  sullo  scoglio,  ov'era  a&sÌ50 
£  la  cetra  gittando  in  mar  sommerse; 
E  t* armonia  rivolse  in  mesti  accenti  : 
Pianger  seco  pareano  il  mare  e  i  venti 

FlebiI  coQcento  all'arenosa  ^ 
Facean,  senza  mostrargli 

Runerto  Vari»  riiiu»_  »  l*ai... 


CONQUISTATA  aSg 

E  fra  spelunche  ancor  dolenti  ancille 
Pianti  facean,  che  non  rimira  il  Cielo, 
E  mille  voci  di  dolore  e  mille, 
Squarciandosi  la  gonna,  e'I  bianco  velo: 
E  parean  fonti,  ch'il  dolor  distille  , 
Gli  occhi,  o  ruscelli  al  dileguar  del  gelo: 
Quelle,  dico  io,  che  seguitar  la  madre 
Fra  l'ombre  ascose  più  solingheed  adre. 

Quivi  Lucia,  che  quasi  spira  e  vive 
Cull'alma  sol  del  suo  gra  n  figlio  amato  ; 
E  quasi  senza  lui  di  luce  ha  prive 
Le  luci,  e  mira  il  Cielo  e'I  Sol  turbato; 
Venne  pur  dianzi  alle  selvagge  rive, 
Varcando  un  breve  mar  sul  carro  alato, 
Con  sue  donzelle,  e  con  santi  atti  eschifi: 
E  le  fu  il  vecchio  Autumedone  e  Tifi. 

D'abito  e  di  sembianze  e  di  costumi 
Divina  sembra,  e  d'immortal  famiglia; 
Nelurai  di  Tirrena  un  glauco  lume 
Splende,  e'I  ceruleo  manto  al  mar  simiglia. 
£  Sebezia ,  che  nacque  tn  riva  al  fiume, 
riii  dell'Aurora  è  candida  e  vermiglia  . 
V'è  Mergeilina  e  Silvia,  e  Dafne  e  Glori, 
Che  guaste  han  le  ghirlande ,  e  aparsi  i  fiori . 

Alba  ed  Albina  dalle  mani  eburne. 

Che  variau,  d'or  tessendo,  Ì  bianchi  lini, 
Lasciati  aveano  ancora  i  fonti,  e  l'urne, 
Da'foschi  uscendo  a'iucidi  confini  : 
E  Lucia  seguitar  per  vie  notturne 
Crisi  e  Griselda  con  dorati  crini  : 
1  E  con  bocca  di  perle  e  di  coralli 
Ifisìda  e  Spio,  c'han  dolce  il  canto  e  ì  balli. 


E  non  ba  tregua  di  sospir  col  Sole  . 

l'ulte  eran  fide  in  quel  dolor  compagne  , 
lustrando  A  cavalier  pietate  onesta; 
Ma  la  madre  al  tìgliuol ,  che  geme  e  pi 
Pose  la  man  sovra  la  bionda  testa  : 
Figlio  (dicea)  perché  t'affliggi  e  lagne 
Fuor  d'  ogni  stit?  qiial  maraviglia  è  qtn 
Che  i  un  l'altro  iR'mico  uccìda  in  gurr 
E  morte  d'  un  mortai  Irionfi  in  terra  ? 

Tu,  che  del  padre  tuo  primier  sniYristi 
La  morte,  e  come  Ìl  tempo  'dUti  richie 
£  la  mia  soffrirai,  ch'agli  alti  acquisti 
Taggiuasi  la  mia  antica  e  nobil  sede: 
Perchè  di  questa  ,  oltre  ragion  ,  t'attris 
Caro  6gliuol  dell'altrui  lutto  erede  , 
E  col  tuo  pianto  h  mia  vita  struggi  ? 
Caro  figliaol ,  che  m'al)bandoiii  e  ftigj 

Dopo  tanti  anni  di  penosa  ^ 
Non  mi  passare  il  cuor  co 


CONQUISTATA 


i6i 


Così  diss'ella  ;  e  con  dolenti  note 

Non  conobbi  (et  rispose)  il  male  e'I  danno. 
Quando  i'geroea  con  lagrìraose  gote 
Della  morie  paterna  il  primo  alfanno; 
M;i  questo  colpo  in  guis»  il  cor  percuote, 
Clj'a  pianto  eterno  il  mio  dolor  condanno. 
Conosco,  ahi  lasso,  la  prevista  piaga; 
Ma  di  sempre  languir  l'alma  s'appaga. 

Sempre  dorrommi,  e  sèmpre  amore  e  sdegno 

IMi  roder.in  qiiest'  alma  afflitta  ed  egra. 
Dove  era  l'ardir  mio,  l'onor,  l'ingej^no, 
Quando  egli  cadde,  e  la  mìa  forza  integra? 
Non  potria  d'Asia  ,  o  d'  Oriente  il  regno , 
Darmi  del  suo  morir  vendetta  allegra  , 
Cirio  dovea  ritenerlo,  e  seco  armarme  : 
Ei  mori  col  mio  nome ,  o  pur  coll'arme . 

Ma  falso,  o  vero  sia  quel,  che  predisse 

IA  me  di  mia  ventura  il  vecchio  antico. 
Che  mi  dafan  le  slcJle  erranti  e  fìsse 
Regno ,  o  vendetta  pur  d'un  caro  amico  : 
Sia  l'imperio  di  quello,  a  cui  *l  prescrisse 
Il  Ciet  benigno,  o  sia  d'empio  nemico, 
Ch'io  la  vendetta  eleggo  armalo,  o'nerme. 
Queste  sorti  sol  tian  costanti  e  ferme. 

_^Nè  spero  di  veder  la  patria  e  '1  monte  , 
Ove  in  gran  sede  me  Fortuna  afiìse, 
Se  prima  in  guerra  io  non  mi  trovo  a  front* 
A  quel  fellon,  ch'il  mio  fedele  ancise  : 
Ch'invendicato  ritornar  dell'onte 
Non  debbo,  altrui  cedendo  arme  e  divise. 
Né  d'altre  spoglie  ornar  gli  altari,  o  i  tempj, 
Le  mie  lasciando,  e  vergognosi  esempj . 


afia  LA  GERUSALEtMV 

Madre,  perchè  di  me  si  parli  ,•  o  sfsrivs 
Con  mìo  disnore  e  con  etema  offesa, 
Nel  bel  regno  naliTo;  o'n  gnella  riva. 
Donde  l'alta  progenìe  è  in  lai  t' 
Ecco  chi  salvo  de'  perìgli. arriva  ; 
Ma'I  compagno  mori  nell'alta  ìmp 
E  l'armi  ancor  lasciò  di  li  dal  mare , 
Onde  qualche  Meschita  adoma  appare. 

£i  più  non  dice  ;  ed  ella  a  lui  ragiona: 
Ben  ne' tuoi  detti,  o  figlio,  ancor  dimoitri 
D'esser  d'alta  progenie,  onde  riaafHia 
Dal  mar  gelato  il  nome  a*  lidi  nostri  : 
Cosi  Rollone  ebbe  d'onor  corona. 
Ch'in  Italia  prìmier  passò  de' «ostri : 
Cosi  vinse  Roberto  (e  ben  fu  giusto) 
Enrico  Imperadore,  e'I  Greco  AAgusto . 

Così  nell'alta  sede  il  sacro  e  saggio 
Gr^òrio,  di  corone  il  crine  adomo. 
Ripose  in  luterano;  el  grave  oltraggio 
Ei  vendicò  di  Roma ,  e  '1  grave  scorno 
Del  Campidoglio  acceso.  Altro  viaggio 
Fé  quegli ,  e  vergognoso  a' suoi  ritorno . 
Così  poscia  il  trofeo  sublime  ed  alto 
Drizzò  d'Alessio,  domo  in  nuovo  assalto. 

Così  ì  nemici  il  tuo  gr.in  padre  eatinse 
Con  quella,  senza  pari,  invitta  forza; 
Dì  Puglia  i  Greci,  e  di  Sicilia  ei  spinse. 
Vittorioso,  i  Sarnriiii  a  forza: 
E  liberò  mezza  l'Itulia,  e  vinse 
Noi  coir  amor,  che  gentil  core  sferza  : 
Là 've  fondare  i  suoi  Norraandi  Aversa, 
Contra  l'antica  Capua,  a  Roma  a 


CONQUISTATA  a63 

Ivi  regnò  mio  padre,  illustre  sangu* 
De' Longobardi  misto  a  quel  diTroja, 
La  cui  fama  immortale  ancor  non  lingue, 
Perchè  la  carne  sia  caduca  e  muoja; 
I      Ma  stanco  per  vecchiezza,  e  non  esangue, 
I     Lasciò  dei  governar  la  grave  noja 
"     Al  suo  genero  amato  ,  e  mio  consorte, 
Che  te  fece,  e  Ramusio  ,  anzi  la  morte. 

Pur  l'avo  tuo  sostiene  il  grave  incarco 
Degli  anni ,  e  fa  per  te  preghiere  e  voti, 
Che  fanciul  trapassasti  il  duhhio  varco 
Dell' Ellesponto  in  Asia  a' rischi  ignoti: 
E  se  qui  d'alto  imperio  il  cìkI  t'è  parco, 
Di  tua  stirpe  ahri  regni,  altri  ncpoli 
Spera  che  tian  del  Ciel  doppia  colonna, 
Nell'alma  terra,  che  d'imperio  è  donna. 

E'n  questa  al  tuo  Ruggier,  ch'in  teneri  anni 
Vorrà  seguir  la  tua  onorata  insegna  , 
Lascerai  pur  (tempra  gli  amari  aff.nint) 

k     Famosa  e  uohil  sede ,  o  non  indegna. 
£i  glorioso  in  morte  al  cielo  i  vanni 
Spiegherà,  dove  il  Re  trionfa  e  regna , 
Cli'a'premj  eterni  dalla  fragil  vita. 
Pur  coir  esempio  del  suo  duol,  n'invita. 

Altro  Ruggler,  che  nell'etate  acerba 
Fulmin<!  sembra  di  valore  ardente, 
Pentito  di  vittoria  alla  e  superba ,     ' 
Ad  Onorio  s'atterra  ;  e  d'or  lucente 
La  corona  ha  da  lui ,  eh'  al  pio  riserba , 
E  la  trasmula  d'una  ad  altra  gente 
Il  Vicario  di  Cristo  :  ei  Re  s'appella 
D'Italia ,  e  doma  poi  gente  rubella. 


ìSi  LA  GERUSALEMME 

A'  regni ,  che  divide  il  corso  ,  e  l' onda 
Del  tempestoso  ranre,  i  gioghi  imposti 
Scote,  ed  innalza  iti  questa  e  'ii  quella  sponda 
Le  chiavi ,  e  i  segni  per  timore  ascristi. 
Wè  regni  illustra  il  Sol ,  quant'  ei  circondl'fj 
Pari  fra  gì'  Indi,  e  gli  Etiopi  opposti < 
Di  gloria,  dico,  e  di  valor,  che  lasce 
Fama  iramortiil  nelle  contrarie  fasce. 

Poi  nel  seggio,  che  Pietro  in  Roma  scelse, 
E  mal  fora  traslato  in  altra  parte, 
Guglielmo  il  successor,  ch'altri  divelse 
Malgrado  pur  del  buon  popol  di  Marte, 
Potrà  riporre.  Ecco  l'imprese  eccelse, 
Ecco  de' tuoi  l'armi  pietose  e  l'arte; 
Prender  da  Cristo  il  giogo,  e'mporlo  agli  einj 
Salvare  i  Pastor  sacri ,  e  i  sacri  Tempj.      i 

Né  mancherà  nella  famosa  prole  ^ 

L'alto  valor,  ch'oggi  ttitt'altri  avanza,  < 

Perchè  vacilli  la  superba  mole  | 
De'duoi  bei  regni,  e  la  mortai  possan^^'l 
Ma  passerà,  come  per  nubi  il  Sole  , 
Nel  parto  eletto  della  gran  Costanza  ; 

E'n  quel  della  seconda  anco  s'offusca:  i 

Più  lieto  in  Aragona  alfin  corrusca.  I 

E  benché  vera  luce  i  nomi  illustri 
Di  Carlo  e  di  Roberto,  invitti  Regi, 
In  due  Sicilie  avran  nepoli  illustri ,  ' 

Arislolfo  e  Serlon,  fra'Dnci  egregi 
Né  perderanno  al  variar  de' lustri 
Dell'origine  antica  i  chiari  pregi  : 
Ch'il  regno  è  nel  valor  di  nobil  alma 
E'I  manto  e  la  corona  è  grave  salma 


la,      ■ 

J 


CONQUISTATA  a65 


LI. 


Ma  s'altro  calle  ti  Ciel  non  mostra  aperto 
Di  Carlo  iavittoal  glorioso  impero, 
E  del  fìgliuol ,  che  merlo  aggiunge  a  merlo, 
Regnando  in  questo  e'n  quell'altro  Emispero: 
Quanto  in  gran  tempo  Italia  avrà  sofferto 
D<il  Tedesco,  dal  Franco,  e  dall' Ibero, 
Piace  con  tal  mercede ,  o  Re  superno , 
Che  sol  concedi  all'alme  il  Regno  eterno. 

X.II. 

Così  scorta  parlò.  Ma'I  Veglio  onesto 
Tutti  condusse  alla  roagion  secreta. 
E  Riccardo  il  dolore,  all'alma  infesto, 
Non  scema  per  conforto,  e  non  acqueta^ 
Anzi  piangendo ,  e  sospiroso  e  mesto. 
La  morte  accusa,  e  chi  il  morir  gli  vieta. 
Quivi  giungeano  intanto  i  tre  messaggi. 
Già  raccogliendo  il  Sol  gli  estremi  raggi . 

LUI. 

E  disse  il  buon  Loffredo  a  lui ,  che  afflìtto 
Gli  era  già  sorto,  e  lagrimoso  incontra  : 
Siam  vinti,  o  figlio  di  Guglielmo  invitto. 
In  gran  battaglia,  com'a' forti  incontra  : 
E'I  Signor  d'Ansa  ivi  cadeo  trafitto 
Dal  Soldan,  che  dà  morte  a  quanti  ei  scontra: 
E'n  noi  rivolto  ogni  mortai  periglio, 
Fa  delle  spoglie  tue  più  altero  iL  figlio . 

UT. 

E'usuperbito  di  terribii  possa. 

D'assalirne  entro  il  vallo  ancor  minaccia  . 
Di  Cedron  l'alta  riva,  e  l'onda  è  rossa  , 
Dove  i  Franchi  ebber  prima  orribil  caccia  : 
Ne  per  secrete  vie  d'oscura  fossa 
È  chi  securo  il  varco  al  fonte  or  faccia; 
Ma  quella  cieca  strada,  e  l'erbe  e  l'ombre 
Sou  di  troncate  membra,  e  d'armi  ingombre. 


aB«  LA  GERUSALEMME 

E  nella  selva  ogni  demon  s'annida  , 

Onile  spe'iso  rimbomba  il  tuono  e'IIamp 
Guerrn  dall' altra  parie  indice  e  sfida 
L'Ammiraglio  superbo  in  duro  campo; 
Ma'l  buon  duce  Goffredo  in  Dio  confida 
Vittoria  aver,  non  cbe  salute  e  scampo; 
Ed  al  già  chiesto  onor  l'invila  e  prega. 
Tu  al  suo  giusto  pregar  t'inchina  e  pieg 

L'animo  dal  dolore  ornai  solleva, 
E  da  noi  risospingi  i  di  funesti, 
Cliè'l  sempre  sospirar  nulla  rileva, 
E  peggio  6a,  s'aita  virtù  non  vesti; 
Perchè  lucente,  più  ch'ei  non  soleva, 
Il  tuo  valor  rispleuda  a'  vinti  e  mesti  : 
Cosi  negli  anni  dell'etate  acerba 
Gloria  immortale  il  Cielo  a  te  riserba  . 

Tacque.  E  rispose  al  Veglio  il  gran  Riccardo; 
Tardi  prega  Goffredo,  e  tardi  invita, 
Poich'il  Signor,  per  cui  mi  struggo  ed  ardo 
Perduta  ha  in  guerra  la  sua  nobii  vita.       , 
Misero  me,  che  pur  son  pigro  e  tardo 
Alla  vendetta  ornai,  non  ch'ali' aita: 
Né  dar  più  a  tanto  danno  alcun  restauro 
Può  corona  immortai  di  gloria  ,  o  d' auro! 

Allor  dovea,  con  più  loilato  esempio, 
Mentre  visse  Ruperto ,  a  sé  chiamarmi  : 
Or  non  bramo  altro  onor, ma  tomba,  o  tempio 
E  sculti  al  fido  amico  i  bianchi  marmi: 
Ma  pur  verrò  dove  il  superbo  e  l'empio 
Trionfa,  e  del  mio  lutto  ha  spoglie  ed  anni; 
Perchè '1  pietoso  diiol  non  m'arda  e  stetnpre 
Ma  nel  sangue  crudel  s'appaghi  e  tempre. 


CONQUISTATA 


267 


Cosi  detto,  e  risposto,  allorch'  imbruna 
L'aria  serena  dell'estiva  notte  , 
L'aita  donna  lasciando  in  venie  bruna, 
E  le  donzelle  a  lagrimar  condotte; 

f    Partir  co'raggi  della  bianca  Luna 
Da  spechi,  ed  ombre  -il  vero  amiche  e  dotte. 
Filagliteo  gli  guida,  il  saggio  e  scaltro. 
Pur  quasi  un  lume,  il  qual  conduca  all'altro. 

Già  sparito  era  in  Ciel  jMarte  e  Sntnrno, 
Ed  ogni  fiamma  più  lucente  e  bella, 
Onde  sia  sparso  il  bel  seren  notturno; 
Sol  fiammeggiava  V  umorosa  stella 
(  Omai  languendo  allo  sjtlendor  diurno) 
Che  facea  rosseggiar  l'Alba  novella: 
Quando  vider  due  campi,  e  mille  tende, 
E  'n  quello  entrar,  eh'  alto  soccorso  attende. 

Ciacca  nel  gran  feretro  il  buon  Rnperto, 
Lavato  già  de'sanguinosi  umori: 
Bianca  porpora  il  veste,  e  "I  tien  coperto 
Candido  vel,  contesto  d'aurei  fiori: 
Spirava  dalle  (>Ìaghe  il  fianco  aperta, 
E  'I  petto  e  'I  capo ,  i  preziosi  odori  : 
Facean  dintorno  duol ,  lutto  e  martiro 
I  suoi  compagni  in  lagrimoso  giro. 

Quai'  Africana  e  coronala  belva  , 
Di  spaventoso  adorna  orrido  vello. 
Eugge,  trovando  entro  t'oscura  selva 

ILa  tana  vota,  e'I  depredato  ostellu; 
Tié  vede  il  cacciator,  che  si  rinselva 
Co' figli,  od  orma  di  sentier  novello, 
Onde  sì  voIgH  alle  lasciate  luntre: 
Tal  qui  fcospira  il  Cavaliere  illustre. 


aS8  L,\GraU>\LEM\IE 

E  (lice  sospirando:  \lu  d'irò  caso  , 

Oiid'ìl  mìo  altero  v;»iito  ornai  si  scornii 
Cosi  al  buon  p.idie  OHon  lunjje  rimasai 
Il  figlio  viiicitor,  per  me,  ritorna? 
Questa  è  la  pomp;i,  ond'ìl  felice  Occaso 
Tìi  spoglie  Orientali  ogt;i  s'aciurna? 
Di  queste  prede  all'eia  j^rave  e  stanca 
Letizia  ei  porge,  e'I  suo  vigor  riofraac^ 

In  tal  guisa  la  fede  al  veglio  osservo  ? 
E  mie  promesse  adempio,  e  sua  sperasi 
Quando  tanto  valor  conapagiio  e  servo 
Mi  fé  la  cortesia,  che  tutto  avanza. 
Misero  mondo,  instabile  e  protervo: 
Or,  salvo  pianto  e  diiol,  nulla  gli  avana 
Gli' ogni  nostro  pensier  torna  fallace, 
Né  promessa  è  quaggiù  ferma  e  verace. 

Ahi,  ch'era  meglio  assai  nel  forte  punto 
Morte  bramata  io  non  avessi  invano, 
Fedel  mio  caro;  e'I  cor  reciso  e  punto 
Fosse  dal  ferro ,  e  dall'  istessa  mano, 
Che  vivo  rimaner  da  te  disgiunto 
Con  tal  vergogna,  e  per  dolore  insano}. 
Perchè  d'eterni>  duol  nell'alma  i  colpi 
Impressi  io  porto,  onde  me  solo  tncolf 

Né  spero  più,  che  d'Oriente  il  Soie 
A  me  rìsplenda  con  lucenti  rai. 
Né  ch'il  Ciel  mi  rallegri,  o  mi  consolflì- 
D'altro  piacer,  che  di  vendetta  ornai. 
E  so  ben  che  lassù  pielà  si  vuole; 
E  forse  il  mio  disdegno  a  sriegno  avrai; 
Ma  compiaci  al  dolt.r,  eli'  io  tengo  a  frt 
Ch'abbia  conforto  in  vendicarli  almei 


CONQUISTATA  «Cg 

IXTII 

Alma  cortese ,  e  dalF  empìreo  Cielo 
Al  mio  dolor  di  tua  virtiite  inspira. 
Così  dice  piangendo;  e'I  bianco  velo 
Discopre,  e  le  ferite  asperge,  e  mira: 
Tutto  tremante,  e  colla  man  di  gelo 
Il  tocca,  e  bacia,  e  quasi  l'alma  ei  spira  ; 
Ma  già  saliti  erano  i  preghi  avanti, 
E  le  meste  parole,  e  i  tristi  pianti. 

LXflII. 

E  virtù  suso  in  Ciel  santa  e  soave, 

Ch'unio  con  pace  eterna  il  chiaro  mondo, 
Pria  ch'aspra  lite  infra '1  leggiero  e  grave, 
L'  aria  in  guerra  partisse,  e'I  mar  profondo: 
Questa  medesma  al  santo  Amor  la  chiave 
Volse  :  ei  vesti  d'Adamo  il  fragil  pondo. 
£  facendo  la  terra  al  Cielo  amica , 
Lieto  fin  pose  alla  discordia  antica. 

LXIX. 

E  questa  al  Padre  eterno  offerse  i  preghi, 
E  le  sue  lagrimose  alte  querele  ; 
Perchè  da'  duri  lacci  omai  disleghi 
L'alma  dolente  al  Cavalier  fedele  : 
Ne  dal  suo  corso  la  giustizia  or  pieghi , 
Che  minaccia  vendetta  al  Re  crudele: 
E  disse:  Insieme  al  mio  pregar  t'inchina, 
Padre  del  Cielo,  e  tu  del  Ciel  Regina. 


LXX. 


E  non  dirò  ch'io  d'ogni  eterna  mente 
Unii  già  i  cori,  e  nell'unir  distinsi: 
E  di  lor  fei  corona  alta  e  lucente. 
Onde  di  gloria  e  di  splendor  ti  cinsi  : 
O  che  le  sfere  più  veloci  e  lente 
Di  nodi,  quasi  adamantini,  avvinsi  : 
Ch'é  tuo  l'esempio,  e'I  magistero  e'I  modo, 
£d  io  dell'  opre  tue  mi  vanto  e  lodo. 


a^o  LAGERUSALEBOIB^ 

E'I  moodo,  che  laggiù  si*mesoe.«  Tari*, 
Ebbe  da  te  costanti  e  ferme  leggìi 
Però  il  foco  e  la  terra,  e1  mare  e  VaiÌM, 
Pascon  tante  concordi  amiche  ypggi. 
£  s' ivi  la  contesa  a  me  contnurìa 
Usurpa  i  tempi,  e  le  cotone  e  i  aegp; 
Maraviglia  non  è ,  eh'  audace  turba 
Mosse  anco  in  Cielo,  ed  or  laggiù  pertoiti. 

Ma  tu,  che  desti  a  lei  dal  Cielo  esigUo, 
Oud' ancor  mostri  i  precipizj  e  i  «alti. 
Serva  il  mio  loco  ove  mandasti  il  fi^io; 
CoQgiungi  i  fidi  tuoi  tra  i  feri  aaaaki, 
E  volgi  al  mio  guerrier  pietoso  il  ciglio, 
PercU'  il  suo  onore  e  '1  nostro  oome  cesili: 
E'I  nodo  ordito  in  Ciel,  se  i  cori  iavolTe, 
Non  disciolga  colei,  che  tutto  or  soIto. 

Mira,  Signor,  quanto  è  l'affanno  ìateroo, 
A  cui  s'è  dato  il  Cavalier  in  preda, 
E  com'ei  langue;  e  dal  martire  etemo 
Guardalo  tu,  percb'  egli  a  te  sen  rìeda 
Lieto,  quando  che  sia  ,  né  varchi  Avemo, 
Come  d'altrui  pnr  che  si  canti  e  creda; 
Se  giusta  pena  ingiusti  amici  afflige  : 
Ma  salvo  ascenda  dal  oocchier  di  StÌM . 

Così  dicea  con  lagrimoso  volto 

Virtù,  ch'in  terra  umana,  in  Cielo  è  Din, 

Non  pur  celeste  :  e  '1  suo  parlare  accolto 

Fu  dal  Signor, ch'i  giusti  preghi  udiva. 

E  già  Riccardo  ad  onorar  rivolto 

La  frale  spoglia,  che  di  vita  è  prìva^ 

Le  sacre  preci  aggiunge  al  pianto  eatr«no, 

E  '1  canto ,  eh'  è  de'  morti  onor  aupremo* 


CONQUISTATA  ayi 

£  là.  dov'egti  il  suo  dolor  ilistilla, 

Non  hanno  ^li  allrì  il  viso,  e  ^ti  occhi  asciutti: 
M<]  'ri  SUOI)  lugubre  omni  dolente  squilla 
Par  ch'i  Duci  raccolga  a'  mesti  lutti. 
Pria  doppio  ordine  lungo  arde  e  sfavilla, 
Con  mille  accesi  lumi  innanzi  a  tutti  : 
Poi  sulla  coltre  sua  purpurea  e  d'oro 
Portato  è  il  corpo  appresso  il  santo  coro. 

11  serico  vestir  dorato  e  bianco 

Intorno  a' freddi  membri  adorno  vedi: 
La  spada  ancor  gli  avean  ricinta  al  fianco; 
Ma  r  elmo  col  cimier  gli  giace  a'  piedi . 
Seguon  Riccardo  appresso,  e  'l  Duce  Franco, 
Duo  Ruberti,  Aristolfo,  il  buon  Tancredi  ; 
£  gli  altri,  c'ban  dell'  armi  il  pregio  e  '1  vanto: 
Tutti  con  lungo  e  con  funebre  ammanto. 

Poscia  cento  destrler  coperti  a  negro: 
E  portan  gli  scudier,  dogliosi  in  vista, 
Ben  cento  insegne,  in  cui  vessillo  integro 
Non  si  vedea  ,  come  il  valor  l'acquista  : 
£d  auree  spoglie,  onde  un  trionfo  allegro 
Già  far  crcdean,  con  varia  preda  e  mista  : 
Archi,  faretre,  scudi,  arme  sanguigne  , 
E  corone  di  querce,  e  di  gramigne  . 

Con  volto  umano  poi  Mamistra,  e  Tarso, 
Ed  Atene,  che  palma  aggiunge  a  palma, 
E  di  nove  altre  è  il  simulacro  apparso  ; 
E  par  eh'  intrecci  insieme  oliva  e  palma; 
CidnoedOronte  ancor,  che  l'urna  ha  sparso. 
Erano  al  portator  non  leve  salma: 
E  r  Eufrate ,  e  'I  gran  Tauro  al  duro  giogo 
Si  vede  ivi  inchinar  l' orrido  {{iogo  . 


"9 

>a,  e  'l  <^sl(H 

Éflhiettt."  •*-: 


«7»  LA  GERUSALEMME 

Chìudf^Do  alfìn  la  mesta  pompa,  e  *l 
Della  gloria  morul,  doIenCì  I 
Che  TÌnser  guerreggiuido  ogki^i 
Or  l'aste  e  l'arme  areano  omàb'i$làigéà*'' 
E  seguir  lagrìmando  il  corpo'ifttMIjr,  **^': 
Per  cui  già  fur  d'alta  ntloria  alfeere;- 
Eran  mute  le  trombe,  o  par  languead»,  ' 
Il  rauco  suon  quasi  n'  U8CÌA  ^^màgaaéùi"- 

E  giuuser  tutti  incontra  al  tempio  —cw. 
Là 've  s'ascende  ad  alta  mole  e  poggia! 
Maggior  di  quella,  ove  al  suo  mal  Iftnva 
Fé  Costantino,  e 'n  meno  osate  foggia: 
Perchè  meta,  o  colonna,  o  sttnalaero. 
Tanto  no»  adornò  teatro,  o  I<^ìa  . 
Due  porte  area,  per  cui  si  Tarchi  e  monte, 
E'n  ciascuna  di  lor  due  statue  a  Iroate, 

Che  pajon  le  virtù  con  varie  gonne . 
Quale  ha  lo  specchio,  e  quale  in  man  la  spit 
Versa  umor  l'altra  dell'antiche  donne; 
L'ultima  rompe  il  marmo,  ove  digrada: 
E  fra  quelle  di  cedro  alte  colonne 
(  Siccome  effigiarle  al  mastro  a^^da) 
L'altre  virtù  son  6gurate  a* sensi  » 
£  sostengon  poi  tutte  i  lumi  aoceasi. 

Scolpite  son  nella  sublime  parte. 
Ch'in  giro  volge,  le  Virtù  supreme. 
Fede ,  e  Speranza  ;  e  chi  da  lor  diparto 
Morte  talora,  ivi  fiammeggia  insieme. 
Mei  sommo  impressa  è  con  mirabirMte 
L'Eternità,  che  del  suo  fin  non  teme: 
Del  mezzo  il  gran  feretro  ingombra  il  anffl*. 
Che  ricoperto  è  pur  d'oscuro  da<^. 


CONQUISTATA  a;» 

1.XXXIII. 

Mete,  e  colonne  intorno^  e  varie  imprese 
Fé  l'avversaria  della  morte  iniqua. 
Sovra  rìsplende  il  Ciel  di  fiamme  accese, 
£  la  strada  v'aj^par  del  Sole  obliqua. 
L'arme  del  Cavaliero  in  alto  appese. 
Come  poi  l'inalzò  progenie  antiqua, 
Vi  pose  :  e'a  lor  da  fiamma  oscura  e  mista, 
L'Ardea  sen  vola  al  Ciel  sublime  in  vista. 

I\)scia  eh'  al  suon  della  canora  voce 
Silenzio  fu  da' Sacerdoti  imposto; 
E'n  arca,  cui  segnò  purpurea  croce, 
Queir  onorato  corpo  alfin  riposto: 
Sol  vi  rimase  il  Cavalier  feroce, 
Che  fargli  maggior  tomba  avea  proposto  : 
£  l'alta  mole  pareggiar  vorrebbe 
Di  lei ,  che  del  suo  fido  il  cener  ebbe . 

LXXXT. 

O  quelle  pur  de'  più  superbi  Regi , 

eh'  i  marmorei  sepolcri  al  Cielo  alzaro  : 

£  brama  di  Corinto  i  mastri  egregi, 

£  i  metalli ,  e  di  Smirna  opre  e  di  Paro. 

Ma  poscia  invidiosa  a  tanti  pregi 

Trovò  r  empia  fortuna ,  e  '1  mondo  avaro. 

Questo  peusier  tenea  nel  core  ascoso; 

Ma  disse  Pietro  al  Cavalier  pensoso  : 

I.XXXTI. 

Quanto  dèi ,  figlio,  al  Re,  eh'  il  mondo  regge! 
Tratto  egli  t  ha  dall'  incantate  soglie: 
£i  te  smarrito  agnel  fra  care  gregge 
Or  riconduce ,  e  nell'  ovile  accoglie: 
Te  il  pio  Duce  sovran  campione  elegge, 
£  pronto  esecutor  di.  giuste  voglie  . 
Tu,  pria  ch'ardito  muova  al  fero  assalto. 
Vesti,  invitto  Signor,  virtù  dall'alto. 

O.  Conq.  T.  IL  %^ 


274  li^  GERUSALEHMB' 

Ma  sei  delle  caligini  del  mondo , 

£  della  carne  ancora  in  guisa  asperso. 
Che  rindo  el  Gange,  e  FOcean  profondo 
Non  ti  potrebbe  far  candido  e  terso  : 
Sol  la  grazia  divina  il  core  immondo 
Può  render  puro .  Adunque  a  Dio  conTCffH), 
Riverente  perdon  richiedi ,  e  spiega 
I  tuoi  peccati  ascosi,  e  piangi ,  e  prega. 


LXXXTIll. 


Cosi  disse  :  e  1  guerriero  a'  pie  dimesso 
Tutti  scoprigli  i  giovinili  errori  ; 
Poich'ebbe  pianti  entro  al  suo  core  isteaio 
I  suoi  sdegni  superbi,. e  i  folli  amori. 
E  fu  il  perdono  a  quel  Signor  concesso 
Da  lui,  ch'in  tenebrosi  e  sacri  orrori 
Sovente  i  casti  membri  affligge  e  spolpa^ 
E  lega  e  scioglie  di  pentita  colpa. 

LXXXIX. 

Poi  gli  diceva  :  Un  monte  assai  vicino , 
Coronato  di  palme,  il  capo  estolle , 
Là  dove  per  secreto  aspro  camino 
Poggiar  si  può,  quasi  di  colle  in  colle: 
Sorge  ivi  un  fonte  sacro,  anzi  divino, 
eh' alle  fonti  del  Sole  il  pregio  tolle. 
Ed  a  quel  di  Cupido,  e  di  Rodona^ 
Ed  a  qual  più  famoso  anco  risuona. 

xc. 

Ma  i  principj,  chel  Nilo  asconde  e  cela 
Sotto  altro  Ciel,  son  meno  ignoti  al  senso; 
Perchè  dell'ombre  ei  s'incorona  e  vela, 
Là 've  il  devoto  orrore  è  folto  e  denso. 
Sacra  fama  ed  occulta  a  me  rivela 
La  maraviglia,  ove  condurti  io  penso: 
Questo  al  Ciel  volge  un  rio  lucente  e  vaco; 
Né  si  vanta  di  lui  marina,  o  lago . 


CONQUISTATA  17$ 

Primo  è  di  cinque,  a  cui  talor  ricorre 
Turba  gentil,  ch'alto  desire  accende; 
Ma  dove  Y  onda  inverso  '1  mar  trascorre , 
La  maggior  parte  avvien  che  smonti  e  scenda^ 
Chi  bee  del  primo,  alfin  tutt' altro  abborre, 
£  fugge  ogni  piacer,  che  l'alma  offenda: 
Nè'l  perturba  dolor,  ned  ira  infiamma, 
Ne  di  terreno  amor  lasciva  fiamma* 


XCII. 


Ala  Tun  nel  cor  s'estingue,  e  T altro  il  foca 
Della  gloria  divina  avvampa  e  ferve 
Contra  il  valor,  ch'io  per  condurti  invoco; 
Ne  temer  genti  al  ver  nemiche  e  serve  ; 
Ma  di  venir  sii  pronto  al  sacro  loco, 
E  fa'  del  mio  parlar  dolci  conserve: 
Che  ce  n'andremo  occulti  al  volgo  i usano , 
Ne  potrà  rimirarci  occhio  profano. 

xeni. 

Quinci  al  bosco  n'andrai  fra  larve  erranti, 
£  tra  fantasmi  pur  vani  e  bugiardi. 
Là  dove  iudarno  superar  gl'incanti 
Tentaro  i  più  feroci  e  i  più  gagliardi  • 
La  Croce  scaccerà  mostri  e  giganti; 
La  Croce  fia  che  t' assecuri  e  guardi  / 

Dalle  schiere  d'Inferno,  e  quindi  e  quinci . 
In  questo  segno  pur  combatti,  e  vinci. 


XCTT. 


Era  nella  stagion ,  in  cui  non  cede 
Libero  ogni  confin  la  notte  al  giorno; 
Ma  l'Oriente  rosseggiar  si  vede, 
£  r  altro  Ciel  d' alcuna  stella  adorno  ; 
Quando  drizzar  ver  gli  alti  poggi  il  piede, 
Con  gli  occhi  alzati  contemplando  intorno 
Or  notturne  bellezze,  or  matutine, 
Immortali  e  celesti,  anzi  divine. 


376  LA  GERDSALEMME 

XCY. 

Pensava  il  pio  guerriero:  o  quante  belle 
Luci  il  tempio  del  Ciel  sparge,  e  ragana! 
Ha  il  suo  gran  lume  il  di ,  Taurate  stelle 
Spiega  la  cotte ,  e  la  sua  algente  Luna  ; 
Ma  non  è  chi  vagheggi  o  queste  o  quelki 
£  miriam  noi  torbida  luce  e  bruna, 
eh' un  girar  d'occhi,  un  balenar  di  riso. 
Scopre  in  breve  confin  d*  un  bianco  viso. 

xcvr. 

Così  pensando,  alle  più  eccelse  cime 
Ascese,  ed  ivi  inchino  e  riverente 
Alzò  il  perisier  sovra  ogni  Ciel  sublime, 
E  le  luci  fissò  neir  Oriente . 
La  prima  vita,  e  le  mie  colpe  prime 
Mira  con  occhio  di  pietà  clemente. 
Padre  e  Signore;  e  di  tua  grazia  or  piovi, 
Perch'il  vetusto  Adam  spogli,  e  rinovi. 

CXTII. 

Prega  in  tal  guisa,  e  già  gli  sorge  a  fronte 
Con  aureo  manto  la  vermiglia  Aurora; 
£  i  suoi  capelli,  e  del  frondoso  monte 
Le  verdi  cime  a  quella  luce  indora  : 
£  ventilar  nel  seno,  e  nella  fronte. 
Mormorando  sentia  lo  spirto,  e  Torà, 
Che  sovra  '1  molle. crin  scuotea  dal  grembo 
Della  bell'Alba  un  rugiadoso  nembo  . 

XCTIII. 

Bagna  l'estivo  gel  le  chiome  bionde, 
E  quella  quasi  d' ór  tenera  piuma  ; 
Come  anzi  il  nuovo  Sol,  l'erbose  sponde 
Sparge  il  Ciel  di  rugiada,  e  Taria  alluma: 
O  come  vago  augel  tra  fronde  e  fronde 
Si  spruzza  l'ali ,  che  di  novo  impinma  , 
£i  giungendo  fra  l'ombra,  ivi  si  spazia 
Di  piacer  in  piacer ,  di  grazia  in  grazia. 


CONQUISTATA  a-jj 

XCIX. 

E  poscia  vede  il  fonte  occulto,  e  l'acque 
Viepiù  bel  di  cristallo,  e  più  d'argento: 
£  del  sacro  silenzio  all'ombra  ei  giacque. 
Dove  devoto  bebbe ,  e  fu  contentor: 
£  di  ciò,  ch'invaghia  la  mente,  e  piacque, 
Sentì  il  primo  desio  nel  core  spento, 
£  d'ogni  altro  dolcior  fastidio  e  scherno  : 
O  maraviglia  del  sapere  eteì*no  1 

e. 

Fra  nembi  intanto  di  splendor  celeste, 
Che  tutti  risplendean  di  raggi  e  d'auro^ 
L'angeliche  virtù  leggiadre  e  oneste 
Portar  d'arme  di  luce  ampio  tesauro: 
Là  've  di  care  pietre  in  un  conteste 
Scorge  una  Croce  infra  la  palma  e'I  lauro; 
£  l'appoggiaro  a' lucidi  giacinti. 
Quasi  immortai  trofeo  de'vizj  estinti. 

CI. 

Come  del  Ciel  negli  alti  e  chiari  campi 
La  Croce  sfavillò  di  fiamme  e  d' ostro  ; 
£'l  vero  segno  altrui  con  vivi  lampi. 
Regnando  Tempio  Greco  ,  allor  fu  mostro: 
Cosi  da  nube,  che  sonora  avvampi. 
Coir  arme  è  scesa  in  quell'ombroso  chiostro, 
£  rilucea  tra  la  fontana  e  'l  verde  ; 
Ed  ogni  luce  ivi  s'abbaglia  e  perde. 


CTI. 


Roma,  quali  arme  avesti,  e  quali  schermi. 
Quando  regnò  d*  Egeria  il  vecchio  amante, 
Benché  la  vecchia  fama  il  caso  affermi 
Di  quel  celeste  scudo,  e  pur  len  vante. 
Da  opporre  a  queste  in  solitari  ed  ermi 
Colli  portate,  e  fra  l'ombrose  piante? 
Là  've  Riccardo  è  già  rivolto  al  suono 
Dell'  onor  lieto ,  e  del  celeste  dono . 


a;»  LA  GERUSALEMME 

CHI. 

Ne  sazio  di  mirarlo^  or  questa,  or  quella 
Parte  dell' arme  in  mano  ei  prende,  e  pion; 
L'elmo,  che  vince  la  sanguigna  stella, 
Che  d'ardore  e  di  fiamme  il  c;*in  rinova: 
£  la  corazza,  che  fiammeggia  anch*  ella. 
Quasi  gran  luce,  che  nel  CieL  si  mova  : 
£  dello  scudo  le  mirabiFopre, 
Nel  cui  gran  magistero  il  Ciel  si  scopre. 

CIT. 

Quegli ,  che  fece  Arturo,  ed  Orione , 
Die  '1  lavoro,  e  l'esempio  al  Cabro  accorto; 
£  fra  r  altre  di  stelle  auree  corone , 
Il  Sol,  che  gira  il  suo  camin  distorto. 
Parte  la  Croce  le  contrarie  zone, 
£  squadra  il  mondo  dall'Occaso  ali* Orto. 
Disse  Pietro:  O  figliuol  del  pio  Guglielmo, 
Questa  è  d'alta  speranza  il  lucido  elmo. 

CT. 

Scudo  è  di  fede ,  e  di  giustizia  usbergo 
Questo.  Cosi  di  luce,  o  pur  di  gloria, 
Pietro  t'arma  la  fronte,  e  '1  petto  el  tei|;o, 
£d  onora  de'  tuoi  l' alta  memoria  , 
Che  difeser  di  Dio  quel  santo  albergo. 
Per  cui  degna  è  d'onor  giusta  vittoria: 
Di  queste  Augusti,  Regi,  o  Duci  illustri 
Fien  pochi  adorni  in  cento  e  cento  lustri. 

CTI. 

Qual  gloria  è  d'oro  incoronar  le  fronti 
Là  dov'egli  da' suoi  parte  e  disgiunge? 
Cosi  diceva  ;  e  que'  frondosi  monti 
Maravigliarsi  allo  splendor  da  lunge  : 
Maravigliarsi  il  gran  torrente  e  i  fonti. 
Ove  quel  lume  inusitato  aggiunge 
D' oro  e  d' elettro  ;  e  la  profonda  valle  • 
Mirò  sparso  di  raggi  il  nero  calle . 


LA 

GERUSALEMME 

CONQUISTATA    . 


CANTO  VIGESIMQSECONDO 

ARGOMENTO 

■ 

Riccardo  il  bosco  degl'incanti  scioglie , 
Onde  n'ha  premio ,  e  per  pagar  la  morte 
Del  caro  amico,  a' Turchi,  a' Siri  toglie 
Mille  e  mill'alme  in  terra ,  e  'n  acqua .  Il  forte 
Argante  uscito ,  i  foggitÌTt  accoglie 
A  nuova  guerra:  Celebin  le  porte 
Batte  di  morte  :  Il  Re ,  che  '1  gran  periglio 
D^alto  vede,  richiama  i  suoi  col  figlio. 

v-4ome  d'alta  virtù  radorni  e  vesta, 
£gli  médesmo  riguardando  ammira: 
Poscia  verso  l'antica  atra  foresta 
Con  secura  baldanza  i  passi  gira. 
Era  là  giunto,  ove  i  men  forti  arresta 
Solo  il  terror,  che  di  sua  vista  spira: 
Né  gli  sembrava  quello  orrido  bosco , 
Ma  lieto ,  verde,  ameno,  ombroso  e  fosco. 


TI. 


Passa  più  oltra,  ed  ode  un  suono  intanto, 
Qual  roco  mormorar  di  lucide  onde, 
E  di  musico  cigno  il  flebil  canto, 
E'I  lusignol,  che  plora,  e  gli  risponde: 
E  quasi  di  Narciso  e  d'Eco  il  pianto, 
E  Taura  sospirar  di  fronde  in  fronde: 
E  lire  e  cetre,  ed  arpe  e  versi  in  rime  : 
.Tanti  e  si  varj  suoni  il  suono  esprime  ! 


a8o  LA  GERUSALEMME 


III. 


Il  Cavalier,  pur  come  agli  altri  airvieae» 
N' attendeva  un  gran  tuon  d'alto  sparento; 
E  n  ode  poi  di  Ninfe ,  e  di  Sirene  , 
D*aure,  d* acque,  e  d'augei  dolce  concento: 
Onde  maravigliando  il  pie  ritiene , 
E  poi  sen  va  tutto  sospeso  e  lento; 
E  per  via  trova  un  vago,  e  picciol  fiume, 
Che  si  copre  del  Sole  al  chiaro  lume. 

IT. 

I/un  margo  e  l'altro  di  quel  rivo  adorno 
Spira  soavi  odori ,  e  lieto  ride  : 
-Ei  distende  il  suo  torto  e  freddo  corno 
Dintorno  al'bosco,  che  nel  grembo  asside: 
Ne  pur  gli  fa  quasi  corona  intorno , 
Ma  i  verdi  calli  un  suo  ruscel  divide; 
Bagna  egli  il  bosco,  e '1  bosco  il  Guoieadombraif 
Con  bel  cambio  fra  lord' umore  e  d'ombra. 

Mentre  mira  il  guerrier  dove  si  guada ,   • 

Gli  apparve  un  ponte ,  ch'è  d'intagli  e  d'oro, 

Maraviglioso  in  vista;  e  larga  strada 

Par  che  prometta  a  più  ascoso  tesoro . 

Passa,  e  passato  appena,  avvien  che  cada 

Dagli  archi  il  ruinoso  aureo  lavoro; 

Onde  sei  porta  via  Tonda  repente. 

Fatta  d'un  picciol  rivo  ampio  torrente  . 

▼I. 
Ei  si  rivolge,  e  con  spumose  corna. 

Quasi  per  lunga  pioggia,  o  nevi  sciolte. 

Vede  che  gonfio  gira,  e'n  se  ritorna  , 

Con  mille  rapidissime  rivolte. 

Desio  di  novità  nulla  distorna  , 

Sicch'et  spia  tra  le  piante  ombrose  e  folte; 

E'n  quelle  solitudini  selvagge 

Sempre  a  se  nuova  maraviglia  il  tragge. 


CONQUISTATA  a8i 


TU. 


Dove  In  passando  il  suo  vestigio  ei  posa, 

Par  ch'ivi  sorga  un  foniche  un  fior  germoglie. 
Là  s'apre  il  giglio ,  e  qui  spunta  la  rosa , 
Ol  bel  giacinto  con  cerulee  foglie: 
E  sovra,  e  'ntorno  a  lui ,  la  selva  annosi 
Parea  ringiovenir  T  antiche  spoglie. 
S'ammolliscon  le  scorze,  e  si  rinverde 
Nelle  fronde,  e  ne' rami  il  fresco,  eU  verde. 


▼III. 


Rugiadosa  di  manna  è  l'alta  fronda, 
E  stilla  dalle  scorze  il  dolce  mele  : 
E  di  nuovo  ode  pur  quella  gioconda 
Strana  armonia  di  canti ,  e  di  querele  • 
Ma'l  coro  uman,  ch'a'cigni,  all'  aura,  all'onda 
Facea  tenor,  non  sa  dove  si  cele  : 
Non  sa  veder  chi  formi  i  chiari  accenti  ,* 
E  faccia  d'alto  suon  varj  concenti. 

IX. 

Mentre  ei  pur  guarda,  e  fede  il  cor  dinega. 
A  quel ,  ch'il  senso  gli  offeria  per  vero; 
Vede  un  mirto  non  lunge,  e'I  passo  ei  piega 
Dove  giunge  nel  mezzo  un  bel  sentiero: 
L'estranio  mirto  i  rami  inalza,  e  spiega 
Più  della  palma,  e  del  cipresso  altero  : 
E  sovra  tutti  gli  arbori  ei  frondeggia , 
Com'ivi  il  bosco  abbia  l'ombrosa  reggia  . 

Fermo  il  guerrier  nel  voto  spazio,  affisa 
A  maggior  novità  gli  occhi  e  le  ciglia  ; 
Pianta  gli  appar,  quasi  gemendo  incisa, 
Ch'apre  feconda  il  cavo  ventre,  e  figlia; 
E  n'esce  fuor  vestita  in  strana  guisa 
Ninfa,  d'età  cresciuta,  o  maraviglia! 
E  vede  insieme  poi  cento  altre  piante 
Cento  ninfe  produr  dal  sen  pregnante  • 


a82  Lk  GERUSALEMME 


ZI. 


Quai  le  mostra  il  teatro,  o  quai  dipiDte 
Miriam  selvagge  Dee  Ira  fag^i,  e  pini, 
Nude  le  braccia,  e  rabito  succinte. 
Con  bei  coturni,  e  con  disciolti  crini: 
Con  tai  sembianze  si  vedean  le  fiate 
Figlie  del  bosco,  avvolte  in  bianchi  lini: 
Se  non  ch'in  vece  d'arco,  o  di  faretra, 
Chi  tien  viola ,  e  chi  liuto ,  o  cetra  • 


zìi. 


£  tosto  cominciar  canti  e  carole, 
£  di  se  stesse  una  corona  ordirò , 
£  cinsero  il  guerrier,  che  pare  un 
Com'è  rinchiuso  il  centro  in  anspio  giro  : 
Cinser  la  pianta  insieme,  e  tal  parole 
Nel  dolce  canto  risuonar  s'udirò  : 
Ben  caro  giungi  in  queste  selve  amene, 
O  della  Diva  nostra  amore,  e  spene! 

XTII. 

Giungi  aspettato  a  dar  salute  alfegra. 
D'amoroso  pensiero  arsa  e  ferita  . 
Questa  selva,  che  dianzi  era  si  negra. 
Stanza  conforme  alla  dolente  vita , 
Vedi ,  che  tutta  al  tuo  venir  s'allegra , 
£'n  più  leggiadre  forme  è  rivestita  . 
Tal  era  il  canto;  e  poi  dal  mirto  uscia 
Un  dolcissimo  tuono,  e  quel  s'apria. 

XfT. 

Come  all'aprir  d'un  rustico  Sileno 
Maraviglie  vedea  l'antica  etade; 
Così  quel  mirto  dall'aperto  seno 
Imagini  gli  mostra  e  belle  e  rade: 
Donna  dimostra,  il  cui  splendor  sereno 
Quasi  parea  d'angelica  beltade. 
Mira  il  guerriero,  e  riconosce  il  viso, 
Ond'ebbe  d'aureo  strale  il  cor  diviso. 


CONQUISTATA  a85 


XT. 


Quella  lui  mira  in  un  lieta  e  dolente  » 
E  mille  affetti  in  un  sol  guardo  misti: 
Poi  dice  :  Io  pur  ti  veggio,  e  più  lucente 
Pur  f itomi  a  colei ,  da  chi  fuggisti. 
A  che  ne  vieni?  a  consolar  presente 
Le  mie  vedove  notti,  e  i  giorni  tristi? 
O  vieni  a  mover  guerra,  a  discacciarme? 
Che  mi  celi  il  bel  viso,  e  mostri  l'arme? 


XTT. 


Giungi  amante,  o  nemico?  il  ricco  ponte 
logia  non  preparava  ad  uom  nemico, 
Ne  gli  apriva  il  ruscello ,  i  fior ,  la  fonte , 
Sgombrando  appronti  passi  il  duro  intrico 
Togli  questo  elmo  omai,  scopri  la  fronte, 
£  gli  occhi  agli  occhi  miei,  s'arrivi  amico: 
Giungi  i  labri  alle  labra,  il  seno  al  seno, 
Porgi  la  destra  alla  mia  destra  almeno . 

XTII. 

Seguia  parlando;  e'n  bei  pietosi  giri 

Volgea  lo  sguardo ,  e  scoloria  i  sembianti. 
Falseggiando  i  dolcissimi  sospiri , 
£  i  soavi  singulti,  e  i  vaghi  pianti  : 
Talch'incauta  pietate  a  quei  martirj 
Intenerir  potea  gli  aspri  diamanti; 
Ma'l  cavaliero  accorto  omai,  non  crudo. 
Più  non  attende,  e  stringe  il  ferro  nudo. 

Sfili. 

Yassene  al  mirto.  Àllor  colei  s'abbraccia 
Al  caro  tronco ,  e  s'interpone,  e  grida  : 
Ahi,  non  sarà  mai  ver  che. tu  mi  faccia 
Oltraggio  tale ,  e  l' arbor  mio  recida  • 
Deponi  il  ferro,  o  dispietato,  o'I caccia 
Prima  nel  petto  all'infelice  Armida . 
Per  questo  sen,  per  questo  core  al  mirto 
Sol  passi,  e  scacci  l'amoroso  spirto. 


i86  LA.  GERUSALEUME 

xxTir. 

Cuoja  dipintele  tele,  in  cut  germoglia 
O  vite,  o  Celso;  e'I  rode  augello ,  od  aspe. 
L' ago  vi  figurò  fior ,  frutti ,  e  foglia , 
Con  qual  fil  prezioso  il  Sere  inaspe , 
E  con  qual  più  lucente  in  aurea  spoglia , 
L' intesse  abitator  delFIndo  Idaspe  : 
Ed  odori  d* Arabia,  e  gemme  aggiunge 
A  ciò,  che  nera  man  orna  e  trapunge. 

XXTIII. 

Da' doni,  e  dal  lavor  di  seta,  e  d*  auro  , 
Alla  battaglia  il  cavalier  si  volse  ;  ^ 
E  pria  ch'il  Sole  inchini  al  lido  Sfauro, 
Vendicar  vorria  Tonta,  ond'ei  si  dolse. 
Tutti  gli  altri  prendean  cibo  e  restauro 
Nei  lunghissimi  giorni;  ei  nulla  volse. 
Tre  di  piangendo,  e  del  suo  duol  si  ciba; 
Ma  nel  dolor  grazia  del  Ciel  deliba . 


xxn. 


L*altro  si  prova  al  salto,  e  prova  al  corso. 
Nell'armi,  che  non  fur  opre  mortali; 
E  gli  par  eh  abbia  al  petto,  e'ntomo  al  dorso, 
Quasi  da  girne  a  volo  e  piume  ed  ali. 
Poi  vede  il  gran  Circin  si  pronto  al  mono, 
Cui  non  sarian  correndo  i  venti  eguali, 
Quando  si  scioglie  l'animosa  turba 
Da' cavernosi  monti,  e'I  mar  perturba. 

Candido  è  quel  destrier ,  ne  macchia  il  tinge, 
Quasi  puro  armellin,  che  schiva  il  £aingO| 
E  par  che  voglia  dir,  mentr  egli  ringe. 
Con  dolorosa  voce:  Io  tecoil  piango. 
11  guerrier  su  vi  monta,  e'I  gira,  e  spinge; 
Poi  dice  :  Tu  sei  pronto ,  io  pur  rimango; 
£  poich'è  morto  il  mio  fedel  diletto , 
Nuovi  all'ingiuria  mia  compagni  aspetto. 


CONQUISTATA  a85 

XXIII. 

Tornò  sereno  il  cielo,  e  l'aura  cheta , 
Tornò  la  selva  al  suo  p rinfilerò  stato, 
Kon  d'incauti  terrìbile,  né  lieta, 
Piena  d'orror,  ma  dell'orrore  innato  . 
Ritenta  il  vincitor, s'altro  più  vieta, 
Ch'esser  non  possa  il  bosco  ornai  troncato  : 
Né  trova  incontro  ;  e  fra  sé  dice:  O  vane 
Sembianze!  e  folle  chi  per  lor  rimane! 

XXIT. 

Quinci  s'invia  verso  le  tende,  e'ntanto 
Colà  predice  il  solitario  Piero  : 
Già  vint'  è  della  selva  il  nuovo  incanto, 
Già  sen  ritorna  il  vincitor  guerriero: 
Eccolo,  e  come  un  Sol ,  ch'indora  il  manto 
Di  bianca  nube,  umilemente  altero. 
Quel  dall' arme  spargea  fiammelle  e  raggi, 
£  segnava  di  luce  ernii  viaggi. 

XXT. 

£  con  mille  sonori  e  lieti  gridi 

Raccolto  ei  fu  dall'animose  squadre: 
Andai  (  lor  disse  )  a  quella  selva  :  io  vidi  : 
Vinse  la  Croce  ombre  maligne  ed  adre , 
£  le  scacciò  da'  tenebrosi  nidi 
Con  queste  mie  lucenti  arme  leggiadre: 
Lìbera  é  omai  d'incanto  e  da  fantasma 
La  terra ,  che  d' antico  error  si  biasma . 

XXTT. 

Ma  gii,  Goffredo  onor  devuto  e  grande 
Gli  fa  co' doni  in  disusato  stile. 
Due  gli  manda  di  fiori  auree  ghirlande, 
Ch'ei  vinse  in  giostra ,  e  d'or  cinto,  e  monile: 
Urne  d'argento,  onde  l'umor  sì  spande, 
Quasi  da  fonte:  e  ricca  preda  ostile 
Di  torte  spade,  e  di  faretre,  e  d'archi. 
Ch'ebbe  espugnata  Marra, e  Biblo  ed  Archi. 


288  L4  GERUSALEMME 

Così  ali  or  tutti  al  suo  venir  turbarsi 

E  Siri  e  Turchi,  e'I  popol  nero  e'I  bianco, 
£  cercar  di  fuggirne ,  o  di  ritrarsi 
Da  quella  luce,  non  veduta  unquanco: 
£  i  primi  già  fuggian  tremanti  e  sparsi 
Lungo  il  torrente  assai  cresciuto,  ed  anco 
Sin  nella  tenda,  ov*il  possente  Adrasto 
Non  sperò  di  trovar  duro  contrasto. 

XXXTI. 

Era  già  sorto  ;  e  con  feroce  sguardo , 

Cbiedea:  Qual  fuga  è  questa?  e  chi  gli  scaedi? 
Rispondea  Doldechino:  11  gran  Riccardo 
Forse  sarà  dalle  possenti  braccia , 
Di  cui  non  è  più  fiero,  o  più  gagliardo. 
Da' nostri  lidi  insino  al  mar,  ch'agghiaccia. 
Tu  medesmo  vedrai,  pria  eh* egli  aggiunga, 
Come  d'asta  e  di  spada  e  fera ,  e  punga. 

XXXTII. 

E  far  prova  potrai  di  tua  possanza, 
E  della  sua,  e' ha  sì  propizia  sorte  . 
Vedrò  (l'Indo  dicea)  com'ei  s'avanza  : 
Poi  giudici  saran  Fortuna  e  Morte  : 
Ma  Riccardo  di  fiamma  avea  sembianza, 
Che  fra  le  nubi  va  per  vie  distorte  ; 
Mentre  per  Taere  impetuoso  turbo 
Tutto  il  rivolge  ornai  dal  chiaro  al  turbo. 


XXXTIIT. 


Tauro  è  nel  primo  incontro  allor  percosso. 
Che  pari  ha  quasi  al  Re  statura  e  membra: 
Rompe  la  dura  lancia  il  naso,  e  l'osso, 
E  trapassa  la  parte,  ond'uom  rimembra; 
Talché  di  ruinoso  alto  colosso  , 
Di  quel  gran  colpo  la  caduta  assembra. 
Se  d'alta  base  alfin  lo  scuote  e  svelle 
Violenza  di  spirti,  e  di  procelle. 


CONQUISTATA  aSg 

Coir  impeto  medesmo  eì  spinge  a  terra 
Pirga ,  Àsimar ,  Bospeo,  Feronio,  llargo , 
Gangetìco,  Rodalto;  e  spezza  e  sferra 
Ciò,  che  jÌQCoutra  ìiisino  al  dubbio  margo. 
Cento  altri  e  cento  ancide  ;  e'n  breve  guerra 
Ornai  vince  il  furor  di  Troja  e  d'Argo; 
Sin,  ch'ebbe  contra  il  Re  degl'Indi  adusti , 
Fra  quelli  spazj  ,  a  tanta  gloria  angusti. 

XL. 

L' Indico  Re  colla  terribii  forza 
La  sua  fortuna,  e'I  Cavalier  prevenne; 
Ma  passar  non  potè  la  dura  scorza 
Dello  scudo,  ch'il  colpo  aspro  sostenne: 
Ei,  come  nave,  che  si  piega  all'orza. 
Si  torse  ;  e  si  fiancar  le  dure  antenne  ; 
Ma  Riccardo ,  il  destrier  rotando  a  destra. 
La  spada  ha  già  nella  fulminea  destra  • 

XLl. 

S'I  fere  in  raezzo,  e  gli  divide  e  frange 
(Come  dal  ciel  discenda  )  il  duro  usbergo. 
E  tutto  apre  del  petto  al  Re  del  Gange 
Le  sanguigne  latebre,  e'n«ino  al  tergo: 
Onde  l'alma  crudel  s* affanna  ed  ange , 
Cacciata  a  forza  dal  nativo  albergo: 
Precipitoso  il  corpo  allor  trabocca , 
Come  suol  rimbombar  caduta  rocca. 


XLIT. 


Dintorno  a  lui  la  fera  gente  e  n^ra 
Percote,e  sforza;  e  braccia  incide,  e  fronti, 
E  fra  la  turba  atterra  estinta,  od  egra, 
Balduc ,  Bolfengo ,  Amardo  a  morir  pronti. 
Più  eh' a  fuggire:  e  come  avvenne  in  Flegra, 
Pajon  monti  di  strage  imposti  a'monti  : 
Ei  colla  spada  folgorar  sull'empio 
Stuolo,  e  far  doloroso  e  giusto  scempio. 

e  Conq.  r.  IL  «9 


ago  LA  GERUSALEMME 

Qual  nell'aja  il  cavai  si  gira,  e  calca 

L'orzo,  che  sotto  i  pie  sì  franga  e  peste: 
Tal  sovra  i  morti  il  gran  giierrier  cavalca. 
Per  quelle  vie,  di  cieco  orror  funeste. 
Sotto  il  destrier  nella  confusa  calca 
Rompe  corazze  e  scudi,  ed  elmt  e  teste: 
IVlacctìia  al  corsier  la  sella,  e  Tarnii  stesie 
La  sanguigna  di  morte  orribil  messe. 

XLIT. 

Angelo  par ,  che  folgoreggi  e  spiri , 

Come  allor,  che  Dio  volle  aspra  vendetta, 
Sovra  (^aldei  discese ,  o  sovra  Assiri , 
Con  quella  spada,  che  non  taglia  tn  fretta. 
Tutti  fuggian  sin'agli  ondosi  giri 
Del  torrente,  che  gonfio  il  corso  affretta; 
Ma  dell'ampio  Cedron  V  onda  transvena 
Partì  lor  fuga,  onde  fer  via  diversa. 

XLT. 

Una  parte  di  loro  indietro  evolta 
Vèr  la  città  ,  eh* in  più  sereni  giorni 
La  pompa  trionfale  a vea  raccolta  ^ 
E  d'auree  spoglie  empj  tiranni  adomi: 
L'altra  cadea  precipitosa  e  folta 
Sovra  le  rive  e  gli  umidi  soggiorni: 
£  Tonda  raccolgea  di  cerchio  in  cerchio, 
La  gente  spinta  da  timor  soverchio. 

XLVI. 

Chi  qua,  chi  là  nel  gran  torrente  ondeggili 
O  con  impeto  avverso,  o  con  secondo; 
E  gridando  delParmi  il  peso  alleggia; 
Giù  l'acqua  volge  elmi  e  loriche  al  fondo: 
E  quasi  di  cavalli  orrida  greggia  , 
L'empie,  e  d'uomini  e  d'arme  il  grave  pondo 
Neil  acque  ei  spinge  il  suo  destrier  d'^ua  salti 
Facendo  a' fuggitivi  un  fero  assalto* 


CONQUISTATA  syi 


XLTII. 


E  fero  pasto  al  magro  iugordo  pesce 
Prepara  di  sanguigne  atre  vivande; 
Mentre  gli  empj  persegue,  e  turba,  e  mesce 
Là  've  il  torrente  è  più  sonoro  e  grande . 
Cedron  tutto  rosseggia,  e  spuma,  e  cresce 
Sovra  le  rive,  alfin  s'innalza  ,  e  spande, 
E'nonda  (ch'altra  via  gli  è  chiusa  e  tronca) 
Quella  trista  di  morte  orrida  conca . 


xLfiri. 


Par  eh' egli  sol  vittorioso  occupi 
Ambe  le  rive ,  e  la  divisa  valle  : 
Nuotan  molti  fuggendo  all'  erte  rupi , 
O  sotto  gli  archi  del  marmoreo  calle  : 
E  braman  pur  spelunche,  antri  e  dirupi , 
Mentre  han  la  morte  alle  fugaci  spalle  ; 

0  di  trovar  fra  l'acque  aperto  e  scisso,' 
Per  lor  refugio,  almen  l'oscuro  abisso  • 

M.XIX. 

Non  ritrovava  intanto o  pace,  o  posa. 
L'alma  inquieta  del  feroce  Argante; 
Ma  del  fin  della  guerra  ancor  pensosa , 
Mille  forme  d'orrore  avea  da  vanta: 
Il  rischio  de*fratei,  l'età  gravosa- 
Del  vecchio  padre ,  ed,  anzi  il  fin,  tremante  : 

1  preghi  della  moglie ,  e  i  teneri  anni 

Del  figlio,  il  proprio  onore,  e  i  lunghi  affanni. 

Del  suocero  le  voglie,  assai  diverse 
Dalle  paterne,  e  l'odio  grave  antico 
Delle  due  genti,  a  guerreggiar  converse 
Contra  il  comune  lor  aspro  nemico  : 
E'n  variando  le  fortune  avverse 
Vera  gloria  non  cede  al  finto  amico  : 
Ned  al  proprio  fratel  lasciarla  agogna  , 
E  teme  in  altrui  laude  onta  e  vergogna . 


ng^à  LA  GERUSALEBIBIB 

LI. 

Però  venia  dal  fonte  alF ampia  porta. 
Aspettando  de*  suoi  vere  novelle, 
A  cui  fé  Doldechin  l'usata  scorta; 
Parte  ii  grido  saliva  all'auree  stelle , 
Quando  del  suo  pensier  Liigerta  accorta , 
Con  molte  rincontrò  dolenti  ancelle, 
Dalla  gran  torre  incontra  lui  discesa. 
Che  movea  frettoloso  a  dubbia  impresa. 

LII. 

Una  di  lor  portava  in  braccio  il  figlio. 
Che  poco  anzi  lasciato  avea  la  culla, 
E  pargoleggia  ancor  nel  gran  periglio , 
E  deiraltrui  dolor  sa  poco ,  o  nulla  : 
Bello  era  come  rosa ,  o  fresco  giglio; 
E  spesso  del  gran  padre  il  duol  trastulla , 
Che  Giordano  il  chiamò  :  le  genti  dome 
Saimansar  il  dicean ,  con  regio  nome. 

LUI. 

Tacito  rimirando  il  fero  padre  , 
Come  soleva,  al  pargoletto  arrise  • 
Piangeva  appresso  la  dolente  madre  : 
£  presa  quella  man,  che  tanti  aacise, 
E  spesse  volte  alle  nemiche  squadre 
Della  vittoria  alto  sentier  precise. 
Disse:  Questa  virtù,  che  gli  altri  affida, 
Signor  mio  caro,  a  morte alfin  ti  guida  . 

LIT. 

Abbi  pietà  del  tuo  figliuol  diletto  , 
Che  non  conosce  la  miseria  umana, 
E  di  me, dal  paterno  e  caro  aspetto, 
E  dalla  patria  mia  tanto  lontana , 
Che  lascerai  nel  mal  secnro  letto. 
Vedova  sconsolata  in  terra  estrana , 
La  qual,  priva  di  te,  vorrei  la  morte, 
Pria  che  di  real  sangue  indegna  sorte  • 


CONQUISTATA  agS 

LT. 

Più  caro  mi  sarebbe  andar  sotterra , 
Lasciando  tante  mie  serve  meschine, 
Che  senza  te,  di  lagriraosa  guerra 
Veder  cattiva  il  già  temuto  fine; 
E  rimaner  neir infelice  terra 
Fra  morti,  e  dolorose  alte  ruine: 
Ne ,  fuor  che  la  tua  vita ,  altro  convene 
A  tanti  affanni  miei  conforto  e  spene. 

ITI. 

Tu  marito,  tu  padre,  e  tu  fratello , 

Di  tua  presenza  al  mio  timor  soccorri . 
Non  so  qual  di  lassù  fiamma,  o  flagello 
Strugge  le  squadre,  ove  tu  incauto  accorri. 
Deh  !  noi  tutte  difendi,  e'I  fido  ostello  , 
Tra  queste  integre  ancora  eccelse  torri  ; 
E  raccogli  la  turba  anco  smarrita: 
Forse  ne  salverà  maggiore  aita . 

LTII. 

Così  diss'  ella  ;  e  '1  Cavalier  turbato  : 
Non  t'affligga,  mia  cara,  amata  cura, 
Della  mia  fine,  e  del  mio  dubbio  stato, 
Oltra  modo  (  dicea)  doglia,  o  paura: 
Ch*io  non  andrò  pria  ch'il  prefigga  il  fato. 
Per  man  dermici  nemici  a  morte  oscura; 
Ma  contra  il  Ciel  non  ha  riparo,  e  schermo 
11  vile,  oì  forte  ;  e'I  mio  destino  è  fermo. 


I.TI1I. 


Torna  dunque  all'albergo,  o  mia  fedele; 
E  deir  ancille  tue  pensier  or  prendi , 
Ed  a'  lavori  pur  di  bianche  tele , 
O  pur  di  seta  ,  e  d' ór ,  pudica  attendi . 
Noi  cura  avrem  della  tenzon  crudele , 
Uomini  usati  in  guerra  accasi  orrendi; 
Io  più  d'ogni  altro ,  che  produsse,  e  pasce 
La  sacra  terra  ,che  uudrimmi  in  fasce. 


394  I'^  GERUSALEMME 

LIX. 

Così  alla  donna  il  Cavalier  rispose  : 
A  baciare  il  figliuolo  indi  èrivolto. 
Ma  deirarmi  lucenti  e  spaventose 
Quel  rimirando  il  fero  padre  avvolto. 
Fuggi  il  paterno  aspetto,  e  'n  seno  ascose 
Della  bella  nudrice  il  capo  e  *1  volto  ; 
Onde  la  cara  madre,  ed  egli  insieme 
Bidon  di  lui,  che  semplicetto  il  teme. 

Ei  discoperto  già  delFelmo  il  viso , 

Tra  le  braccia  il  barobin  lusinga  ^  e  molce; 
£  della  bocca  il  desiato  riso 
Bacia,  che  rende  il  travagliar  più  dolce: 
£  poiché  da  se  Tebbe  alfin  diviso. 
Prega,  in  vece  di  lui,  chel  nìondo  folce, 
Falso  profeta:  onde  nel  Ciel  dispersi 
Furo  i  suoi  preghi,  alla  giustizia  avversi. 

z.xr. 

Dammi,  spirto  di  Dio,  che  viva,  e  cresca 
Questo  mio  figlio,  e  che  di  me  sia  degno: 
Degno  degli  avi  antichi  anco  riesca , 
Che  nell'Asia  acquistarsi  imperio ,  e  regno: 
£  col  tuo  nome,  e  col  valor  accresca 
Questo ,  a  cui  son  difesa ,  anzi  sostegno: 
£  spoglie  di  nemici  in  guerra  morti 
Sanguigne,  e  gloria  alla  sua  madre  apporti. 

LXII 

Così  pregò  di  sua  fortuna  in  forse  , 
Ma  di  vano  sperar  gonfiato  e  pieno; 
£d  alla  cara  madre  il  figlio  porse. 
Che  l'accogliea  nell'odorato  seno. 
Poscia  al  maggior  periglio  il  passo  ei  torse, 
Al  suo  feroce  ardir  lentando  il  freno: 
£d  usci  per  la  porta  all'acque  opposta, 
Ond'ebbe  il  nome  in  suir altera  costa. 


CONQUISTATA  agS 

X.SIIT. 

Del  ferro  sostenea  V  usato  incarco 

Sovra  il  destrier  con  mille  arcieri  avanti* 
Gli  scudieri  portargli  e  lancia  ed  arco  ; 
E  gran  faretra  empier  d^armi  volanti . 
£i  Riccardo  mirò  sul  fero  varco, 
Non  lunge  a' fulminati  empj  giganti, 
Clie  del  gran  ponte  i  passeggiati  marmi 
Tenendo,  risplendea  di  luce  e  d'armi. 


LXfT. 


Tutte  già  tinte  avea  Tonde  tranquille; 

Or  da  quel  lato  ingombra  il  ponte,  e  guarda 
Colla  spada  alta,  che,  sanguigne  slille 
Spargendo,  par  ch'ella  fiammeggi  ed  arda. 
Perian  nel  gonfio  corso  a  cento,  a  mille 
La  turba,  eh' a  fuggir  fu  pigra  e  tarda: 
E  i  suoi  guerrier  lungo  le  torbid'  onde 
Van  quasi  a  caccia  in  quelle  antiche  sponde. 

E  molti  allor,  come  il  timor  gli  scaccia , 
D'una  nell'altra  morte,  a  lui  sospinti 
Venian,  fuggendo  alle  famose  braccia 
Del  gran  Riccardo,  e  vi  giaceano  estinti. 
Egli  senza  perdon  fere,  e  minaccia 
I  petti  e  i  visi,  di  pallor  dipinti: 
Non  si  muove  a  pietà,  ne  prego  intende  ; 
Ma  tutti  in  braccioamorte  agguaglia,  e  stende» 

LXT1. 

Fra  gli  altri ,  sua  mercè  pregando ,  inarra 
Di  Kodoano  il  frate,  e  di  Sanguigno. 
Afar,  ch'oprò  già  spesso  o  rastro,  o  marra, 
Fuggir  credendo  il  suo  destin  maligno; 
Ma  preso  colla  madre  intorno  a  Marra, 
Trovò  pielà  nel(«avalier  benigno: 
E  donato  da  lui  pervenne  in  Kodi, 
Donde  partissi ,  usando  iugauni  e  frodi . 


agfi  LA  GERUSALEMME 

E  com'era  di  lui  nel  Ciel  prescritto. 
Indi  fuggi  la  libertà  promessa; 
E  seguendo  il  romor  d'  Asia  e  d'Egitto, 
Tornava  a  ritrovar  la  morte  istessa. 
Ben  il  ravvisa  ÌI  Cavalier  invitto, 
Com'il  dolente  al  suo  furor  s'appressa 
Che  gìttato  avea  l'asta  e'I  caro  scudo, 
E  delle  solite  arme  è  qiiasi  ignudo. 

Non  vedeva  al  fuggir  guado,  né  riva  , 
Stanco  anelante,  e  dì  sudore  sparso; 
Però  mesto,  e  tremante  a'piè  veniva 
Del  glorioso  vincitor  di  Tarso  , 
Che  mirar  quasi  crede  ombra  cattiva; 
E  disse:  Qual  vegg'todi  nuovo  apparso? 
Forse  risorgeran  dal  cieco  Inferno 
L'alme,  che  già  mandai  nel  duolo  e(era< 

Posciachè  l'Asia  in  me  discioglie  i  servi, 
Ch'io  già  pensai  pacificarmi  in  tutto; 
Né  gli  ritiene  in  lungo  error  protervi 
Del  mar  canuto  il  tempestosa  flutto: 
Ma  ben  questi  vedrà  ,  com'io  conservi 
I  fuggitivi  in  cosi  acerbo  lutto . 
Cosi  dice;  e  previene  i  tardi  preghi. 
Mentre  quel  pensa  ,  ove  s' inchini  e  pieghi  - 

Tardi  tendea  la  mano  inerme,  esangue  , 
Supplicando  il  meschino  a'piè  disteso. 
Che  giù  scendea  su  gli  occhi  il  caldo  saiigiU 
D'aspra  ferita  ,  onde  fu  a  morte  offeso  : 
Talché  non  prega  più ,  ma  geme  e  langue; 
Pur  non  lasciò  il  ginocchio  ,  u's'  era  appresoi 
Vivi  (ei  dice)  se  puoi,  ch'a  te  perdona 
Ruperto,  e' ha  di  gloria  in  Ciet  corona, 


dona        I 
irona,    il 


CONQUISTATA  397 

LXXI. 

Ma  Tempio  Omar,  che  nome  e  patria  e  fede 
Mutar  già  volle,  or  non  vacilla  e  manca; 
Né  dispera  il  morir,  né  vita  ei  chiede , 
£1  timor  volge  in  rabbia,  e'I  cor  rinfranca: 
'  £  con  due  spade  impetuoso  il  fiede, 
Sapendo  come  Taltra  usarla  manca: 
Perch'il  fellon  d'ambe  le  mani  é  destro, 
Possente  e  fiero,  e  di  ferir  maestro. 


Lvxir. 


Ma  Telettro,  del  Ciel  lucente  dono, 

£  Tauro  eletto,  il  suo  furor  non  prezza  ; 
£  de' colpi  è  fallace  il  pondo ,  e'I  suono; 
El  ferro  stesso  ivi  si  piega,  e  spezza. 
DalTaltra  parte,  qual  fulmineo  tliono, 
Stride  la  spada,  alle  vittorie  avvezza, 
E  '1  fere  in  testa,  e  poscia  a  mezzo  il  ventre 
Vien  che  per  doppia  via  passi ,  e  rientre . 


LXXIIT. 


E  qual  da  sacco,  che  si  squarcia ,  o  solve, 
Caggiono  sparse  allor  T  interne  parti; 
Caliginosa  notte  i  Lumi  involve 
Del  corpo,  che  perduto  ha  Tarme  e  Tarti; 
£  gittato  é  nelT  onda ,  e  T  onda  il  volve, 
eh' un  altro  lago  fa  d'umori  sparti. 
Sicché  mareggia,  e  spuma  insino  al  basso, 
£  morte  al  morto  mar  precide  il  passo . 

LXXIT. 

D'arida  sete  intanto  accesi,  e  molli 
Di  sangue,  e  di  sudor  gli  altri  fuggirò; 
E  piene  avean  la  costa,  e  i  poggi ,  e  i  colli, 
Con  men  sinistro  fato  il  Turco,  e'iSiro. 
Perchè  Fortuna  non  atterri,  o  crolli 
Quel  di  T  imperio  lor,  volgendo  in  giro , 
La  maggior  parte  si  raguna  ;  e  densa 
É  intoi^no  Argante,  che  fuggir  non  pensa. 


apS  LA.  GERUSALEMME 

Qual  alpestre  dragon  damaro  losco 
Pasciuto,  nudre  Tira  iu  se  raccolta; 
£  con  terribii  guardo ,  intorno  al  fosoo 
Delle  latebre  sue  si  muove,  e  volta; 
E  Tuom  di  ferro  armato  aspetta  al  bosco,     , 
Nelle  sue  lustre,  e  uella  rupe  incolta: 
Tal  ei  riserba  ancor  T aulica  rabbia. 
Superbo  in  vista ,  e  con  secure  labbia . 

LXXfl. 

E  dice  fra  suo  cor:  S' indietro  io  torno,  , 

Che  ne  diranno  i  vecchi,  e  V  umil  plebe? 
Qual  odio  al  padre  aggiungo  ?  e  quale  soono? 
Che  parve  altrui,  quasi  Creonte  a  Tebe. 
Ritornò  Soliman  di  spoglie  adorno, 
£1  suo  lume  all'estremo  ancor  non  ebe: 
Il  mio  s'oscura  (otmè!)  per  breve  caso, 
E'I  mio  nome  fatai  giunge  all'Occaso. 

LXXTIT. 

Or  che  sarà ,  s' io  mi  nascondo  e  serro , 
Ed  Emireno  invoco  a  darmi  aita  ? 
Ma  sia  che  può,  già  nel  morir  non  erro: 
Fallo  è  restar  senza  F onore  in  vita. 
Ajutimi,  se  può,  la  destra  e'I  ferro, 
E  questa  schiera  in  sì  grand' uopo  ardita. 
E'ntanto  pur  vedea  con  fero  sguardo 
L'espugnator  delle  città,  Riccardo; 

LXTTIII. 

Che  già,  lasciato  il  ponte,  agli  alti  poggi 
Appressarsi  parca  primiero,  o  solo  . 
Argante  disse  a'suoi  :  Lasciam,  che  poggi 
Questo  superbo,  e'I  suo  feroce  stuolo: 
E  se  vi  pare,  andiamle  incontra;  ed  oggi 
Abbia  fin  d'Asia,  o  pur  d'Europa  il  duolo, 
Prima,  che  i  pochi  sptrsi  in  un  raccolga, 
E  più  securo  il  corso  a' suoi  rivolga. 


CONQUISTATA  ayj) 


LXXIX. 


Benché  di  luce  ei  si  circondi,  e  copra, 
£  forza  abbia  di  ferro ,  e  man  di  foco  : 
Man  di  foco  e  di  ferro ,  il  petto  alF  opra 
Non  mi  farà  parer  tremante  e  fioco. 
Or  la  vostra  virtù  per  me  si  scopra , 
Amici,  e  non  si  bia.smi  il  tempo  e  '1  loco  : 
Ch' anch' io  son  de'Bedtichi;  e  nulla  sterpe 
Da  questo  regno  ancor  V  eccelsa  sterpe . 

LXXX. 

Son  di  rea!  progenie >  e  non  rammento 
La  nostra  antica  istoria,  e  1  regno  prisco  ; 
Ma  come  cento  fur  saette,  e  cento. 
Onde  s'elesse  il  Re  nel  dubbio  risco. 
Questa  non  è  minor  guerra,  o  spavento; 
Ma  con  voi  tutto  spero,  e  tutto  ardisco. 
Pur  di  quel  sangue,  onde  ciascuno  inscrisse 
Le  quadrella ,  ed  a'  Persi  il  cor  trafisse . 

LXXXT. 

Già  non  vogliam  mostrar  le  spalle  ignude , 
Ma'l  petto  armato  al  mio  nemico,  e  vostro; 
Né  tornare  alla  salsa  alta  palude, 
Ò  de' gelidi  monti  al  duro  chiostro  : 
£  non  possiam,  ch'il  varco  a  noi  si  chiude. 
Io  di  vittoria  il  calle  a  voi  dimostro. 
Dunque  ciascuno  omai  rimembri,  e  speri 
L'alta  origine  prisca ,  e  i  nuovi  imperi  • 

LXXXII. 

Così  diss'egli:  e  tutti  il  suono  accese 
Delle  parole  al  periglioso  affanno. 
Ma  vago  Celebiu  d'altere  imprese, 
L'ultimo  figlio  del  crudcl  tiranno. 
Prima  lasciò  la  somma  parte,  e  scese 
Dove  mirò  de' suoi  l'orribil  danno. 
Poi  si  penti,  che  già  vicino  è  giunto 
Al  gran  Pciccardo,  e  dai  timor  compunto. 


Ed  in  fuga  cangiò  l'assalto  audace; 
Ed  a' suoi  non  potendo  omai  raccorsi. 
Alla  torre  di  Siloe,  a  cui  soggiace 
L'altra  porla,  volgeva  obliqui  i  corsi: 
Come  scampa  talnr  cervo  fugace , 
Del  gran  veltro  latrante  i  feri  morsi, 
eh*  il  prende ,  o  jure ,  e  già  tra'  feri  denti 
Crede  d'averlo,  e  morde  l'aria,  e  i  venti. 

Ciascuno  alzava  a  quella  vista  il  grido: 
Risuonavano  il  Ciel,  le  valli  e  l'acque; 
Ma  tardo  era  ai  soccorso  il  volgo  in6do, 
Benché  del  suo  perìglio  a  tutti  spiacque. 
Quel  tornar  non  potendo  al  dolce  nido, 
Correva  all'  ombra,  ove  sovente  ei  giacque: 
E  temendo  una  più  di  mille  spade. 
Fuggiva,  e  rifuggia  l'ohUque  strade. 

Carri,  o  cavalli  mai  non  fur  st  presti 

Al  corso,  ove  sia  posto  o  premio  o  palma. 
Come  un  fuggir,  l'altro  seguir  vedresti  ; 
Perchè  non  son  qui  pregio,  o  cara  salma, 
Ricchi  panni  d'argento  e  d'or  contesti; 
Ma  del  figlio  del  Re  la  vita  ,  e  l'alma. 
Riccardo  tal  l'estima,  e  vuol  ch'ei  pera: 
E  lunge  sgrida  or  questa,  or  quella  schiera. 

Vieta  l'offesa  a' suoi;  gli  altri  spaventa 
Dalla  difesa,  e  minacciando  il  segue. 
Non  è  la  fuga  per  fuggir  più  lenta  ; 
Ma  l'uno,  e  l'altro  par  che  si  dilegue  . 
Ma  già  Riccardo  il  giunge ,  e  già  s' avventa , 
E  vien  di'  il  passi  omai ,  non  pur  l'  adegue  ; 
Chè'I  rapido  Circin  non  stima  intoppo; 
L' altro  al  suo  corso  alfìn  par  tardo  e  zoppo . 


CONQUISTATA  3o» 

LXXSTII. 

Siungeano  in  loco  solitario  ombroso, 
ÌA  dove  Siloe  niorraorando  sorge; 
Siloe  mirabil  fonte,  ancor  famoso, 
Che  giova  agli  occhi,  ond'uom  poi  chiaro  scorge, 
£  suol  due  giorni  aver  pace ,  e  riposo, 
Ch'acqua  non  versa;  e'I  terzo  anco  risorge: 
Era  appunto  quel  dì  cresciuto  al  colmo, 
£  '1  tributo  spargea  tra  '1  faggio ,  e  V  olmo . 


Z.XXXTIII. 


D'opre  maravigliose  alta  Regina 

Bellezza  alFumìl  loco,  e  pregio  accrebbe  : 
De* marmorei  lavacri  opra,  o  ruina 
Or  non  riman ,  dove  bagnossi,  e  bebbe. 
Qui  di  fuggir  la  morte  omai  vicina, 
A  Celebin,  eh' è  disperato  increbbe , 
Onde  movea  con  feri  colpi  invano 
All'assalto  inegual  Tardila  mano. 

Z.  XXX IX. 

Poco  dalle  belle  armi ,  e  fiamma  ei  trasse , 
Sangue  non  già  per  animosa  prova  : 
Ne  sé  da  maggior  forza  alfin  sottrasse, 
Comunque  che  si  copra,  o  volga ,  o  mova. 
Convien  che  per  l'usbergo  al  cor  tra  passe 
La  spada,  eh'  i  suoi  colpi  in  lui  rinnova, 
£  cacci  l'alma  nell'eterno  esiglio. 
L'alma,  che  non  temea  maggior  periglio. 

xc. 

Come  del  morto  Cavalier  s' avvide , 

Al  trar  dell'elmo,  all'oscurar  degli  occhi, 
£  delle  guance,  che  più  bianche  ei  vide 
Di  fredda  neve ,  che  gelata  fiocchi  ; 
Duolsi  di  lui,  ch'acerba  morte  ancide, 
Pria  che  la  meta  in  giusto  spazio  ei  tocchi: 
E  di  conforme  età  la  bella  imago 
Mosse  d' alta  vittoria  il  cor  presago . 


3oa  LA  GERUSALEMME 


XCI. 


E  disse:  Altra  vendetta,  io  bramo,  e  cerco, 
Altra  me  n' .offre  pur  fortuna  ingrata. 
E  se  gloria  maggiore  oggi  non  merco, 
Tu  la  m' impetra  in  Cielo  alma  beata . 
Cosi  diss'egli;  e  volse  i  lumi  a  cerco, 
E  vide  r  aria  di  saette  ombrata , 
E  fera  pugna  sotto  un  fosco  nembo, 
*  eh'  alla  terra  copria  V  orrido  grembo  • 

XCII. 

A' suoi  ricorse  in  perigliosa  parte, 
E  parve  in  aita  rupe  accesa  fiamma , 
eh'  i  cavernosi  monti  apre,  e  diparte, 
E  scuote  le  radici,  e  'I  giogo  infiamma. 
Chi  dianzi  si  vantò  d'ardire,  o  d*arte. 
Or  di  vero  valor  non  ha  più  dramma 
Centra  il  suo  sforzo,  anzi  il  bestemmia, e fi^ 
Mentre  ei  percote,  atterra ,  ancide,  e  stru^ 


xeni. 


Egli,  che  tutto  vince,  e  poi  disdegna 
L'alme,  e  le  forze  al  suo  valor  nemiche, 
Pur  come  fosse  altra  vittoria  indeena 
Delle  sue  gloriose  alte  fatiche. 
Di  Soliman  la  spaventosa  insegna 
Cerca,  e  Torf^oglio  dell'imprese  antiche; 
Ma  non  In  vede  fiammeggiar ,  mirando. 
Né  può  saper  dove  l'incontri,  o  quando. 

XCIT. 

Nè'n  queir  ardor  quel  di  dispiega  ,  o  mostra 
Alcun  le  sue  lucenti,  ed  auree  spoglie; 
Né  d'altra  pompa  la  vittoria  inostra, 
Ma'n  più  secura  parte  allor  s'accoglie. 
Te,  ohe  t'opponi  Argante,  e  quasi  in  giostri 
Sdegno  maggiore  a  morte  allor  ritoglie  : 
Tre  volle  ei  chiama  Soliman,  tre  volte 
Poh  gli  altri  in  fuga,  e  par  che  nulla  ascolb 


CONQUISTATA  3o3 

XCT. 

Dalla  sublime  torre  i  bianchi  velli 
Mostra  il  Re  veglio  lagrimoso  intanto , 
Ed  Argante  richiama,  e  i  suoi  fratelli. 
Con  alta  voce  d*  angoscioso  pianto. 
Mancato  è  de' feroci ,  al  Ciel  rubelli, 
Il  superbo  orgogliar,  l'ardire  e*l  vanto; 
Sol  difeudon  le  torri,  e  l'alte  mura. 
Con  folta  pioggia  di  saette,  e  scura. 

XCTT. 

Qual  d'Ocean  ne' procellosi  regni 

Quando  si  turba  in  Ciel  l'Occaso  e  l'Orto, 

Son  talor  rotti  per  tempesta  i  legni, 

Antenne  ,  vele,  sarte  appresso  il  porto  : 

Tal  di  guerra  apparian  gli  orridi  segni  ; 

Puniti  gli  empj ,  e  vendicato  il  torto: 

£  di  più  forte  man  ferite  impresse, 

£  rotte  membra,  e  smagliate  arme,  e  fesse. 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  FIGESIMOTERZO 

ARGOMENTO 

Fogge  al  mare  Emiren  :  GroflTredo  assale 
Con  nuovi  ingegni  l'assediate  mura , 
Di  fiide  armato  ,  cui  Tajuto  è  tale 
Del  Ciel  j  che  'n  proda  la  città  sicura 
Riman  de' nostri .  Il  Re  con  molti  sale 
Torre  alta ,  u'  salvo  sia.  Goffredo  cura 
Gli  egri ,  i  morti  sotterra ,  e  purg  a  i  tempj  . 
Muor  per  Tancredi  Argante,  e  '1  piangon  gli  empj. 

Vassi  airaQtica  selva,  e  quindi  è  tolta 

Quella  materia,  che'l  buon  mastro  elesse: 

E  benché  oscuro  fabro  ,  arte  non  molta, 

£  rozzo  all'opre  il  magistero  avesse; 

Viepiù  dotto  è  colui,  ch'a  questa  volta 

Le  dure  travi,  e'I  molle  vinchio  intesse  : 

E  le  macchine  eccelse  in  varia  forma. 

Di  monte  in  guisa,  egli  compone,  e  forma. 

II. 
Guglielmo  fu,  di  cui  fra'Duci  illustri. 

Ch'ornar  d'alti  trofei  l'antiche  sponde, 

Dopo  lungo  girar  d'anni,  e  di  lustri, 

Genova  ancor  si  gloria,  ed  ha  ben  donde, 

Che  le  bell'arti  mai  d'ingegni  industri 

Non  fur  più  chiare  in  terra,  o  'n  mezzo  Tonde, 

Per  altro  Duce;  e  mai  non  vide  il  Sole, 

Per  fin  si  giusto,  in  guerra  antica  mole. 


CONQUISTATA  3o5 

Uff. 

Questi  non  sol  faceva  allor  comporre 
Catapulte,  baliste  ed  arièti, 
Ond*alle  mura  le  difese  torre 
Possa ,  e  spezzar  le  sode  alte  pareti; 
Ma  d'  opra  via  maggior  mirabil  torre 
Di  pin  tessuta,  e  de'  più  luoghi  abeti; 
E  quel  di  fuor  contra  lanciata  fiamma, 
Dur  cuojo  avvolge,  e  più  che  dura  squamroa. 

IT. 

Si  commette  la  torre,  e  ricompone. 
Con  sottili  giunture  in  un  congiunta; 
E  la  trave,  che  testa  ha  di  montone. 
Dall'ime  parti  sue  trapaswsa,  e  spunta: 
Lancia  dal  mezzo  un  ponte,  e  spesso  il  pone 
Sovra  alcun  muro  opposto  a  prima  giunta: 
E  fuor  da  lei,  su  per  la  cima,  n'esce 
Torre  minor,  che  suso  è  spinta,  e  cresce. 

Per  le  sublimi  vie  spedita,  e  destra, 
55ovra  rote  volubili  e  correnti 
Correr  tosto  potrà  la  terra  alpestra , 
Gravida  d'arme,  e  gravida  di  genti. 
Maravigliosi  allor  d' arte  maestra 
Erano  tutti,  alle  grandi  opre  intenti: 
Altre  torri  sorgeano  al  tempo  istesso. 
Pur  come  suole  il  poggio  al  poggia  appresso. 

TI. 

Altri  frattanto  avean  condotto  a  riva 
D'ampie,  e  profonde  fosse  alto  lavoro; 
E  precisa  la  strada,  onde  s'arriva. 
Già  dall'acque  escludean  l'Egizio  e  '1  Moro. 
Emirén  mal  le  turbe  ornai  nudriva , 
£  di  fredd'  acque  avea  scarso  ristoro  : 
Anzi  la  terra  i  vivi  umori  ha  secchi^ 
Ed  arbori  spogliati,  ignudi  stecchi. 

G.  Con^.  T.  IL  *• 


LA  GERUSALEMME 


ì  pui 


1  tra  r  i 


A  sua  voglia  spiegar  cotaote  squadre; 
E  biasma  il  piano  angusto  ,  e  i  scarsi  f 
Della  citià,  de' Regi  antica  niaHre. 
£  perchè  quei  paesi  a  lui  son  conti. 
Sa  dove  meglio, i  suoi  raggiri,  o  squadre: 
E  vuol  silo  cangiar  d'orrida  guerra, 
ScegUeiulu  presso  il  mar  più  larga  terra. 


Cedeva 


r  la  cbia 


lllK 


all'. 


ncor 
E  stava  sotto  il  mare  il  dì  sepulto, 
Quando  ei  Ih  terra,  ch'occupata  ingombra 
Vacua  abbandona,  e  con  minor  tumulto 
Pu?  mentre  lascia  l'ampie  tende,  esgoml 
Teoer  non  puote  il  suo  partire  occulto 
E'I  nuovo  Sul  cu'prirai  rai  scoperse 
La  quasi  fuga  ,  a  quelle  genti  avverse. 


1 


Eran  passate  omai  le  prime  schiere 
Dell'esercito  vano,  e  quasi  il  mezzo; 
E'n  quelle  squadre,  di  vittoria  altere, 
Mon  è  senza  spavento  alcun  disprezzo; 
Quando  ecco  Ettor,  che  già  scompiglia,  e  fere 
Quelli ,  cii'or  sono  al  dipartir  da  sezzo  ; 
£  ferma  i  primi,  e  d'impedirgli  ei  tenta, 
£  i  lunghi  ordini  estremi  e  turba,  e  lenta 

Atterra  ei  di  sua  man  Rabone  il  Itppo  , 
E  Mineo  il  grande,  ed  Alapeno  il  forte; 
E  tre  fieri  fratei,  eh'  in  cima  all'  Ippo 
Prima  albergare,  ivi  dà  in  preda  a  morted 
Venne  Gerréo  da  Gerra,  e  da  Sosippo 
Ocelì»  e  Geme  alla  mcdesma  sorte; 
E  Gordian  da  Gorda,  e'nfin  da  .Salma 
Salmiro:  e  vi  lasciar  la  vita  e  l'alma. 


CONQUISTATA  3o5 

Questi  non  sol  faceva  allor  comporre 
Catapulte,  baliste  ed  arièti, 
Ond'alle  mura  le  difese  torre 
Poss.?  ,  e  spezzar  le  sode  alte  pareti; 
Ma  d'  opra  via  maggior  mirabil  torre 
Di  pin  tessuta,  e  de'  più  hiof^hi  abeti; 
E  quel  di  fuor  contra  l:incìata  fiamma, 
Dnr  cuojo  avvolge,  e  più  cbe  dura  squamma. 

Si  commette  la  torre,  e  ricompone. 
Con  sottili  giunture  in  un  congiunta; 
E  la  trave ,  che  testa  ba  di  montone , 
Dall'ime  partì  sue  trapassa,  e  spunta: 
Lancia  dal  mezzo  un  ponte,  e  spesso  il  pone 
Sovra  alcun  muro  opposto  a  prima  giunta: 
E  fuor  da  lei,  su  per  la  cima,  u'esce 
Torre  minor,  che  suso  è  spinta,  e  cresce. 

Per  le  subtimi  vie  spedita,  e  destra, 
Sovra  rote  volubili  e  correnti 
Correr  tosto  pntrà  la  terra  alpestra , 
Gravida  d'arme,  e  gravida  dì  genti. 
Maravigliosi  allor  d' arte  maestra 
Erano  tutti,  alle  grandi  opre  intenti: 
Altre  torri  sorgeano  al  tempo  istesso. 
Par  come  suole  il  poggio  al  poggio  appreso. 

Altri  frallanlo  avean  condotto  a  riva  • 

~(' ampie,  e  profonde  fosse  alto  lavoro; 
'sreoisa  la  strada,  onde  s'arriva, 
■dftU'iKt-'que  escludean  l'Egizio  e  '1  Moro. 
Al  le  turbe  oinat  nudrìva , 
^gCNjue  awa  scarso  ristura  : 
i  Ila  secchi  ( 
li  stecchi. 


LA  GERUSALEMME 


Chi  die  tanti  seguaci  a'  Duci  nostri, 
Tanti  quasi  guerrier  lontani  in  vista? 
Tu  gli  raccogli  forse,  e  tu  dimostri 
D'alto  il  terror,  ch'i  paurosi  attrista. 
De'  lor  grandi  animali ,  e  quasi  mostri , 
Pavé  la  turila,  eh' è  sì  varia ,  e  mista. 
O  maravigliai!  e  breve  spazio  inganna 
Gti  occhi  dolenti,  ch'il  timore  appanna. 

Così  quando  faceano  aspre  contese 
Cartago  e  Roma,  di  trionfi  adorna, 
11  Duce  Mauro,  che  l' Italia  offese,     • 
A  cui  nuovo  AunibàI  tardi  ritorna  , 
E  i  suoi  guerrier  teraean  le  faci  accese, 
Che  Oammeggiar  tni  le  selvagge  corna, 
Mentre  i  tauri  scorrean  di  monte  in  moaU 
Spargendo  incendio  dall'irsuta  fronte. 

Goffredo  intanto,  a  cui  l'ampia  rapina 
Le  stanche  genti  sue  ristora. e  pasce, 
L'  ultimo  assalto  alla  città  destina, 
E  vuol  ch'ogni  altra  cura  ornai  si  tasce 
£  terribil  minaccia  alta  mina  I 

Alle  sue  nuove,  ed  all'antiche  fasce;  i 

Mentre  il  tiranno  pur  le  mura  inalba 
Là  Ve  men  le  difende  orrida  balza. 

Disse  Goffredo  a' suoi;  Tempo  non  parrai 
Di  rit;trdar,  pnìch' bau  ristoro  i  lassi; 
E  beucbè  dura  strada  io  veggia  all'armi 
Inverso  l'Austro,  e  fra  virgulti  e  sassi; 
Fur  vince  la  virtù  le  pietre  e  itnarmi, 
E'n  viepiù  duro  monte  aperse  i  pa»SÌ  : 
E  ben  quel  muro,  ch'assecura  il  sito, 
Men  dovria  d'arti  e  d'opre  esser  fornito., 


CONQUISTATA  809 

XIX. 

Raimondo,  tu  sarai  fra  tutti  il  primo, 
Che  da  quel  lato  omai  le  mura  offenda; 
Ma  lo  sforzo  de' miei  quasi  dallMmo, 
Vo' eh' alla  porta  Aquilonar  si  stenda  : 
E  quella  torre  ancor  sul  duro  limo , 
Ingannando  i  nemici,  ivi  s'attenda: 
Poscia  coir  arte,  onde  s'inalza  e  move, 
Trascorra  alquanto,  e  porti  guerra  altrove. 

XX. 

Tu  moverai,  Tancredi ,  al  tempo  istesso. 
Non  lontana  da  me,  la  torre  armata  ; 
Poi  della  giusta  guerra  il  fin  promesso 
Speriam  da  Lui,  da  cui  vittoria  è  data. 
La  santa  man,  che  muove  il  Cielo,  e  spesso 
Scuote  la  terra,  al  suo  Fattore  ingrata, 
Le  mura  può  spezzar ,  qual  frale  scorza, 
Dove  pur  non  bastasse  umana  forza. 

XXI. 

Dd  al  gran  nome  suo  l'opre  nemiche, 
E  ciò  ch'arma,  e  rinforza  empio  tiranno, 
Qual  di  Gerico  già  le  mura  antiche, 
A  suon  di  chiara  tromba  a  terra  andranno. 
Ma  voi  prendete  omai  d'aspre  fatiche 
Breve  ristoro,  e  di  sì  lungo  affanno: 
.Sinché  d'alta  vittoria  il  Ciel  v'  onori, 
E  di  più  lunga  pace  al  fin  ristori . 

XXII. 

Del  di,  cui  dell'assalto  al  dì  successe, 

Gran  parte  orando  il  pio  guerrier  dispensa: 
E'mpon  ch'ogni  altro  i  falli  allor  confesse, 
E  prenda  il  santo  cibo  a  sacra  mensa . 
Poscia  le  genti,  ed  arme  ivi  più  spesse 
Dimostra,  ove  adoprarle  egli  men  pensa: 
Ed  al  Pagan  deluso,  ove  men  teme, 
Mostra  l'assalto^  e  le  sue  forze  estreme. 


3iu  LA  GERUSALEMME 


ZXIII. 


La  notte  (perchè  all'opre  il  di  non  basta) 
Muove  la  torre  sua ,  eh'  altri  noi  crede , 
Ove  è  men  curvo  il  muro,  e  men  contrasta, 
Per  sua  natura,  anzi  s'arrende ,  e  cede: 
E  Raimondo  dal  colle  ancor  sovrasta 
A  quella  d'alti  Regi  antica  sede. 
Tancredi  le  sue  insegne  al  Ciel  dispiega 
Dal  lato ,  eh' all'Occaso  inchina  e  piega. 

XXIT. 

Ma  poiché  furo  in  Oriente  apparsi 
I  rai ,  che  vibra  rosseggiando  il  Sole  ; 
S' awidér  gl'Infedeli  (e  ben  turbarsi) 
Che  la  torre  non  è ,  dov'  ella  suole  : 
£  miran  quindi  e  quinci  intorno  alzarsi 
Una,  ed  un'altra  spaventosa  mole: 
E  mille  in  forme  strane  allor  son  viste 
Macchine,  al  cui  furor  nulla  resiste. 


XXT. 


Non  è  la  turba  ostil  più  tarda,  o  lenta. 
All'ostinata,  fera,  aspra  difesa; 
Ma  dove  il  Duce  la  minaccia,  o  tenta. 
Le  sue  trasporta,  e  poco  or  teme  offesa. 
Goffredo,  che  non  lunge  aver  rammenta 
L'esercito  nemico  a  tanta  impresa, 
Ugone,  Irpin,  Procoldo,  e  seco  appella 
Clotareo,  e  gli  dispone  armati  in  sella. 

xxTr. 

Guardate  (disse)  voi ,  che  mentre  ascendo 
Colà,  dove  quel  muro  appar  men  forte, 
Schiera  non  sia,  che  rapida  movendo. 
S'atterghi  agli  occupati,  e  guerra  appor! 
Tacque  ;  e  già  da  tre  lati  assalto  orrende 
Muovon  le  valorose  e  fide  scorte  ; 
E  da  tre  lati  il  Re  le  genti  oppone. 
Che  nel  morir  la  speme  alfin  ripone. 


CONQUISTATA  3ii 


xxTir. 


Egli  medesroo  al  corpo  ornai  tremante 
Per  gli  anni,  e  grave  del  suo  proprio  pondo^ 
L'arme, che  disusò  gran  tempo  avante, 
Circonda,  e  seco  ha  '1  suo  fìgliuol  secondo . 
Solimano  a  Goffredo ,  il  fero  Argante 
A  Tancredi  ;  ei  s'  oppone  al  buon  Raimondo: 
Altri  le  mura  dispogliar  dall'  empie 
Difese  tenta ,  e  '1  fosso  appiana ,  ed  empie  • 


XXTIII. 


La  maggior  parte  è  degli  esperti  arcieri. 
Che  fanno  di  lontan  piaghe  mortali; 
Talch'adombrato  il  Ciel  par  che  s'anneri 
Sotto  la  nube  di  pungenti  strali. 
Ma  con  forza  maggior  colpi  più  feri 
Neveniaa  dalle  macchine  murali: 
Indi  gran  palle  uscian  marmoree ,  e  gravi , 
E  con  punta  d'acciar  ferrate  travi. 

XXIX, 

Fulmine  pare  il  sasso,  e  rompe,  e  trita 
L'arme,  e  le  membra  in  guisa  a  chi  u'è  colto. 
Che  gli  toglie  non  pur  l'alma  e  la  vita, 
Ma  la  figura  ancor  del  proprio  volto  : 
Non  si  ferma  per  grave  ampia  ferita 
L'asta,  e  del  corso  al  colpo  avanza  molto, 
Ch'entra  d'un  lato,  e  per  l'opposto  il  passa, 
Fuggendo,  e  nel  fuggir  la  morte  ei  lassa. 


XXX. 


E  pur  non  sì  ritira  o  vinta,  o  stracca 
La  forza  ancor  delle  nemiche  genti , 
Ma  centra  le  percosse  o  piume  insacca, 
O  lana  stende,  o  cose  altre  cedenti. 
Non  trovando  contrasto,  in  lorsi  fiacca 
L' impeto,  e  fa  suoi  colpi  e  vani  e  lenti; 
Quelle,  ove  miran  più  la  calca  esposta. 
Fan  con  l' arme  volanti  aspra  risposta . 


3i9  LA  GERUSALEMME 

S'è  fatto  tnuaozi ,  e  per  timor  non  cessa 
L'assalitor ,  «be  da  tre  parti  or  move. 
Chi  va  sotto  coperchi ,  iu  cui  la  spessa 
Grandine  ^i  saette  indarno  piove: 
E  chi  le  torri  all'alte  mura  appressa; 
E  v'  è  chi  le  percole ,  e  le  rimove . 
Tenta  ogni  torre  di  lanciar  un  ponte  : 
Cozza  il  monton  colla  ferrata  fronte  . 

Ma  s'apre  spesso  or  questo  lato,  or  quello 
A' gran  colpi  di  sassi ,  e  di  macigni  : 
E  rimangon  di  torre,  o  di  castello 
Botte  le  travi,  e  i  cavalier  sanguigni . 
Tante  fur  di  quel  volgo,  al  Ciel  rubello. 
Le  forze  e  l'arti,  e  i  dispietati  ordigni: 
E  sembra  la  vittoria  ancor  dubbiosa  ; 
£'1  fero  Argante  pur  minaccia  ed  osa  . 

Non  è  questa  Antiochia,  e'I  btijo  e  l'ombra 
Cotanto  amica  alle  Cristiane  frodi. 
Vedete  chiaro  il  Sol,  cui  nulla  adombra: 
Noi  desti,  ed  altra  guerra  in  altri  modi . 
Qual  da  voi  nuova  tema  or  caccia  e  sgombra» 
Il  desio  di  predar  con  tante  lodi  ? 
E  sì  tosto  cessando  or  sete  stanche , 
Per  breve  assalto,  o  Franchi  no,  ma  Franche. 

Cos'i  dicea  ,  quando  abbagliò  repente 
Un  chiarissimo  lume  i  lumi  infermi 
Della  mortai  terrena  ,  e  cieca  gente  , 
Che  contra  'I  ver  non  ha  ripari ,  n  schermi. 
Poi  fu  veduto  n.i  Cavalier  lucente 
Scender  da'poggi  sotitarj  ed  ermi , 
Al  cui  splendor  men  chiaro  il  Sol  parrebbe. 
Non  ch'altri,  a  cui  sua  luce  ìl  Cielo  accrebbe. 


CONQUISTATA  3i5 

XXXT. 

Soliman  ed  Argante,  e'I  volgo  folle, 

lo  lui  non  volse  il  guardo  oscuro  e  losco, 
Perch'ei  grazia  di  se  largir  non  volle  ^ 
Onde  s'illustri  il  tenebroso  el  fosco. 
Prima  Goffredo  gli  occhi  a' raggi  attolle: 
E  del  Ciel  (dice)  i  segni  ornai  conosco . 
Poi  Raimondo,  Tancredi  e'I  gran  Riccardo, 
Più  lieto  a  maggicr  luce  alzò  lo  sguardo . 

XXXTI. 

E  volgendosi  a  quei,  ch'aUrove  furo 
In  altre  imprese  già  guerrier  famosi, 
Disse:  Ascendiamo  al  più  superbo  muro, 
E  non  Siam  di  vittoria omai dubbiosi, 
Perch'aita  celeste  al  fin  securo 
Fai  più  temuto  calle  a' più  animosi  : 
Scudo  aggiungiamo  a  scudo,  onde  ricopra 
L'un laltro  in  guerra,  etorniamprontiairopra. 

XXXTI  T. 

Giunsersi  tutti  insieme  al  breve  detto, 
E'I  grave  scudo  alzar  sovra  la  testa , 
E  gli  uniron  così,  che  duro  tetto 
Facean  contra  T orribile  tempesta, 
fiotto  il  coperchio  il  fero  stuol  ristretto 
Va  di  gran  corso  ,  e  nulla  il  corso  arresta  ; 
Che  là  dentro  ha  securo  il  capo,  e'I  tergo, 
Com'animal,  che  porti  il  proprio  albergo. 

XXXTI  II. 

La  veloce  tesludo  al  muro  aggiunge. 
Sicché  1  pardo  sarebbe  allor  più  lento  . 
La  scala  a'merli  il  Cavalier  congiunge, 
Eseguon  lui  cento  guerrieri  e  cento. 
Strai,  lancia,  o  trave  non  lo  scuotevo  punge. 
Né  danno  pietre ,  o  spaldi  a  lui  spavento. 
Disprezza  ogni  periglio,  ogni  percossa: 
Sprezzeriai  s'ei  cadesse,  Olimpo  ed  Ossa. 


3i4  LA  GERUSALEMME 

XXXIX. 

Una  selva  di  strali ,  e  di  ruine 

Sostien  sul  dosso,  e  sullo  scudo  un  monte. 
Scuote  una  man  le  torri  al  Ciel  vicine, 
E  r altra  guarda  la  terribil  fronte  . 
Ma  nulla  offender  può  Tarme  divine: 
Grand' è  l'esempio  all'opre  illustri  e  conte. 
Chi  qua,  chi  là  sua  scala  al  muro  appoggia, 
E  per  la  dubbia  via  combatte ,  e  poggia  • 


XL. 


Muore  alcuno,  altri  cade;  ei  più  sublime 
Sale,  e  questi  conforta,  e  quei  minaccia . 
Tanto  è  già  su,  che  le  tremanti  cime 
Afferrar  può  colle  distese  braccia. 
Gran  gente  allor  vi  trae ,  l' urta ,  e  reprime , 
Cerca  precipitarlo ,  e  pur  noi  caccia  . 
Mirabil  vista  in  periglioso  assalto , 
Resiste  a  mille  un  sol  librato  in  alto. 


XLI. 


E  resiste ,  e  gli  offende,  e  si  rinforza  , 
E  come  palma  suol,  cui  peso  aggreva  , 
Suo  valor  combattuto  ha  maggior  forza  ; 
E  s'inalza  rispinto,  e  si  solleva , 
E  vince  alfìn  tutti  i  nemici,  e  sforza 
L'aste  e  gl'intoppi,  che  d'incontra  aveva  : 
E  sale  il  muro,  e'I  signoreggia  ,  el  rende 
Sgombro  ,  e  securo  a  chi  da  tergo  ascende. 

XLII 

Ed  ei  medesmoal  suo  minor  germano, 
eh'  era  già  quasi  di  cadere  in  forse , 
Stesa  la  vincitrice  amica  roano, 
A  salir  da  quel  lato  aita  porse  . 
Altrove  al  Duce  degli  Eroi  sovrano 
Eran  varie  fortune  intanto  occorse: 
Che  non  pur  tra' nemici  ivi  si  pugna  ; 
Ma  le  macchine  fanno  orribil  pugna . 


CONQUtSTATA 


I  mormorar»' lidia  dell'eri 


tpie 


*CT  cai  sì  turba  Stige,  e't  lago  A 


note, 
verno 


E'I  Ciel  parea  oscurarsi;  e  negre  roie 
Far  nelle  nubi  il  gran  Pianeta  eterno: 
MOuando  un  gran  sasso  in  mezzo  lor  percuote  , 
^Bie  mandò  l'alme  al  doloroso  Inferno, 
^P)ve  dell' altrui  colpa  è  giusta  pena  : 
E  de' corpi  restò  figura  appena  . 

Ha  co'suoi  di  Germania  ,  o  pur  di  Francia, 
1  torre,  dall'incendio  omai  secura, 
nrvicina  Goffredo,  onde  si  lancia 
1  ponte  ornai  .siili' espugnate  mura. 
Utri  oppone  all'incontro  o  spiedo  ,  o  lancia: 
Ulri  quel  passo  di  taf^liar  procura; 
t  di  gravi  sectirc  i  colpi  addoppia  .  * 
iorge  improvvisa  un'altra  torre,  e  scoppia  . 

■igran  mole  crescente  oltre  i  contini 
^'più  alti  edifìcj  in  aria  passa 
jlttonitia  quel  mostro  ì  Saracini 
■llestàr,  reggendo  la  città  più  bassa. 
Ma't  Turco,  benché  d'alto  in  lui  ruini 
Di  pietre  un  nembo,  il  loco  allor  non  lassa  , 
TJè  di  tagliare  il  ponte  ancor  diffida  ; 
Egli  altri,  che  lemean  rincora, e  sgrida. 

Allor  si  fé  vicino  al  sommo  Duce 

L'Angel,  che  già  percosse  Ìl  fero  drago, 
E  fiammeggiò  di  si  divina  luce  , 
Cb'ei  non  sostenne  la  celeste  immago. 
Ecco  già  l'ora,  che  vittoria  adduce: 
Disse  Goffredo  al  suo  pensier  presago, 
Non  cliinar  ,  non  chinar  gli  occhi  smarriti , 
Hira  con  quante  forze  il  Ciel  t'aiti. 


3i8  L\  GERUSALEMME 

Mira  di  luce,  e  di  splendore  acceosaU 
L'esercito  immortale;  e  parie  ascolci 
Ch'io  dagli  occhi  torrolti  il  nuvoi  denso 
Di  quella  uniatittà,  ch'intorno  avvolta  , 
Adombrando  l'appanna  il  mortai  senso, 
Sicché  Don  vede  alma  dal  vel  disciulta: 
E  sosterrai  per  breve  spazio  almeno  , 
Di  pure  forme  lo  splendor  sereno, 

Ecco  di  quei,  che  guerreggiaro  a  Cristo , 
L'anime,  a  cui  nel  suo  trioufo  apparse, 
Che  teeo  sono  al  Ha  dell'  alto  acquisto, 
Per  cui  già  il  sangue  lor  si  spese,  e  sparse 
lÀ  've  ondeggia  la  polve,  e'i  fumo  misto  I 
Son  d'alta  mole  alte  ruine,  e  span 
E'n  quella  folta  nebbia  Ugon  combalte, 
E  delle  torri  i  fondamenti  abbatte . 

Ecco  Guelfo,  e  Guidon  ,  che  l'alta  porta 
Aquilonar  con  ferro  e  fiamma  assale  . 
Ministra  l'arme  a' tuoi  guerrieri  :  esorta 
Ch'altri  su' monti  ;  e  drizza  ,  e  tteii  le  scalea 
Quel,  ch'èsul  colle,  e'I  sacro  abito  porta, 
E  la  sua  mitra  è  alle  piii  degne  eguale, 
h'I  pastore  Ademaro,  alma  felice. 
Vedi,  eh' ancor  vi  segna,  e  benedice  . 

Cosi  diss'egli;  e  mille  spirti,  e  mille 
Goffredo  vide,  e  riconobbe  i  mostri. 
L'alme  poscia  sparir,  come  faville  , 
O  lumi  affissi  agli  stellanti  chiostri. 
Spari  l'Angelo  ancor,  ch'a  lui  scoprille, 
E  qual  raggio  volò  fra' Duci  nostri. 
Tende  l'arco  il  gran  Duce,  e  dov'ei  scocci 
Siro,  o  Turco  gucrrier  cade ,  e  trabocca . 


CONQUISTATA  Sig 

lean  l'arme  e  !e  fiamme  e  i  feri  ardori 
grand' arciero,  e  ben  di  ciò  s'avvide, 
•to  viepiù  de'suoi  celesti  onori; 
vittoria  mirò  ,  che  pur  gli  arride . 
lUtoldo,  e'I  buon  Guglielmo,  invitti  cori, 
.veva  a  tergo,  e  t'emulo  d'Alcide 
Eustachio  alato,  ch'il  tardar  disdegna, 
rende  l'ohorala  e  sacra  insegua. 

primier  Goffredo  il  ponte  al  varco 
Con  saldo  pie,  che  non  s'arresta,  o  falle, 
E  rifuggi  l'empio  Soldan  dall'arco, 
Cedendo  al  pio  Guerrìer  l'angusto  calle. 
Portava  Eustachio  il  venerato  incarco 
Del  gran  vessillo  all'onorate  spalle  , 
seguito  da  color,  ch'a  prova  scelse: 
£  sul  muro  piantò  l' insegne  eccelse. 

trionfale  insegna  in  mille  giri 
Uleramenle  si  rivolge  intorno: 
£'atanto  a  lei  par  che  risplenda,  e  spiri 
L'aura  più  riverente,  e'I  Ciel  più  adorno: 
Ch'ogni  dardo,  ogni  strale  invan  si  tiri, 

faccia  dechinando  Ìndi  ritorno  : 
Par  che  Sion ,  par  che  l' opposto  monte 
L'adori,  e'nchini  la  devota  fronte. 

ior  tutte  le  squadre  il  grido  alzare 
|)etla  vittoria  altissimo  ,  e  festante. 
E  replicarlo  i  monti  in  suon  più  chiaro, 
Che  rimbombò  d'Occaso,  e  di  Levante  , 
Al  Mezzogiorno  :  e  vinse  ogni  riparo 
Tancredi ,  opposto  a  lui  dal  fero  Argante. 

IGittò  suo  ponte,  ed  innalzò  veloce 
Sull'alte  mura  la  purpurea  Croce  . 


3io  LA  GERUSALEMME 

Onde  Raimondo  a'suoi  dall'altra  parte 
Gridò  :  Compagni ,  è  là  città  già  presa . 
Vinta  ancor  ne  resiste?  or  soli  a  parte 
Non  sarem  noi  dell'onorata  impresa? 
Ma'l  Re  cedendo  alfin  ,  dì  là  si  parte> 
E  lascia  disperata  aspra  contesa; 
£  come  belva  al  suo  covil  rifugge  : 
Di  rabbia  intanto,  e  di  furor  st strugge  . 

Entra  vittoi^oso  il  Campo  tutto 

Su  per  le  mura,  e  per  l'antiche  porte. 
Gli' è  percosso,  caduto,  anw,  e  distrutto 
Giò,  che  lor  s'opponea,  rinchiuso,  e  forte. 
Volan  le  fiamme  e  l'arme,  e'I  duolo  e'I  lutto, 
E  segue  il  cieco  orror  l'orrida  Morte; 
Ristagna  il  sangue  in  gorghi ,  e'n  rivi  inonda, 
Cerca  il  timor  latebre,  in  cui  s'asconda. 

Sta  sulla  porta  Aquilonar,  ch'ondeggia 

Viepiù  ch'ogni  altra,  di  quel  sangue  ingiusto, 

E'nvia  le  fide  genti  all'alta  reggia. 

Nell'impeto  confuse,  Ugon  vetusto: 

E  nell'arme  lucenti  ivi  fiammeggia. 

Come  nel  balenar  vapore  adusto; 

E  (Iella  morte  altrui  firtto  vermiglio, 

Quivi  è  Ramboldo,  e  v'èConone,  c*Ì  figlio. 

Gherardo  e  Casto,  e'I  "suo  Caston  da  Beri , 
E'I  gran  Berton,  degni  d'elerna  fama; 
£  Tommaso  di  Feria  altri  guerrii'ri , 
Co'più  lontani  amici  invila,  e  chiama. 
Per  la  porta  dell'  \ustro  or  son  primieri 
Raimondo,  che  vendetta  a  tempo  brama  , 
E  Rodolfo,  e  di  Sabra  il  fìer  Guglielmo, 
Equel,  ch'in  mitra  poi  cangiato  ha  l'elmo. 


CONQUISTATA  3ai 


X.XTII. 


E  quindi,  e  quinci  uniti  in  lungo  stuolo, 
Parte  imbraccia  lo  scudo,  e'I  ferro  stringe, 
Trascorrendo  il  sanguigno  orribii  suolo, 
Che  fra  le  morti  il  pie  ritarda,  e  tinge . 
Di  calle  in  calle,  e  d*  un  in  altro  duolo , 
Fugge  la  turba,  eh'  il  timor  sospinge: 
Qual  tra  Scilla  e  Cariddi  i  rischi  alterni 
Fuggon  le  navi  a*  tempestosi  verni. 


LXTfflI. 


Ila  per  le  vie,  ch'ai  men  sublime  colle 
Portan  verso  Oriente  al  vecchio  tempio, 
Tutto  del  sangue  ostile  orrido  e  molle, 
Riccardo  corre,  e  caccia  il  popolo  empio. 
La  spada  fiammeggiando  in  alto  estolle 
Sovra  gli  armati,  e  fa  più  fero  scempio. 
É  schermo  frale  ogni  elmo ,  ed  ogni  scudo: 
Securo  è  quel,  eh' è  più  dell'arme  ignudo. 


LXIX. 


Sol  contra  il  ferro  il  nobil  ferro  adopra , 
E  sdegna  negl'inermi  esser  feroce; 
E  quei ,  ch'ardir  non  armi ,  arme  non  copra. 
Caccia  col  guardo ,  e  coli'  orribii  voce . 
Vedresti  di  valor  mirabil'opra  , 
Come  or  disprezza,  ora  minaccia,  or  nuoce; 
E  con  periglio  disegnai  fugati 
SoD  fra  la  plebe  vii  guerrieri  armati. 

I.XX. 

Pria  col  più  debol  volgo  anco  ritratto 
S'è  folto  e  grande  stuol  del  più  guerriero 
Nel  Tempio  ,  che  più  volte  arso  e  disfatto, 
Pur  si  nomò  dal  fondator  primiero; 
Ma  di  marmi  e  di  cedri  e  d'or  già  fatto 
Fu  da  quel  Re  con  nobil  magistero; 
Men  bello,  e  ricco  allor,  pur  saldo,  e  forte 
Era  di  torri,  e  di  ferrate  porte. 

G.Conq.T.lL  9t 


3aa  LA  GERUS ALEMIVIR 

La  porta  spaziosa  apriva  il  passo 

Incontra*!  Sol,  qu.indo  tramonta  ,  e  cade. 
L'aurea  dairOriente;  e'n  vivo  sasso 
Lesse  il  nome  d'Omar  la  nuova  etade. 
Quivi  da  varie  parti  il  volgo  lasso 
Fugge  il  furor  di  peregrine  spade  : 
V'è  già  Tancredi  intorno,  e  già  raccogli» 
Le  schiere  intente  all'onorate  spoglie. 


LXXII 


Ma  giunto  dove  scorge  insieme  accolte 
L* amiche  squadre  il  Cavalier  sublime. 
Il  trova  chiuso;  e  varie  intorno,  e  molt# 
Difese  sovrastar  dall'alte  cime. 
Alza  il  feroce  sguardo,  e  ben  due  volte 
Tutto  il  mira  da  parti  eccelse,  ad  ime; 
Picciol  varco  cercando,  ed  altrettante 
Circonda  lui  colle  veloci  piante  . 

JLXXIII 

Qual  lupo  predatore  all'iier  bruno 
Le  chiuse  mandre  insidiatido  aggira, 
Che  d'atro  sangue  ancor  lungo  digiuno 
Vorria  far  sazio,  e  Todio  il  m:)ve,  e  Tira  : 
Tal  egli  intorno  spia,  se  passo  alcuno, 
Piano  od  erto ,  die  siasi ,  aprirsi  mira . 
Contra  la  prima  porta  alfìii  si  ferma  : 
Teme  dallo  la  turba  ,  il  core  infoila. 

In  disparte  giacca  (  qnal  che  si  fosse 
L'uso,  a  CUI  si  serbava)  antica  trave: 
Né  così  alte  mai,  né  cosi  grosse 
Drizza  l'antenne  sue  spalmata  nave. 
Tancredi  insieme,  e'I  gran  Guerrier  la  mos5 
Con  quel  poter,  cui  nessun  pondo  è  grave. 
Ruggir  le  porte,  e  lor  s'aprirò  avanti , 
Svelti  dal  sasso  i  cardini  sonanti. 


CONQUISTATA  5a3 

LXXV. 

Rende  misera  strage  atra,  e  funesta 
L'alta  magion  ,  ch'a  Dio  ne' primi  tempi 
Fu  sol  albergo  in  terra;  e  quinci  è  desta 
V  ira  ne' cor  pietosi  incontra  gli  empj . 
O  Giustizia  più  irata,  ove  men  presta 
Del  tuo  volere  eterno  il  corso  adempì  ! 
Di  quei,  che  già  roacchiaro  il  tempio  sacro, 
Tu  facesti  nel  sangue  ampio  lavacro. 

X.XXTI. 

Fine  gemme  lucenti,  argento  ed  auro 
Son  preziosa  a'  nostri,  e  cara  soma  ; 
£  vario  d'Oriente  ampio  tesauro. 
Quanto  adornar  di  sé  l'antica  Roma, 
Quanto  appagar  potria  Y  infido  Mauro  , 
E  quei,  ch'il  Re  d'Egitto  affrena  ,  e  doma  : 
E  breve  ora  sgombrò  quel ,  ch'in  molti  anni , 
Man  rapaci  adunar  d'emp  j  Tiranni . 

tXXTII. 

Il  fier  Soldano  intanto  alla  gran  torre 
Ito  se  n'è,  che  di  David  s'appella; 
E  qui  fa  de'  guerrier  l'avanzo  accorre  , 
E  chiude  intorno  e  questa  strada ,  e  quella: 
Ducalto  senza  indugio  ancor  vi  corre  ; 
Il  Soldan ,  com'il  vede,  a  lui  favella  : 
Vieni,  o  stanco  Signor,  vieni ,  e  là  sovra 
[Nella  rocca  fortissima  or  ricovra  . 


LXXTIII. 


Che  da  furor  di  gente  aspra  ,  e  nemica  , 
Guardar  potrai  la  tua  salute  ,  e'I  regno  . 
Oimè  (risponde  )  oimè!  la  Terra  antica 
Distrutta  cade ,  e'I  furor  passa  il  segno: 
ìicorno  è  la  vita  mia,  non  pur  fatica . 
Vissi ,  e  regnai  ;  non  vivo  più  ,  né  regno . 
Ben  si  può  dir:  Noi  fummo.  A  tutti  è  giunto 
L*  ultimo  dì ,  r  inevitabil  punto . 


3a4  LA  GERUSALEMME 

LTXIX. 

Come  pastor,  che  già  fremen^lo  intorno 
Il  venfo  e  i  tuoni,  e  balenando  i  lampi ^ 
Vrfla  oscurar  da  mille  nubi  il  giorno. 
Ritrae  le  greg^^e  dagli  aperti  campi, 
E  sollecito  cerca  ampio  soggiorno  , 
Ove  l'ira  del  ciel  sectiro  scampi: 
E  col  grido  drizzando,  e  colla  verga 
Lemandre  innanzi,  agli  ultimi  s'atterga: 


LXXX. 


Cosi  il  fero  Soldan  quel  veglio  stanca 
Fa  «lentro  ritirar  da'loclii  aperti. 
Con  un  dentanti  figli,  a  cui  pur  anco 
Qualche  speme  riman  de' casi  incerti: 
Perchè  venia  n  Cam  mi  Ilo,  e'I  Duce  Franco, 
Con  gran  rimbombo  crarme,  e  i  duo  Roberti 
Egli,  che  vola  avea  l'ampia  fnieira  , 
Ultimo  cede,  e  tardi  al  fin  s'arretra. 


LXXKI. 


Mentre  qui  sostener  Torribil  guerra 

Ei  spera,  in  guisa  d'un  incendio  ardente, 
L'ira  del  vincitor  trascorre,  eri  erra 
Per  la  città,  già  presa  alfi^ccidente . 
Or  chi  giammai  dell'espugnata  Terra 
Potrebbe  appien  l'immagine  dolente 
Ritrarre  in  carte?  od  adeguar  parlando. 
Tanto  orror,  cosi  atroce  e  miserando? 


LXXXI1. 


Ogni  cosa  di  strage  intorno  è  pieno. 

Vcdeansi  quasi  in  monti  i  corpi  avvolti  : 
IJi  i  feriti  su' morti,  e  qui  giacieno 
Sotto  morti  insepulti  egri  sepolti. 
Fuggian ,  premendo  i  pargoletti  al  seno  , 
Le  meste  madri  co'capegli  sciolti: 
E'I  predator  fra  spoglie  e  fra  nipine. 
Le  veigini  stringea  nel  lungo  crine . 


CONQUISTATA  3a5 

*  LXXXIII. 

Le  quai  con  guancia  smorta ,  e  scolorita , 
Pàrean  colombe  fra  pungenti  artìgli: 
Molte ,  credendo  d' allungar  la  vita, 
Fuggir  su* tetti  gli  ultimi  perigli: 
Onde  col  padre  suo  d'alto  ferita 
Cadde  T inerme  famigliuola  ,  e  i  figli, 
Misero  precipizio!  e  non  rimase 
Servo,  o  Signor  nelle  dolenti  case. 


LXXXIY. 


Ma  Tinfelice  Argante,  all'ore  estreme 
Vicinissimo  omai>  la  morte  agogna: 
Nulla  di  se,  della  consorte  ei  teine, 
Che  di  lasciar  solinga  ha  gran  vergogna: 
Brama,  s'altro  non  può,  morire  insieme; 
£  se  medesmo  più  ch'altrui  rampogna: 
E  ver  la  torre  delle  donne,  il  corso 
Drizasa  con  pochi  amici  al  lor  soccorso. 

LXXXT. 

Ma  come  sua  fortuna  i  ]>assi  scorge, 
Perchè  dal  fine  anzi'i  morir  non  erri , 
Giunge  là  u'egual  torre  al  ciel  risorge; 
E  pria  che  dentro  si  rinchiuda,  e  serri , 
Pur  s'avvien  in  Tancredi ,  e  pur  s'accorg€ 
Della  sua  morte,  al  fol^^orar  de' ferri: 
E  grida  a  lui:  Così  la  fé,  Tancredi 
Mi  servi  tu?  così  alla  pugna  or  riedi  ? 

LXXXTI. 

Tardi  riedi,  e  non  solo  :  io  non  rifiuto 
Teco  in  nuova  tenzone  anco  provarme, 
Benché  piuttosto  incontra  me  venuto 
Quasi  mastro  di  macchine  tu  panne. 
Fatti  scudo  de' tuoi,  trova  in  ajnto 
Nuovi  ordigni  di  guerra,  consolile  arme: 
E  di  lor  quindi  ti  circonda,  e  quinci, 
Uccisor  delle  donne  ;  e  così  vinci  • 


3a6  LA  GERUSALEMME 

X.XXXT1I. 

Sorrise  il  Cavalier:  e  pieno  il  riso 
Fu  d'amarore;  ed  ebbe  a  lui  risposto  : 
Tardi  è  il  ritorno  mio  ;  ma  pur  avviso 
Che  frettoloso  ti  parrà  ben  tosto  : 
E  bramerai- che  te  da  me  divìso, 
O  Talpe  avesse,  o  fosse  il  mar  frapposto . 
L'  uccisor  delle  donne  or  te  disfida. 
D'eroi  micidiale;  e'n  guerra  affida . 


LXXXT1II. 


Ripiglia  i  detti  audaci  il  Turco  ardito: 

Ornai  tu  eleggi  il  campo  o'n  alto,  o'n  basso, 
O'n  loco  pieno  d'arme,  o'n  più  romito; 
Che  per  tema,  o  svantaggio  io  non  ti  lasso; 
Cosi  detto,  e  risposto  al  fero  invito, 
Muovon  concordi  alla  battaglia  il  passo. 
L'odio  i  nemici  accoppia  ,  e  difensore 
Fa  l'un  dell'altro,  il  bel  desio  d'onore. 

LXXXIX. 

Presso  alla  torre,  ove  alle  donne  estrane 
Nuovo,  e  femmineo  albergo  al  ciel  s'alzava, 
Mello  fa  quasi  due  città  lontane, 
Mello  vorago  già  profonda,  e  cava. 
Moria  dalla  man  destra  a  lei  rimane, 
Col  fonte,  che  le  gregge  inonda,  e  lava: 
Sion  dalFaltra:  in  mezzo  un  voto  calle 
Steso  è  per  l' adeguata ,  e  piana  valle  . 

xc. 

Restò  la  fera  coppia  ivi  solinga; 
E  più  dell'altro  il  Saracin  sospeso  , 
Che  perduto  ha  lo  scudo  ,  in  cui  rispinga 
I  colpi  ostili,  ond'è  via  men  difeso. 
Tancredi  in  guisa  d'  uom  ,  ch'onore  astringa, 
Del  suo  gittò  per  terra  il  grave  peso  : 
Poscia  incontra  s'andar  con  fero  sguardo, 
Che  ben  conosce  l'un  l'altro  gagliardo. 


CONQUISTATA  3a7 

XCM. 

E  di  corpo  Tancredi  agile,  e  sciolto, 
E  di  man  velocissimo,  e  di  piede. 
Sovrasta  a  lui  con  ampia  fronte,  e  molto 
Di  smisurate  membra  Argante  eccelle. 
Girar  Tancredi,  o  stare  in  se  raccolto. 
Per  avventarsi ,  e  sottentrar  si  vede: 
£  colla  spada  sua  la  spada  ei  trova 
Del  suo  nemico,  e  la  respinge  a  prova. 

KC1I. 

Ma  disteso,  e  diritto  il  fero  Argante 
Dimostra  arte  simile,  atto  diverso. 
Quanto  egli  può  va  col  gran  braccio  avantc, 
E  cerca  il  ferro  no,  ma  '1  corpo  avverso  . 
Quel  gli  sembra  d'intorno  augel  volante, 
Questi  gli  ha  il  ferro  al  volto  ognor  converso: 
Minaccia,  e'ntento  a  divietargli  ei  stassi 
Furtive  entrate,  e  subiti  trapassi. 

xciir. 

Così  guerra  naval,  quando  non  spira 
Per  lo  piano  dell'onde  o  Borea,  o  Noto, 
Fra  due  legni  ineguali  egual  si  mira, 
Che  Tun  d'altezza  vai ,  Taltro  di  moto: 
L'un  con  volte,  e  rivolte  assale,  e  gira 
Da  proda  a  poppa,  e  l'altro  resta  immoto; 
E  quando  il  più  leggierpiù  s'avvicina, 
D'alta  parte  minaccia  alta  ruiua . 

XCIT. 

Mentre  il  pio  (]avalier  l'aggira,  e  tenta. 
Battendo  il  ferro,  che  si  vede  opporre, 
Vibra  Argante  la  spada,  e  gli  ap[>resenta 
La  punta  agli  occhi  ;  e  {li  al  riparo  accorre; 
Ma  lei  rapida  e  grave  e  violenta , 
Cala  il  Pagano,  e'I  difensor  precorre, 
E'I  fere  al  fianco;  e  visto  il  (iafico  infermo, 
Grida  :  Lo  schermitor  vinto  è  di  schermo. 


3a8  LA  GERUSALEMME 


HCT. 


Il  Cavalier  fra'l  suo  disdegno,  e  Tonla, 

Si  rode,  e  lascia  ogni  arte,  ond'uom  si  guardi; 
E'mpetuoso  il  suo  nemico  affronta, 
Come  perdita  stimi  il  vincer  tardi  : 
£  quella  spada,  eh' è  al  ferir  si  pronta , 
Gli  drizza  all'elmo,  ov^egli  s*apft&  a' guardi. 
Ribalte  il  colpo  Argante,  el  tiene  a  bada; 
Ma  Tancredi  già  viene  a  mezza  spada  • 

XCTl. 

Pendere  alfin  lasciò  d'aurea  catena 

La  spada ,  e  sotto  al  Cavalier  si  spinse , 
£  Fabbracciò  con  affannata  lena. 
Tancredi  ancor  lui  presse,  e  lui  ricinse  : 
Ne  con  più  forza  dall'adusta  arena 
Sospese  Alcide  il  gran  Gigante,  e  strinse, 
Di  quella,  onde  facean  tenaci  nodi 
Le  valorose  braccia  in  varj  modi. 

xcTir. 

Tai  le  rivolte  furo,  e  tai  le  scosse. 

Ch'ambo  calcaro  il  suol  col  grave  fianco. 
Argante  (o  sua  ventura,  od  arte  or  fosse) 
Sovra  ha  il  braccio  migliore,  e  sotto  il  manco. 
Ma  la  man ,  eh' è  più  atta  a  dar  percosse, 
Impedita  soggiace  al  meno  stanco. 
Ei,  che  vede  il  periglio,  e  vede  il  tempo. 
Si  scioglie;  salta  in  pie;  percuote  a  tempo. 

xcriir. 

Sorge  l'altro  più  tardi,  e'I  colpo  in  prima , 
Che  sorto  ei  sia  gli  agi^rava  il  capo  inchino: 
Ma  come  all'Euro  la  frondosa  cima 
Piega,  e'u  un  tempo  la  solleva  il  pino: 
Cosi  lui  sua  virtute  alza ,  e  sublima , 
Quando  era  quasi  al  ricader  vicino  . 
Qui  s'inaspra  la  pugna,  cavvien  ch'ella  abbia 
Meno  d'arte  e  di  possa,  e  più  di  rabbia. 


CONQUISTATA  Sag 

XC1X. 

Esce  a  Tancredi  in  più  d'un  loco  il  sangue; 
Ma  ne  versa  il  Pagan  quasi  torrenti . 
Già  nelle  sceme  forze  il  furor  langue, 
Quai  lumi  in  poco  umor  via  meno  ardenti . 
Tancredi,  ch'il  vedea  col  braccio  esangue 
Girar  i  colpi  ad  or  ad  or  più  lenti  ; 
Dal  magnanimo  cor  deposta  Tira, 
Placido  gli  ragiona,  e'I  pie  ritira  : 

e. 

Cedimi,  uom  forte,  e  riconoscer  voglia, 
Non  la  vittoriosa  alta  fortuna , 
Ma  '1  vero  Dio  :  che  più  onorata  spoglia 
Acquistar  non  potrai  sotto  la  Luna. 
Terribile  il  Pagan  più  che  mai  soglia , 
Tutte  le  furie  sue  desta ,  e  raguna: 
Risponde:  Or  dunque  il  meglio  averti  va n  te  ? 
Ed  osi  di  viltà  tentare  Argante? 

CI. 

Usa  la  sorte  tua,  che  nulla  io  temo, 
E'ncontra  me  tutte  le  forze  accampa. 
Qual  le  tremanti  fì:imme,  anzi  Testremo, 
Di  notte  rinforzò  lucida  lampa: 
Tal  riempiendo  d'ira  il  sangue  scemo, 
Di  furor  nuovo  or  più  orgof^lioso  avvampa  : 
E  di  morte  illustrò  Tore  propinque. 
Come  chi  vita,  e  non  virtù  relinque. 


C1I. 


La  man  sinistra  alla  compagna  accosta , 
£  con  ambe  congiunte  il  ferro  abbassa  . 
Cala  un  fendente,  e  benché  trovi  opposta 
La  spada  ostil,  la  sforza,  e  via  trapassa  ; 
Scende  alla  spalla ,  e  giù  di  costa  in  costa, 
Molte  ferite  in  un  sol  colpo  or  lassa. 
Se  non  teme  laucredi,  il  petto  audace 
Non  fé  natura  di  timor  capace. 


33o  LÀ  GERUSàLESIME 


Ciri. 


Quegli  rorribil  colpo  addoppia  invano, 
£  l'ire  colle  forze  al  vento  ba sparte, 
Che  d.'il  colpo  Tancredi  andò  lontano , 
Girando  il  passo  alla  contraria  parte. 
Tu  dal  gran  peso  tuo  tirato  al  piano , 
Cadesti,  Argante,  e  non  potesti  aitarte. 
Per  te  cadesti,  avventuroso  intanto, 
Ch'altri  non  ha  di  tua  caduta  il  vanto . 


CIT. 


II  cader  dilatò  le  piaghe  aperte, 

E'I  sangue  espresso  dilagando  scese. 
Punta  la  manca  in  terra  ,  e  si  converte 
Il  disperato  all' ostinate  offese. 
Renditi,  (  grida  )  e  gli  fa  nuove  offerte , 
Senza  nojarlo,  il  vincitor  cortese. 
Ma  quegli,  non  risorto  anco,  piagarlo 
Tenta  di  nuovo  colpo,  e  potria  farlo. 

CT. 

Turhossi  allora  il  pio  Guerriero,  e  disse  : 
Giusta  pietate  è  il  non  usarla  or  teco. 
Poi  la  spada  gli  fisse,  e  la  rifisse 
Per  la  visiera  al  già  latrante ,  e  cieco . 
Moriva  Argante,  e  tal  moria  qual  visse; 
L'alma  fuggia  di  Plulo  al  nero  speco; 
Ma  nella  mv)rta  ,  e  spaventosa  faccia 
Più  terrihil  la  morte  ancor  minaccia. 

rvi. 

Devoto  il  Vincitore  Id(li(>  ringrazia. 
Gir  alla  vittoria  a  tanto  ardir  succeda  : 
E  pre;;a  lui,  che  grazia  aggiunge  a  grazia. 
Perdi' ei  salute,  oltra  Tonor  conceda. 
Poi  là  s' invia,  dove  trascorre,  e  spizia 
L' Italico  guerrier  di  preda  in  preda  , 
Anzi  di  morte  in  morte:  e  passo  passo 
Per  le  già  corse  vie  muove  il  pie  lasso. 


CONQUISTATA  33i 

crii. 

Tafrino  incontra,  e  gli  altri  a  diece  a  diece, 
A  cento  a  cento,  e  la  sua  schiera  stessa, 
E  quel,  che  tanto  valse,  e  tinto  fece, 
Che  di  lui  cerca,  e  da  tutt' altro  or  cessa; 
EU  bel  Ramusio,  e  chi  di  padre  in  vece 
Gli  era  in  onore,  al  vincitor  s'appressa  : 
Né'  può  bramar  più  cari ,  a  cui  s  appoggi , 
Parenti  e  servi,  insin  ch'ai  sommo  ci  poggi. 

CTTIf. 

Altri  Telmo  gli  porla,  altri  l'usliergo. 
Altri  le  spoglie  del  Guerrier  crudele. 
Ch'ingombra  quel  sentier  col  nudo  tergo. 
Sinché  manto  l'accolga,  o  fossa  il  cele. 
Già  risonar  s  udia  '1  dorato  albergo 
D^alte  femminee  strida  ,  e  di  querele: 
E  correan  tra  marmoree  alte  colonne , 
Timide  e  meste  e  lacrimose  donne. 


crx. 


Tancredi  incontra  alberga,  ov'ci  difenda 
Quelle  infelici  da  nemico  oltraggio: 
E  vuol  eh'  il  grande  scudo  ivi  s'appenda , 
Coir  armi  illustri  in  quel  breve  paraggio. 
Sulle  porle  del  tempio  avvieu  che  splenda 
L'altro,  che  pare  un  speglio  al  vivo  raggio. 
N'alzar  milT altri  iu  Moria  antica  e  sacra 
Di  Dio  magione,  e'n  Sion  mille,  e'n  Aera. 

cxx. 

Tre  monti  d'arme  ha  circondati,  e  presi 
Vittoriosa  gente ,  e  'n  lor  soggiorna. 
Pajon  leoni  in  Cicl,  di  stelle  accesi, 
Draghi,  orsi  e  tauri  con  dorate  corna. 
Ed  aquile,  gli  scudi  iu  lor  suspensi , 
E  Torrida  vittoria  bau  fatta  adorna. 
Con  varj  altri  di  fama,  e  d'onor  degni, 
E  di  gloria  im mortai  lucenti  segni. 


33a  LH.  GERUSALEMMI!: 


CXI. 


L'umil  plebe  fedel,  che  scosse  il  giogo 
D'aspro  servaggio,  e  le  catene  ha  rotte  ; 
Quando  temea  che  ferro,  o  laccio,  o  fuogo 
Recasse  agli  ocelli  lor  perpetua  notte: 
Lieta  rimira  pur  di  luogo  in  luogo 
L'arme  e  le  genti,  a  trionfar  condotte: 
E  Pietro  loda,  e  gli  s  inchina  umile, 
Mentre  è  lunge  il  Pastor  del  sacro  ovile. 


CXII. 


Le  tue  promesse ,  o  Pietro ,  a  te  ricorda , 
Che  non  spargesti  lor  d'oscuro  oblio. 
Te  chiama  padre  il  suon,  ch'insieme  accorda; 
Te  suo  liberator,  te  santo  e  pio. 
Purgan  poi  la  città  macchiata  ,  e  lorda, 
Di  nuovo  ornando  i  sacri  Tempj  a  Dio. 
Ma  gli  altri  Duci  accoglie  il  sommo  Duce, 
Già  declinando  la  diurna  luce. 


CXIII. 


E  lieto  dice,  e  con  real  sembianza: 

Esaltate  ha  il  gran  Dio  Tarme  pietose; 
Ma  più  dell'  opra ,  che  del  giorno  ,  avanza  : 
Pur  siam  già  presso  al  fin ,  eh'  in  terra  ei  pose, 
Quasi  celeste;  e  gli  empj  han  qui  speranza; 
Ma  più  nell'oste,  che  da  noi  s'ascose: 
Or  d\\scaIona  a  noi  minaccia,  e  manda 
Sfide  ed  Araldi;  e'ntanto  a  lor  comanda. 

CXIV. 

Ed  offre  di  battaglia  indi  non  lunge 

Gran  campo,  e  guerra  de' perigli  estrema. 
Ma  per  disfida,  che  disprezza,  e  punge, 
(Se  meco  osate  voi)  di  nulla  ho  tema. 
Di  vittoria  in  vittoria  il  Ciel  congiunge 
Gli  animi  nostri  alla  tenzon  suprema. 
Or  pensiam  eh'  il  nemico  è  presso;  e  scarso 
Il  tempo;  e  rasciughiamo  il  sangue  sparso . 


CONQUrSTATA 


333 


k  curate  quei,  c'baii  fallo  acquisto 
jt  questo  regno  a  voi  col  sangue  loro, 
|bé  non  eonviensi  a'Cavalier  di  Cristo 
i  desio  di  vendetta,  e  di  tesoro  . 
roppo,ahì!  troppo  di  male  oggi  s'è  visto, 
fatto  preda  abbiam  d'argento,  e  d'oro. 
lembrate  ch'oggi  è  il  sesto,  e  sacro  giorno, 
jh' il  Re  sofferse,  onde  Svitar»  ha  scorno. 

i  eliceva  ;  e'nlnnto  il  Ten)pio  immoiido 
^r  si  nettava,  e  i  voti  alber^^hi,  ei  cilii, 
«r  qnei,  che  già  soffili-  più  grave  pondo, 
Ihe  d'oprar  remo,  o  di  cavar  metalli: 
tsangiiinosi  corpi  al  cii])o  fondo 
lortali  fiir  di  teneliro^ie  valli: 
terch'odor  grave  alla  città  non  surga  ; 
\  nell'aperto  CÌel  si  sparge,  e  purga. 

quel  d'  \rgante  si  conserva  ,  e  dona, 
*erchè  riceva  alfin  gli  onori  usati, 
là  ve  al  femmineo  pianto  il  Ciel  rtsuona 
D'alte  grida,  e  di  tremuli  ululati. 
Lngeria,  che  sperò  scettro  e  corona, 
Dra  accusa  le  stelle,  e't  Cielo,  e  Ì  fati, 
ET  crin  si  squarcia,  e  batte  palma  a  palma, 
jlentre  è  portata  a  lei  sì  cara  salma. 

(come  vede  il  suo  marito  anciso, 
*  cui  pudico  il  peno  anco  riserba, 
Spargendo  il  pianto  sovra  il  morto  viso. 
Bacia  la  faccia,  ancor  fera,  e  superba; 
Fosti,  giovine  ancor,  da  me  diviso, 
(Dice)  caro  Signor,  per  morie  acerba; 
£  lasci  me  col  tuo  più  caro  pegno, 
Vedova,  e  serva,  e  presa  al  giogo  indegno. 


334  LA  GERUSALEMME 


CX1X. 


Nella  tenera  elate  è  il  figlio  ancora, 
Cbe  generammo  al  lagrimoso  duolo, 
Tu  ed  io  infelici  insieme;  e  più  m'accora, 
Cb'  in  grande  stirpe,  e  quasi  estremo,  e  solo 
Non  vedrà  gli  anni,  in  cui  virtù  s  onora, 
Né  Talta  fama  tua ,  che  spazii  a  volo, 
Ne  dell'avo  il  bel  regno,  o  regio  nome 
Lieto  il  farà  tra  vinte  gènti,  e  dome. 


e  XX. 


Ma  di  tua  madre,  o  figlio,  a' lidi  estrani' 
Seguirai  sulle  navi  il  duro  caso: 
Ed  in  atto  servii  Franchi ,  o  Romani , 
Ne'  regni  inchinerai  del  nero  Occaso, 
Anzi  Signor  superbo  :  o  se  rimani , 
Spietata  pena  avrai  d'esser  rimaso. 
Da  gran  torre  rotato,  o  d'alte  rupi , 
A  pascer  di  tue  membra  i  corvi,  o  i  lupi. 

CXXI. 

Feri  nemici  irati  al  debil  figlio, 

Misero  Argante,  anzi'l  morir  lasciasti; 
Al  vecchio  genitor  morte  ,  od  esiglio, 
All'orba  madre  ignudi  membri ,  e  guasti: 
E  senza  fine  a  me  lutto  e  periglio, 
E  pensieri  d'amor  dolenti  e  casti  : 
Ne  prima  ebbe  da  te  baci,  o  parole, 
Ond'  io,  piangendo,  il  mio  dolor  console. 

CXXII. 

Cosi  dice  ella;  e'I  volto,  e'I  seno  aspersi 
Avean  di  pianto  le  donzelle  insieme; 
Quando  lutti  fra  lor  nuovi ,  e  diversi. 
Incomincia  la  madre,  e  plora,  e  geme: 
Argante,  nessun  duolo  egual  soffersi 
Pari  a  quel,  che  per  te  m'aggrava  e  preme: 
Ch'eri  di  tutti  i  figli  a  me  più  caro. 
Di  cui  mi  priva  empio  destino  avaro. 


CONQUISTATA  355 

CXXTII. 

r animo,  di  valor,  di  fatti  egregi , 
Tutti  vincesti,  e  di  reale  aspetto; 
Da*SoIdani  onorato,  e  da  aiti  Regi, 
Spaventoso  a' nemici,  a'  tuoi  diletto. 
Difendesti  la  patria;  e  palme  e  fregi 
N'avesti,  or  n'hai  trafitto  il  viso  e'I  petto: 
E  col  tuo  regno  cadi,  ond*io  presaga. 
Sento  al  dofente  cor  prevista  piaga . 


CXXIT. 


^1  mio  senil  consiglio  a  te  non  calse, 
O  del  materno  duolo,  o  del  cord«)glio; 
Ma  contrai  Ciel  giammai  non  vale,  o  valse 
Terrena  forza,  o  pur  terreno  orgoglio: 
O  mondano  grandezze  incerte,  e  false! 
Per  gran  prosperità  viepiù  mi  doglio, 
Fra  superbe,  nemiche,  irate  squadre, 
Misera  vecchia,  serva  ,  ed  orba  madre. 


CXXT. 


losì  dicea  nel  lutto;  e  già  non  tacque 
Nicea  neir angoscioso  aspro  dolore, 
Nicea,  dalla  fortuna  in  riva  all'acque 
Condotta  prima ,  e  dal  suo  vano  amore: 
£  ritornata  poi,  siccome  piacque 
Al  suo  destin  dal  periglioso  errore  : 
Or  come  l'altre  il  crin  si  svelle ,  e  frange, 
£  come  l'altre  sospirando  or  piange. 

«XXTI. 

'u  giaci.  Argante;  Argante,  oimè,  sei  raorto^ 
O  arti  mie  fallaci ,  o  falsa  spene! 
A  cui  più  l'erbe  omai  raccoglio,  e  porto 
Dall'  ime  valli,  e  dall' inculte  arene? 
Non  ti  spero  veder  mai  più  risorto, 
Per  mia  pietosa  cura  .  A  cui  s'attiene 
Più  questa  vita  mia  nojosa,  e  schiva. 
Nel  duro  esigilo ,  e  di  sostegno  or  priva  ? 


536  LA  GERUSALEMME 

CXXTXt. 

Deh  chi  m'affida,  ahi  lassa ,  e  mi  consola 
Nel  caso  estremo,  e  neirorribil  fine? 
Chi  il  padre  amato,  e  'l  mio  fratel  m' invola, 
Già  morti?  o  fera  morte  avranno  alfine? 
Sola  io  non  sono  al  mio  dolor;  ma  sola 
Veggio,  dopo  la  prima,  altre  mine. 
Altri  incendj,  altre  morti  :  e  grave,  e  stanca, 
Quest'alma  al  nuovo  duol  languisce,  e  manca. 


CXXTIII. 


£  piangendo  cosi,  comraove  al  pianto 
L'  altre  sue  meste,  e  dolorose  ancelle. 
Poscia  involgono  Argante  in  ricco  manto 
Colla  tenera  mano,  e  queste  e  quelle: 
Dell'arme  sue  gli  van  mettendo  accanto 
Le' già  più  care,  e  più  lucenti  e  belle , 
Ed  archi,  e  strali ,  e  preziose  spoglie, 
eh'  oscura  fossa  in  sen  profondo  accoglie. 

e  XXIX. 

Scettro  e  corona  appresso,  e  prede  ostili, 
Segni  della  passata  ampia  fortuna, 
E  della  cara  mano  opre  gentili  : 
Gittanvi-ancor  coli' adombrata  luna 
E  di  candide  perle,  e  d'or  monili, 
E  ciò,  ch'ai  rogo  la  Fenice  aduna. 
Chiude  l'avara  terra  ingrato  dono, 
E  geme  de'  lamenti  al  flebil  suono. 

cxxx. 

Eran  sepolti  altri  Guerrier  sotterra , 

(  Pur  con>e  è  1'  uso  )  ed  altri  accesi ,  ed  arsi; 
Né  di  lor  tomba  in  lagrimosa  guerra 
Tempj,  o  Meschite,  o  di  lor  pompa  ornarsi: 
E  fuor  del  cerchio ,  che  tre  monti  or  serra, 
Splendon  quei  roghi, ardon  quei  fuochi  sparsi. 
Enon,  e  Giosafat  luce,  e  fiammeggia: 
Di  valle  in  valle  il  fumo  al  Cielo  ondeggia. 


LA 


GERUSALEMME 

CONQUISTATA 


CANTO  FIGESIMOQUJRTO 

ARGOMENTO 

Sotto  Agcalona  coli' Egìzio  il  Franco 
Ha  fiera  pugna  ,  e  stragi  d^empj  ei  face. 
Cede  Ormoudo  al  Buglion  ,  Tisafrrne  anco  : 
Riccardo  il  figlio  |  e  Solimano  audace 
Anciai ,  in  mar  combatte  ognor  più  firanco  • 
Spento  Emiren,  preso  Altamoro,  in  pace. 
Ya  al  gran  sepolcro  il  vincitor  dell'empio  , 
Dona  le  spoglie ,  e  scioglie  i  voti  al  tempio  • 

Cjrià  riportava  il  Sole  i  d\  correnti, 
E  col  Leon  Nemeo  volgeasL  intorno; 
E  con  gli  strali  suoi,  di  luce  ardenti, 
Dall'Orizzonte  saettava  il  giorno: 
Quando  vittoriose  altere  genti 
Trasse  Goffredo  ,  oltre  l' usato  adorno, 
E  là  drizzolle,  ove  l'antica  sponda 
ly  Ascalona  nemica  al  mar  s'inonda. 


II. 


£  mossi  al  mover  suo  pareano  intanto 

E  valli  e  monti:  e  trombe  a  prova  e  squille^ 
Co]  sacro  suono,  e  colf  altero  canto. 
Tutte  fean  rimbombar  Tonde  tranquille. 
Giàl  Pastor  col  suo  coro  in  aureo  manto 
Seguian  gli  altri  devoti  a  mille  a  mille. 
Qui  nel  Tempio  s'  udiano  i  preghi  e  i  carmi; 
Eia  tremar  la  terra  al  suon  dell'armi. 
C.  Conq,  r.  i/.  1» 


338  L4  GERUSALEMME 


Iti. 


Appresso  al  fiume,  che  nel  mar  discende, 
£  lascia  a  destra  la  città  vicina, 
Alzò  Goffredo  le  sublimi  tende. 
Allorch'air  Occidente  il  Sole  inchina: 
£  quivi  il  tempo  a  lui  promesso  attende, 
In  cui  Talta  vittoria  il  Ciel  destina: 
£  come  apparve  la  purpurea  luce. 
Trapassa  l'onde  al  guado  il  sommo  Duce. 

tv. 

Era  il  giorno,  ch'ai  Sol  si  scoloralo, 

Oltra'l  corso  immortai,  gli  ardenti  raggi; 
£  vinto  il  Re  del  Ciel  Satan  avaro. 
Drizzò '1  trofeo  de' sostenuti  oltraggi. 
Ma  questo  d'Oriente  uscia  si  chiaro. 
Come  brami  tardar  gli  alti  viaggi. 
Gloria  e  splendor  gli  accrebbe,  e  senza  velo 
Volle  mirar  l'opere  illustri  il  Cielo. 

Goffredo  già  passato  il  picciol  fiume, 
In  ampia  valle  scende,  e  quinci  arriva 
Al  salso  mar,  che  di  canute  spume 
Sparge,  fremendo,  l'arenosa  riva. 
La  fama  precorrea  con  ratte  piume, 
Spn ridendo  il  Siion,  che  Tlndo  e  *1  Mauro  udiva: 
£  di  terrore  erapiea  quel  lido,  e'I  porto 
Colle  sue  trombe,  anzi  l'Occaso,  e  l'Orto. 

TI. 

L'Ammiraglio  superbo,  e  pien  di  sdegno, 
Che  fortuna  sì  dubbio  il  fin  sortisca. 
Disse:  O  di  Babilonia  antico  regno, 
Ov'è  la  gloria  tua  temuta  e  prisca? 
Ben  è  dell'onor  tuo  disprezzo  indegno, 
Che  tanto  incontra  te  Goffredo  ardisca. 
Con  poche  schiere:  e  nell'aperto  campo 
Credea  trovar  da  noi  rifugio,  o  scampo* 


CONQUISTATA  SSp 


TU. 


Io  non  credea  che  d'aspettar  securo 
Fra'suoi  ripari,  e  le  profonde  fosse, 
£i  si  tenesse,  o  dentro  al  vecchio  muro, 
Ch'una  e  due  volle  a  suo  poter  percosse. 
O  fatto  ha  della  mente  il  lume  oscuro, 
E  male  estima  temerarie  posse  : 
O  fame  il  caccia ,  quasi  estrania  belva 
Dal  suo  covile ,  e  dall'  antica  selva  . 


▼III. 


Cosi  die' egli;  e  con  minacce,  ed  onte. 
Pur  accresce  de' suoi  l'orgoglio  insano. 
Ma  già  gli  viene  imperioso  a  fronte ,  - 
Colle  sue  schiere,  il  Vincitor  soprano: 
E  r  ordinanza  sua  ,  larga  di  fronte , 
Di  6anchi  angusta,  spiega  in  largo  piano: 
Stringe  in  mezzo  i  pedoni,  e  rende  alati 
Coir  ale  de' cavalli  entrambi  i  lati . 


IX. 


Nel  corno  destro  alluoga  il  Duce  Franco 
Sul  lido  il  gran  Roberto,  il  buon  Raimondo, 
Prccoldo,  Irpin  ,  Clotaro  ,  il  vecchio  stanco  , 
Ramboldo,  a  pochi  di  valor  secondo; 
Con  Roberto,  il  Normando:  ei  regge  il  manco, 
Dov'è  maggior  della  battaglia  il  pondo. 
Perch'il  nemico,  che  di  gente  avanza, 
Quinci  di  circondarlo  avea  speranza . 

X. 

Qui  Cammillo,  Aristolfo,  e  qui  dispone 
Ettorre,  e  l'altre  schiere  a  prova  elette  : 
E  gente  a  pie  ne'Cavalier  frappone. 
Usa  a  pugnar  nelle  mortali  strette. 
Poscia ,  di  palme  degna  e  di  corone 
Quasi  una  terza  schiera  appresso  ei  mette, 
E  Riccardo  ne  fa  Duce  e  maestro. 
Opposto  de'  nemici  al  corno  destro . 


34o  L4  GERUSALEMME 


ZI. 


E  dice  :  La  vittoria  è  in  te  riposta ,  ^ 

eira  tauti  illustri  in  arme  oggi  comandi. 
Tieni  pur  la  tua  schiera  alquanto  ascosta 
Dietro  quest'ale  spaziose,  e  grandi  : 
£  potendo  il  nemico  urtar  di  costa, 
Rompi  r ordine  ostile,  e  spargi ,  e  spandi , 
Ch'egli  vorrà  (s'il  miopensier  non  falle) 
Ferirci  affianchi,  e  circondar  le  spalle. 

XTI. 

Quinci  sovra  un  corsier,  di  schiera  in  schiera 
Parca  volar  tra  Cavalier,  tra  fanti. 
Scopria  la  maestà  del  viso  altera, 
Fulminava  negli  occhi ,  e  ne  sembianti . 
Confortò  il  dubbio,  e  confermò  chi  spera, 
Rammentando  all'audace  i  proprj  vanti. 
Le  prove  al  forte  ;  a  questo  e  pregi,  e  palme. 
Prede  promise  a  quello,  e  care  salme. 

XIII. 

Fermossi  alfine,  ove  l'invitte,  e  prime, 
£  più  nobili  schiere  avea  raccolte  : 
£  d'alta  parte  incominciò  sublime, 
Co' detti,  ond'è  rapito  ogn'  uom,  eh' ascolte. 
Come  in  torrente  dall'alpestri  cime 
Soglion  qui  derivar  le  nevi  sciolte: 
(>osi  correan  volubili,  e  veloci 
Dalla  sua  bocca  le  canore  voci. 


XIT. 


O  degli  empj  nemici  aspro  flagello, 
E  domator  del  lucido  Oriente  ! 
Ecco  l'ultimo  giorno,  ecco  già  quello, 
Che  pur  tanto  bramaste,  ornai  presente. 
Ne  senza  alta  cagion ,  eh'  il  suo  rubello 
Popolo  or  si  raccolga ,  il  Ciel  consente. 
Ogni  vostro  nemico  ha  qui  congiunto. 
Per  fornir  molte  guerre  in  un  sol  punto. 


CONQUISTATA  341 

XW. 

Noi  raccorrem  molte  vittorie  in  una; 
Ne  fia'I  rischio  maggior  d'alta  fatica. 
Non  temiate  di  caso,  o  di  fortuna. 
Sì  gran  turba  mirando ,  e  si  nemica  : 
Cbe  discòrde  fra  sé  mal  si  raguna, 
E  fra  gli  ordini  pur  se  stessa  intrica. 
Pugneran  ^ochi  :  e  do'  più  arditi,  e  scaltri , 
Mancherà  a  molti  il  core,  il  loco  agli  altri. 

Xfl. 

Quei,  ch'incontra  verranci,  uomini  ignudi 
Fian  per  lo  più,  senza  vigor,  senz'arte; 
Che  dal  lor  ozio,  e  da'  servili  studj , 
La  violenza  or  allontana,  e  parte. 
Le  spade  ornai  tremar,  tremar  gli  scudi, 
Tremar  veggio  l'insegne  in  quella  parte: 
Conosco  i  dubbj  moti,  e  i  suoni  incerti: 
Veggio  la  morte  loro  a  segni  aperti. 

XTII> 

Quel  Capitan ,  che  d'ostro  adorno,  e  d'oro, 
Trae  fuor  le  squadre,  e  par  sì  fero  in  vista. 
Vinse  forse  talor  l'Egizio  o  '1  Moro; 
Ma'l  suo  valor  non  fia  eh' a  noi  resista. 
Che  farà  (  benché  saggio  )  in  tanta  loro 
Confusione,  e  sì  turbata,  e  mista? 
Mal  noto  é  (  credo  )  e  mal  conosce  i  sui  ; 
Ed  a  pochi  può  dir:  Tu  fosti:  Io  fui. 

XTIIT 

Ma  sommo  Duce  io  son  di  gente  eletta, 
E  già  gran  tempo  guerreggiammo  insieme: 
E  poscia  un  tempo  a  mio  voler  1'  ho  retta. 
Di  qual  di  voi  non  so  la  patria ,  e'I  seme? 
Quale  spada  m'é  ignota,  o  qual  saetta, 
(Benché  per  l'aria  ancor  sospesa  freme) 
Non  saprei  dir,  sé  Franca,  o  pur  d'Irlanda? 
E  chi  la  pon  sull'arco,  e  chi  la  manda? 


34a  LA  GERUSALEMME 


XIX. 


Chiedo  solite  cose.  Ognun  rassembri 

Quel  medesmo,  eh* altrove  io  già  Tho  visto; 
E  coir  usato  zelo  ornai  rimembri 
L'onor  mio,  Tonor  suo,  Tonor  di  Cristo. 
Ite,  atterrate  gli  erapj;  e  i  tronchi  membri 
Calcate,  e  stabilite  il  primo  acquisto. 
Ma  perchè  tardo  ciò,  eh*  il  Ciel  dimostra? 
Avete  vinto,  e  la  vittoria  è  vostra. 


XX. 


Parve,  che  nel  finir,  fiammelle  e  lampi 
Scendesser  verso  lui  dal  Ciel  sereno; 
Come  talvolta  da'  cerulei  campi 
Scuote  l'ombrosa  notte  aureo  baleno: 
Ma  questa  è  luce,  ond'ei  più  chiaro  avvampi. 
Quasi  la  mandi  il  Sol  dal  proprio  seno: 
£  girandogli  al  capo  i  giri  illustri, 
Del  sacro  regno  pareggiaro  i  lustri. 

XXT. 

Ma  se  cosa  del  Cielo  aprir  cantando 
Presontuosa  può  lingua  mortale; 
Angel  Custode  fu ,  eh' a  lui  girando. 
Corona  fé  collo  splendor  dell'ale: 
E  rilucer  vedeasi  a  quando  a  quando. 
Pur  come  fiamma,  a  gran  diadema  eguale. 
Trasse  Emiréno  intanto  orride  squadre  , 
Per  negra  polve,  al  Sole  oscure,  ed  adre. 

XXIT. 

Egli  ancor  qtjinci  e  quindi  avea  distese 
All'esercito  suo  le  lunghe  corna; 
Siccome  Luna  suol  mostrarle  accese. 
Quando  di  nuovo  a  fiammeggiar  ritorna: 
E  per  sé  il  destro  in  grande  .spazio  ei  prese, 
E  per  la  gente  sua ,  cli'è  meglio  adorna: 
E  concesse  il  sinistro  al  Re  de' Persi , 
Che  lascerà  di  sangue  i  lidi  aspersi. 


CONQUISTATA  343 

XXIII. 

Quesli  ha'l  fioldano  Ormus;  e  i  più  lontani, 
Che  deir India  lasciar  fervido  il  suolo, 
Coir  Ammirdglio,  son  Regi  Affricani, 
E  Siri,  e  Tisaferne,  e  1  regio  stuolo  . 
Là  dove  stender  può  ne'  larghi  piani 
L*ala  sua  destra',  e  più  spedito  il  volo , 
Quinci  le  6onde,  e  le  balestre,  e  gli  archi, 
Esser  tutte  dovean  rotate,  e  scarchi. 


XXIV. 


Così  Emirén  gli  schiera  ;  e  corre  anch'  esso 
Per  le  parti  di  mezzo,  e  per  gli  estremi; 
Per  interpreti  or  parla ,  or  per  se  stesso  ; 
Mesce  lode  e  rampogtie ,  e  pene  e  premi  : 
Talor  dice  ad  alcun  :  Perchè  dimesso 
Mostri,  o  guerriero  il  volto?  e  di  che  temi? 
Che  puote  un  contra  cenla?  io  mi  confido 
Che  fugargli  potrò  coir  ombra  al  grido. 

xxr. 

Ad  altri  :  O  valoroso,  andiamo  avante 
Con  questo  cor,  con  questa  faccia  ardita. 
L'immagine  in  alcun  ,  quasi  spirante, 
Desta  nelTalma,  e  la  virtù  smarrita  : 
Come  la  patria  in  femminil  sembiante. 
Parli,  o  la  fimigliuola  sbigottita: 
Credi  (ei  dicea)  che  la  tua  patria  spie<2[hi. 
Per  la  mia  lingua,  le  parole,  e  i  preghi. 

Guarda  tu  le  mie  leggi,  e  i  sacri  tem[)j 

Fa  eh'  io  del  sangue  mio  non  bagni,  e  lavi. 
Assecura  le  vergini  dagli  empj, 
E  i  sepolcri,  ov'han  Tossa  i  padri,  e  gli  avi. 
A  te,  piangendo  i  lor  passati  tempi. 
Mostra n  le  bianche  chiome  i  vecchi  gravi: 
A  te  la  moglie  le  mammelle  e'I  petto, 
La  cuna  e  i  figli,  e  1  maritai  suo  letto. 


344  LA  GERUSALEMME 

XXTII. 

A  molti  poi  dicea:  L*  Asia  campioni 
Vi  fa  dell'onorsuo:  da  voi  s'aspetta 
Contra  que'pochi  e  barbari  ladroni^ 
Di  mille  offese  alfin  crudel  vendetta. 
Cosi  con  arti  varie,  in  vari  suoni , 
Le  varie  genti  alla  battaglia  affretta . 
S'appressavano  intanto  e  quinci  e  quindi 
Egizj ,  Persi,  Sirj,  e  Mauri  ed  Indi . 


■fi- 


XXTItl. 


Mirabil  vista  fu  d'alto  spavento , 

Quando  l'un  Duce,  e  l'altro  a  fronte  venne: 
Veder,  com' ogni  schiera  a  passo  lento 
Di  miTover  già,  già  di  ferire  accenne  : 
Sparse  ondeggiar  l'altere  insegne  al  vento, 
E  ventilar  ^u'gran  cimier  le  penne: 
Arme,  imprese,  colori,  e'I  Sol,  ch'avvampa, 
E  quasi  anch' egli  a  guerregjjiar  s'accampa. 

XXIX. 

Sembra  d'arbori  densi  ampia  foresta 

L'un  campo,  e  l'altro,  in  guisa  d'aste  abbonda. 
Son  tesi  gli  archi,  ed  ogni  lancia  è  in  resta  : 
Girasi  a  cerco  ogni  rotante  fionda. 
Il  feroce  destrier  s'aggira ,  e  pesta 
Il  negro  piano,  e  l'arenosa  sponda; 
Gonfia  le  nari,  e  spira  il  fumo,  e  morde: 
Tanto  è  il  suo  sdegno  a  quel  furor  concorde, 

XXX. 

Bello  in  si  bella  vista  è  il  grande  orrore; 
Ed  esce  dal  timor  nuovo  diletto: 
Né  men  le  trombe  orribili,  e  canore 
Muovono  il  cor  nell'animoso  petto. 
L'esercito  fedcl  vince  d'onore, 
D'animo,  e  di  virtù  ,  non  pur  d'aspetto  : 
E  canta  in  più  guerriero  ,  e  chiaro  carme 
Ogni  sua  tromba;  e  maggior  luce  ha  l'arme. 


CONQUISTATA  Wi 

XXXI. 

'ér  le  trombe  de' Franchi  il  primo  invito  t 
Aisposér  l'altre,  e  cominciar  la  guerra. 
S'inginocchiar  sino  ali* estremo lito 
Tutti  i  Fedeli,  e  poi  baciar  la  terra. 
Decresce  in  mezzo  il  campo;  è  già  sparito  : 
E  già  il  nemico  il  suo  nemico  afferra . 
E'I  corno  estremo  già  percote,  e  punge , 
£  la  parte  di  mezzo  intanto  aggiunge  . 

XXXIT. 

*ema  la  terra  al  periglioso  assalto . 
Risuonan  l'arenose  ,  e  curve  sponde: 
El  pian  si  tinge  di  sanguigno  smalto; 
E  gran  nube  di  strali  il  Sole  asconde  . 
Sì  leva  gonfio  il  mar^  mugghiando  ,  in  alto, 
E  fanno  in  lui  contesa  i  venti  e  Tonde. 
La  Natura  paventa,  il  Ciel  rimbomba, 
Come  sia  tutto  spirto  e  voce  e  trom!>a. 

XXXIII. 

ve,  ch'avete  in  Ciel  l'alto  governo 
Dflle  Spere,  girando,  in  sé  converse. 
Chi  primier  meritò  l'onore  eterno, 
Primier  ferendo  allor  le  genti  avverse  ? 
Il  formando  Roberto  al  fero  Esterno , 
Innanzi  a  tutti  gli  altri  il  petto  aperse: 
Quel  cade,  e  col  gran  corpo  il  suolo  ingombra^ 
Mentre  a  lui  cieca  morte  i  lumi  adombra. 

XXXIV. 

>berto  colla  destra  allora  stringe, 
Rotto  avendo  il  troucon  la  buona  spada; 
E  tra  gli  Egizj  il  suo  destricr  sospinge, 
E '1  folto  della  schiera  apre,  e  dirada: 
Coglie  llapoldo  ov\»i  s'affibbia,  e  cinge. 
Onde  avvicn  clic  trafitto  a  terra  ei  cada: 
Poi  fer  la  gola  ,  e  tronca  al  crudo  Alarco 
Della  voce  e  del  cibo  il  doppio  varco. 


346  LA  GERUSALEMME 

XXXT. 

E  d' un  fendente  Orindo,  Orgeo  di  punta, 
L*  uno  atterra  stordito ,  e  l'altro  uccide . 
Poscia  il  pieghevol  nodo,  ond' è  congiunta 
IjSì  manca  al  braccio,  ad  Arimon  recide. 
Liìscia,  cadendo,  il  fren  la  man  disgiunta; 
Su  gli  orecchi  al  destriero  il  colpo  stride; 
Ma  quel,  che  sente  in  suo  poter  la  briglia , 
Fugge  attraverso,  e  gli  ordini  scompiglia. 

XXXTI. 

Conoscer  non  si  può  (tant' oltre  è  scorso) 
Di  qual parte  egli  sia  ;  mi  punge ,  e  fere; 
Esprona  il  suodestrier,  ch'il  freno,  o'I  morso 
Non  sente,  e  turba  le  nemiche  schiere. 
Come  il  torrente  con  veloce  corso , 
Inonda  i  paschi ,  e  le  campagne  intere  , 
Accresciuto  da  piogge,  e  da  p'ocelle  , 
E  l'opre  de'coltori  ei  porta,  e  svelle: 

XXXTtl. 

Cosi  strugge  costui  l'iniquo  seme 

Degli  empj,  ed  apre  a'suoi  seguaci  il  pasfto. 
Ma  i  nomi  oscuri,  ch'in  silenzio  or  preme 
L'età,  quasi  vetusta,  addietro  io  lasso. 
I  suoi  nemici  allor  ristretti  insieme 
Cercan  di  por  tanto  valore  a  basso  : 
E  de'Normandi  suoi  l'invitta  forza 
Seco  s'aduna,  e  lor  rispinge ,  e  sforza  ■. 

XXXVIIT. 

Ma  Tisaferne  non  crollata  torre 

Sembra  di  guerra, e  ben  fondata  altezza; 
Onde  l'impeto  ostil,  ch'in  lui  trascorre, 
Nel  duro  scontro  egli  reprime,  e  spezza: 
Ed  ancide  Gerlone,  ancide  Astorre  , 
Cbe  men  la  vita,  che  la  gloria  apprezza  : 
E,  rompendo  gran  lancia  a|)press()  il  ferro, 
Gli  lascia  dentro  il  corpo  aflisso  il  cerro. 


conquistata;  347 

XXXIX. 

£  dalla  spada  poi  non  (unge  ucciso 

Brunellone  il  membruto,  Ardonio  il  grande: 
L'elmetto  all'uno,  el  capo  appar  diviso, 
Che  pende,  e  stilla  a  due  contrarie  bande: 
Trafitto  è  l'altro  ove  ha  principio  il  riso: 
E'I  suo  misero  cor  dilatale  spande: 
Di  sua  morte  ei  ridea,  pianger  volendo, 
Orribilmente,  e  trapassò  ridendo. 

XL. 

Ormondo  intanto,  alle  cui  fere  mani 
Era  commessa  la  spietata  cura , 
Con  false  insegne,  e  portamenti  estrani, 
Guida  i  compagni  allor  d'empia  congiura. 
Così  lupi  notturni,  a' fidi  cani 
Talor  sembianti,  entro  la  nebbia  oscura 
Vanno  alle mandre, e spìan,comeinlors'en tre, 
Timida  coda  ristringendo  al  ventre. 

XLI. 

Gìasi  appressando;  e,  non  lontano  al  fianco 
Del  pio  Goffredo  ,  i  suoi  guerrier  divise. 
Ma  come  avvicinar  l'orato  ,  e'I  bianco 
Egli  mirò  delle  sospette  assise  : 
Ecco  (gridò)  quel  traditor,  che  Franco 
Or  si  dimostra  in  sì  mentite  guise  , 
Co'Fenicj  ladroni;  e  l'empia  turba, 
Sol  colla  voce  il  Cavalier  perturba. 

XLIX. 

Poi  colla  spada  il  piaga  ;  e'I  fero  Ormondo 
Non  fere  e  non  ìa  schermo ,  e  non  s'arretra  ; 
Ma  come  d'Idre,  e  di  Ceraste  immondo 
Abbia  il  Gorgon  su  gli  occhi,  or  gela,  e'mpetra: 
E  di  miU'aste  ancor  sostiene  il  pondo  : 
Da  mille  spade  alfin  la  morte  impetra. 
E  Tira,  che  lui  spenge,  e  i  suoi  consorti, 
Toglie  l'alma  non  sol,  ma  il  corpo  a' morti. 


348  LA  GERUSALEMME 


XLIII. 


Come  di  sangue  ostìl  si  vede  asperso. 

Spinge  Goffredo  il  suo  destriero  ,  e'I  volve 
Là  Ve  non  molto  lunge  il  Duce  avverso 
Le  più  ristrette  schiere  apre,  e  dissolve  ; 
Ma'i  fero  stuol  al  suo  valor  disperso  ,^ 
Va  come  all'Austro  TAffricana  polve: 
Altri  ei  fere,  altri  uccide,  altri  discaccia 
Sin  là,  dove  £mirén»grida,e  minaccia. 


XLIT. 


Comincian  qui  le  due  feroci  destre 

Contesa,  qual  non  arse  in  riva  al  Xanto. 
Ma  fanno  altrove  aspra  tenzon  pedestre 
Ponzio,  Ermano,  Cantelmo,  Amico  intanto, 
Ed  Engerlano:  e  di  battaglia  equestre 
Raimondo,  e  quel  di  Frisa  ha  gloria,  e  vanto, 
Appresso  il  mare,  ove  l'arena  è  rossa, 
E  sparsa  d'arme  ornai ,  di  membra  e  d'ossa. 

XLT. 

Il  forte  Re  de' Persi,  e'I  gran  Roberto 

Fan  crudel  guerra,  e  sin  ad  or  s'agguaglia. 
Ma  Raimondo  non  ha  nel  rischio  incerto 
Paragon  degno  di  crudel  battaglia. 
Ma  del  Soldan  d'Ormus  il  viso  aperto , 
Tutte  l'altre  arme  sue  gli  rompe,  e  smaglia. 
Ugon ,  Procoldo,  Irpino  il  salso  lido 
Trascorre,  e  pone  a  morte  il  volgo  infido. 

XLVI. 

Tal'era  la  battaglia;  e'n  dubbia  lance 
Col  timor  le  speranze  eran  sospese  ; 
Pien  tutto  il  campo  è  di  spezzate  lance, 
Di  rotti  scudi,  e  di  smagliato  arnese. 
Di  spade  affisse  alle  sanguigne  guance, 
Al  ventre,  a' petti;  altre  cadute,  e  stese; 
Di  corpi  altri  supini,  altri  co' volli. 
Quasi  mordendo  il  suolo,  al  suol  rivolti. 


CONQUISTATA  349 

XLTII. 

Giace  il  cavallo  al  suo  Signore  appresso, 
Giace  il  compagno  appo  il  compagno  estinto, 
Giace  il  nemico  appo  il  nemico  ;  e  spesso 
Sul  vivo  il  morto,  e'I  vincitor  sul  vinto. 
Non  v' è  silenzio,  e  non  v' è  grido  espresso; 
Ma  8* ode  un  flebil  suon  roco,  indistinto: 
Fremiti  di  furor,  mormori  d' ira  , 
Gemiti  di  chi  langue,  e  parte  spira. 

XLYIII. 

L*arme  ricche  d'argento,  e  di  lavoro , 
Faceano  or  vista  tenebrosa  e  mesta. 
Son  tolti  i lampi  al  ferro  ,  i  raggi  all'oro: 
Luce,  o  vaghezza  a' bei  color  non  resta. 
Quanto  apparia  d'adorno  ,  e  di  sonoro 
Sugli  elmi,  e  su  gli  scudi,  or  si  calpesta. 
La  polve  ingombra  ciò,  ch'ai  sangue  avanza: 
Tanto  i  campi  mutar  sorte,  e  sembianza! 

XLIX. 

Ma  Tisaferne  volto  al  fero  mastro, 

Che  tutto  spira  ancor  furore  e  rabbia. 
Vedendo  estinti  i  suoi,  che  tolse  al  rastro, 
Quasi  d'onrata  impresa  ei  più  non  abbia 
Speranza,  e'ncolpi  il  Ciel ,  ch'in  si  duro  astro 
Ivi  il  condusse  alla  sanguigna  sabbia  ; 
Gli  disse:  Adunque  noi  già  tardi,  e  stanchi, 
Cediam  nel  primo  sforzo  a' Duci  Franchi? 

X.. 

Deh  ,  se  giammai  d'onor  ti  cale,  o  calse, 
Andianne  contra  lui,  che  vince ,  e  sforza 
Tutt'  altri  :  e  senza  Tarme  occulte  e  false , 
Ci  basti ,  e  senza  fraude  ardita  forza  . 
Cosi  diss'egli;  e  l'uno,  e  l'altro  assalse 
Il  pio  Goffredo ,  a  cui  cedeva  a  forza 
Il  superbo  Emireno,  e  i  suoi  rispinti  : 
£  del  suo  vincitore  han  gloria  i  vinti . 


35o  LA  GERUSALEMME 


ti. 


Ma  Tempio  Veglio  il  suo  pensier  maligno 
Già  non  oblia  ,  né  qui  da  sé  discorda  : 
E,  non  avendo  altr  arme,  od  altro  ordigno 
D'alma  crudel,  d* avaro  premio  ingorda, 
Fere  al  Duce  il  cavallo  ;  e*n  lui  sanguigno 
Fa  due  volte  il  suo  tronco  :  e  non  si  scorda 
Già  del  ritrarsi,  o  degli  usati  modi; 
Né  cerca  più  onorate,  e  chiare  iodi . 

X>TI. 

Il  ferito  cavallo  a  terra  cade , 

Dopo  non  lungo  spazio;  ahi  duro  caso! 
E  quel  mastro  crudel  di  feritade 
Mandar  la  nobii  tita  al  mesto  Occaso 
Pensa  :  e  con  cento  lance,  e  cento  spade 
S'avvicina  al  gran  Duce  a  pie  rimaso. 
Tisaferne  e  Brimarte  ancor  l'astringe: 
Gran  corona  di  ferro  intorno  il  cinge  • 

LUI. 

Ma  non  rimase  il  fido  Eustachio  in  sella, 
Ch'il  possente  fratello  a  piedi  ha  scorto  : 
E  sua  fortuna ,  o  sia  propizia  ,  o  fella  , 
Soffrir  vuol  seco ,  o  vincitore,  o  morto  : 
E  Lutoldo,  e'I  Germano  insieme  appella, 
Ed  Unichier  già  del  periglio  accorto  ; 
E  co'due  me.ssaggier,  Lamberto  e  Pirro, 
E'I  gucrrier  di  Bertagna,  inculto  il  cirro. 

I.IT. 

Cento  e  cent' altri  a  prova  allor  vedresti 
Lasciar  la  sella  volontari ,  e'I  freno  , 
Dove  il  gran  Duce  a' suoi  nemici  infesti 
Ripugna,  e  del  lor  sangue  il  suolo  ha  pieno: 
Ch'ai  vincer  seco,  ed  al  morir  son  presti , 
E  voglion  palma  nella  morte  almeno. 
O  d'invitto  valor  mirabil'opra, 
eh'  in  gran  periglio  più  s'avanzi ,  e  scopra  ! 


CONQUISTATA  3!>i 


L9. 


L'Arabo  intanto,  e  V  Ktiópe  e'I  Siro, 
die  Testremo  volgean  del  destro  corno, 
Giansi  stendendo,  e  dispie<>;ando  in  giro, 
Per  far  da  tergo  a' nostri  oltraggio,  e  scorno. 
E  gli  arcieri,  ch'il  loco  ivi  sortirò, 
Piover  facean  saette  a  lor  d'intorno  : 
Quando  Riccardo,  e'isuo  drappel  si  mosse, 
Quasi  vento  rinchiuso ,  e  tuono  ei  fosse . 

l.Vl. 

Assimiro  di  IVTeroe  infra  Tadusto 

Sluol  d'Etiopia  ebbe  grafi  pregio ,  e  loda  . 

Riccardo  trapassò  Torrido  busto. 

Là  dove  il  nero  collo  in  lui  s'annoda  . 

Poich'eccitò  della  vittoria  il  gusto 

L' ira  del  vincitore  ivi  trasmoda  ; 

"Uè  Si  temuto  è  in  erto  monte ,  o'n  bosco 

Orso,  drago,  leon  per  rabbia,  o  tosco. 

Qual  tre  lingue  vibrar  l'empio  serpente  , 
O  folgore ,  che  d'alto  a  terra  caggia , 
Suol  con  tre  punte  aprir  la  nube  ardente  , 
£  fulminar  montagna  aspra  e  selvaggia  : 
Tal  fra' nemici  ei  fiammeggiar  repente 
Con  tre  spade  parea  nell'alta  piaggia  ; 
E  d'ogni  colpo  uscir  tre  lampi  accensi: 
Quanto  abbaglia  il  terror  la  mente,  e  i  sensi l 

X.TIII. 

Gli  Affricani  tiranni,  e  i  negri  Begi, 

L*un  nel  sangue  dell'altro  a  morte  ei  stende; 

Achilde  il  segue,  e  gli  altri  Duci  egregi, 

Che  d'emulo  valor  l'esempio  accende: 

E  cade  con  orribili  dispregi 

L'infedel  plebe,  e  sol  se  stessa  offende  : 

Ne  guerra  y'è,  ma  gente  a  morte  esposta  : 

E  quinci  il  ferro,  indi  è  la  gola  opposta  • 


35s  L.4  GERUSALEMME 


X.IX. 


Qual  vento  ,  ch'abbia  incontra  o  selva ,  o  colle 
Doppia  nella  contesa  il  corso  e  Tira; 
Ma  poi  con  spirto  pili  sereno  e  molle , 
Per  le  vacue  campagne  ei  passa,  espira; 
O  qual  fra  scogli  il  mar  spuma,  e  ribolle, 
£  per  l'aperto^  onde  più  quete  aggira: 
Tal  per  contrasto  è  quel  furor  soverchio. 
Ma  scema  allor  che  rotto  é  il  fero  cerchio. 


LX. 


Poiché  sdegnossi  in  fuggitivo  dorso 
Spender  tant'ire  ,c  tanti  colpi  invano; 
Volse  alla  gente  a  pie  veloce  il  corso , 
Ch'ebbe  l'Arabo  al  Banco,  e  TAffricano: 
Or  nuda  è  da  quel  lato;  e  chi  soccorso 
Dar  le  doveva,  o  giace,  od  è  lontano. 
Vien  da  traverso  ;  e  de' nemici  inerrai 
L'armato  Cavalier,  tremanti,  e'nfermi. 


X.XI. 


Gli  ordini  rompe  :  e  la  tempesta  ,  e'I  vento 
Più  tardi  atterra  la  matura  messe  : 
Non  cento  lingue  adamantine,  e  cento, 
Colle  voci  d'acciar  sonanti  e  spesse. 
Narrar  potrian  l'orrore,  e  lo  spavento, 
E'I  fero  scempio  delle  genti  oppresse  : 
O  come  il  viucitor,  ch'orno,  e  celebro. 
Sparso  di  sangue,  e  d'ossa,  e  di  cerebro. 

X.XXf. 

Trapassa  il  duro  campo  ;  e'n  vece  d' erba 
Calca  Tarme,  e  le  squadre  al  suol  pareggia. 
L'orride  insegne  in  lui  morte  superba 
Spiega  come  in  suo  regno;  e'I  sangue  ondeggia. 
Ma'l  gran  Soldano,  ove'I  suo  fato  il  serba , 
Venne,  lasciando  la  sublime  reggia  : 
E  per  le  vie  ,  dov'è  perpetua  notte. 
Giunse  alle  schiere  non  disperse,  e  rotte: 


CONQUISTATA  353 

LXXII. 

Dalla  parte  vicina  all'onde  salse  , 
Dove  fortuna  i  lor  perìgli  adegua, 
Giunse  con  pochi  eletti,  e  i  nostri  assalse, 
Co^quai  non  volle  mai  pace ,  né  tregua  : 
E  tanto  in  breve  spazio  ei  fece,  e  valse , 
In  guisa  d'uoro,  ch'il  suo  destin  persegua, 
Che  mosse  quella  squadra ,  e  poscia  aprilla , 
E  fé  Tonda  più  rossa,  e  men  tranquilla. 

I.XIT. 

Gran  ministro  parca  del  cieco  Inferno 
A' ferì  colpi,  alle  sembianze,  agli  atti: 
E  fatto  de' nemici  empio  governo, 
E  molti  de'  migliori  a  morte  ha  tratti  : 
Cosi  alle  mete  dell'  onore  eterno 
Di  terminar  con  gli  animosi  fatti 
Pensa  la  breve  vita  ,  e  com'ei  n'  esca  ; 
Quasi  ella  senza  regno  omai  gì' incresca . 

LXT. 

Intanto  awien  eh'  al  buon  Riccardo  aggiunga , 
In  vece  di  romor,  certo  messaggio , 
Che  nel  mezzo  frappone  ora  più  lunga 
Alla  vendetta  del  suo  grave  oltraggio  : 
£1  prega  che'l  destriero  affretti,  e  punga 
Fino  al  loco,  ove  fa  dubbio  paraggio 
Il  sommo  Duce  in  sanguinosa  calca: 
JXè  del  suo  corso  il  dir  punto  diffalca. 

i.xri. 

Miete  ciò  che  rincontra;  e  rotto,  e  sparso, 
Gol  ferro  più  temuto  a  terra  spande , 
Il  glorioso  Yincitor  di  Tarso, 
Che  non  viene  a  cercar  pregi ,  o  ghirlande 
Di  quercia  omai  ;  né  di  sua  vita  è  scarso , 
Perch'ei  difenda  invitto  Duce,  e  grande. 
Mal  fier  veglio  Bri  marte,  Oronzio,  e  Fulgo» 
Ancisi  adegua  al  morto  orrido  vulgo . 
■  .0.  Cbff^.  7*.  i/.  •>  ' 


3:->4  LA  GERUSALEMME 

LXTII. 

Poi  fra  la  turba  scende  e  varia  e  mista, 
Ciril  suo  valore  in  fera  morte  agguaglia: 
£(l  offre  il  suo  destrier  pacato  in  vista 
Al  pio  Guerrier,  perch'ei  v'ascenda,  e  saglia: 
Signore,  il  tuo  periglio  or  più  m'attrista, 
(11' il  mio  roedesmo:  ed  a  mercè'ini  vaglia 
Tanto,  ch'il  mio  deslrier  di  te  sia  degno, 
E  n'abbia  quest'onor  la  patria  el  regno,  . 

Così  gli  disse,  e  T altro  a  lui  rispose: 

Dunque  io  n'andrò  sul  tuo  destrier  securo 
Luiige  da  te,  eh' a  gran  periglio  espose? 
Ahi ,  che  la  vita  or  senza  te  non  curo  : 
Dunque  rimonta,  e  fa'mirabil  cose  ; 
Mon  tardiam  la  vittoria  al  tempo  oscuro, 
Ch'io  lascio  nnde'raieiproprj,equesto  or  prendo 
Del  forte  Achilde,e  lui  con  gli  altri  attendo. 

LXIX. 

Così  parlò  Goffredo.  E'n  un  sol  punto 

Questi,  e  quegli  al  destrier  la  sella  ingombra: 
E  parve  gran  torrente  a  fiume  aggiunto , 
O  tuono  a  tuoii,  quando  più  il  Ciei  s'adombra; 
Che  dopo  breve  spazio,  in  lui  disgiunto 
Segna  di  foco  il  calle  oscuro,  e  l'ombra  : 
E  l'un  verso'Aquilon  le  nubi  infiamma, 
L'altro  sparge  nell'  Austro  accesa  fiamma . 

LXX. 

Ma  Goffredo  lasciò  fra' primi  ucciso 

Corcut,  empio  figliuol  d'empio  Tiranno, 
Che  prima  sua  fortuna  avea  diviso 
Da  lui ,  che  vive  in  angoscioso  affanno. 
La  spada  gli  pnrtì  la  fronte  e'I  viso, 
E'I  tolse  d'un  fallace,  e  caro  inganno  : 
Ch'il  regno  l' infelice  avea  speralo, 
E  fuggir  d'aspra  morte  il  duro  fato. 


CONQUISTATA  355 

I.XXI. 

^ir  quivi  «incora  alla  vittoria  intoppo 
È  Tisaferne;  e  gli  e  Goffredo  a  fronte , 
Che  taglia  della  guerra  il  duro  groppo  , 
£  vuol  finirla  anzi  eh'  il  dì  tramonte . 
Ma  quel  fellon  ,  ch'è  troppo  fero,  e  troppo 
Forte,  gli  fa  sentir,  quasi  di  Bronte 
La  forza  e'I  peso;  onde  gravosa  e  carca, 
La  testa  il  sommo  Duce  al  petto  inarca. 

LXXIl. 

!a  subito  si  drizza,  e'n  alto  ei  s'erge, 
E  vibra  il  ferro  ;  e  rotto  il  duro  usbergo, 
Gli  apre  le  coste ,  e  Faspra  punta  immerge 
In  mezzo  al  cor,  dov'ha  la  vita  albergo  : 
Tanto  oltre  va,  che  Tuna  piaga  asperge 
A  quel  crudele  il  petto,  e  l'altra  il  tergo: 
Ond'air anima  aperto  è  doppio  calle 
Di  gir,  muggiando,  alla  Tartarea  valle. 

LXXIII. 

I  maraviglia  insieme,  e  Torror  misto 
Stringe  agli  Egizj  il  freddo  sangue  in  ^^hiaccio; 
E  Riroedon  ,  come  il  gran  colpo  ha  visto , 
Fera  simiglia,  eh' è  già  colta  al  laccio  : 
£  chiaramente  il  suo  morir  previsto, 
Sente  stancarsi  alla  fatica  il  braccio  : 
Cosa  insolita  a  lui;  ma  qual  non  regge 
Dell'opre  di  quaggiù  Teterna  legge? 

LXXIT. 

ome  vede  talor  torbidi  sogni 
L'egro,  che  nulla  il  suo  vigor  rinfranca; 
E  par  eh'  invan  le  tarde  membra  agogni 
Stender  al  corso,  onde  languisce,  e  manca: 
Ne  conosce  le  forze  a' suoi  bisogni 
Già  pronte ,  ed  ogni  parte  ha  grave  e  stanca; 
£  scioglier  vuol  ancor  la  pigra  lingua, 
Ma  non  avvien  che  voce  iiUrui  distingua  : 


556  LA  GERUSALEMME 


LXZT. 


Così  vorria  fuggir  con  gli  altri  a  schiera 
Biraedon  ,  che  portò  l'altera  insegna: 
Tanto  timor  ringorahra;e  nulla  ei  spera 
Difesa,  o  scampo  almeno,  e  fuga  indegna. 
Ma  gli  parla  Emirén  con  voce  altera, 
Che deir altrui  timor  si  rode,  e  sdegna: 
Or  sei  tu  quel ,  ch'a  sostener  gli  eccelsi 
Segni  del  mio  Signor  fra  mille  io  scelsi? 

X.XXTI. 

Bimedon,  questa  insegna  a  te  non  diedi, 
Acciocch' indietro  tu  rivolga  i  passi. 
Dunque  il  grand' Ammiraglio  in  guerra  vedi^ 
E'n  gran  periglio  ancora,  e  solo  il  lassi? 
Che  brami  ?  di  salvarti  ?  or  meco  riedi , 
Che  per  la  presa  strada  a  morte  vassi. 
Combatta  quel,  cui  di  salvarsi  aggrada. 
La  via  d'ouor  delia  salute  è  strada. 

LXXVII. 

Così  dicea  dell'  infedele  Egitto 

Il  fero  Duce,  con  turbato  sguardo; 
Quando  l' insegne  del  suo  impero  afflitto 
Prese  mirò;  talch'il  soccorso  è  tardo; 
E  con  un  colpo  del  Normando  invitto 
A  pie  caduto  Rimedon  gagliardo; 
È  mezzo  il  braccio  suo  reciso,  e  tronco, 
Pur  come  ramo  di  selvaggio  tronco. 

LXXV1II. 

Goffredo  intanto  a  lui  dubbioso  giunge, 
E'n  arrivando  (o  che  gli  pare)  avanza 
Ogni  cosa ,  che  sia  terrena,  e  lunge 
Dal  Cielo,  e  di  valore  e  di  sembianza  : 
Nuovo  timor,  nuovo  terrore  il  punge; 
Ed  oblia  del  valor  la  ferma  usanza , 
E  i  proprj  detti;  e  dal  valor,  che  strugge 
Le  sue  schiere  fugaci,  anch' ei  sea  fugge. 


CONQUISTATA  .  35^ 

X.XX1X. 

Qiial  iicH'età  de' sacri  Eroi  vetusta, 
Gli  Amorrei  perseguendo  in  fuga  sparsi , 
Accrebbe  spazio  alla  vittoria  angusta  , 
£  scórse  Giosuè  lo  Sol  fermarsi  : 
Tal,  mentre  ei  disperdea  la  gente  ingiusta, 
Goffredo  il  vide  in  Cielo  immobil  farsi , 
Pur  come  viva  fede  il  fermio  e  leghi: 
O  maraviglia  de' suoi  giusti  preghi! 

LXXX. 

Tu  poscia  il  terzo  fosti ,  a  cui  trascorse, 
Invitto  Carlo,  il  dì  più  tardo  in  Cielo: 
E  più  tardi  rotaro  il  Carro,  e  l'Orse. 
A  te  Febo  sgombrò  l'orrido  velo  ; 
E  con  sua  luce  a  tua  pietà  soccorse , 
E'ntepidissi  a  mezzo  verno  il  gelo: 
Uè  turbò  la  vittoria  o  nube,  o  nembo, 
Aprendo  1*  Albi  a' vincitori  il  grembo. 

X.XXXI. 

L'Albi  le  rive  alla  tua  gloria ,  e  l'Istro 
Soggiogato,  inchinava;  e'n  lor  sostenne 
Deir Augello,  d'imperio  alto  ministro, 
L'altere  insegne,  e  le  sacrate  penne  : 
Ne  potea  fato ,  al  tuo  valor  sinistro, 
Lui  ritardar,  che  d'alto  vide,  e  venne: 
Sovra  l'Idra,  e  non  tronchi  i  capi  estinse, 
E'n  Germania  l'Europa,  e'I  mondo  ei  vinse. 

I.XXXf  I. 

Il  furor  catenato,  e'I  gran  rubello 

Fu  da  te  preso,  e'I  giogo  imposto  agli  empj  : 

E  fece  la  clemenza  allor  più  bello, 

O  Carlo ,  il  mondo ,  e  più  felici  i  tempi. 

^   Orchi  più  di  Quirino,  o  di  Marcello. 
Le  spoglie  esalta,  appese  a' sacri  tempj  ? 
Tu,  se  natura  ,  e'I  mondo,  e'I  Ciel  trionfi, 
Quai  merti  sovra']  Sol  palme  e  trionfi? 


358  LA  GERUSALEMME 

Ma  qual  pronto  deslrier,  ch'in  giro  ob1iqa4 
S'affrelta,  e  sferza  intorno  all'alta  meta; 
Stanco  del  corso  ,  e  dello  .spazio  iniquo, 
Corre  più  ratto  al  fine,  ov'ei  s'acqueta: 
Tal  colle  slanche  rime  al  tempo  antiquo 
lo  torno,  ove  il  riposo  altri  non  vieta  ; 
E  veggio  omai  del  hel  Sebeto  in  riva 
Corona  almen  di  più  tranquilla  oliva. 

Prese  Goffredo  allora  alto  consiglio. 
Riordinando  i  suoi  con  più  bell'arte; 
Poiché  perder  il  campo,  e'n  gran  periglio 
I  Franchi  egli  vedea  dall'altra  parte . 
Ciascun  venia  del  sangue  ostil  vermiglio, 
Ciascun  le  schiere  avverse  ha  rotte,  e  sparte: 
E  parea  dubbia  ancor  fortuna  in  mezzo  , 
Cosi  l'integre  corna  urtar  da  sezzo . 

Qui'l  possente  Altamoro  in  pugna  avversa 
Nulla  del  core  invitto  allor  perdeo, 
Bench'il  perda  la  gt-nte  e  d"  India  e  Persa; 
Rla'l  buon  Costanzo  urcitle,  e'I  buon  Romeo. 
Erasmo  e  G.iHo,  a  cui  fu  patria  Anversa, 
Per  le  sue  fiere  mani  allor  (!a<leo: 
E  Clodioii  dulia  famosa  Ardcuna  . 
E'I  Conte  degli  Amanri ,  e  quel  di  Brenna . 

Ma  rnssej^giar  parea  di  ferro  e  d'ostro, 
Crollaiulo  il  lìcr  Soldano  orrida  lancia 
Innanzi  a  tutti;  e  quid   l'arlareo  mostro 
Minacciava  superbo  Italia  e  l- rancia  - 
E'I  figlio  tinto  aucor  del  sangue  nostro. 
Sotto  l'elmo  rnui  suo,  la  molle  guancia 
Giovinetto  copriva  ;  e  gir  solingo 
Non  temerebbe  in  periglioso  arringo. 


CONQUISTATA  SSg 

LXXXT1I. 

Ma  gli  vide  Riccardo  ;  e  quasi  a  volo , 
Il  rapido  Circino  ei  mosse,  e'I  punse , 
Per  vendicarsi  ornai  del  fero  stuolo, 
Che  la  sua  amata  compagnia  disgiunse: 
II  Soldan  già  sentia  l'estremo  duolo 
Annunziarsi  al  cor,  quand'egli  aggiunse; 
Pur  gli  sì  volge  incontra ,  e'I  ferro  ei  vibra, 
E  nelle  forze  sue  si  fonda ,  e  libra . 


Lxxxriii. 


E'n  vece  di  mìo  IN'unie,  a  me  sia  (  disse) 
Questa  mia  destra ,  o  figlio  ,  e  questo  ferro, 
Che  tanti  altri  nemici  ancor  trafisse, 
Che  sol  fidando  in  mia  virtù  non  erro: 
E  mal  grado  di  stelle  erranti  e  fisse, 
Sfoggi  questo  crudel  colTasta  afferro, 
Tu  mi  sarai  trofeo  di  nuove  spoglie. 
Cosi  parlando,  ogni  sua  forza  accoglie. 

LXXXIX. 

E  previen  nel  colpir,  ma  non  impiaga 

L'altro,  ch'arme  ha  dal  Ciel  lucenti  e  ferme. 
A  lui  non  giova  tempra  ,  od  arte  maga, 
eh*  è  già  ferito,  e  pure  a' col  pi  inerme. 
Alla  man,  che  s'innalza,  e  fera  piaga 
Porta  di  nuovo  a  quelle  membra  inferme. 
Sottentra  il  figlio,  e  lor  difende,  e  guarda, 
E'I  nemico  furor  sostiene,  e  tarda. 


xc. 


Mentre  cede  al  nemico  il  Re  feroce. 
Dal  forte  scudo  del  figljuol  difeso  ; 
I  barbari  innalzando  orrìbil  voce. 
L'arme  lanciaro  in  lui,  ch'è  nulla  offeso  : 
Ne  di  ferri,  né  d'aste  il  furor  nuoce 
A  que'doui  celesti,  o'I  grave  peso: 
Ei  nello  scudo  si  ricopre  ,  e  serra, 
E  la  nube  sostien  d'orrida  guerra . 


LA  GERUSALEMME 

Siccome  allor  che  ruinosa  a  basso 

La  graiidioe  dai  Ciel  risuona ,  e  scende  ; 
E  per  fuggir  con  frettoloso  passo. 
L'avaro  zappaior  l'arme  riprende  : 
Fugge  ogni  altro  da' campi;  e  d'alto  sasso 
Nel  curvo  seno  i]  peregrino  attende, 
O'n  ben  securo  albergo  il  caldo  raggio, 
Ch'il  richiami  al  suo  lungo  aspro  viaggio  : 

Cosi  coperto  è  da  quel  nembo  oscuro; 
E  r  ire  tutte  e  i  colpi  alfor  sostenta  : 
E'I  giovine,  ch'incontro  aver  si  duro 
Non  si  credea ,  minaccia,  anzi  spaventa  : 
Dove  mini,  o  di  morir  securo? 
La  tua  virtute  oltr  il  poter  s'avventa  . 
Falsa  pietà  ti  ^orza,  o  pur  t' inganna 
Nel  punto  estremo;  e'I  troppoardir  condanna. 

Ma  già  l'avara  Parca  il  filo  incide 

Di  lui, oh' il  suo  valor  non  tenne  a  freno; 
E'I  ferro  micidial  fiammeggia  ,  e  stride 
Sovra '1  dorato  scudo,  e'I  coglie appieno: 
E  per  mezzo  il  fanciullo  apre,  e  divide, 
Insin  che  tutto»  lui  s'asconde  in  seno, 
E  gli  empie  il  grembo  di  purpureo  sangue. 
Mesta  l'alma  abbandona  il  corpo  esangue . 

Ma'l  padre  intanto  in  sulle  molli  arene, 
Dove  il  rnnr  mormorando  il  Udo  bagna. 
S'appoggia  al  tronco,  e  fermo  in  lui  s'attiene; 
Mentre  il  sangue  alle  plaghe  asciuga  e  sugna. 
Stan  servi  scelti  intorno  :  altri  gli  tiene 
Lo  scudo  e  l'elmo  ;  ei  del  figliuol  si  lagna 
pgro  anelante,  e  sol  di  lui  dimanda, 
Genitor  mesto  ;  e  messi ,  e  preghi  ei  manda  > 


CONQUISTATA  36» 

xcr. 

Ma  già  fuggirne  all' arenosa  riva 
Vedea  la  sparsa  e  sbigottita  gente  ; 
E'I  gemito  el  romor  da  lunge  udiva , 
E  il  mal  conobbe  la  presaga  mente; 
E  quasi  certo  fu  che  più  non  viva 
Il  suo  figliuolo,  oltre  Tetà  possente; 
Onde  le  palme,  e  gli  occhi  al  Ciel  rivolse, 
E'n  questa  guisa  anzi'l  morir  si  dolse: 

XCTI. 

Tanto  di  viver  dunque  avea  diletto  , 
O  figlio ,  senza  te,  ch'io  pur  soffersi 
Ch'in  mia  vece  esponessi  al  ferro  il  petto , 
E  la  mia  prole  al  mio  destino  offersi? 
Da  queste  piaghe  tue  salute  aspetto , 
Vivo  per  la  tua  morte?  o  Cieli  avversi! 
(V  Tesiglio  è  infelice,  or  giunto  il  colpo 
É  troppo  addentro,  e'I  mio  timor  n'incolpo. 

xeni. 

ChMo  piuttosto  doveva  al  fero  strazio 
Espor  la  vita  ,  che  miseria  adduce, 
E  servitute  alfine  :  e  pago ,  e  sazio 
Far  lungo  odio  iramortal  d'infesto  Duce. 
Or  io  cerco  al  morir  più  lungo  spazio? 
Né  lascio  il  mondo  ,  e  l' odiosa  luce  ? 
Ma  kscerolla,  e  grave  intanto,  ed  egro. 
Chiede  il  destrier ,  al  duol  conforme,  e  negro. 


XCTIII. 


E  coperto  dell'arme,  in  sella  ei  monta, 
El  precipita  al  corso  ,  e  nulla  ci  teme  : 
E  i  fuggitivi  in  sul  quel  lido  affronta, 
Chel  giusto  vincitor  percote,  e  preme. 
Ferve  in  mezzo  del  cor  lo  sdegno ,  e  Tonta, 
E  col  lutto  la  rabbia  è  mista  insieme, 
E  dalle  furie  l'agitato  amore, 
E  noto  a  se.  raedesmo  empio  valore. 


362  LA  GERUSALEMMI!; 


E  con  gran  voce  il  gran  Riccardo  appella 
Tre  volte  ;  e  quel  conobbe  il  fero  suono, 
E'I  minacciar  di  barbara  favella, 
Che  rimbombò  quasi  terribil  tuono: 
Faccia  chi  muove  il  Sole,  ed  ogni  stella, 
(S'anco  di  te  mal  vendicato  io  sono) 
Che  fra  noi  nuova  pugna  or  si  cominci: 
Vantati  poi,  se  mi  dispogli,  e  vinci . 

e. 

Tanto  sol  disse;  e  con  gran  lancia  infesta 
Impetuosamente  incontra  è  corso, 
Drizzando  il  colpo  alla  superba  testa. 
L'altro  schivò  l'incontro,  e'i  fiero  corso: 
E  ri\oItò  da  quella  parte  a  questa 
11  veloce  destrier ,  ch'è  pronto  al  morso: 
Crudelissimo  (dice)  in  qual  periglio 
Vuoi  spaventarmi,  or  che  m'  hai  tolto  il  figlio? 

CI. 

Non  pavento  il  morir,  non  pena,  o  scempio, 
Non  Dio  nel  Ciel,  che  mi  condanna  a  torto, 
E  mi  fa  di  miseria  al  mondo  esempio. 
Lascia  ch'io  qui  ritorno  ad  esser  morto, 
E  del  mio  sangue  il  mio  difetto  adempio; 
Ma  questi  doni  anzi  il  morir  li  porlo. 
Tacque,  e*l  percosse  ;  «  1  suo  destrier  rotando, 
Parve  in  un  largo  giro  andar  volando. 

CIf. 

E  doppiati  aspri  colpi,  ampie  rivolte. 

Lui,  che  gli  spinse  il  gran  (>ircino  addosso, 

Colse  nel  fianco,  e'I  cir(?ondo  tre  volte, 

E  nulla  ancor  l'avea  crollato,  o  scosso. 

Di  strali,  e  d'aste  impetuose  e  ff)Ite, 

Da  lunge  intanto  il  Cavalier  j)ercovSSO, 

Girò  tre  volte  col  robusto  braccio 

Gran  selva,  onde  lo  scudo  è  grave  impaccio. 


CONQUISTATA  365 

CHI. 

Poiché  SI  lungo  indugio  alfin  gV increbbe, 
E  di  tante  percosse  il  duol  sofferto, 
Spronò  forte  il  destriero  ;  e  T  ira  accrebbe 
Sovra  il  nemico,  ornai  presago  e  certo 
Del  suo  destino;  e'n  guisa  a  ferir  l'ebbe, 
Che  la  spada  gli  entrò  nel  petto  aperto: 
Nè'l  suo  Circin  fé  men  terribii  opr<^. 
Anzi  il  nero  Tigrin  gittò  sossopra  .  . 

e  IT. 

Cadde  il  cavallo;  e'I  Cavalier  trafitto 

Sotto  oppresso  giacéa,  languendo  a  forza. 
Sovra  Riccardo  il  suo  crudel  despitto 
Inasprò  in  lui,  che  non  si  leva,  o  sforza  : 
Dcive  (dicendo)  è  Solimano  invitto  ? 
E  quella  del  suo  core  orribil  forza  ? 
Quegli  all'incontro  appena  a  se  ritrasse 
Lo  spirto,  e  come  vita  omai  sdegnasse: 

CT. 

Che  rimproveri  a  me,  nemico  acerbo? 

Quasi  la  morte  sia  vergogna,  e  scorno. 
*  Nulla  colpa  è  il  morire;  e  non  riserbo 
Questa  misera  vita  ad  ;iltro  giorno. 
Ne  tu  del  sangue  giovinii  superbo. 
Altra  col  mio  figliuol,  di  spoglie  adorno, 
Pietà  qui  patteggiasti,  e  più  non  disse; 
Ma'l  colpo  attese,  ond' altri  il  cor  trafisse . 

evi. 

Poich*il  Soldan,  che'n  pmgliosa  guerra, 
Quasi  novello  .Anteo  cadde,  e  risorse, 
Alfin  calcò  la  sanguinosa  terra; 
Di  lingua  in  lingua  un  alto  suon  trascorse: 
E  Fortuna  ,  che  varia  e  'nstabìl  erra  , 
Non  tenne  la  vittoria  alata  in  fot.se: 
Che  nell'insegne  trionfali,  e  grandi. 
Spiegò  Napoli  antica  a' suoi  ^iormandi. 


364  I'^  GERUS.4LEiyilVIC 

CVII. 

Siccome  in  Medoaco,  o'n  Mincio,  o*n  Sorga, 
L*  acqua  chiusa  talor  s' avanza ,  e  cresce, 
E 'usino  al  sommo  in  poco  spazio  ingorga^ 
Poi  nell'aperte  vie  si  spande,  ed  esce; 
Alfin  precipitando  al  mare  sgorga, 
O'n  maggior  fiume  si  disperde,  e  mesce: 
Cosi  <;orrean  con  spaventoso  grido. 
Rotto  il  ritegno,  i  Turchi  al  salso  lido. 

crifr. 

Della  gente  crudel ,  che  sparsa  or  fugge. 
Tante  sono  le  strida,  e  gli  urU,  e'I  lutto, 
Ch'appena  s'ode  il  mar,  eh'  irato  mugge; 
E  dianzi  udissi  rimbombar  per  tutto  : 
E  quel  furor,  che  la  persegue,  e  strugge. 
Cangia  in  sanguigno  il  più  canuto  flutto  : 
Né  d'acqua,  ma  di  sangue  ornai  correnti 
Van  per  la  negra  arena  ampi  torrenti. 

CIX. 

Ne  solo  ingombra  l'arenosa  sponda 

La  turba,  che  non  fa  guerra,  o  contrasto; 
Ma  dal  timor  cacciala  ,  entra  nell'onda, 
Portando  a' pesci  il  sanguinoso  pasto. 
Parte  fugge  alle  navi,  altri  s'affonda: 
Rari  veggonsi  a  nuoto  in  gorgo  vasto. 
Gli  caccia  il  gran  Riccardo,  e  batte  a  tergo 
In  quel  de' Venti  procelloso  albergo. 

ex 

E  par  eh' un  turbo  in  mezzo  all'acque  il  porti, 
Tanto  è  leve  il  destrier  nel  corso  ondoso; 
E  quasi  tomba  fa  d'orride  morti 
Del  mar  T  umido  letto,  e  'l  fondo  erboso. 
E  qual  fuggono  i  pesci  a'queti  porti 
Da  gran  drlfin,  che  turba  il  lor  riposo, 
E  divora  di  lor  qualunque  ei  prenda; 
Tal  qui  par  eh'  al  suo  scampo  ogni  altro  intenc 


CONQUISTATA  3(55 

CXI. 

Pieno  era  il  mar  3i  corredate  navi, 
Che  furo  accolte  incontra  a'  Duci  nostri, 
E  di  macchine  ancora  armate ,  e  gravi, 
Dove  tra  remi,  e  tra  pungenti  rostri, 
Moriauo  appresi  a  quelle  eccelse  travi, 
Cadendo  in  preda  agli  affamati  mostri: 
E  di  vele  e  di  remi  e  di  governo 
£i  le  disarma,  e  prende  i  venti  a  scherno. 

CXII. 

Ma  par  che  la  Fortuna  omai  si  sdegni, 
Ch'un  Cavaliero  in  mezzo  al  mar  sonante 
Ardisca  trionfar  de' salsi  regni, 
E  del  felice  ardir  si  glorj ,  e  vante: 
E  tragga  a* curvi  lidi  i  curvi  legni, 
Che  varie  prede  avean  raccolte  avante 
Fra  le  foci  del  Nilo,  e  di  Scamandro , 
Correndo  da  Canopo  infino  Antandro. 

CX1II. 

E'i  gran  vento  Affrican  con  grande  orgoglio 
Innalza  Tonde,  minacciando  a  destra; 
Epercotendo  pur  di  scoglio  in  scoglio, 
Le  rompe,  e  mugge  nella  riva  alpestra* 
Gli  altri  han  lunge  da  lui  tema  e  cordoglio: 
£i  non  allenta  la  feroce  destra; 
Ma  i  legni  sforza ,  e  la  nemica  turba 
Incontra  lei,  cheU  mare,  eì  Ciel  perturba. 

CXIT. 

E  'ntanto  avvien  che  gli  sollevi ,  ed  erga 
D'onde  sanguigne  incontra  un  alto  monte; 
E  gli  ricopra  omai ,  non  pur  asperga , 
L'elmo  e  la  chioma,  e  l'animosa  fronte  ; 
Ma  non  si,  eh'  il  destriero,  o  lui  sommerga  * 
Né  1  forte  Orazio  già^  spezzato  il  ponte. 
Tal  fu  nel  Tebro,  o'n  mezzo  '1  Xanto  Achille^ 
.  Con  ajuto  di  fiamme  e  di  faville. 


366  LA.  GERUSALEMME 


CXT. 


Ne  ì  gloriosi ,  che  passuro  a  Coleo, 

O  gli  altri  presso  Troja,  o'ntorno  a  Tebe, 
Che  fér  su  i  corpi  estinti  il  Gero  solco, 
£  di  sangue  inondar  Torride  glebe: 
Né  r  opre  di  nocchiero,  o  di  bifolco; 
Onde  convien  ch'agogni  errante  plebe, 
Diér  tanta  maraviglia  al  secol  prisco, 
Quanta  il  guerrier  nel  tempestoso  risco. 

CXVI. 

Ma'l  buon  Tancredi  ^da  non  grave  piaga 
Impedito^  non  cessa  ,  anzi  combatte  : 
E  Sifante,  e  Sonar  a  morte  impiaga, 
Arimeo,  Lusco,  Ardingo  ancisi  abbatte: 
E  Cimo ,  e  Sirion  ,  che  d'arte  maga 
Fu  mastro;  e  Talme  insin  da' corpi  ha  tratte: 
E  colla  spada ,  che  fiammeggia ,  e  flagra. 
Di  sangue  impingua  adusta  terra,  e  magra. 

cxrii. 

Seco  Aristolfo,  e  seco  Eustachio  intanto 
Seguon  le  turbe  inver  l'eccelse  tende, 
Dove  insieme  si  mesce  il  sangue,  e'I  pianto, 
E'I  suon  dell'alte  voci  al  Cielo  ascende. 
Ma  nessun  più  degli  empj  o  gloria,  o  vanto 
Cerca  d'invitta  morte,  o  si  difende; 
E  come  non  vi  sia  rifugio  ,  o  schermo, 
Ferma  è  la  fuga,  e  lor  destino  è  fermo. 

cxriii. 

E  riverenti  in  atto ,  il  ferro  ignudo 
Chinaro  a  terra,  e  la  smarrita  faccia; 
Non  osando  innalzar  asta,  ne  scudo 
Contra  morte,  che  segue,  e  lor  minaccia: 
E  morian,  quasi  belve,  in  fero  ludo 
Cinte  d'intorno,  o'n  sanguinosa  caccia: 
Ma  di  lor  toglie  molli  a  morte  acerba^ 
Ed  al  trionfo  l' umiltà  riserba . 


CONQUISTATA  36; 

CXIX. 

E  quinci  i  nostri  a  depredar  conversi, 
Biechi  vasi  rapian  d'argento,  e  d'auro; 
Arme  e  spoglie  d' ligizj ,  Assirj  e  Persi, 
D'aspre  fatiche  alfìn  premio,  e  ristauro: 
E  i  cari  arnesi  fur  di  sangue  aspersi, 
E*n  gran  tempo  macchiato  ampio  tesauro, 
Ch'ivi  EmireiKi  avea  raccolto  insieme 
Sin  dalle  parti  d'Oriente  estreme. 

cxx. 

Ed  egli  innanzi  alla  guardata  porta 
D'Ascaloua  s'è  fermo:  indi  rimira 
L'innuroerabil  turba  e  sparsa  e  morta, 
E  de* suoi  proprj  danni  ancor  sospira. 
E  colla  faccia  dispettosa  e  torta , 
Guardando  il  Ciel,  freme  di  sdegno  e  d*  ira; 
E'I  suo  falso  Profeta,  e'I  fato  incolpa  , 
Come  il  suo  perder  sia  celeste  colpa . 

CXXI. 

Ov'è  la  tua  virtù  i  eh'  indarno  io  chieggio? 
E  quella  degli  Dei ,  che  tanto  ponno? 
Fra'quali  hai  presso  Dio  diadema,  e  seggio  : 
Dator  di  nuove  leggi ,  e  Duce,  e  Donno 
Dell'Oriente?  e  pur  di  male  in  peggio 
Cader  ci  lasci?. e  dormi  un  lungo  sonno? 
Kè  de' popoli  tuoi  servi  e  distrutti 
T'hanno  anco  desto  l'alte  strida  e  i  lutti? 


CXXII. 


Le  mine  non  miri?  e  questo  giorno, 
Quasi  fatale?  e  l'onor  tuo  cadente? 
E  perch'arroge  al  vergognoso  scorno. 
Questo  ne  fa  la  vii  despetta  gente? 
eh'  umile ,  inerme ,  e  peregrina ,  intorno 
A  noi  eibo  e  pietà  chiedea  sov^te: 
Or  minaccia,  lasciato  il  lordo  sacco. 
Gli  alti  regni  d'Egitto  e  di  Baldacco? 


368  L4  GERUSALEMME 

CXXIII. 

£  di  nostra  pietà,  che  già  si  pronta 

A  lei  sovvenne,  è  ingiusto  premio  e  fero 
L'orrida  morte,  e'I  vii  servaggio  e  Fonta, 
£  la  mina  d' uno  e  d'altro  impero? 
Deh  qual  miracol  mai  si  scrive,  o  conta, 
Come  questo,  ch'abbiam  presente,  e  veroF 
Che  l'agnello  è  mutato  in  lupo,  e  'n  angue, 
£d  in  fero  leon,  che  sugge  il  sangue? 


cxzir. 


Gli  Angeli ,  che  l' Eufrate  aggrava  al  fondo, 
Han  forse  sciolte  le  catene,  e  rotte, 
£  i  mostri  suoi  dal  cieco  orror  profondo , 
Armati  or  manda  la  Tartarea  notte. 
Aperti  son  gli  Abissi,  e  guasto  il  mondo. 
Le  nostre  genti  a  duro  fin  condotte. 
Fra  mille  strazj  e  scorni:  e  tu  si  tardi 
La  tua  vergogna,  e  '1  nostro  mal  riguardi  ? 

«XXT. 

Tante  genti,  tant'arme  insieme  accolsi , 
Tanti  Duci,  e  guerrier  famosi  in  guerra; 
Tant' argento,  tant'oro,  or  diedi,  or  tolsi, 
Tratto  di  là ,  dove  s'aduna,  e  serra  ; 
E  sossopra  dell'Asia  i  regni  volsi , 
Insino  a  Battro,  e  l'Affricana  terra. 
Sol  per  tua  gloria,  e  dell'amata  legge, 
£  di  lui ,  eh'  in  tuo  nome  impera,  e  regge: 

CXXTI. 

E  tu  mi  lasci  a  chi  m'ancida,  e  prenda, 
Schernito  ed  egro:  e  pur  ne'Tempj  sacri 
Non  ha  tomba  Gesù,  ch'alto  risplenda, 
Fra  tanti  doni  d'oro  e  simiulacri  ? 
Or  chi  più  fia,  ch'in  tua  meschita  accenda 
Arabi  odori ?,o  statue  erga,  o  consacri, 
Come  io  già  feci?  e  l'error  mio  ricordo , 
Idol  bugiardo,  e  cieco  Nume  e  sordo. 


CONQUISTATA  869 

CXXVII» 

Cosi  diceva  ;  e  con  pensiero  incerto 
Or  mirava  T arene,  or  l' onde  amare; 
E  tutto  il  lido  omai  vedea  coperto 
D'estinti  corpi,  e  sanguinoso  il  mare: 
Ne  sa  come  ricovri  in  gran  deserto, 
O  per  Tonde  si  fugga:  e'ntanto  appare 
Goffredo  a  lui ,  come  orrida  tenebra  : 
Ei  dal  fato  non  ha  scampo,  o  latebra . 

CXXTIII. 

Centra  il  temuto  Duce  il  destrier  punge; 
E'I  timor  cangia  in  più  rabbioso  sdegno; 
E  mostra,  ov'  egli  passa ,  ov'  egli  aggiunge , 
Di  valor  disperato  orribil  segno: 
.£  grida  (  poiché '1  suo  refugio  è  lunge) 
Ecco  per  le  tue  mani  a  morir  vegno: 
Ma  tenterò  nella  caduta  estrema, 
Che  la  mina  mia  ti  colga  e  prema. 

CXXIX. 

Così  disse  Emireno;  e'n  forte  punto 
Mosse,  e  ferir  gli  parve  alta  colonna. 
Egli  air  incontro  da  gran  colpo  aggiunto, 
Onde  stordisce,  e'n  sull'arcione  assonna^ 
Poscia  è  trafitto;  e*l  suo  mortai  disgiunto 
Dall'alma,  che  gli  fu  consorte  e  donna, 
In  terra  cadde  :  e  di  partir  s'afflige 
L'altra,  eh' è  ratta  alla  profonda  Stìge . 

e  XXX. 

Morto  il  fiero  Emireno,  appena  or  resta 
Chi  narri  il  caso  di  quel  Duce  estinto  ; 
Onde  Goffredo  dal  seguir  s' arresta , 
Ch'Altamor  vede  a  pie  di  sangue  tinto , 
Con  mezza  spnda,  e  con  mezzo  elmo  in  testa, 
Da  cento  lance  ripercosso  e  cinto. 
Renditi  (grida  a  lui)  ch'io  son  Goffredo. 
Risponde  quegli:  A  te  mi  rendo,  e  credo. 


syo 


LA  GERUSALEMME 


Me  l'oro  del  mio  regno,  e  care  gemme 
Ricompreran  della  diletta  moglie, 
Soggiunge  a  lui  Goffredo:  II  Ciel  non  di«miiie 
Animo  tal,  che  di  lesor  m'invogUe: 
Ciò  ,  elle  verrà  dall'lticliche  maremme, 
Abbiti  pure,  e  ciò  che  Persia  accoglie; 
Che  della  vita  altrui  prezzo  non  cerco. 
Guerreggio  io  Asia,  e  non  vi  cambio,  o  merco. 

Così  vinse  Goffredo:  e'n  Cielo  intento 
A  mirar  la  vittoria  è  fermo  il  Sole. 
E  poi  nel  giro  suo  più  tardo  e  lento 
Non  par  eh" ad  altra  gente  indi  sen  vole. 
É  già  tranquillo  il  mar,  sereno  il  vento. 
L'aria  più  chiara  assai,  ch'ella  non  suolei 
Tanto  col  vincitore  il  Ciel  s'allegra  , 
£  la  natura,  dianzi  afflìtta  ed  egra. 

Al  mar  sanguigno  il  glorioso  Duce, 
Ed  al  funesto  campo  ornai  le  spalle 
Rivolge,  e  parte;  e  coll'istessa  luce 
Trapassa  il  fiume,  e  la  frondosa  valle: 
E  le  sue  invitte  squadre  anco  riduce 
(Né  la  scorta  del  Ciel  gì'  inganna  o  falle^J 
Anzi  tnnto  del  giorno  è  lor  rimaso  , 
Ch'entraro  in  Capitolia  anzi  l'occaso- 

Quasi  in  trionfo  par  che  spieghi  e  mostri 
Il  vincitor  dell'onorate  imprese; 
E  disarmati  i  carri ,  e  gì'  Indi  mostri , 
E  l'alte  insegne  già  squarciate  e  prese: 
E  con  macchine  eccelse,  antenne  e  rostri, 
Ed  auree  spoglie ,  e  vario  e  ricco  arnese: 
E  vote  le  faretre,  e  rotti  gli  archi , 
E  di  ferro  i  prigioni  avvinti  e  carchi. 


carchi .      ^^È 


CONQUISTATA  371 

CXXXT. 

Pèrsi,  Assiri,  Etiopi  ed  Indi  appresso 
Presi  n'andar  con  vergognose  fronti, 
E'i  Re  gii  si  famoso,  or  si  dimesso, 
Fra  gli  altri  in  guerra  più  famosi  e  conti. 
Coronati  di  palma  e  di  cipresso 
Cantano  il  vincitore  i  colli  e  i  monti  : 
Ne  valle  intorno  v*ha,  che  non  rimbombe 
Di  sacre  squille ,  e  di  canore  trombe . 

CXXXTI. 

Cosi  gli  accoglie  la  città  terrena. 

La  città,  che  lor  serba  e  pace  e  regno; 
Regno  e  pace,  ch'il  Cielo  ha  più  serena. 
'E  '1  Ciel  gli  aspetta ,  fuor  d' ira  e  di  sdegno  : 
Ver  Falta  via,  eh' è  già  calcata  e  piena 
D'umil  plebe  sottratta  al  giogo  indegno. 
Al  gran  Sepolcro  va  la  nobil  pompa. 
Senza  nemico,  che  la  tardi  e  rompa  . 

CHXXTlf. 

Dove  Sion,  pendendo  al  lucid'Orto, 
Copre  ritonda  mole  a* primi  raggi, 
Giacque  il  gran  Re, eh'  in  Croce  affisso  e  mortO! 
Trionfò  della  morte  e  degli  oltraggi . 
Qui  venerar  la  tomba,  ond'ei  risorto. 
Poscia  a' suoi  fidi  apparve  alti  messaggi. 
E'I  Duce,  di  pietà  sublime  esempio. 
Donò  le  spoglie,  e  sciolse  i  voti  al  tempio. 


INDICE 


Canto  Decimoterzo  •...:...     P«g.       i 

Canto  Decimoquarto ai 

Canto  Decimoquinto 49 

Canto  Decimosesto 79 

Canto  Decimosettimo ioa 

Canto  Decimoitavo 187 

Canto  Decimonono 177 

Canto  trigesimo ai4 

Canto  f^igesimoprimo 264 

Canto  y igesimosecoudo 279 

Canto  Vigesimoterzo 3o4 

Canto  V igesimoquarto  ...     : 33^ 


OPERE 


DI 

TORQUATO 

TASSO 

COLLE  CONTROVERSIE 

8VI.LA 

GERUSALEMME 

»08TB  IH  mGLIO&B  ORDIHB  ,  RICORRSTTB 
ftULL*  BDIZIONB  VIORBNTIlf  ▲  ,  BD  ILLU- 
STBATB   DAL   PBOjriSSOBB    GIO.    ROSIRI . 


VOLUME  XXX 


PISA 
PRESSO  NICCOLÒ  CAPURRO 


MDGGCXXXI. 


I 


POSTILLE 

DI 

IRQUATO  TASSO 

ALLA 

DIVINA  COMMEDIA. 

DI 

DANTE  AUGHIERI 


PISA 

PRESSO  NICCOLÒ  CAPURRO 

MDCCCXXXL 


L'  EDITORE 

AI 

LETTORI 


H ino  da  quando  annunziai  redizione  delta 
Divina  Combibdia,  (*)  colle  postille  di  Torquato 
Tasso ,  indicai  chiaramente  che  questo  lavoro 
del  nostro  grand  Epico  non  potea  riguardarsi 
come  un  Commentario  ;  ma  bensì  come  fespres- 
sione  dei  varj  sentimenti  che  in  lui/acea  nascere 
ia  lettura  di  quella.  Pubblicando  le  sole  Postil- 
le, non  credo  dipotere  dir  cosa  veruna  d'im- 
portanza ,  oltre  quanto  ne  ha  detto  il  chiarissi- 
mo Sig.  Professor  Bezzi  nella  Lettera  che  le  pre- 
cede.  j4d  essa  dunque  rimetto  i  Lettori;  sicuro 
che  nulla  troveranno  da  desiderare  in  quel  che 
riguarda  tali  Postille.  Che  dirò  poi  della  Com- 
media  che  le  segue  ? 

Il  celebre  Abate  Serassi  nega  che  sia  opera  di 
Torquato  Tasso  :  e  questa  è  f  opinione  di  pres- 
soché tutta  Letterati;  ma  poiché  si  era  da  me 


,    (*)  È  nicita  in  luce  in  tre  Volami  in  4.  co'  caratteri  dì 
Didot ,  tirata  a  piccioì  numero  di  copie . 


IV 

promesso  di  dar  t  edSuohe  confofime  à  quella  di 
Monsignor  Bottali ,  eseguita  in  Firenze  nel  1714 
e  segg.  dai  Tartini  e  Franchi^  e  la  Commedia 
degf  Intrighi  D'àjffORs  /a  parte,  di  detta  CoBer 
zione ,  ho  creduto  di  non  poter  tralasciarla  sen- 
za derogare  alla  promessa .  Le  ragioni  ^  per  cui 
fu  dal  Bottari  inserita  fra  le  opere  del  Tasso  ^ 
sono  le  seguenti:  e  tali  potranno  essere  per  ogni 
buon  riguardo  le  mie .  a  Venendo  alla  Compie- 
«r  dia  intitolata  griurVRìam  W  A'utoilB,  benche-il 
«  Marnò  non  creda  poter  esser  del- Tasso;  e  an- 
«  cor  noi 9  per  vero  dire,  forte  ne  siamo  dubèiò- 
«  si;  pure,  giacché  ella  andava  ornai  per  leinani 
*  di  tutti ,  stampata  sótto  suo  nome ,  e  che  il 
a  Tasso  in  una  Lettera  al  Ucino  (**)  fb  inentione 
ff  d'una  sua  Commedia,  non  P abbiamo  voluta 
«r  rigettare:  oltreché  Scipione  Perini  da  Capraio* 
«  la  Dottore  eli  Filóso/la  e  Medicina ,  e  che  fece. 
«  la  parte  di  Flavio ,  quando  fk  recitata  alla 
m.  presenza  del  Cardinale  Odoardo  Farnese  col 
«  Pfologó  e  con  gF  Intermedj  di  Messer  Gio-An'- 
«  tonio  liberati,  uno  degli  Accademici  di  detto 
«  luogo,  V  anno  iSgSi/i  Caprarola  medesima. 


(**)  É  del  Giugno  i586,  dì  Ferrara.  Le  parole  sodo  le 
legaenti  :  «  L' altro  libro,  eh'  io  pensaya  di  scrivere  in 
«  questo  soggetto,  lo  scrìverò  poi  a  Roma;  perchè  la  Si- 
«  gnora  Donna  Virgìnia  De'  Medici  vuol  eh*  io  finisca  in 
«  Feirara  la  mia  Commediti.  »  V.  Tom.  xiv.  phg.  5a  della 
presente  Edizione . 


*  qffernui  essere  componimento  di  Torquato, 
^  da  bài  tenuto  occulto ,  forse  per  non  lo  aver 
^  perfezionato .  Pur  non  ostante,  lasciamo  al  giù- 
%  dàzio  de  Letterati  il  giudicarne  a  lor  senno ,  e 
«  come  lor  più  aggraderà  » . 

lo,  terminando,  aggiungerò,  che  la  Gomme'- 
dia  tal  quale  ella  è ,  non  parmi  certamente  ittfè'^ 
riore  ai  Sonetti  Burleschi,  che  pur  son  opera  di 
Torquato  ;  e  che  nessuno  ardì  sopprimere  nella 
Collezione  delle  sue  Rime  . 


POSTILLE 

DI 

TORQUATO  TASSO 

ALLA 

DIVINA  COMMEDIA 


DI 


DANTE  ALIGHIERI 


GIOVANNI  ROSINI 

PROFESSORE  D'ELOQUENZA 

NELLA    UNIVERSITÀ    DI    PISI 


LUIGI  MARIA  REZZI 


io   sono  d'avviso,  Ch.  Professore,  non  poter 
KiBomo,  se  non  a  torto,  disdire,  che  voi  avete  as- 
t-wi  bene  meritato  della  gloria  di  Torquato  Tasso . 
nperocchè    voi  non   solo  ,  in  vaga   e    comoda 
)  forma  tutte  le  opere  di  lui  ristampando  ,  vi  siete 
argomentato  di  allettare  gli  studiosi  alla  lettura 
di  quelle ,  per  l' addietro  in  buona  parte  vitupe- 
rosamente negletta;  ma  togliendo  alcune  all'ob- 
Lblio  ,  sovvenendo  ai  diletti  di  altre,  nettando  pa- 
V Vecchie  da  brutte  maccliie  d'errore,  schiarendo 
K]e  oscure,  e  mostrando  e  predicando  i  pregi  di 
ì  ciascuna,  avete  con  amorosissima  cura  procaccia- 
^to  di  recarle  a  maggiore  beltà,  e  quasi  a  vita  no- 
[  velia .  Che  però  mostreria  certo  di  non  intendere 
Iquanta  gentilezza  e  cortesia  fosse  in  quel  bennato 
ipirito  chi  non  avvisasse,  eh' egli,  se  vivesse  ora 
fra  noi ,  v'  arebbe  obbhgo  grandissimo .  Ma  qual 
Ificorapensa  più  cara  e  gradita  egli  potrebbe  e 
^vorrebbe  darvi;  e  voi  qual  più  nobile  ed  onore- 
:ole  desiderare ,  se  non  il  dono  di  qualche  sua 


2 

novella  scrittura  ?  Per  questo,  capitatemi  allr 
mani  le  postille  fatte  da  luì  alla  Divina  Conimr 
dia  di  Dante  Alighieri ,  m'  andò  subito  il  pensiero 
a  voi  ;  e  considerando  che  farei  secondo  la  men- 
te di  Torquato ,  s' io  vi  rimeritassi  per  quelle  di 
t^nto  affetto,  deliberai  meco  medesimo  eh'  elle 
aveano  ad  esser  vostre.  Io  adunque  a  voi  le  in- 
vio ,  e  voi  a  nome  di  lui  io  ne  presento  ,  onde  s 
la  sorte  ha  dato  a  me  di  trovarle ,  vostra  sia  j 
debito  di  gratitudine  la  gloria  del  pubblicarle.! 

Avanti  però  che  mettiate  mano  all'  opera, 
ferite  eh'  io  tocchi  alcune  cose ,  le  quali  varranno 
per  avventura  a  meglio  indirizzare  le  vostre  cure 
intorno  a  quelle . 

Chi,  leggendo  nella  Gerusalemme  Liberati 
6Ì  risovvieiie  de  concelti,  delle  comparazionìfl 
dt^'  modi  di  dire  che  sono  nella  Divina  ComiiH" 
dia,  s'  accorge  di  leggieri  che  il  Tasso  avea  posto 
in  questa  grandissimo  studio.  Del  qmtle  studio, 
notato  da  molti  e  specialmente  da  Giuseppe  Lseo 
da  Cesena  (1),  erano  eziandio  effetto  ed  argo- 
mento le  postille  che  per  testimonianea  di  ulcuni 
si  leggevano,  scritte  ni  sua  mano,  in  un  esei 
piare  stampato  di  essa  .  TI  Salvini  (2)  e  il  Fort 
nini  (3)  ne  aveano  i  primi   dato  cenno. 


des^ 

anno 
cure 


(1)  Discorso  sopra    il  pH>ema  di  M.  Torqnnto  1 
itaronato  dietro  le  Consideraz'     ■     ■  ■" 
Califei.  Roma,  1793  ii 


stampato  dietro  le  Consideraziooi  al  Tasso   di   Gal 


(2)  fi  Tana  a^ca  e  Platone  e  Dante  studiato  a  fon 
e  postillatigli .  Opere  di  Lodovico  Antonio  Moratori  V4 
IX.  Annotaxioni  al  Lib.  IV.  della  Pertettu  Poesin  a  oM 
kttS,  Il  Platone  postillato  è  stato  anch'esso  da  me  rinv^ 
Unto  nella  Berberiniana . 

i3)  Momig.  Ottavia  Falconieri  cita  una  ediuone  det 
poema    di  Dante  tutta  fregiata  di  paslille  delta   j 


lille  delta   mi^h 


01  mu  particolare  notizie  pei 
ra  »r  Oltavio  Falconieri  pubblicata  ual  Fabbro- 
ni  (4).  Dietro  questi  no  ragionò  il  Serassì  in  due 
Itioglii  (5) ,  il  quale  opinava  che  le  postille ,  ram- 
mentate tla  i]ue'(lue  eruditi  uomini,  e  vedute  con 
uminiradoiie  da  uno  degli  Accademici  della  Cru- 
sca (  non  àv(ì  Falconieri ,  com'  egli  dice  per  erro- 
re )  Ibsscro  le  scritte  in  un  esemplare  di  Dante 
stampato  dal  Giolito,  posto  già  nella  libreria  di 
Cammillo  Giordani  da  Pesaro  ,  poi  venuto  in  po- 
testà d'Annibale  degli  Abati  Olivieri,  e  al  presen- 
te  forse  smarrito  ;  e  soggiungeva  d'averne  trova- 
ta copia  in  un  Manoscritto  Cbigiano  da  lui  indi- 
cato (ti) .  E  avvegnaché  nell'  animo  de'  devoti  al- 


penna.  Biblioteca  dell'Eloquenza  luiiiina- Venezia  1753, 

Tom.  I.  C.  IX.  a  cart.  297,  n.  2. 

(4j  ■  Diedest  (il  Tasso)  primieramente  a  rìecpcUere 
con  sommo  studio  dagli  antichi  scrittori,  cioè  dal  Boc- 
cnccio  e  dal  Pt^traioa,  ma  sopra  tutto  dal  nostro  di\in 
Poeta  (il  poema  di  cui  lutto  trcgiato  di  postille  della 
sua  penna  vide  con  ammirazione,  non  è  gran  tempo, 
UDO  de'  nostri  Accademici  )  <{uelle  forme  di  dire ,  le 
quali  per  la  loro  uuda  e  scliirtta  hellena  non  solo  non 
cagionassero  noia  agi' ingegni  del  suo  tempo  e  a  quelli 
dell' svrenire,  ma  si  gì  invaghissero  dell' imi taiions 
di  quei  valentuomini ,  le  locuzioni  de'  quali  non  erano 
per  parer  rancide  e  disusate,  ma  rare  piuttosto  e  pet- 
legrme  ■ .  Lbtthbe  ikkditk  di  uomini  illvstbi  ,  Firen- 
',  V773 ,  voi.  1  a  e.  251.  Quanto  sia  vera  questa  sentenza 

del  Falconieri  mostreranno  le  postille  a  Dante  che  ora 

per  la  prima  volta  si  pubblicano. 

(5)  Della  VÌU   ili  Torquato  Tasso  nel  Lib.  I.  a  cart. 

103,  n.  3,  e  nel  Catalogo  de'Manoscrltti  delle  Edizioni  n 

delle  Tradazioni  delle  Opere  di  lui  a  cart.  12. 

(G)  ■  Anche  nella  Libreria  Giordani  di  Pesaresi  con- 

■  serva  un  Dante  della  stampa  del  Giolito,  fregiato  di 

■  postille  del  nostro  griiiid'Epicu,  vedute  gpì  con  ammi- 
<r  raaione  da  Monsignor  Uttavio  Falconieri,  secoadouliè 


M 


4 
V  Alighieri  e  al  Tasso  grande  desiderio  fosse  che 
elle  uscissero  alla  luce  pubblica  ,  pure  non  ebb^ 

Sersona  che  pensasse  di  profittare  della  noi'  ' 
ata  dal  Serassi,  intìno  a  che  non  venne  tale 

al  eh.  tipografo  Filippo  de  Romanis  di  stampi   

nell' BlTcmeridi  Letterarie  di  Roma  (7).  Del  che 
tenendo  egli  meco  ragionamento ,  io  non  lasrtai 
d' avvertirlo ,  che  altra  copia  di  quelle,  fatta  per 
mano  di  Federico  Ubaldini,  aveva  io  pure  incon- 
trata in  un  Manoscritto  Barberiniano ,  e  di  buon 
grado  gli  feci  agio  di  poterla  al  suo  piacsre  ri- 
scontrare,  siccome  egli  fece  non  senza  pro&t- 
to(8). 

Stampate ,  elle  parvero  non  satisfare  alla  es'iet- 
tazione  in  che  stavano  gli  uomlji  di  lettere ,  sì 
perchè,  scarse  di  numero  ad  ogni  canto ^  abbrac- 
ciavano altresì  meno  che  la  quarta  parte  dell'  in- 
tero Poema,  non  procedendo  oltre  al  Canto 
XXIV  dell'  Inferno ,  sì  perchè  ed  alcune  non  da- 
vano chiaro  significato ,  e  molte  sembravano 
picciolo  conto . 

Non  però  doveano  posare  al  tutto  i  di 


•  alTerma  MoDsig.  Fontanini  {Vita  del  Tasso  1.  e  )  C 
«  viene  che  la  S.  M.  di  Ale.ssnnclro  VII.  sì  ^se  iiivo« 

■  to  di  vederle  e  d'averne  copia,  giacché  si  li-ovano  n 

■  scritte  in  nn  Codice  della  Chi  già  na  nuin.  2322,  pag.  72, 

•  e  nel  fine  vi  si  legge  :  Queste  brevi  annotazioni  del  Sìg. 

■  Torquato  Tasso  fumo  da  lui  fatte  in  Pesaro  sopra 

■  un  Dante  di  itatapa  del  Giolito,  ch'r)  nella  lUreria 

■  del  Sig.  Camillo  Giordani.  Catalogo  1.  e.» 

■  Le  Dostille  originali  de)  Tasso  sopra  Dante  cbìcIodo 
«  tuttavia  in  Pe.tnro  nella  libreria  Giordani ,  ora  dr^na- 
«  mente  posseduta  dal  dottissimo  Signor  Annibale  degli 

■  Abati  Olivieri  » .  Vita  1.  e. 

(7)  Roma,  Novembre  182],  fiiscicolo  :8,  ft  cart  121. 
(»}  L.  G.  a  cart.  122. 


s 

de*  curiosi ,  esseiidodiè  a  chi  pigliava  a  considera- 
te le  parole  contenule  nella  lettera  del  Falconie- 
IJ  appariva,  die  Te  postille  ,  alle  quali  ivi  accen- 
havasii  erano  altre  dalle  trovate  ne'  Manoscritti 
Chigiano  e  Barberiniano,  leggendovìsi  che  l'esem- 
tflare  di  Dante,  veduto  dall'  Accademico,  era 
BOu  in  parte  ,  ma  tutto  fregiato  di  postille  della 
^a penna.  Se  non  che  non  avendo  alcuno  preso 
la  cura  d' indicare  dove  stesse  riposto  si  prezioso 
tesoro ,  il  fortunato  trovamento  rimaneva  alla 
balia  della  sorte. 

A  questi  dì  solamente  da  una  lettera  dì  Carlo 
Boberto  Dati ,  iudiritta  allo  stesso  Falconieri ,  si 
Uria  potuto  cavare  indizio  eh'  esso  forse  si  gia- 
cesse tuttavia  occulto  in  qualche  librerìa  di  Ro- 
la,  siccome  era  in  verità  nella  Barberiniana.  Ma 
aifialto  soccorso  ,  comechè  assai  lieve  ,  iu  per  me 
tordo ,  dappoiché  prima  d'  avere   notizia  della 
pubblicazione  di  tali  lettere  procurata  dal  Ch. 
Sereni  (9),  io  già,  con  animo  d'onorare  la  me- 
ftloria  dell'Alighieri  e  del  Tasso,  teneva  in  mano 
'k  andava   considerando  quelle  postille,  che  lo 
I  Dati,  fatte  cercare  indamo  nella  libreria 
Bel  Collegio  Bomano ,  mostrava  tanto  desiderio.^ 
dì  sapere  dove  si  trovassero,  sperando  di  cavarci 
be  alcune  esclamazioni  ammirative  ivi  poste  da  j 
iirgli  gran  giuoco  in  una  delle  sue  Veglie  Fioren^  J 
"ne  (1 0) .  Però  dell'  essermi  in  quelle  avvenuto 

[9)  Fireni;e,1825. 

(10)  ■  Parmi  gii  d'aver  nJito  dire  al  Sig.  M.  Foppaf  4 
I  e  me  lo  conferma  il  Sig.  Cupitano  Cosimu  della  Rena,- 
41  che  in  Roma  appresso  i  PP.  Gesuiti  si  conserva;'"  — * 
■I  Daute  postillato  di  mano  di  Torquato  Tasso,  alla 

I  gine  del  quale  fossero  alcane  esclamazioni  ammiratirB  J 
I  esprimeatt  la  stima  ch'egli  beerà  di  Daute,  te  quiU 


6 

non  debbo  aver  obbligo  che  a  certa  mìa  bìblìo 
gra6ca  voglia,  entratami  in  cuore,  di  raccogUei 
insieme,  collocare  per  ordine  e  notare  i  libri  j 
stillati  da  mani  dotte  o  illustri,  de' quali  vedei 
essere  nella  Barberìuiana  grande  e  inestimabil  e 
pia ,  senzachè  ne  fosse  ne'  cataloghi  stato  l'alto  t 
cordo . 

Ora  due  sono  gli  esemplari  Barberiniani  i 
Divina  Commedia  con  postille  manoscritte  del 
Tasso ,  messimi  dinanzi  dalla  ventura ,  1'  uno  pa- 
recchi mesi  prima  ,  r  altro  dappoi(11).  Il  primo 

^  è  stampato  in  Veneaa  nel  1 5o4  appresso  Dome- 
nico Niccolino  per  Giambattista  Sessa  e  fratelli , 
con  r  esposizione  di  Cristoforo  Landino  e  di  A- 
lessandro  Vellutello  .  Il  secondo  è  parimenti 
stampato  in  Venezia  appresso  Pietro  da  Fino  nel 
1 5G8  con  r  esposizione  di  Bernardino  Daniello  4 
Lucca.  Veramente  non  è  in  alcun  luogo  nota 
di  chi  sia  la  scrittura  o  a  chi  essi  s'  apparteneì 
ro  .  Ma  non  è  per  niente  da  dubitare,  che  le  i 

'  stille  scritte  nel  primo  sieno  del  Tasso  e  di  8 

•  mi   farebbero  gran  giaoco  in   ana  delle  mie  Vnan 

•  PioRBUTiRS  preparate  da  me  per  la  stampa .  Il  P.  Ant<^ 

■  Ilio  Baldigiani ,  a  mia  istatua,  ha  fatto  diligente  ricerca 
«  uella  libreria  del  Collegio  romano,  e  non  trova  i^uesto 

■  testo,  e  fecilmente  non  v'è,  perchè  il  Sig.  Sen.  Al«- 
t  Sandro  Segni  mi  dice  d'averne  anch' egli  sentito  ra- 

•  gionare  al  Sig.  Poppa,  ma  come  dì  cosa  posseduta  da 
I  altri.  Se  V.  S.  Illustrissima  ne  potesse  dare  qualclie 
H  lume  mi  farebbe  sommo  lavoro,  e  non  l'avendo,  ti)- 

■  tender  qaalco^a  da  Mon».  Pollini  o  da  altri  amici  àcl 
«  Sig.  Poppa  .  .  Ivi ,  a  cari,  79. 

(Il)  Nella  Lettera  indiritta  a  voi,  e  stampata  di  ree 
te  in  Roma  sopra  i  Commenti  Barberiniani  manoac 
alla  Divina  Commedia,  do  conto  [  a  cart.  33  )  del  i 
con  GIÙ  SODO  giunto  a  trovare  il  ituoudo  D.Lnle  ■ 
Uto. 


ItOpria  mano .  Non  che  sieno  di  sua  mano  ;  es- 
ao  la  scriUiira  conforme  alla  usala  da  lui  nel- 
F  età  matura  in  più  lettere  ed  opere  originali,  le 
quali ,  poste  nella  Barberiniana,  non  lio  tralascia- 
to di  confrontare.  Non  che  sieno  fattura  di  lui; 
perocché  l' identità  e  rassomiglianza  di  queste 
Eon  gran  parte  delle  trovate  dal  copiatore  del 
Manoscritto  Chigiano  e  da  Federico  Ubaldini  nel- 
l'  esonplare  posseduto  da  Camillo  Giordani ,  in- 
luhitatamentesue,  fanno  cerlissima  fede  essere 
*nnee  l'altre  uscite  d'una  mente  medesima ^  e 
oltre  a  ciò  ha  in  esse  per  1'  appunto ,  come  ognu- 
10  potrà  certificarsi ,  quelle  fsclamazionì  ammi- 
rative esprimenti  ia  stima  che  il  Tasso  Jaceva  di 
Vanle,A^e  quali  il  Dati,  per  notizia  avutane 
dal  Foppa  e  da  Cosimo  Della  Rena  ,  favellava . 

Delle  postille  contenute  nel  secondo  csempla- 
e,  quanto  all'essere  scritte  da  Torquato,  non 
^bi  a  prima  giunta  certezza  tale ,  da  non  metter- 
|nene  in  qualche  dubbio .  La  scrittura  ,  per  lo  pìiì 
di  grandezza  men  che  mezzana ,  è  fuori  d'  ogni 
cxtntrasto  propria  dell'età  in  cui  egli  visse,  ma 
ora  mostra  la  sua  mano ,  ed  ora  sembra  che  no . 
Adendo  io  rinvenuto  nella  Barberiniana,  oltre  pa- 
recchie Lettere  e  Prose  e  Poesie,  parte  già  note 
iC  palle  ignorate,  da  quaranta  e  piii  volumi  po- 
•tillati  di  sua  mano,  pareva  non  esser  uopo  die 
'idi  breve  confronto  per  certificarmi  di  tanto.  Ma 
la  stessa  copia  delle  scritture  originali  del  Tasso, 
^tre  stanlimi  sotto  gli  occhi,  altre  da  me  di 
quando  in  quando  vedute  ed  esaminate  in  nume- 
ro assai  grande,  m'ha  mostrato  dm  di  alcune 
bOD  è  cosa  molto  agevole  decidere  se  sieno  o  no 
opera  della  sua  penna  :  tanto,  non  solo  al  mutare 
4eU'età,  ma  anche  nello  stesso  volume,  era  egli 


ersfH 


uso  di  variare  i  tratti  della  penna  e  le  forme  del- 
le lettere;  ora  impicciolendole,  ed  ora  ìngrandetH. 
f  dole;  ora  adoperandovi  diligenza,  ed  ora  trasi 
[  tataggine;  ora  serrandole  insieme,  ed  ora  allai^i 
[  dole,  e  frequentemente  ognuna  d'  esse  in  divei 
[  foggia  augurando.  Della  quale  incostanza  di  ma- 
I  no  ha  spessi  e  curiosi  esempj ,  più  che  altrove, 
ne'  libri  postillati,  ne' quali  credo  che  si  ^andi 
-  Variazioni  abbiano  avuta  particolare  cagione  dal- 
l' aver  condotta  la  scrittura  a  più  ripr^e ,    e 
L  quando  adagio,  quando  a  molta  fretta,  e  con 
I  penna  etl  inchiostro  di  temperatura  e  qualità  dt- 
'  Versissima .  Laonde  a  torre  via  il  dubbio  natomi 
lieir  animo  m'  è  stato  mestieri  di  fare  minuti  e 
{)a:tienti  confronti:  per  li  quali  son  venuto   però 
alla  line  conoscendo ,  che  nelle  forme  delle  lette- 
,  Ve  pili  particolarmente  da  lui  usate  e  in  ispeàaltà 
delle   majuscole,    ne'  segni    delle    abbreviature, 
hella  ortografia  ,  ne' falli  ne' quali  soleva  daremo 
'  non  raddoppiando,  ove  conveniva,  le  consonan- 
ti, o  tralasciandone  altre  e  talora  le  intere  sillabe; 
da  ultimo  nel  costume  dì  mutare  spesso  di  foggia 
formando  le  medesime  lettere;  la  scrittura  dei  se- 
tondo  esemplare  di  Dante  postillato  a  quella  de- 
gli altri  assai  bene  rassomiglia  e  si  confà;  e  che  a 
prima   giunta   appare  diversamente ,  perchè  fa 

gibbo  agli  occhila  distanza  fuor  dell  ordinario 
sciata  tra  l' una  lettera  e  )'  altra ,  non  che  Ìl  trat- 
I  teggiare  minuto  e  sottile  della  penna .  Egli  è  il 
vero  che  due  lettere  o  al  piiì  tre  dalla  consueta 
tnaniera  di  scrivere  alcuna  cosa  s'  allontanano  , 
i  tna  ho  osservato  che  quanto  procede  lo  scritto , 
tanto  sì  vanno  a  quella  accostando ,  in  guisa  che 
I  qua  e  là  si  ravvisa  la  stessa  mano .  La  quale  par- 
ttcolarità  mi  metteva  in  cuore  U  sospÀto ,  coi 


rtato  eziandio  dalla  qualità  della  materia  e  dal- 
esscrsi  messo,  quasi  da  scolnjo  ,  a  notare  le  6~ 
ire  reltoriche,  che  questo  fosse  per  avventura 
ivoro  latto  in  età  giovanile  (1 2) .  Onde  mi  ven- 
■il  pensiere  d'esaminare  a  tale  uopo  il  Codice 
Jrbinate  deUa  Vaticana  ,  contenente  il  primo  ab- 
tozzo  della  Gerusalemme  Liberata ,  veduto  ed 
pUcgato  dal  Serassi,  e  secondo  lui  scrìtto  di  mano 
lei  Tasso  ne' primi  suoi  anni  (13):  ma  per  dili- 
jeoza  usata  dal  celebre  Prelato  custode  di  essa, 
tìfiittto  manoscritto  sventuratamente  non  s'è  po- 
■     ';vi  trovare. 

Queste  osser\-azionÌ ,  che  parranno  forse  a  ta- 
nni nojose  e  soverclùo  minute,  io  vi  doveva,  o 
Gh.  Professore,  notificare,  peroccbè  la  ingenuità 
propria  d' ogni  uomo  onesto  m'obbligava  a  non 
mere  occulti  i  miei  dubhj  e  a  far  palesi  gli  argo- 
pienti  creduti  da  me  bastevolì  a  cavarmeli  dell' a- 
;  ed  anche  perchè ,  venendo  alle  mani  al- 
trui 1'  esemplare  postillato ,  non  mi  fosse  dato 
3  d'avere  ingannata  ta  pubblica  fede  da  chi, 
K>stOvì  lo  sguardo,  procedesse  a  giudicare  senza 
nigarsi  de' lunghi  confronti  da  me  fatti. 

Del  resto,  avvegnaché  dopo  le  cose  dette,  po- 
tesse tuttavia  rimanere  su  ciò  qualche  dubbio , 
non  è  certo,  a  mio  avviso,  da  dubitare,  che  tali 

Rostille  sieno  opera,  se  non  della  mano,  almeno 
ella  mente  di  Torquato.  Dappoiché  di  prima 


(12)  Il  TaGso  nacqne  ne\  1544,  e  la  Ditina  Commedia 
con  l'esposizione  del  Daniello  nsc'i  de'torchj  delle  stam- 
Be  nel  1S(>6  :  onde  egli  toccavu  il  veDliquatlresimo  anno 

Iella  BUa  età . 

(13)  Catalogo  citato  n.  1.  de' codici,  e  la  ViU  lib.  1, 
irt.127,n.1. 


10 

iileuiie  del  secondo  <.^semplai'e  consuonano  iti  pia 
luogbi  a  maraviglia  con  quelle  del  primo  (14),  e 
buon  numer(^di  esse  mirano  in  ambidue  allo 
■lesso  fine,  cioè  o  a  scliiarimento  del  testo,  0  ■ 
lode  o  a  censura ,  con  la  sola  differenza  che  nel- 
r  uno  più  e  neir  altro  meno  sono  a  vicenda  qi 
ste  o  quelle.  Inoltre  gran  parte  delle  voci  e 
niere  del  dire  o  segnate  soltanto ,  o  tratte  fw 
senz'  altra  giunta  dal  testo ,  e  scritte  ne'  margini 
del  primo ,  sono ,  quasi  ad  ogni  canto ,  le  dichia- 
rate nel  secondo ,  fra  le  quali  alcune  hanno  eàan- 
dio  in  tutti  due  la  stessa  dichiarazione  .  Infine 
nell'  uno  e  nell'  altro  si  tiene  modo  uguale  e  nel 
segnare  da  lato  pili  o  meno  terzetti ,  o  di  sotto  le 
semplici  voci  o  le  sole  forme  del  dire  o  i  versi 
interi,  e  neilo  scrivere  le  postille  in  capo  e  in  pie, 
nel  destro  e  nel  sinistro  margine  del  libro,  e  nei 
vani  lasciati  dalla  alampa  fra  il  testo  e  i  commen- 
ti, e,  quello  cli'è  pili  notevole,  nel  trarre  fuori  dal 
testo  e  accennare  in  brevi  delti  le  cliiose  stampa- 
te di  commentatori,  e  allegare  i  versi  sparsi  nelle 
tre  Cantiche  ,  i  quali  fra  loro  ne'  csncetti  o  nelle 
espressioni  si  rassomigliano.  Ora,  posta  una  tan> 
ta  somiglianza  di  cose,  non  uscirebbe  del  velisi- 
tuile  chi  le  volesse  estimare  fattura  di  due  diversi 
intelletti,  e  non  d'un  solo?  Poiché  adunque  lu 
prime  postille,  e  perla  scrittura  e  per  la  materia, 
sono  certamente  del  Tasso,  è  forza  di  tenere  per 
fermo  che  di  lui  e  uon  d' altri  sieuo  pure  le  se- 
conde. 

Quale  sia  poi  il  merito  loro  io  lascio  ai  sapii 


(H)  Si  Teaga  specialmente,  inC  I.  v.  60.  Ut.  *.  75 J 
[  V.v.  28;ll[.  V.  69.  etV.  Ìb  ane;  XXXII.  v.  10 

IL  V.  79  e  81. 


n 

I  lìì  giudicare.  Conciosìacliè  quanto  io  ne  dicessi 
[vantaggio  poircbtie  di  lieve  essere  attribuito  a 
Uento  di  voler  magnifìcare  la  mia  scoperta;  né 
gnoro  che  Ì  miei  giudÌ7.j.  di  poco  o  ninno  pMO 
►er  se  slessi,  non  varrebbero  mai  a  tonlrnlare 
li  altrui,  sempre,  secondo  ingegni,  slndi  e  ma- 
iera  del  vedere  le  cose,  varj  e  discordi.  Anti- 
veggo bene  che  le  scritte  a  lode  dell'  Alighieri  ot- 
"^erranno  buona  accoglienza  da  tutti,  porocchi'  , 
ili  oserà  non  dire  pieno  di  l'acondia,  di  bellezza^  ^ 
I*  energia  e  mirabile  e  divino  quello  die  sentì  es^ 
ère  tale  il  Tasso?  Ma  antiveggo  ancor»,  che  dcl- 
e  scritte  a  censura  di  qualche  concetto  o  lucuzlo^ 
ne,  tuttoché  accompagnate  da  molta  modestia, 
jbiluni  piglieranno  scandalo;  cliè  chi  s'è  ausato  a 
tenerare  con  cullo  superstizioso  un  Autore,  teme 
nacchiarsi  di  peccato  d'irriverenza,  sol  che  si 
netta  in  pericolo  di  avere  a  sospettare  in  quello 
plcuna  menda.  I  più  snvj  e  discreti  terranno  sen- 
li  dubbio  il  giusto  modo,  valutando,  secondo 
Bigione,  quali  più,  quali  meno,  ed  altre  o  non  cu- 
ando  od  anche  rigettando;  persuasi  che  Dante  e 
Torquato,  intelletti  grandissimi  ma  umani,  pote- 
ÌDno  ambedue  errare ,  e  talvolta  di  fatto  erra- 
ino. 
Due  cose  sole  mi  piace  di  notare ,  La  prim»  è 
tie  (Jiiunque  si  farà  a  leggere  queste  postille  ncn 
[sscuri  di  considerare,  che  ìi  Tasso  non  ha  già 
tolto  a  scrivere  con  lungo  apparecchio  di  studi 
«n  meditato  Commento  alla  Divina  Commedia; 
ma  che  non  ha  inleso  ad  altro  se  non  ad  accen- 
nare con  rapida  penna  le  sensazioni  e  i  pensieri 
primi  che  alla  lettura  di  quella  gli  sì  andavano  dì 
mano  in  mano  destando.  Laonde,  benché  osser- 
vazioni nate  d' improvviso  da  un  sommo  ingegno 


14 

state  opportune ,  ma  quelle  solamente  che  mi  si 
sono  offerte  spontanee  al  pensiero  ^  piacendomi 
di  lasciar  libero  ad  altri  il  campo  ;  che  con  lena  e 
destrezza  maggiore  sapranno  trascorrere ,  e  a  Voi 
stesso  y  se  vi  piacesse  ;  né  volendo  io  agognare  ad 
altra  lode  ^  da  quella  infuori  di  cui  mi  può  esser 
cagione  la  ventura  d' avere  trovato  sì  nooile  teso- 
ro^  e  potuto  darvi  modo  di  satisfare  ai  lunghi  de- 
fflderj,  in  che  erano  gli  uomini  di  lettere ,  di  ve- 
dere il  Poema  dell'  Omero  italiano  postillato  dal- 
l' italiano  Virgilio  • 

State  sano  • 


POSTILLE 

DI 

TORQUATO    TASSO 

ALLA 

DIVINA  COMMEDIA 

DI  DANTE  ALIGHIEUI 

>CmtTTIl  MEMARSIRI  DCN  BtEMPLARS  DI  SSSA  STAlfl>àTO 
DAL  CIOLITO  ■■  VBnEZIft  H  KUSEDtrrO  Uà.  CAHMtLI.O 
CIOBDANI  DA  nsABO,  TBAITE  BA  ODE  COPIE  MttlO- 
SCIITTK,  l'  dna  DBLLB  QUALI  al  conserva  HEE.I.A 
CaiCIARA  E  l'  altra  ,  DI  MANO  »t  FEDEDICO  UBALDI- 
NI,  NILLt  BAHBEHlNtANA,  E  STAMPATE  CON  ALCDNE 
AMIOTAZIOHl  DA  PILIFFO  DE  ROMANIS  HKL  PUniCOLO 
IX11.TI1I    DELtB    EFFBHEEISI    LETTEVABIE   DI   HuMA. 


INFERNO 
CANTO  I. 

V.  e  Per  una  selva ,  per  una  strada  potea  dire. 
Sarebbe  mai  qai  avventura  cnrso  errore  per  colpa,  dei 
copiati ,  ponendo  la  postilla  accanto  a  questo  verso  inve- 
ce di  p«rla  accanto  al  se^ucRle?  Mi  fa  sospettare  di  ciò 
M  stravaganza  della  osservazione  e  la  posliJta  trovata  nei 
rgini  dell' esemplare  stampato  per  li  fra  lei  li  Sessa  al 
so  12.  Il  savio  e  discreto  lettore  ne  dia  giaditio.  b. 
R. 

•  7.  N9ta  :  ei  riferisce  lanlo  a  quanto  e  a  poco. 
.  17.  E  loGiuione  di  Virgilio. 
■   (  Largior  hic  campos  cther  et  lumìne  vestii 
•  Purpureo.  L.  M.R.} 


16 

T.  53.  Con  la  paura,  ■pxannUivo. 

».  60.  //  Sol  tace,  wlcntia  Lun».  Plinio,  Lambinn  'n- 
pra  Ora»io . 

V.  100.  j4  cui  s' ammoglia ,  la  fcmnyna  s'ammogli) 
adntiqne  il  masclito  si  marita  . 

V.  1 06.  Umili-  Italia ,  epiteto  non  opportuno,  lollo  «b 
Virgilio  che  l'usò  opportunamente . 

V.  IZ*?.  Imper.t  e  regge.  Par  che  voglia  distinguerf 
reggere  da  imperare ,  e  che  s' imperi  a  coloro  anche  chr 


ro  le  Ai  eri  obhedisi 
Teggano  Ì  contenti  d'e 


e  sono  li  Diavoli;  e  cbeii 


CANTO    H. 

T.  7.  O  Muse,o  alto  ingegno,  Orfeo  e  Platone- 

A  che  Torquato  alludesse,  recitando  qui  i  nomi  d'Or- 
feo e  di  Platone,  ora  ne  si  &  chiaro  per  la  postili* Se>- 
siana  che  segue  >  L.  M.  R. 

T.  55.  Ì.(i  £/c//ii ,  assolutamente,  di  Venere. 

V.  60.  Quanto  il  molo  loniana,  è'mturna:  Oiiturmiì- 
lenta,  che  disse  Tullio,  fii  tradotto  da  espositore  ■nirco 
del  lontano  sileniio . 

V.  yO.  Che  non  fon  paurose,  paurose  in  significato >t- 
tiro. 

T.  93.  Doe  negative  non  affermano. 

V.  121.  He.ilai,  da  risto.  Vedi  Parad.  C.  IV.  ».  45.  L 
M.  R. 

CANTO,  ni. 

V.  11.  Via' io,  non  io  yidì ,  siccome  nel  Purgatorio, 
fui  IO  . 

Corregffi  con  la  Sessiana  seguente  la  citasione  emti 
della  Cantica.  L.  M.  R. 

*.  55.  Lunga  tratta  ,  tratta  di  gente,  y.  r. 

V.  88.  «ininia  "(Va,  quasi  l'altre  non  siano  Tive- 

T.  115.  HmaUtmc— ad  una  ad  una.  nOv^moa 
pose  queste  voci  di  seguito,  poiché  veramente  cotì.iU»- 
no  ne  manoscritti.  Ma  ora  per  le  postille  Sesstane  si  Att 
intendere  esser  elle  voci  dal  testo  richiamate  fuori  ne 
margini  ,  e  che  il  mal  seme  sta  bene  accanto  a  qoMlo 
verso,  ma  che  a-l  una  ad  una  va  posta  sotto,  al  ver» 
seguente.  L.  M.  R. 


»7 


CANTO    IV. 


.  S.    fi30 ,  tìsU  . 


.  19.  Virgili. 
».  49.  Us,  ' 
ci  cine. 


ha  pietli;  non  )'ebb«  ^fgli  scìaurati. 
Eucicci,  traeseci  (*.  55.)  per  Irauene  • 


CANTO    V. 


».  11.   fi>//e,  replicalo. 

Tante  volte ,  quantunque.  Co^  si  legge  nello  stampM- 
e  ne'inanogcritti .  Ma  ponendo  ben  mente  alln  co^a, 
i  pare  che  la  postilla  replicato  rada  mpssa  at  ttt.  11  e 
i,ove  volte  sostantivo  fa  rima  ron  U''/(e  a^gcUivo.  Il 
levolltipai  del  Terso  1 1 ,  e  il  eiuant  inique  cH-l  12cre- 
Mser  TOC)  del  testo  notate  dal  Tasso  al  margine,  e 
Ibpiù.  L.  M.H. 
26.  D'ogni  iuce  muto,  là  Ve  '1  Sol  tace  [C.  I.T.fifl.) 

65.  e  6é ,/  grande  achille 

Checon  nmarr  al  fine  cnmballro. 
ti  nella  morte  d'Achille  eome  in  quella  d'ClisM 
■U)  («pie  Omero .  Qni  allude  all' opinione  di  Polissena. 
Forma  di  dire  troppo  abbreviata,  e  vuole  intendere 
''ile  Dante  qni  allude  all' opinione  di  quelli  die  dicono 
AcUille  essere  stato  ucciso  da  Paride  ,  mentre  craper  i- 
■liingernoMe  con  Polissena.  Nel  margine  della  Divina 
4}nime(lia  stampata  dal  Sessa  egli  aveva  pure  comincia- 
B  a  scrivere  ta  stessa  postilla ,  ma  poi  v'  ha  dato  di  pea* 
L.  M.  R. 

,  121.    AriJiin  maggior  do/orr,  centra  Epicuro. 
■  141.  CompaisioDe  sopra  gì' incoutinenti . 

CANTO    VI. 

ì.  1.    Tornar,  »i  chiuse,  t.  r. 

13.  Cerbero,  fiera  rfiveria  .  V.  r. 
r.  34.  jfdona  ,  abbatte . 

65.  berranno  al  langue .  Compassione  tiopra  il  ^o- 

kDeltomanis  appose  lasegnente  annotacione:  mi  pare 
'~Vo  il  richiamo    r  che  questa  posiilla  vada  a  lato  de» 

Su  e  5p.  P  CORI  dee  farsi  e  non  altrimenti .  L,  M.  &. 

>•  88.  Deuderìo  di  &ma. 


18 
CANTO  vn. 

▼.  94.  Mm  ella  t* è  beata  ^  %*  è,  elegantissiniQ. 

I 

CANTO  vm. 

▼.  45.  Non  compatisce  acl'  iracondi . 

Alluderà  meglio  ai  utrsi'  di  sopta ,  bene  annotò  il  De 
RomaniS)  come  si  dichiara  per  la  precedente  postilla 
Sessiana . 

CANTO   IX. 

T.  25.  La  carne  nuda  dell'anima    T.  r. 
▼•  61.  Allcfforia  manifesta. 

T.  87.  Inchinassi  ad  esso^  col  terso  caso  sensa  il  mi. 
▼.  127.  Eresiarchem  Bembo.  '  ' 

Il  tipografo  nello  stampato  ha  commesso  etroTtf  p»» 
nendo  la  postilla  al  t.  87  del  Canto  segnente.  L.  Bt  R. 

CANTO   X. 

▼.  6.  Parlami  e  soddisfammi  armici  desiri,  idiotismo^ 

▼.  88  e  90.  Due  Tolte  mosso. 

Sembra  notare  che  Dante  l|a  fetto  rimare  insieme  dar 
%oci  medesime,  com'è  anco  nelFed.  del  Sessa,  in  Teoe  di 
scopo.  L.  M.  R. 

▼.  1 01 .  Lo'iiano ,  avrerbio . 

CANTO    XI. 

T.  82*  Incontinenzia  ec.  Distinrae  Dante  T  incontiiien^ 
aia  dalla  malizia  secondo  la  materia,  non  secondo  l'abito. 

Nello  stampato  è  corso  errore  nel  numerare  i  Canti, 
ponendo  TXL  e  XIL  inTece  del  X.  e  XI.  L.  M.  R. 

CANTO  xin. 

T.  25.  Credesse  j  prima  persona . 

T.  40.  Come  d' un  siizzo  ec.  fiuto  dell'  Ariosto  » 

▼.  43. usciva  iniseme  • 

Parole  e  sangue j  ascila  parole  e  tangne,  accorda 
eoi  sinffolare  piik  lontano  • 
▼•  55.  Desiderio  di  fiuna. 


Épter. 


Il  De  Bomanis  giutilica  che  ijnetilu  posUlla  andrifi  me- 
liu  a  lato  del  verso  di  sopra.  Ma  cosi  la  sentenia  come 

I  postille  Sessiane  mostrano  che  qui  è  bene  alluogata. 

V.  tì4.   Tania  pietà  m'accora,  piet^  degli  omicidi  di  ss 
essi. 

CANTO  xrv. 

*.  1*.  Co/i-f,  «cosa  inanimirta. 
*.  22.  Supin  giaera,  a\cnn!i  ^enlf  lupinn. 
r.  59.  Di  tutta  sua  forza ,  -/' ,  non  con , 
T.  m.  ^Ilor  U  duca  m<o.  Pio. 
Il  desiderio  di  dare  un  significato  a  questa  voce,  che 
sembra  con  averne  veruno,  trasse  il  primo  pubhiicatore 
velie  presenti  postille  ad  imagiuare  congetture  ingegnose . 
Ha  ora  non  è  uopo  di  tanto,  poiché  la  postilla  recata  di 
.^pprh  al  T.  59,  ea  altre  simili  ne  certificano  che  Torquato 
iscrisse   Pio.   ma  Lt,i.  cioè  elucuxionc,  ossÌu  verso 
'ole  per  la  maniera  del  dire.  Veramente  anch'  Ìo  eb- 
da  princìpio  a  stentare  per  intendere  il  significato  di 
ile  aubreviatura ,  diversamente  indicata  ora  con  una  sola 
iC-  ed  ora  con  le  iniziali  El.  o  Elo.  Avvenutomi  però  in 
fluito  nella  voce  interamente  scritta, non  mi  fii  più  me- 
"■eri  d'interrog«rp  una  qualche  Sfinge  affin  dì  avere  soiol- 
l'enimma.  Osservato  bene  il  Manoscritto  BarberiniaDO^ 
_  i  sono  accorto,  che  anche  in  esso  è  scritto  Elo.  non  Pia, 
%.  M.  B. 

».  69.   Assiser  TVie,  schermi. 

II  significato  di  questn  postilla  non  pure  convenire  né 
^a  sentenza  né  alle  parole  del  verw,  onde  è  da  credere 
dif  i  copiatori  sieno  stati  tratti  in  inganno  dalla  mal  for- 
ata scrittura  del  Tasso.  L.  M.  B. 

T.  96.  Mondo  callo,  casto  non  par  convenga  all'età 
'■Uora  nella  quale  si  viveva  licenziosamente  - 

CANTO    XV. 

T.  45.  Comuaraiione  non  del  simile,  ma  dell'istesuo, 
T.  119.  Desiderio  di  fama. 

CANTO    XVI. 

1.  41.  Krtfe,  (ama. 

Hello  tt^mpato  si.  legge  voi  invece  dì  •'Ofe,  e  nun  rir* 


20 

correiulo  tale  pronome  ne'  primi  cinquanta  Tersi  di  one- 
sto canto,  il  De  Romanis  non  seppe  né  potè  notare  ooro 
fesse  hiogo  alla  postilla.  Ma  nel  Manoscritto  Barberiniano 
io  leggo  ^oce,  non  voij  ed  ecco  tolto  Tia  ogni  impaccio. 
L.  M.  A. 
T.  58.  Poi  cominciai  ffiétìi» 

J.  84.  Quando  ti  gioirà  ,  desiderio  di  fiima . 
\  chiaro  che  il  luogo  di  questa  postilla  è ,  insieme  oon 
la  Sessiana,  al  Terso  seguente .  L.  M.  H.  * 
T.  184.  Fero  che  ha /accia  di  menzogna  •r.  r. 

CANTO   XVU. 

T.  85.  Qual  è  coiai  ec. ,  B. 

Jfon  dispero  che  questa  iniziale  voglia  dir  Belio  ^  aa- 
notaTa  già  il  De  Homanis;  né  la  sua  sj^eransa  era  Tunai 
poiché  una  simile  iniriale  ritoma  assai  spesso  nelle  po- 
stille Sessiane,  nelle  quali  che  Toslia  significare  Beuo^ 
anzi  Bellissimo  f  lo  mostra  in  più  luoghi  la  Toce  scrìtta 
per  intero,  o  scema  di  poche  lettere .L.  M.  R. 

CANTO  xvm. 

T.  6*  Suo  loco  conterà ,  il  loco  conterà . 

T.  47*  Bussando  il  viso,  ruffiano  si  Tergogna. 

CANTO   HX. 

T.  113.  Idolatre  f  idolatre  ed  eresiarche  maschi  in  e 
eontra  TosserTacione  del  Bembo.  Vedi  di  sopra  (C.  IX. 
T.  127)L.M.R. 

CANTO   XX. 

"r.  85.  Certo  io  piangea .  Dante  ha  pietà  degl'  indoTi* 
ni,  e  Virgilio  il  riprende. 

CANTO   XXI. 
T,  3S.  Sovra  i  pie  leggero  ^  destro  su  Y  ale  . 

CANTO  xxn. 

T.  48.  lo  fui  del  regno  di  Navarra  nato,  io  {ili  nato. 


21 

—  Siede  la  terra  doTe  nata  fui.  Io  fili  nato  e  cresciato. 
T.  78.  Piglio f  ciglio. 
Vedi  di  sotto  al  t.  20.  del  Canto  XXIV.  L.  M.  &. 

CANTO  xxm. 

y.  S7.  Dicean  séco ,  seco  di  pi&, 

CANTO  XXIV. 

▼.  SO.  Con  quel  piglio,  ciglio  ( ayendo  eanceUato /M' 
gito). 
▼.  120.  Croscia fioce  finta. 


POSTILLE 

DI 

TORQUATO    TASSO 

POSTE  ALL'EDIZIONE  DEL  SESSA 


CANTO   I. 

t*  5.  Està  sehrar  selvaggia  ed  aspra  e  forte . 

Eua^  tema  necessità ,  potendoTi  capire  questa . 

▼.  9.  Diri  de  l'altre  cose  eh'  io  t' ho  scorte . 

Dire  con  secondo  caso .  Qaesta  non  può  esser  la  pnn 
posisione,  come  yogliono  alcuni,  perocché  qui  non  si 
propone  alcuna  cosa  distinta  e  particolare . 

▼•12.  Che  la  Terace  ria  ahhandonai. 

Replica  via^  detto  sopra,  benché  strada  qui  empiesse 
meglio  il  Terso  —  E  potea  soggiunsere  che  la  replica  qui 
•otto  dopo  altri  quattordici  Tersi.  L.  M.  R. 

T.  20.  Che  nel  lago  del  cor  m' era  durata  • 

Lago  chiama  forse  ,  perché  il  cuore  é  fonte  ^et 
MBgne. 

T.  21,  Pieto. 

n  Landino,  commentando  questa  Toce,  dice  cosi:  è  da 
notare  che  in  lingua  fiorentina  si  trova  pietà  con  accen" 
io gran^  nei f  ultima  sillaba f  e  significa  compassione.... 
e  pietà  con  accento  acuto  nella  penultima  j  e  significa  la^ 
meaioyoito  a  commo¥ere  compassione ,  e  in  questa  si" 
gnificazione  la  pone  il  poeta  • 

Torquato  TaflK>  tì  &  questa  postilla^r- 

Forse  non  Tera  distinzione.  PieU  presso  il  Petrarca 
per  compassione  : 

«  Mirandomi,  et  oh  !  pietà  : 
«  Già  terra  infira  le  pietre* 

T,  29.  Ripresi  Tia  per  la  piaggia  deserta. 

Ripresi  vta  sensa  1  articolo . 

T.  33.  Che  di  pél  maculato  era  coperta. 


Pelo  macchiato  poteva  (lire ,  e  sceglie  la  Toce  latilia , 
tòrse  pia  sonora  qui . 

V.  46.  fenesii:  voce  del  testo  dal  Tasso  ricliìamata  al 
margine  senta  alcnna  osservazione.  Così  dei  intendere 
dell'altre  che  appresso  terranno  notate  con  le  seguenti 
lettere  :t.  r.  L.  M.  R. 

V.  53.  Con  la  paura  che  uacia  di  sua  vista. 

Paurn ,  in  signilìcato  attivo  per  terrore . 

T.  60.  Mi  ripingeva  lù  dove  il  Sol  tace» 

//  Sol  tace:  Silenti»  Lune. 

V-  67.  Risposemi  :  Non  uomo,  uomo  uià  tui 

Non  seguita  l' opinione  di  Socrate ,  che  l' uomo  sia  Ti 
nima,  ma  la  Peripatetica  che  sia  il  composto. 

V.  7g.  Sub.  y.  r. 

V.  97,  Perchè  non  sali  il  dilettoso  monte? 

Sali ,  col  quarto  caM . 

Forse  di  qoi  Torqnato  prese  arhitrio  di  dare ,  ad 
tempio  di  Dante,  il  quarto  cnso  al  ver]»  poggiare 
Sonetto,  che  comincia:  Stigliaa,  quel   canto,  onde  ad 
Orfeo  simile.  L.  M.  R. 

r.  81.  Risposi  lui  con  vergognasa  fronte. 

Senea  V n  ;  cosi  sempre.  i 

V.  106.  Di  qaell' amile  Italia  fia  salute.  1 

'  Epiteto  ad  imitazione  di  Virgilio  non  hene  u>ato>      9 

V.  11 1.  E  trarrotti  di  qui  per  luogo  eterno  ec.  -^ 

La  proposiitone  i  qui,  ma  latente.  Il  Petrarca  imitBn< 
do  forse  Dante,  ne'Trionfì  non  propone.  Ma  la  proposi- 
zione che  nell'Inferno  è  indiretta  e  ascow,  espressa  1 
nel  Purgatorio  e  nel  Paradiso;  ~ 

■  E  canterò  di  quel  secondo  regno  .  [  C  I.  v.  4.  ) 

■  Veramente  qnnnlo  io  del  regno  santo  ec.  {C 1.  v.  Il 
V.  12(i.  Non  vuol  che  'n  sua  città  per  me  si  regna. 
Prr  me  tanto  vale  quanto  da  me . 

V.  127.  In  tutte  parti  impera,  e  quivi  rogge. 

Distingue  Ìl  reggere  dall'  imparare  .  L' imperara  n 
ce  torse  anco  sovra  coloro  che  non  von'iauo  obbedire 
il  regeerc  e  il  regnare  par  solo  sovra  i  contenti. 
'' T.  fJO.  Et  ioa  lui:  Poeta  i'ti  richieggin. 

Ei  io  il  /ui,  senza  il  verbo,  usato  spesso  da  DanU. 


nti 

I 


CANTO   H. 

,  5.  .Vi^iJ.v.  r. 
7.  O  Muse,  O  alto  ingegno,  > 


:-  m'  ajutatt< 


Idtocu  r  insego  e  la  mente  suu  medeaimB ,  ad  imita- 
mione  forse  d'Orfeo  che  invocò  l'intelletto  nell'Argonaa- 
tica  ,  e  dì  Plutone  die  introduce  all'  '  ' 


igegDO  intende  per  l' intelletto,  inente  prende  per  la 
a:  ....:  ^  projft-ia  ritener  le  imagtni  portele  dai 


V.  14  e  1S.  Ad  immortale  Secalo  andò  . .  . 

Elocmione  usata  spesso  nel  Fìlocopo.  Di  sotto  vedrai 
in  piiV  luoghi  accennate  le  maniere  del  dire  tolte  a  Dan- 
te dal  Boccaccio,  e  per  iitiesto  sì  mostra  col  tatto  quan- 
to sia  vero  quello  cne  Angelo  Grillo  scriveva  a  Pietro 
Feracci  [Lettere,  Veneiia  1608,  pag.  Ii«7)  che  Torqua- 
to era  solito  di  dire  aver  trovato  nel  Certaldese  molte  i- 
mitaiionì  dell'Alighieri.  L.  M,  B. 

T.  20.  Ch'ei  l'u  de  l'alma  Boma  e  di  suo  imperio. 

Di  >uo  e  non  d^l  suo . 

V.  48.  Come  falso  veder,  bestia  ipiand' ombra . 

Ombra  per  adombra. 

V.  51.  IJolve.  V.  r. 

T.  52.  Io  era  tra  color  che  son  sospesi. 

Sospeti,  nel  Limbo. 

V.  55.  Lncevan  eli  occhi  suoi  pi£i  che  la  stella. 

La  nella  ,  con  I  articolo. 

Il  Landino  nel  suo  commento,  (  pag.  1 3  col.  2,  verso  la 
metà]  divide  la  virtù  della  tortezza  in  queste  sette  spe- 
cie: Costa  ni  ia  ,  Confldentia,  Magnanimità,  Perseveran- 
xa,  Pacienzia ,  Mugniflcenzia  e  Sicurtà. 

Torquato  v'ha  messo  questa  postilla: 

Questa  divisione  delle  virtit  non  si  confà  con  quella  dì 
Aristotile,  né  tòrse  con  la  mente  di  Dante.  L.  M.  B. 

*.  60.  E  durerà  quanto  'l  moto,  lontana. 

Durar  lontana  .  ».  r. 

Lontana  denota  lungheiia  non  solamente  di  Inogo  ma 
di  tempo,  onde  il  traduttor  toscano  dell' orazion  di  Tul- 
lio traduce  diulurni  lìlenlii,  Paires  conscrìpiì .  il  lonta- 
no silenzio .(  Vedi  l'Ethica  d'Aristotile  ridotta  in  com- 
pendio da  Ser  Brunetto  Latini  con  altre  tra<lacioni  e 
■critti  di  quei  tempi.  Lione  1568,  pug.  73.  L.  M.  R.) 

T.  70.  l'son  Beatrice,  che  ti  laccio  andiiiv,  . 

Vegno  dal  loco,  ove  tornar  disio: 
Amor  mi  mosse  che  mi  ii  parlare . 

Purità  mirabile  e  Virgiliana. 

V.  76.  Tacette.  V.  r. 

V.  77.  Da  quel  ciel  e'  ha  minor  li  cerchi  sui. 


fu  quel.  Nota  egli  la  diversa  lecìune.  L.  M.  K- 

w.  83  e  84.  ■  De  lo  scender  qua  giù  in  questo  centrv  J 
Db  l'ampio  luogo,  uve  tornar  tu  ardi. 

(^lu  già  III  qièeito  cciiiru,  per  voci  signi(ìcai)ti  l' istd 
lo.  jlrdì  per  desideri  ardentemente  . 

V.  90.  Dell'altre  no,  chr  non  son  paurose - 

Paurose  in  significato  attivo,  cioè  ponenti  paara ,  ste*I 
come  anco  di  sopra  (  cioè  al  v.  53.  del  Canto  L  ove  a 
latta  simile  annotazione  alla  voce  paura).  L.  M.  R- 

T.  93-  Ne  fiamma  d'estri  incendio  non  m'assale. 

Considera  qupUe  due  negative  come  son  duplicate,  i 
perciò  affermano. 

V.  94,  Donna  è  gentil  nel  Ciel  che  si  compiange . 

Donna  sera»  Y una  ,  cosi:  Luoiio  è  in  l'i/ìrrno  ce. 

V.  121.  Rei/ ut ,  ristai.  Emenda  la  lezione  del  testo. 
H.  R. 

V.  127.  Qnale  i  fioretti  dal  notturno  gelo  ec. 

Bellissimo. 


CANTO  in. 


.11.  Vid'i 


o  scritte  al  sommo  d' nna  porta . 

Iti  i-idi  concia,  anzi  guasta  Ìl  Ruscelli,  perchè  qne»t« 
particella  posposta  lia  maj^gior  Torza  che  prepoeta.  Goal 
nel  Paradiso  ancora:  IVei  Ciclo  ec  /m  (o(  C.  I.  ».  '       '  ' 

V.  16.  C'hanoo  perduto  '1  ben  de  l'intelletto. 

La  cognizione . 

T.  24.  Per  ch'i'  at  cominciar  ne  lagrimai. 
■    Perchè ,  quanto,  onde  . 

T.  25.  Diverse  Kngne,  orribili  favelle. 

Sino  al  V.  30. 

Divina . 

T.  33.  ¥t  clie  gent'  è  che  par  nel  daol  si  v 

Elocunione. 

».  36.  Lodo.  V.  r. 

*.  45.  Rispose,  dicerolti  molto  breve. 

Bro/e ,  avverbio. 

V.  49.  51.  Fama  di  loro  il  mondo  esser  noa  h 

Divino . 

*.  55.  lunga  tiatta.  v.  r. 

Y.  63.  .Spiacenti,  v.  r. 

T.  75.  Com'io  discento  pei  lo  tìouo  lame. 


57 

I-ìoeù  tittp':  (iwjriOTtB  al  lump  qtipl   chp  f  «li  Va  \OCe, 
ticcome  di  sopra  disse;  in-r  il  Spi  laer  .(CI.  y.  oO.  ) 

t.  81.  In&n  al  riume  di  parlar  mi  trassi. 

Elocuiione . 

T.  91  bI96.  BelliMimo. 

».  97.  Lanose,  v.  r. 

T.  112>  Come  d'autnnn»  si  levan  le  Toglie. 

Nota  Irvtirc  in  (|uel  si^ni6cato. 

V.  113.  L'un  appresso  de  l'altra,  in  fin  cbe  't  rani«. 
•^ppresio ,  col  secondo  caso  - 

\.  114.  l'eih  a  la  terra  tntfe  le  sue  spoglie. 

Rrnde. 

Qui  pare  che  Torquato,  tra  le  due  lenoni,  approvi 
fiìx  questa  ebe  quella.  L.  M.  R. 
•"    T.i23.  Convegnon.  Y.  r. 

•  T.  134.  E  baleni  una  Ince  vermiglia. 

•  Balenarr  ,  tranK)tÌ%o. 
T.  136.  Cui  nonno  piglia .  Elocnuone. 

CANTO   IV. 

9 

T.  7.  Vero  è  che  "n  su  la  proda  mi  liw 

Proda  TM^T  limitare. 

V.  11.  Tanto, 
yiso  per  vista . 

T.  19.  Ed  .-gli  a  mf 

Nota  che  Virpilio  l'i  , 
ti.  Quella  cbe  rnnccdendosi  a  Indi  i  peccatori,  come  s 
^edrà  Aella  foppja  d'Ariminoc  in  Ciucco  e  in  altri,  i 
Diega  «olametite  a    Iraudolerti,  ove  si  dire: 

■  Qni  resna  la  pietà  ,  quando  è  ben  morta. 
(C.  XX.  V.  28.  ) 
'    £  questo  è  segno  che  solo  la  fraude  «ia  scelera^^ne  . 

*.  2€.  Non  avea  pianto,  ma  che  di  sospiri: 

Ma  che.  se.  non  pianto  di  sospiri. 

34.  Cb'ei  non  peccaro,  e  s'egli  hanno  mercedi. 


;h<-  per  fìrcar  lo  viso  al  fondo. 


»illid 


•    iV  nei  n 


.,\A 


pm. 


'.  43.  Gran  duol  mi  prese  al  cor,  quando  l'intesi.      ' 
EIocueìooc  . 

T.  45.  Conobbi  che  'n  quel  limbo  eran  sospesi.  ^ 

■  lo  era  Ira  color  che  son  soiipesi . 
(C.  II.  V.  52.).  peicb^  iiMsegna  l'eSM-r  sospeso  at  limbo. 
V.  49.  Uacicci  mai  alcuno  o  per  suo  merto. 


30 

T.  12.  Pule  la  terra  che  qneato 

Qurs/o,  neutro. 

T.  13.  Diversa,  y.  r. 

T.  14.  Con  tre  gole  caninamente  latra* 

Poteva,  preponendo  la  voce  caninamente^  fio*  miglior 

numero. 

T.  17.  E  '1  ventre  largo  e  unghiate  le  mani. 

Unghiate  v.  r.  Le  mani  a  Cerbero:  Petrarca:  /«  nmji 
■  ff       •  ■      «fe 
me  cani  m     ■ 

V.  19.  Urtar  gli  fìi  la  pioggia  come  cani. 

Urlare  ^^  iti  cani  che  è  propri^  de' lupi . 

Y.  32^  introna,  v.  r. 

V.  3^.  Noi  passavam  ra  per  l'ombre  che  adona. 

Adona:  \ 

«  Nostra  virtA  éhé  volentier  s'adona .  (In£  C  XL  t.  1^ 
Lajproprietà  di  queata  voce  non  è  intesa  dal  Landioo.  -« 
n  laudino  dichiara  questa  voce,  dicendo  Che  adoma ^  ehm 
raguna  e  congrega  .li.  M.  R.  v.  58.  —  66.  Nota . 
"  V.  73.  Adonti  v.  r. 

v.  88.  Ma  quando  tu  sarai  ne)  dolce  mondo  etc. 

I  dannati  hanno  desiderio  di  fiima,  come  ai  racco- 
glierà in  questo  e  ne*  segg.  (Vedi  e.  XIII.  v.  52,  55,  e, 
XV.  V.  Ufi,  120.  e.  XVI.  V.  66,  84,  85.  L.  M.  R.)  «questo, 
forse  perchè  essendo  privi  del  vero  bene ,  ne  desideraBo 
ìUmeno  l'ombra,  la  quale  dagli  eletti  e  da  que'che  aono 
nel  Purgatorio  non  è  desiderata. 

V.  91.  Gli  diritti  occhi  torse  allora  in  biechi  («ino  al 
T.  93.  ) 

Energia . 

V.  95.  Di  qua  dal  suon  de  l'angelica  tromba. 

Di  qua  al  tempo,  non  solo  al  luogo. 

V.  104.  />/,  plurale. 

V.  109.  Tuttoché.  V.  r. 

V.t14.  Digrada,  v.r. 

CANTO  vn. 

V.  8.  G>minciò  Pluto  con  la  voce  chioccia* 

Pluto  nel  canto  settimo,  quarto  cerchio. 
-  V.  6.  Poi  si  rivolse  a  quella  enfiata  labbia. 

Labbia^  singolare  per  aspetto,  siccome  i  Latìai  dica» 
HO  OS  non  solo  per  la  nocca ,  ma  per  tutto  il  volto. 

▼•12.  Fé' la  vendetta  del  superbo  atrapo* 

Nota  strupo  in  questo  significato . 


3f 

^.  14.  Caggiono  arvolte,  poiché  Talber  fiacca» 

Fiacca^  senza  la  particella  si. 

T.  20.  NoTe  traTaglie  e  pene  quante  io  Tiddi. 

Viddi  -oet  d  doppia. 

T.  33,  Ontoso.  ▼.  r. 

▼.  39.  Chercnti .  y.  r. 

T.  42.  Che  con  misura  nullo  spendio  ferci . 

Ferci^  cioè  nella  vita,  come  si  dice  ci  nacqui^  nel  monda» 

▼.  45.  dispaja.  v.  r. 

▼.  53.  La  sconoscente  Tita  che  i  fé' sozzi. 

/,  per  \U 

▼.  d7.  Maestro,  dissi  Ini:  or  mi  di'  anche. 

Dissi  luij  così  quasi  sempre  senza  la  particella  a* 

T.  79.  Permutasse,  y.  r. 

▼.  82.  Impera,  t.  r. 

T.  105.  Entrammo  giù  per  una  ria  diversa^ 

Forse  disegnale ,  maWagia . 

T.  110.  Vidi  genti  fengose  in  quel  pantano. 

Gì'  iracondi  nel  cpinto  cerchio  sotto  gli  aYari . 

T.  1SS2.  Aer  dolce,  y.  r. 

T.  123.  Portando  dentro  accidioso  fummo. 

Perchè  gli  accidiosi  con  gl'iracondi?  forse  per  la  ragio* 
•le  per  la  quale  pose  gli  avari  co'  prodighi .  Eppur  non 
paò  finrlo  per  la  stessa  ragione. 

T»127.  Pozza.  Y.  r. 

T.  130.  Al  dassezzo.  y.  r. 

CANTO    Vffl. 

▼.  10.  Sucide.  Y.  r. 

▼.  17.  Sotto  il  goYemo  d' un  sol  galeoto. 

Qaieoto ,  per  semplice  t . 

▼.  23.  Rammarca.  y.  r. 

▼•  39.  Ch'  io  ti  conosco ,  ancor  sie  lordo  tutto . 

Ancor  sia  senza  il  che?  Aristotele,  se  mi  ricordo,  sti- 
ina  maggiore  il  yìzìo  della  concupiscihile  che  dell'  irasci* 
bile.  Perchè  niega  la  compassione  air  iracondo  che  non 
negò  al  gdloso  e  al  libidinoso,  e  che  non  neglim^  ài  pipicca* 
ti  pia  gravi  ?  Forse  non  ciò  in  universale  agi'  iracondia, 
ma  ia  particolare  per  qualche  passione  (.  . .  Il  resto  della 
ientenza  è  stato  tagliato  via  da  un  barbaro  ferro.  L.  M.^.) 

▼.  48.  Furiosa .  y.  r. 

▼.  50.  In  brago,  y.  r. 

Y.  55.  Proda.  Y«^r.. 

Q 


32 

T.  78.  Le  man  mi  parea  che  fèrro  fo«s«. 

Nota  il  modo  di  parlare. 

T.  96,  Che  non  credetti  ritornarci  mai. 

Ritnrnarci ,  ci  dinota  il  mondo . 

V.  102.  Bitroviam  l'orme  nostre  insieme  ratto. 

Bella  elocuzione. 

Y.  1o3.  L\.  T.  r. 

V.  m.  Gbe  '1  s)  e  1  no  nel  capo  mi  teniona. 

£  locazione. 

V.  114.  Si  ricorse,  v.  r. 

V.  122.  Non  sbigottir  eh'  i'  vincerò  la  pmnr» , 

Sbigottir  senza  la  particella  f  ' .  Cosi  il  Petrarca  i 
s/'igottitca ,  e  r  Mso  ai  lassar  qneste  particelle  è  moitt 
legante . 

V.  124.  Questa  lor  tracotanw  non  è  nora . 

Tracotania  par  che   sia  trascuragginc  per  dispi 
Vedi  Aristotele  nella  Rettorìca,  nel  capitolò  della  ingid 


CANTO   IX. 


'.  5.  A  lunga.  ».  i 
ÌO.  Incontra,  n 


Incoiurn, 


per  avviene. 


i  rispose,  cbe  dì  noi. 


:^e  nnda. 

,  come  diremo  te  a 


e  tacque  a  tanto . 


V.  25.  Di  poco  era  di  me  la  e 

Se  la  carne  è  veste  dell'  animi 
esser  nnda  dell'anima? 

».  40.  E  ffin  idre  verdissime  eran  cìnte-. 
Serpentini  e  ceraste  nveon  per  crine, 
Onde  le  fiere  tempia  erano  avvinte. 

Bellissimo. 

T.  48,  Tcsifon  t  nel  meMo;  ' 

ji  tanto,  cioè  ,  detto  cià. 

V.  50.  A  palme,  v.  r. 

'•54.  Veogiammo.Y.r. 

V.  56.  Che  se  '1  Gorgon  sì  mostra ,  e  tti  '1  vedeMÌ . 

Gorgone  di  genere  maschio.  Di  qui  congetturo  c!ie 
avesse  visto  Omero  ■  —  Intendi  mm  nel  te-ilo  greco,  che 
incora  non  si  conosceva  in  Toscana ,  ma  ncllH  Iradiuione 
latina,  &tta  in  versi  da  nn  certo  Pindaro.  Vedi  Meliui. 
(Vita  Ambrosi!  Camaidnlensis  piig.  CSLXXI.)  L.  M.  R. 

V.  57.  Nullo  sarebbe  del  tornar  mai  suso* 

Elocuzione. 

».  58.  Egli  stessi .  v.  r. 

▼•  6o.  Cbe  con  le  sue  ancor  non  mi  chiudeasì . 


Chiuda*»',  lena  persona. 

V.  61,  O  »oi  ch'iivcl*  gl'intetlftti  simi. 

Nissun  poeta  ch'in  ho  mai  visto,  lunrchfe  Dante,  ia 
professione  dell'allegoria,  anri  sempre  l'ha  dissimu- 
lata. 

T.  65.  Fracasso  d'  un  suon.  v.  r. 

»,  70.  Li  rami  schianta,  abliatte,  e  porta  i  fiori. 

E  meno  abbattere  i  fiori  che  schiantare  i  rami,  e  la 
«ORiparar-ione  dovria  andar  crescendo. Leppi /«''■''.  ~  W 
questa  osservazione  di  Torquato  prende  notevnl  vigore 
il  me ion amento  del  Ch.  Vj-vianì  per  mostrare  che  la  *e- 
conild  lezione  va  anteposta  alla  prima.  (  La  Divina  Com- 
media di  Dante  Alìeliieri  eiuMa  la  Lp7.tone  del  Cmlìre 
Bartoliniano .  Udine ,  1 R23,  voi.  1 .  pa*-.  «4.  n.  1 2. ) .  L.  M.  I\. 

V.  74.  Del  viso  su  per  quella  fiamma  antica. 

Tmo,  per  vista  spessissimo  usato  da  Dante .  Fìammn  ^ 
schiuma.-Cosl  corregge  il  lesto  stampato  del  Sessa.  L.M.R. 

T.  77.  Dileguare  dal  latino  rIeliquficTe, 

r.  78.  Finché  a  la  terra  ciascuna  s"  abbica . 

Ahhica,  bica  cumulo  di  grano. 

V.  87.  Che  stesse  queto,  ed  inchinaiise  ad  esso. 

Quando  inchinare  ^  senra  la  particella  ricerca  il  qnait- 
lo  caso,  nondimeno  qui  gli  dh  il  terzo. 

».  101 Ma  K  sembiante 

•  D'uomo,  cui  altra  cura  stringa,  e  morda. 

E  locuzione . 

T.  113.  Presso  del.  t.  r.  Vedi  sopra  (  e.  AI.  v.  113.  ] 
L.M.R. 

T.  115.  Varo.  v.r. 

T.  120.  Veruna,  v.r. 

V.  12^.  Dentro  da.  v.  r. 

V.  127.  Ed  egli  a  me.-  qui  non  gli  eresiarcbe. 

Ereùarchr,  ancora  che  il  Bembo  niegbi  clie  alcun  no- 
me mascolino  nel  plurale  termini  in  e  .  —  Vedi  ^opra 
{  e.  XD£,  V.  113.  ),  ove  troverai  ripetuta  una  simile  osser- 
Tuione  in  una  postilla  del  Giolito.  L.  M.  R. 

T.  133.  Spaldi.v.  r. 

CANTO    X. 

V.  6.  Sodisfammi  a'mieì  desiri.  v.  r. 
V.  15.  Cile  l'anima  col  corpo  morta  fanno. 
Dice/nnn",  quasi  tìngano,  perche  qnesta  opinione   m 
se  tte.ssa  non  è  vera,  ed  è  fiittura  della,  imagibaiiuiie  l'in>. 


L 


34 

Simile  termine  attribuisce  Aristotile  a  PUtoBe,  ebè  che 
feccia  ridee. 

T.  23.  Vito  ten  Tai  coti  parlando  onesto* 

Onesto^  arverbio. 

T.  40.  Gom'io  al  pie  de  la  sua  tomba  fui  ;  sino  al  T.  45. 

Energia  srandissima. 

▼.  46.  Poi  disse:  fieramente  furo  avrersi. 

Elocuzione . 

▼.  49.  Se  i'^  cacciati,  e' tornar  d'offnijparte. 

isV,  nel  numero  del  pia  spesso  usato  da  IJante. 

T.  53.  Lungo  questa .  y.  r. 

T.  57*  Sospicciar.  ▼•  r. 

▼.  62.  Per  qui.  ▼.  r. 

▼.  65.  M' avevan  di  costui  già  letto  il  nome  • 

Elocuzione . 

T.  69.  Non  fiere  gli  occbi  suoi  il  dolce  lome? 

Dolce aeràisae,  e  or  dice  dolce  lume^  e  disse  dolcecob^ 
rcj  e  nota  cbe  questo  epiteto  si  òk  agli  oggetti  di  tutti  i 
sensi. 

▼.  73.  Ma  quell'altro  magnanimo,  a  cui  posta. 

Le  virtù  morali  sono  anco  ne'  dannati . 

V.  88  e  90.  Mosso,  mosso.  ▼.  r.  (Errore  del  Sessa) 

▼.  94.  Deh,  se  riposi  mai  vostra  semenza. 

A/a/,  in  questo  senso.   * 

▼.  100 — f  08.  Noi  veggiam  come  quei  e' ha  mala  luce» 

Bellissimo. 

▼.  101.  Le  cose  ....  che  ne  son  lontano  .  t.  r. 

▼.  111.  Che  'l  suo  nato  è  tra  vivi  ancor  cong;iunto* 

Niito^  e  poteva  dir  figlio . 

V.  113.  Fat'ei  saper  che  'l  fei,  perchè  pensava. 

Eiy  in  caso  obliquo. 

CANTO   XL 

t.  4.  Soperchio  del  puzzo .  v.  r. 

V.  6.  Ci  raccostammo  dietro  ad  un  coperchio. 

Raccostare y  in  senso  simplice .  — Poi  quasi  pentito,  co- 
me indica  la  scrittura  d' inchiostro  e  penna  diversa ,  sog«- 
giunge:  Considerisi,  se  non  sia  .  L.  IVI.  R. 

V.  1 1 .  Ausi .  V.  r. 

V.  13.  Compenso,  v.  r. 

V.  26.  Pi&  spiace  a  Dio,  e  però  stan  di  sntto. 

Lo  star  di  sotto  è  argomento  ài  maggior  colpa . 

T.  36.  Toilette .  v.  r. 


35 

'S8.  Prmdo.  T.  r. 

iscoKta  e  lbn<le  la  sua  (acuitale, 
le  rijirpse  dal  Bembo  Delle  prose. 

■ji).  Sodoma  e  Caor*a  .  ».  r. 

66.  Trade .  v.  r. 

m.  Baratro .  v.  r. 
I.  73.  Dentro  Ae  la  cilt^ ,  leggio  -  v-  r. 

74.  Ei,  V.  r.  Vedi  éi  sopra  (C,  X.  v.  49.)  L.  M.  H. 

79.  .Non  ti  rìnoemhra  di  quelle  paiole?  ec. 
U  malÌEia  e  pnoita  in  tutti  questi  cerchi  se^rnli,  ma 
^  la  bestialità  ?  se  forse  bestiali  don  Mno  i  »odomiti 

Aristotilf^  ripone  tra  i  (ieri.  Beeliali  erede  il  Landino 
Mtleati.  Nell'irascibile,  e  nella  coneupisciliile ,  sotto 
<{Dale  rìponao  ancora  la  cupidità  del  dHnHJo,  puìi  ri' 
inni  non  solo  ì  neon  ti  nenia ,  ma  aliito  pravn  ancora, 
'egli  cbiama  malizia.  Ed  è  Terisiniìte  che  nhìtunto  nel 

>delli  gola  fosse  CiaecOt  e.nella  libidine  Semimmis, 

tl3  iracondia  l'Argenti.  Non  t  dunque  soluto  Ìl  iliib- 

Oltra  di  ciò,  gli  abitnati  in  tai  tÌI|  ove  sono  puniti? 
T,  86.  E  rechiti  a  la  mente  chi  son  quelli . 
Xlocuiione. 

T.  105.  SI  che  vostr'arte  n  Dìo  quasi  è  nipote. 
^«e,  fìgliaola  della  mitnra  e  nipote  di  Dio. 
'06.  Da  queste  due,  se  luti  recbi  a  mente 

la  convenevole ,  che  Virgilio  nlleghl  il 

CANTO    XU. 


Ia  Genesi  dal 
™n  so  quanto  : 


•■  6.  Tremoto .  ▼.  r. 

'10.  Barrato.  ».  r. 

f-11.  E  'n  su  la  punta  della  rotta  lacca. 

Settimo  cerchio . 

f.  12.  L' iiilìimi.-i  di  Creti  era  distesa . 

Vi  nota  uro . 

Nota  che  Dante  mette  piii  di  sotto  la  fraude  che  la  be- 
ljalit4,  quasi  tmle  piìi  grave,  ancoraché  questo  sia  forse 
ODtra  l'opinion  d'Aristotile.  Ma  liirse  la  lìgura  del  MÌ- 
"(anra  non  denota  la  bestialità,  come  vole  il  Landino. 
iB  la  violenca. 

Oonsidi'r»  ae  si  dia  la  malixia  ferina,  e  se  la  feriti  all- 
'acci non  meno  In  frode  che  la  violenta,  perchè  se  i 
ipoiita  alla  virtù  ei-oicu.  sf  la  virtù  eroica  comprenda 
tte  le  virtii,  dee  contener  lutti  i  viii: 


36 

-  ^  Opere  mie 

Non  fìiroD  leonint;  ma  di  Yolpe. 
(Inf.  CXXVILv.  7ae7S.) 

T.  22.  In  quella,  t.  r. 

▼.  25.  Cotale .  v.  r. 

V.  29.  Moriensì .  v.  r. 

▼.  33.  Da  qaelPira  bestiai  ck'  ^'ora  tpemi. 

Ira  beiitaley  contradistinta  dall'ira  d  incontinenaa. 

V.  40.  Teda.T.  r. 

T.  46.  Ma  ficca  gli  occhi  a  ralle  che  ^ approccia. 

A  ^aile ,  ayyerbio. 

T.  49.  O  cieca  cupidigia,  o  ira  folle. 

L' ira  è  punita  là  dentro  e  fuori. 

T.  58.  Ristette .  t.  r. 

▼.  63.  Costinci,  y.  r. 

Y.  65.  Si  tosta .  y.  r. 

y.  77.  Chiron  prese  uno  strale ,  e  con  la  eocea 
Fece  la  barba  indietro  ^Ue  mascelle. 

Energia . 

y.  84.  Oye  le  due  nature  son  consorti. 

Elocuzione . 

y.  90.  Fuja.  y.  r. 

y.  93.  A  proyo .  y.  r. 

y.  94.  Guada,  yerbo. 

y.  98.  E  disse  a  Nesso,  torna  e  sk  gli  gelida . 

Nota  r  uso  della  particella  si . 

V.  99.  Causar,  y.  r. 

V.  117.  Bulicame .  y.  r. 

y.  118.  Mostrocci  un'ombra  da  l'un  canto  sola. 

Dante  usa  più  yolentieri  la  particella  ci  che  la  ne .  No* 
ta  che  cosi  quasi  sempre  • 

CANTO    XUi. 

▼.  t3.  Late.  t.  r. 

y.  25.  r  credo  eh'  ei  credette  eh'  io  credesse  • 
Credesse f  prima  persona, 
y.  36.  Non  hai  tu  spirto  di  ptetate  alcuna?  ec.  , 
Elocuzione . 
y.  42.  Cigola .  y.  r. 

y.  43.  Così  di  quella  scheggia  usciya  inseme 
Parole  e  sangue . 

Utciano  par  che  doyesse  dire ,  ma  forse  disse  cosi  pe^ 
darci  a  diyedert  che  il  ssingue  parlava ,  ^  P*^  mosirarci 


37 

r unità  di  queste  due  cose  usa  il  inumerò  singolare* 

▼.  SSL  Ma  dilli  chi  tu  fosti  y  si  che  'n  vece . 

Nota  quanto  i  dannati  desiderino  la  &ma. 

Y.  55.  E  '1  tronco:  sì  col  dolce  dir  m'aderchi. 

La  &ma  quanto  è  desiderata  da' dannati  1 

T.  70.  L' animo  mio,  per  disdegnoso  gusto  ec. 

Elocucione  • 

y.  74.  Vi  giuro,  che  giammai  non  rflppi  fede . 

Ruppi  fede  y  senzff  V  articolo .  G)si 
E  ruppe  fede  al  eener  di  Sicheo.  (C.  Y.  t.  62.) 

T.  84.  Cn  i'  non  potrei ,  tanta  pietà  m' accora . 

Ha  pietà  di  Piero  e  non  di  Filippo  Arganti,  benché 
Piero,  secondo  la  dottrina  di  Dante,  sia  vizioso,  e  Filip- 
pò  incontinente* 

y.  91.  Allor  soffiò  lo  tronco  forte,  e  poi 
Si  convertì  quel  vento  in  cotal  voce . 

Energia .  Molto  più  efficacemente  sono  descritti  questi 
due  luoghi ,  dove  parla  V  anima  di  Piero  legata  nell'  ar- 
bore, che  quel  di  Virgilio,  ove  Polidoro  parla  nel  mirto: 
«  ^ .  .  •  .  Gemitus  lacrymabilis  imo 
«  Auditur  tumulo,  et  vox  reddita  fertur  ad  aures. 

V.  97.  In  la .  v.  r. 

V.  114.  Stormire,  v.  r. 

V.  1SS4.  Dirietro.  v.  r. 

V.  1 33.  Sanguinenti .  v.  r. 

CANTO   XIV. 

V.  1.  Poiché  la  carità  del  natio  Ioqq 

Mi  strinse  • 
Elocucione . 

V.  6.  Si  vede  di  giustizia  orribil  arte . 
Elocuzione . 
V.  8.  Landa .  v.  r. 
V.  12.  A  randa  a  randa,  v.  r. 
v.  14.  Non  d'altra  foggia  &tta,  che  csJei* 
Colei  f  a  cosa  inanimata. 
V.  22.  Nota  Supin. 
V.  2q.  Dilatate  falde .  v.  i> 
▼.  34.  Scalpitar,  v«  r. 
v.  36.  Stingueva.  v,  r. 
y.  37.  Eternale .  v.  r. 
V.  40.  Tresca,  v.  r. 
V.  42.  Iscotei\do  da  sé  l*  arsura  fresca 


38 

Vi  si  suole  porre  inoansi  al  sCi  iju^ndc.  |ireoede  alcfli 
consonante ,  ma  qui  è  posto  sensa  questa  Decessitk  • 

T.  45.  Uscinci.  ▼.  r. 

▼.  47.  Giace  dispettoso  «  torto. 

Elocuzione.  Gapaneo. 

▼.53.  Crucciato  prese  la  folgore  acuta* 

La  folgore ,  femminino . 

▼.  59.  E  me  saetti  di  tutta  sua  forza. 

Elocuzione . 

y.  61 .  Allora  il  Duca  mio  parlò  di  forza . 

Di  tutta  forza  e  di  forza  in  rime  accordato. 

T.  67.  miglior  labbia .  ▼.  r. 

V.  69,  Àssiser  Tebe .  v.  r. 

▼.  70.  Disdegno y  dispregio. 

V.  74.  Arsiccia,  t.  r. 

▼.  76.  Spiccia.  T.  r. 

V.  87.  Sogliare .  t.  r. 

T.  90.  Ammorta .  v.  r. 

▼.  92.  Percbè  i'  pregu  cbe  mi  largisse  il  pasto  • 

Perchè ,  onde . 

T.  95.  Creta,  y.  h 

y.  69,  Casto  .T.  r. 

y.  99.  Vista .  y.  r. 

y.  1 08.  A  la  forcata .  y.  r. 

y.  116.  Fanno  Acheronte,  Stige  e  Flegetonta. 

Fiegetonta .  y.  r.  Acheronte ,  oye  Caron  yarca  le  ani* 
me;  Stige,  oye  sono  puniti  i  peccatori.  Flegetonte que- 
sto dall'onde  rosse  ;  Cocito,  oye  si  puniscono  i  traditori. 

y.  12'^  Vivagno,  y.  r. 

y.  131.  Leteo.  y.  r. 

y.  1 J8.  Pentuta .  y.  r. 

y.  140.  Diretro,  y.  r. 

CANTO   XV. 

y.  5.  Fiotto,  y.  r. 

y.  6.  Fuggia.  y.  r. 

y.  21.  Cruna,  y.  r. 

y.  27.  Sì  cbe  'l  yiso  abbruciato  non  difese 

La  conoscenza  sua  al  mio  intelletto . 
Elocuzione . 
y.  35.  Asseegia .  y.  r. 
y.  44.  Par  di  lui.  y.  r. 
y.  49.  lula.y.  r. 


p 


39 

▼.  51.  ATanti.T.  r* 
▼.  54.  A  ca' .  T.  r. 
▼•  62.  Ab  antico,  t.  r. 
T.  69.  Da'  lor  costumi  &  clie  tu  ti  forbì . 
Forbii  Don  forba,  secondo  la  regola. 
▼.  73«  Strame,  t.  r» 
▼.  76.  Riviva .  y.  r. 

▼•81.  De  r  umana  natura  posto  in  bando . 
Elocuzione.  *^ 

T*  88.  In  k.  y*  r. 
▼.  92.  Garra.  y.  r. 
▼.  100.  Né  per  tanto  di  men.  y.  r. 
T.  120.  Nel  qual  io  vivo  ancora,  e  più  non  cfae^gio. 
Vive  nel  suo  Tesoro,  percbè  i  dannati  non  vivono  se 
non  nella  Ama,  e  per  questa  è  tanto  desiderata  da  loro. 

CANTO   XVL 

▼•  3*  Amie  •  y.  r. 

▼.  8L  Sostati .  v.  r. 

▼.  10.  Membri,  y.  r. 

▼.  13.  Alle  lor  grida  il  mio  dottor  s'atteii^ 

Elocnsione. 

▼•  19.  Ristemmo,  v.  r. 

T.  81.  Trci.  V.  r. 

T.  83.  Avvisando  lor  presa  e  lor  vantaggio. 

Elocuzione. 

T.  85.  Visaggio,  v.  r. 

y.  88»  Sollo .  v.  r. 

▼•  ÌS.  Rende  in  dispetto  noi  e  nostri  preghi. 

Elocuzione. 

y.  30.  Brollo.  v.  r. 

y.  49.  Ma  percb'  io  mi  sarei  bruciato  e  cotto. 

Percbè  era  offeso  dal  fuoco  e  non  dalla  pioggia  ? 

y«  59.  L' ovra  di  voi  e  gli  onorati  nomi 

Con  affesion  ritrassi  ed  ascoltai . 
Elocuzione . 

y.  66.  E  se  la  fama  tua  dopo  te  luca . 
Fama  a'  dannati . 
▼•  71.  Per  poco.  y.  T.      ' 
y.  74.  Dismisura .  v.  r. 
v*  8).  Quando  ti  cioverà  dicer  :  io  fui . 
Bello. 
V.  85.  Fa  cb«  di  noi  a  la  gente  bvelli . 


40 

Desiderio  di  fimu . 

T.  89.  ei ,  y,  r. 

Y.  1 1 9.  Denno .  v.  r. 

T.  1 24.  Faccia  di  memogna .  t.  r* 

▼.  1 36.  Rattrappa  •  y.  r. 

CANTO   XVO. 

y/6.  Passegciati.  y.  r. 

y.  7.  £  quella  soiza  imagine  di  froda. 

Gerione . 

y.  1 3.  Duo  branche  ayea  pilose  infi^  V  tiacelle  « 

/it/S/t,  sansa  la  particella  a,  e  col  <pi^|rtp  c^so. 

y.  22.  Beyero  •  y.  r. 

y.  33.  Per  ben  cessar  la  rena  e-la  fiammella . 

Cessar^  quanto  cansar  o  schiyar ,  col  quarto  caso . 

y.  39.  Mi  disse,  or  ra  e  yedi  la  lor  mena . 

Mena ,  di  sì  diversa  mena  .  (  V.lnfer.  C.  XJUV.  T.  83.) 

y.  59.  ÀEurro .  y.  r. 

y.  60.  G)ntegno .  y.  r. 

y.  85.  Riprezzo,  v.  r. 

y.  92.  Sì  YoUi  dir,  ma  la  yoce  non  yenne , 

Com'  i'  credetti,  fii  che  tu  m'abbracce,  EnergU* 
y.  103.  Là ,  'y'  era  '1  petto ,  la  coda  riyolse  % 

£  quella  tesa,  com  anguilla,  mosse, 

£  con  le  branche  T  aere  a  sé  raccolse . 
£nergia. 

y.  110.  Spennar,  y.  r. 
y.  1 1 5.  Ella  sen  ya ,  notando  ,  lenta  lenta . 
Notar  nell'aria, 
y.  134.  Stagliata,  y.  r. 
y.  1 36.  Cocca .  v.  r. 

CANTO   3CVIIL 

▼.  3.  La  cerchia .  y.  r. 
y.  5.  Vaneggia .  y.  r. 
y.  12.  La  parte  dove  '1  ^1  rende  figura . 
Dosf'e*son^  rendon  sicura .  Nota  qui  altra  lesione  •  L,MJl. 
T.  17.  Ricidien.  Emenda  lo  stampato,  oye  si  legge 
ricidon .  L.  M.  R. 
y.  21.   A  sinistra .  y.  r. 

y.  22.  Pietà. %.  r.  Vedi  di  sopra  (e.  L  Nota  dopo  il  t. 
21.)L.  M.  R. 


4Ì 

▼.  24.  Repleta.  t.  t. 

T.  37.  AhicomefiM^en  lor  lerar  le  b^rzt. 

Bene ,  piante . 

▼.  46.  e  47.  £  quel  finutato  celar  si  credette 

Bassando  il  viso,  ma  poco  li  yalse. 

Bussare.  Nissuno  de'  dannati  sin  qui  s'è  cercato  di 
ascondere.  Il  fraudolento  ruffiano  è  il  primo  che  ha  r^v 
gogna  d' esser  visto  nella  sua  pena . 

T.  48.  e  50.  Venetico  se' tu  Caccianemico.  \ 

Nota  la  duplicasione  del  tu, 

▼.  72.  Cerchie,  t.  r. 

▼•  73.  Vaneggia,  v.  r. 

T.  85.  Quanto  aspetto  ....  riene .  t.  r. 

T.  87.  Fene .  v.  r. 

T.  103.  Quindi  sentimmo  gente  cb^  si  nìcchi^. 

Sécchia ,  rammarica . 

T.106.  Grommate,  y.  r. 

T.  111.  Sovrasta,  v.  r. 

T.  112.  Quivi  venimmo,  e  quindi  gi&  nel  fosso* 
Vidi  gente  attujflbta  in  uno  sterco. 

L'  adulazione  è  vizio  opposto  alla  virtù  della  conversa-^ 
sione y  che  è  da  Ansatile  detta  amicizia.  Considera  qual 
sia  questa  virtù. 

▼.  114.  Privati.  V.  r. 

▼•  118.  Quei  mi  ssrido  :  Perchè  se*  tu  si  inaordo 
Di  riguardar  più  me  che  gli  altri  brutti/ 

Non  vuole  esser  visto,  si  vergogna. 

T.  127.  Pinghe.  v.  r. 

▼.  132.  Accoscia,  v.  r. 

V.  134.  Drudo,  v.  r. 

CANTO   XIX. 

▼.  9.  Piomba .  v.  r. 

V.  11.  Malmondo.  v.  r. 

V.  12.  E  quanto  giusto  tua  virtù  comparti. 

Giusto,  avverbio 

V.  14.  Fori.  V.  r. 

v.  21 .  Sganni .  v.  r. 

V.  25.  Le  piante  eran  accese  a  tutti  intrambe . 

JrttramÌK'^  col  sostantivo. 

V.  27.  Che  spezzate  averian  ritorto  e  strambe.    . 

V.  32.  Consorti .  v.  r. 

V.  44.  Non  mi  dipose ,  sia  mi  giunse  al  rotto. 


42 

Sin  mi ,  senui  il  cbe . 

T.  45.  Di  qaei  che  sì  piangeva  con  la  lanca  • 
Zancuj  mnba. 

T.  52.  Ed  ei  gridò,  se'  tu  già  costi  ritto. 
Altri  leggono  costiritto . 
T.  65.   Voce  di  pianto,  v.  r. 
T.  72.  Cbe  su  1  avere  e  qui  mi  miai  in  borsa.  Mf» 
V.  74.  Simoneggiare,  v.  r. 
▼.  108.  Puttaneggiar  coi  regi  a  lui  fa  rista. 
A  lui  fu  vista .  Si  dice  a  lui ,  da  lui,  per  lai.  Ai  risia.  • 
▼.113.  E  cbe  altro  è  da  toì  a  l'idolatre? 
Tiiolaire^  come  eresiarcbe ,  mascolini  ^  terminanti  in  e. 
contro  la  regola  del  Bembo . 
Y.  114.  Orate,  v.  r. 

▼.  120.  torte  springava  con  ambo  le  piote . 
Pioie^  piante:  sprins^are^  muover  forte  per  percuotere. 
T.  1 22.  Contenta  labbia .  ▼.  r. 
▼.  128.  Sin  men  portò  sovra  '1  colmo  de  l' arco. 
Sin^  senza  il  cbe .  ' 

▼.  129.  Tragetto,  v.  r. 

CANTO   XX. 

V.  9.  Letane.  v.  r. 

V.  1 0.  Come  *\  viso  mi  scese  in  lor  più  basso . 

f^iso^  peF'rista. 

V.  25;  Certo  l'piangea  poggiato  ad  un  de'roccbi  • 

Poggiato.  V.  r.  Nota  che  Dante  è  ripreso  da  Virgilio 
che  compatisca  agi'  indovini ,  bencbè  non  sia  stato  prima 
ripreso ,  quando  mostrò  compassione  de'  mali  de'  due  co- 
gnati, o  di  Ciacco,  oppur  di  Piero  dalle  Vigne,  ami  Vir- 
gilio stesso  mostra  compassione,  ove  dice: 

Nel  viso  mi  dipinge 

Quella  pietà  cbe  tu  per  tema  senti .  (e.  VL  v.  21.  ) 

V.  32.  S' aperse  agli  occbi  de'  Teban  la  terra . 

^gti  occhi .  sul  cospetto . 

V*  35.  E  non  restò  di  minare  a  vall^. 

^  valle ,  avverbio . 

V.  39.  Ritroso  calle  .  v.  r. 

V.  42.  Tutte  quante .  v.  r. 

Vf  43.   E  prima,  poi.  v.  r. 

V.  45.   Mascbili  penne,  v.  r. 

V.  47.  Ronca .  v.  r. 

V.  59.  £  venne  serva  la  città  di  Baco. 


43 

Bàeo,  per  semplice  e. 

T.  61.  Laco.  y.  r. 

T.  7o/  Siede  Peschiera ,  bello  e  forte  arnese. 

jérnescj  d' un  castello. 

▼.71.  Fronteggiar.  ▼.  r. 

▼.  79.  Non  molto  ha  cor^o  che  trova  una  lama . 

Lama^  valle 

T.  80.  Impaluda .  ▼.  r. 

T.  86.  Ristette  co'  suoi  servi  a  far  sue  arti*. 

Nota  che  quasi  sempre  troverai  che  si  lassa  per  elegan- 
a  r  articolo . 

V.  95.  Prima  che  la  mattia  di  Gasalodi. 

Mattia  j  pazzia. 

V.  98.  Originar,  v.  r.  ^ 

y.  11 3.  U  alta  mia  tra^^dia  in  alcun  loco . 

Chiama  tragedia  l'Eneide,  la  quale  è  epopeja,  seguen- 
do la  distinzione  fatta  da  lui  nel  libro  deUa  volgare  Elo- 
quenza, ove  i  poemi  composti  in- alto  stilo  ripone  sotto  la 
trasedia,  i  mediocri  sotto  la  commedia,  e  gli  umili  sotto 
la  elegia .  D'Euripilo  fìi  menzione  nel  secondo,  libro  pa- 
tetico. 

▼.  122.  La  spola  e  '1  fuso  e  fecersi  indivine* 

Spola  ^  instrumento  da  tessere . 

▼- 129.  Fonda,  v.  r. 

T.  130.  Sì  mi  parlava,  ed  andavamo  introcque. 

Intrac^ue ,  intanto . 

CANTO   XXI. 

T.  1.  Altro che .  v.  r. 

T.  Ti  Commedia,  v.  r« 
T.  4.  Ristemmo,  v.  r. 
T.  8.  L' inverno.  ▼.  r. 
T*  9.  Ilimpalmar.  v.  r. 
T. Ti.  Ristoppa.  V.  r. 
V.  20.  Ma  che  le  bolle  che  '1  boUor  levava . 
Ma  che ,  se  no|i  le  bolle . 
T.  27.  S^agliarda.  v.  r. 
V.  33.  Con  Tale  aperte ,  e  sovra  i  pie  leggiero. 
Leggiero  sovra  ipiè.  Cosi  disse  il  Petrarca:  destro  sa 
f  aie. 

▼.  45.  Furo .  V.  r. 

V.  50.  Però  se^u  non  vuoi  de' nostri  ^affi. 

Vuoi ,  col  secondo  caso .  Graffia  grafliature . 


44 

▼.  52.  Poi  r  addentar  con  pi&  di  cento  raffi . 

Raffio  rampini. 

T.  57.  Gain,  Y.  r. 

r.  64.  Co.  Y.  r. 

Y.  71.  Roncigli,  r.  r. 

Y.  75.  Roncigliare,  Yerbo. 

Y.  78.  Approda,  y.  r. 

Y.  89.   Quatto  quatto,  y.  r. 

Y.  95.  Patteggiati .  y.  r. 

Y.  116.  Sciorina,  y,  r. 

Y.  124.  Pane.  y.  r. 

Y.  130.  Snoli.  Y.  r. 

Y.  1 33.  £  con  le  ciglia  ne  minaceian  dnoli  • 

Duoli ,  nel  pumero  del  più . 

Y.  136.  Lasciali  digrignar  pur  à  lor  senno  ^ 

Che  fiinno  ciò  per  li  lessi  dolenti. 
Non  inteso  dal  dichiarator  delle  parole  digrignar ^  les- 
si .  — -  Parla  delle  Chiose  del  Landino .  L.  M.  R% 

CANTO  xxn. 

Y.  2.  Stormo .  y.  r. 

Y.  5.   Gualdane.  y.  r. 

Y.  10.  Né  già  con  si  diYersa  cennamella. 

Cennamella^  da  cembalo. 

Y.  16.  Intesa,  y.  r. 

Y.  21.  Argomentin.  y.  r. 

Y.  30.  Bollori .  Y.  r. 

Y.  31.  Accapriccia.  y.  r. 

Y.  32.  Incontra.  Y.  r. 

Y.  45.   Venuto  a  man.  y.  r. 

Y.  48.  Io  fui  del  regno  di  NaYarra  nàte. 

Io  fui  nato ,  io  nacqui ,  preterito  perfètto  posto  assolu- 
tamente obntm  la  resola  de' ffratnmatìci*  dome  q«el- 
r  altro:  »  ^ 

Siede  la  terra  doYC  nata  fiii.  (  In£  e.  V.  V.  97.  ) 
Y.  49.  A  serYO.  y.  r. 
Y.  76.  Rappaciati .  y.  r. 
Y.  81.  Ed  ci  rispose:  fu  frate  Gomita  ee. 
Perchè  i  barattieri  sotto  i  simoniaciièc. 
Y.  95.  Fedire,  y.  r. 
Y.  98.  Sjpaurato.  y.  r. 

Y.  109.  ònd'ei  ch'aYca  bcciuoli  a  gran  diYizia. 
Usato  dal  Boccaoio. 


45 

"▼.  118.  Ludo.  T.  r. 
T.  140.   Artigliare.  ▼.  r.  ' 

T.  143.  Ma  però  di  leyarsi  era  niente. 
'  Elociuione  simile  a  quella ,  ove  disse  : 

Ifulla  più  fora  di  tornare  in  suso.  (Inf.  e,  IX.  ▼.  S7.) 

CANTO   XXIII. 

T.  16.  Se  r  ira  sovra  il  mal  voler  s'agguefBi. 

-^é^tì^  »  »>  aggiunge . 

T.  17.  Ei.  V.  r. 

V.  iBp  Pur  mo.  v.  r, 

T.  30.  Si  che  d' intramai  on  sol  consiglio  fei . 

Intrambi.  -»  Emenda  lo  stampato.  L.  M.  R- 

T.  36.  Non  molto  lunci  per  volerne  prendere . 

Lungi,  non  usato  dal  Petrarca. 

T.  45.  Tura.  v.  r. 

▼.  48.  Approccia .  v.  r. 

T.  54.  Sovresso  noi .  r.  r. 

▼•  63.  Che  in  Cologna  pe' monaci  bssi . 

Che^  non  colliso  senza  interrogazione. 

T.  77.  Diretro  a  noi  gridò ,  tenete  i  piedi . 

Diretro ,  e  così  spesso . 

T.  87.  Poi  si  volsero  in  sé ,  e  diòean  séco  « 

i^cco ,  a  più  • 

V.  88.   Costui  par  vivo  all'atto  de  la  gola. 

Ali*  atto  della  gola  ;  aJi'  atto  degli  occhi ,  dìsiè  nelle 
rime. 

T.  91.  Pòi  disser  me  :  o  Tosco,  che  al  collègio. 

Disser  me ,  come,  disser  lui . 

T.  94.  Ed  io  a  lor:  io  fui  nato  è  crewiutb. 

lo/ui  nato^  e  creic/iffn ,  elocutione  usata  altrove: 
Io  fui  del  regno  di  Navarra  nato. 
Siede  la  terra,  dove  nata  fui,  ec. 
Vedi  di  sopra  (  e.  XXII.  v.  48.  )  L.  M.  R. 

V.  102.  Cieolar.  v.  r. 

V.  114.  £  M  frate  catalan,  che  a  ciò  t*  accorte* 

Accorgere ,  col  terso  ca^ . 

V.  124.  Allor  vid'  io  maravigliar  Virgilio 

Sovra  colui. 

Elocuzione.  Stupet  in  Turno.  (Virg.) 

V.  130.  Uscirci .  v.  r. 

V.  131.  Constringer  degli  angeli,  v.  r« 

T.  132.  Dipartirci.  V.  r. 


46 

T.  1 4Ò.  La  bisogna .  y.  r. 

T.  144.  Padre  ai  memogna.  t.  r. 

CANTO  XXIV. 

T.  4.  Aflsempra .  t.  r. 
▼.  12.  Poi  rìede,  e  la  speransa  rìngaTagna . 
Cavagna,  cesta  ;  ringavagna ,  ripone  in  cesta . 
▼.  20.  Lo  Daca  a  me  si  Tolae  c6n  quel  piglio. 

Ciglio. 
(Nota  miglior  lezione*  L.  M.  R.) 
T.  28.  D' un  ronchion  ayrisara  un'  altra  scbeggi^ . 
Ronchion ,  peno  del  sasso . 
▼.  47.  Disse  il  maestro  che  segsendo  in  piuma. 
In  &ma  non  si  rien,  né  sotto  coltre^  sino  al  t.  51. 
Elocuzione  • 
V.  54  Accascia .  y.  r. 
▼.  64.  Fierole.  y.  r. 

y.  74.  e  75.  Odo,  intendo;  yeggio,  raffiguro,  y.  r* 
y.  83.  Di  serpenti,  e  di  si  diversa  mena. 
Mcnaj  moto. 

y.  84.  Che  la  memoria  il  sangue  ancor  mi  scipa. 
Scipa ,  sparge . 

y.  88.  Ne  tante  pestilenzie,  né  si  ree. 
Pestilenzie.  Vedi  le  Annotazioni  sovra  il  Boccaccio, 
y.  95.  Ren.  v.  r. 
y.  105.  Di  butto,  v.  r. 
v.  lofi.  Cosi  per  H..y.  r. 

v.  108.  Quand'al  cinquecentesimo  anno  appressa. 
Appressa^  senza  il  si. 

y.  109.  Erba  né  biada  in  sua  vita  non  pasce  ec 
Nota  come  leggiadramente  venga  oltre  il  proposito 
della  comparazione . 
y.  120.  Che  cotai  colpi  per  vendetta  croscia. 
Croscia^  nome  finto  oal  suono, 
y.  127.  Mucci.  v.  r. 

T.  128.  Ch'  io  '1  vidi  uom  già  di  sangue  e  di  corrucci. 
Elocuzione . 

v.  1 32.  E  di  trista  vergogna  si  dipinse . 
Trista  vergogna  qual  sia? 
v.  138.  Arredi,  v.  r. 
y.  1 39.  Apposto .  v.  r. 
y.  146.  Involuto,  v.  r. 
y.  151.  Debbia,  v.  r. 


47 

CANTO  xxr. 

T.  3.  GrrìdaBdo  :  togli  Dio,  die  a  te  le  squadro . 

Petrarca  :  or  tolga  ti  mondo* 

T.  6.  Di  che .  V.  r. 

▼•  10.  Ahi  Pistoia  Pistoia ,  cbe  non  stanzi . 

Simnzi ,  compi . 

▼•  14.  Saper  DO  in  Dio  •  t.  r. 

T.  21.  Innno,  ore  comincia  nostra  labbia. 

Labbia ,  sempre  aspetto. 

▼.  22.  Dietro  da.  y.  r. 

▼.  23.  Caco .  V.  r. 

T.  40.  Seguette .  v.  r. 

▼.  42.  Convenette.  ▼.  r. 

T.  48.  Cbe  io ,  cbe  '1  ridi ,  a  pena  il  mi  consento  • 

Elocuzione . 

▼.  53.  Anterior.  ▼.  r. 

T.  54.  Addentar .  y.  r.. 

▼.  57.  E  dietro  per  le  rcn'  su  la  ritese . 

Ben\  cosi  di  soYPa  (e.  XXIV.  y.  95.) 

Y.  64.  Innanzi  dalF .  y.  r. 

Y.  79.  Come  il.  ramarro  9  sotto  la  gran  fersa . 

Fersa^per  8^ 

Y.  98.  Clie  se  quello  in  serpente ,  e  quella  in  fonte . 

Quello  e  quella  ^  non  questa  e  quella .  (  Errore  di 
stampa) 

Y.  i12.  Ascelle,  y.  r. 

(  Dopo  aYere  segnato  con  lunga  riga  dal  Yerso  52  in» 
tino  al  1 35 ,  soggiunge  il  Tasso  :  ) 

Mirabile  nell  espressione  di  queste  trasmutazioni  soYra 
ogni  poeta. 

Y.  137..  Sufolando.  y.  r. 

Y.  1 42.  Così  Yid'  io  la  settima  zaYorra 
Mutare  e  trasmutare,  e  qui  mi  scusi 
La  noYÌtà,  se  fior  la  lingua  ahborra. 

Questa  medesima  scusa  della  noYÌià  fii  Lucrezio.  Lad» 
doYe  il  Velutello ,  conmientando  gli  ultimi  Ycrsi  di  que-^ 
sto  canto,  opina  che  Dante  avesse  messi  in  queste  cer-> 
chio  i  nominati  da  lui ,  non  perchè  aYCssero  rapito  priva- 
to cose ,  ma  si  le  pubbliche  .Torquato  ha  scrìtto  la  postila 
la  che  segue  :  IVon  l' intende .  L.  M.  R. 

Zavorra ,  sabbia ,  posta  nella  sentina  delle  naYi  « 


CANTO  XXVI. 


T.  5  Onde  mi  rien  rergognii  •  i»-  r« 

T.  7.  Ma  se  presso  al  mattin  del  ver  si  sogna. 

Presso  al  y.  r.  Qui  accenna,  che  questo  fi|o  vuiggio 
fi>sse  TÌsIone.  —  Alessandro  Afiodiseo.  —  (Seiidira  ac- 
cennare a  quello  che  questo  autore  scrispt  u^tomo  fti  so- 
gni.) L.  M.  R. 

Y.  15.  Mce.  ▼.  r. 

▼.  16.  Proseguendo,  t.  r. 

▼.  26.  Schiara .  t.  r. 

T.  29.  Vallea .  v.  r 

▼.  34.  Vengiò .  t.  r. 

Ir.  36.  Leyorsi.  ▼.  r. 

▼.  45.  Caduto  sarei  gi&  senz'esser  urto. 

Urio^  per  urtato,  come  certo . 

T.  47.  Dentro  da .  v.  r. 

▼.  54.  Miso.  Y.  r. 

Y.  56.  Ulisse,  e  Diomede,  ed  essi  insieme. 

Così  insieme. .  Emenda  lo  stampitto .  L.  Bfc  IL 

Y.  58.  E  dentro  da  la  lor  fiamma  si  geme 

L' agguato  del  cayal . 

Strattagemmi  militari,  puniti  nelV inferno. 

Y.  64.  Ei ,  dentro  da .  y.  r. 

Y.  72.  Ma  (a  che  la  tua  lingua  si  sostegna. 

Elocuzione . 

Y.  78.  Andivi.  y.  r. 

Y.  79.  O  Toi,  che  siete  due  dentro  a  un  fuooo. 

Credo  io  che  Virgilio  qui  inganni  Olisse ,  fingendo  di 
essere  Omero.  Considerayi  bene. 

Y.  84.  DoYe  per  lui  perduto  a  morir  gissi . 

Gissi,  terza  persona,  si  gì. 

Y.  85.  Lo  maggior  corno  de  la  fiamma,  antica 
Cominciò  a  crollarsi,  mormorando, 
Pur  come  quella  cui  Yeuto  affatica  • 

Indi  la  cima  qua  e  \k  menando 

Come  fosse  la  lingua,  che  parlasse. 

Energia  mirabile . 

Y.  94.  Me  dolcezza  di  figlio,  né  la  piòta. 
^  Ddt^zza .  Y.  r.  (  Vedi  &  sopra  e  X.  y.  69.  L.  M.  IL  ). 
Pietà  qui  espressamente  per  pietà  ,  benché  il  LandÌBO  al- 
troYe  Yoglia  che  questa  Yoce  significhi  lamento.  (Vedi 
c.I.  ▼.20.) 


49 

T.  95.  Debito .  ▼.  r, 

T.  97.  Dentro  da .  v.  r. 

T.  100.  Ma  miai  me  per  Talto  mare  aderto. 

Me  e  sé  asa.iiieaso,  bencbè  non  yi  sia  lì  contrapposto . 

T.  101.  G)inpagiia.  t.  r. 

T.  108.  Or'Ercole  segnò  li  suoi  riguardi. 

Eloeosioiie. 

T.  li 4.  A  (mesta  tanto  piociola  vigilia 

De'  Tostn  sensi. 
f^igiiia  fir' sensi,  bello. 
T.  117.  Sol  del  mondo  senza  gente,  r.  r. 
T.  125.  De' remi  &cemmo  ali  al  folle  volo. 
Omero  chiama  i  remi  ali  della  nave  • 
T.  1 26.  Mancino .  ▼.  r.  , 

f.  129.  Marin  suolo,  v.  r. 
T.  1 39.  Tre  volte  il  fé  girar  con  tutte  l' acque , 
A  la  quarta  levar  la  poppa  in  suso, 
E)  la  fnnora  ire  in  gfò y  come  altrui  piacque, 
Infin  che  1  mar  £a  sopra  noi  richiuso . 
Energia. 

Nota  che  qui  Dante  altera  la  favola  o  istoria  che  sia, 
Scendo  che  blisse  perisca  innanzi  che  arrivi  ad  Itaca^  an- 
cora che  Aristotele  dica  nella  Poetica,  che  non  sia  lecito 
mutar  le  fiivole  note  e  ricevute.  A  questa  opinione  allude 
il  Petrarca,  dicendo  d'Ulisse: 

e  Che  deèiò  del  mondo  veder  troppo . 
Trionfo  della  Fama ,  cap.  II. 

CANTO  xxvm 

V.  7.  Come  il  bue  cicilian  che  mugghiò  prima ,  e 

V.  10.  Mugghiava  con  la  voce  delr  afflitto. 

Forse  v'  è  replicazion  di  concetto. 

Dal  V.  7.  al  v.  18.  Epergia  mirabile. 

V.  21.  Dicendo:  issa  ten  va,  più  non  t'aizzo. 

Introduce  Virgilio  a  narlare  il  lombardo  moderno  ,.ri- 
sffuardando  forse  all'opinione  eh'  ei  tiene  nel  libro  della 
Volgare  Eloquenza,  eoe.  '1  latino  antico  mai  non  si  par- 
lasse. 

V.  27.  Ond^  io  mfa  colpa  tutta  reco. 

Elocucione . 

V.  32.  Tentò  di  costa .  v.  r. 

V.  'JS.  S' è,  V.  r.  Vedi  la  postilla  G.  al  v.  9^.  del  e  VH. 
L.  M.  R. 


50 

T.  57.  Se  '1  nome  tuo  nel  mondo  tegna  fronte . 

Fama. 

V.  6t.  S'io  credessi  cLe  mia  ristiosta  fosse 
A  persona  che  mai  tornasse  al  mondo, 
Questa  fiamma  staria  sema  pifl  acosse. 

I  frantlolrnli  non  desiderano  fama. 

T.  70.  Se  non  ibsse  il  gran  Prete,  a  cui  mal  prendi. 

Elorasione. 

T.  76.  Gli  accorgimenti  e  le  coperte  TÌe 

Io  seppi  lotte. 

Elocuzione . 

T.  78.  Che  at  (ine  de  la  terra  il  mono  tucfe. 

Uscir. .  Y.  r.  Fama  figliuola  della  tprra. 

V.  83.  E  pentuto  e  coufesM  mi  rendei. 

Elocuzione . 

T.  127.  Furo.T.  r. 

▼•  t31.  Dolonndo .  t.  r, 

CANTO  xxvm. 

▼.  6.  C  hanno  a  tanto  comprender  poco  seno . 

Elocuzione. 

▼.  15.  Omame.  v.  r. 

▼.  SO.  Mostrasse,  d' agguagliar  sarebbe  nulla. 

Elocuzione  simile  a  quella: 

Nulla  sarebbe  di  tornar  pi&  suso.  (Inf,  C.  IV.  t.  57.) 
T.  22.  Già  Teggia  per  meuul  perdere ,  o  lulU . 
feggìa,  botte.  Siezzui y  cerchio  di  meuo. 
T.  25.  Minugia.  T.  r. 

T.  31.  Vedi  come  scoppiato  è  Macometlo. 
Storpiato.  —  Adduce  altra  lezione.  L-  M.  R. 
▼.  43.  Ma  In  chi  gè',  che  'n  su  lo  scoglio  muee. 
Mute,  forse  da  ir '~'-- 


r.  46.  Né  morte  il  giunse  ancor,  né  colpa  il  mena. 
Elocuzione. 
T.  66.  Mache.T.  r. 

T.  80.  E  maccerali  presso  alla  Cattolica . 
iUaccerarr,  gittare  in  mare  in  un  sacco. 
T.  104.  Moncherin.  t.  r. 
▼.  106,  Gridò:  ricorderati  anco  del  Mosca. 
Perché  il  Mosca  desidera  d'esser  nominato,  COM  che 
non  desidera  il  conte  Guido. 
».122.  Pesol.T.r. 
T.  123.  E  quei  miraTt  noi ,  e  dicea :  o  me. 


51 

O  me^  simile  al  misero  me ,  che  disse  V  Ariosto . 

T.  1 27.  Quando  diritto  appiè  del  ponte  fue , 
Lerò  '1  braccio  alto ,  con  tutta  la  testa , 
Per  appressarne  le  parole  sue . 

Energia. 

T.  133.  Nota .-  Allude  forse  a  quello  clie  ha  notatoci 
oltre  intomo  alla  &ma  desiderata  dalli  dannati .  L.  M.  R. 

T.  142.  Così  s'osserva  in  me  lo  contrappasso. 

La  giustizia,  secondo  i  Pittagorioi,  come  riferisce  Ari- 
stotele neir  Etica ,  non  è  altro  che  il  contrappasso . 

CANTO   XXIX. 

Y.  16.  Parte sen  già:  ed  io  dietro  gli  andaya 

Lo  Duca  già  &cendo  la  risposta . 
Dura  costruzione. 

Y.  30.  Che,  non  guardasti  in  Ui,  si  fìi  partito . 
Si  invece  di  sin  che.  Boccaccio:  «  Non  si  ritenne,  si  fu 
a  Castel  Guglielmo. 

T.  33.  Per  alcun  che  de  l'onta  sia  consorte. 

Elocuzione. 

T.  60.  Malìzia  dell' aer.  v.  r. 

T.  61.  Vermo.  v.  r. 

▼•  66.  Languir  gli  spirti ,  per  diverse  bicha . 

Bic/ie .  mucchi ,  ontte  abbica . 

T.  75.  Schianze .  v.  r. 

▼.  77.  Signorso.  v.  r, 

▼.  89.  Quinci  entro ,  v.  r. 

T.  103.  Se  la  vostra  memoria  non  s' imboli. 

Fama. 

T.  120.  A  cui  fallir  .'v.r. 
v.  12J.  Sì  d'assai .  t.  r. 

CANTO   XXX. 

T.  19.  Del  mar,  si  fii  la  dolorosa  accorta. 
Nota  come  è  interposta  questa  voce  dolorosa  • 
T.  29.  Assannò.  v.  r. 
T.  38.  Di  Mirra  scellerata,  che  divenne. 
Mirra  poita  qui  per  la  firóde,  non  altrove  per  la  lus« 
suria. 

Y.  41.  Falsificando  sé  in  altrui  forma . 

Elocuzione . 

T.  52.  Dispaja  •  t.  r. 


52 

V.  54.  Ventraja.  t-  r. 
T.  S2.  Leggiero  di  tanto,  t.  r. 
y.  90.  Che  ayeraa  tre  carati  di  mondiglia . 
iMondisrlìa  ,  bassezia  di  lega  • 
•  V.  f ^5.  riovvi .  ▼*  r. 
▼«  99.  Leppo.  T.  r. 

V.  1 03.  Cof  pugno  gli  percosse  V  epa  <aN^a . 
Croja  ,  indurito. 
V.  120.  £  fiieti  reo,'  che  tutto  il  oMmdo  fallo. 

A  te  sia  rea  la  sete.  Elocuzione. 
V.  123.  Assiepa,  v.  r. 

T.  132.  Che  per  poco  è,  che  teoo  non  mi  risso . 
Elocuzione . 
V.  136.  E  qual  h  quei  che  suo  dannaggio  sogna. 

Che ,  sognando ,  desidera  sognare , 

Sì  che  quel  eh'  è,  come  non  fosse  agogna  ; 
Tal  mi  fec'io  non  potendo  parlare, 

Che  disiava  scusarmi ,  e  scusava 

Me  tuttevia,  e  noi  mi  credea  fiure. 
Bellissimo . 

CANTO    MOI. 

V.  1 7,  Gesto .  V.  r. 
V.  32.  Intorno  da  la  •  t.  r. 
V.  43.  Torreggiare .  v.  r. 
V.  71.  Tienti  col  corno. 
Elocuzione . 
V,  75.  Doga .  V.  r. 
V.  84.  Maggio.  V.  r. 

V.  91.  Questo  superbo  voli' essere  aperto. 
Di  sua  potenzia  centra  '1  sommo  un'ove. 
Elocuzione. 
V.  106.  Tremuoto.  ▼.  r. 
V.  110.  Dotto.  V.  r. 

V.  115.  O  tu,  che  ne  la  fortunato  valle  (sino  al  v.lTS.) 
Da  Lucano. 

V.  125.  Questi  può  dar  di  quel  che  qui  si 
Fama. 

CANTO  xxxn. 

▼•  7.  Impresa  da ,  non  di  . 

V.  8.  Descriver  fondo  a  tutto  l'universo. 


5S 

Il  Landinu  dirliiura  questo  Terso  cosi;  Scrivere  fonilo, 
aioè  nxi-uriimenle  a  tutta  l' universo,  a  tulli  gl'i  uoinini ,  e 
il  VelliilcUo-'  descHw  .  poetando  oicuro  a  tolto  l'uni- 
vertu.  Il  TasM)  t'Iib  ncpoRto;  Non  l'intendono. 

T.  15.  Me' lebe.T.  r. 

Il  Landino,  cfaiosaiidn  t)  verm  16  ^  iip|[tienti,  accenua 
i  ([uatro  minori  cerchi;  in  cui  Dante  parte  il  nono,  e 
Toi'quato  ìtì  pone  questa  annotBEÌone:  ■  Pare  che  il  se- 

•  cnndo  (  cioè  contro  la  patria  )  sia  più  graye  del  tpr«o  o 
■  del  quarto  rompimento  di  fede  (cioè  contro  gli  amli-ij 

*  e  per  ciò  che  1'  Antenora  dovesse  almeno  esiier  sulto  li 
.  Tolommea.. 

T.  30.  Non  avria  pur  dall'  nrln  tatto  cricch . 

Cricch,  nome  finto  dal  suono. 

».  34.  Livide  tnfin  li  dove  appar  vergogna . 

Elocuzione . 

T.  Ad.  Gli  occhi  lor,  ch'eran  pria  pur  dentro  molli 
Gocciar  su  piir  le  labbra,  e   I  i^iela  strinse 
Le  lagrime  tra  essi,  e  rUerrolli  ■ 

Enei-gla. 

T.  49.  Spranga,  y,  r. 

V.  57.  Del  padre  loro  Alberto,  e  di  lor  file. 

Ftie  di  loro .  La  regola  vorrcl»i>e ,  che  sì  dicesse  ;  Itic 
loro,  ma  precedendo  alla  prima  voce,  a  cui  si  èk  il  se- 
gno del  caso,  sì  deve  anclie  dare  nlla  seconda. 

V.  61.  Non  quelli,  a  cui  fii  rotto  il  petto  e  l'omhra. 

Dice  l'umbra,  perchè  il  Sole  passando  per  il  petto  e 
riuscendo  per  le  reni ,  là  sparir  l'ombra. 

T.  69.  Scagioni .  v.  r. 

V.  7%.  Forte  percossi  il  piÈ  nel  vi«  ad  una . 

Eppur  camminò  «ovra  i  golosi  ! 

r.  m.  E  tr»tti  ^lien'BVeapifi  (f  una  ciocca. 

Come  gli  tirava  i  ctipelli ,  se  questi  corpi  sono  intangi- 
hili,  come  appare  di  sotto  in  Gisella?  —  Vedi  Purg.  e.  II. 
V.  79  e  81,  ove  per  ambidue  le  postille  è  ripetuta  questa 
osservazione .  L.  IVI.  R. 

V.  105.  Latrando  lui,  con  gli  occhi  in  giù  rnccolti. 

II  gerundio  col  quarto  caso . 

V.  13ti.  Glie  se  tu  a  ragion  di  lui  ti  piangi .  'i 

Elocuzione.  i 

CANTO    XXXIIL 
V.  5.  Disperalo  dolor,  v.  r. 


oU 

À 


54 

t.  7.  Ma  se  le  mie  parole  esser  den  seme, 

Che  firutti  infiimia  al  traditor  cV  io  rodo. 
Fruttare  y.  r.  Nota,  che  Ugolino  risponde  non  per 
desiderio  di  sua  fìuna,  ma  d' alimi  infamia. 
V.  1 0.  Sie .  T.  r. 

y.  13.  Fu'  '1  Conte  Ugolino,  y.  r.  Vedi  e  J:ÌÌÌ.  y.  48i 
L.  M.  R. 

y.  22.  Dentro  da.y.r. 
y.  27.  Velame.  y.V. 
y.  35.  Scane.  y.  r. 
y.  27.  Dinune.  y:  r. 

y.  49.  Io  non  piangeya,  si  dentro  impietrai  • 
Impietrai,  senza  il  si  • 
y.  60.  Leyorsi .  y.  r. 

y.  61.  E  disser:  padre  assai  ci  fia  men  doglia, 
Se  tu  mangi  di  noi  :  tu  ne  yestisti 
Queste  misere  carni,  e  tu  le  spoglia. 
Mirabile.  Spogliare  con  l' accnsatiyo.  Altera  Dante  qui 
la  istoria,  Scendo  che  tutti  questi  fossero  figliuoli,  pe- 
ro(*chè  parte  ye  n'  era  di  nepoti  ;  ma  forse  ciò  fece  per 
muover  maggior  compassione . 
y.  69.  Dicendo  :  paare  mio,  che  non  m' ajuti? 
C/ie ,  posto  inyece  di  perchè . 
y.  80.  Del  bel  paese  la  doye  'l  si  suona . 
Si  conforma  con  la  distinzione  fatta  da  lui  nel  libro 
della  Volgare  Eloquenza, 
y.  84.  Sì  cn'  egli  annieghi  in  te  ogni  persona . 
annegare,  attiyo . 
y.  94.  Li.  y.  r. 
y.  99.  Coppo,  y.  r. 
y.  103*  Stallo,  y.  r. 
y.  106.  Ayaccio.  y.  r. 

y.  108.  Veggendo  la  cagion  che  '1  fiato  pioye. 
Piove  fiato.  Piove y  posto  attiy amente. 
▼.119.  Le  frutta,  y.  r. 
y.  135.  L'ombra  yema.  y.  r. 
▼•  150.  E  cortesia  Ai  lui  esser  yillano. 
Fu  iuif  senza  Ta.  Nota  quattro  gradi  di  peccatori.  Dei 
primi  ha  compassione  Virgilio  ancora,  de  secondi  Dan- 
te, de' terzi  Dante,  ma  n'  è  ripreso  da  Virgilio.  Verso  i 
quarti  Dante  aneora  è  crudele,  se  crudele  yi  può  esser 
contra  loro . 
y.  151.  Uomini  diyersi.  T.  r. 


55 


CANTO   XXXfV. 

▼.  2.  Verso  di  noi .  ▼.  r. 

▼.  7.  Dificio.  T.  r. 

T.  15.  Inverte,  t,  r. 

T.  26.  Fior  d'ingegno.  ▼.  r. 

▼.  35.  E  Gontra  il  sno  fattore  akò  le  ciglia 

Elocuzione  Lucreziana. 

« mortales  tollere  contra 

«  Est  oculos  ausus . 
V.  41 .  SoTresso .  v.  r. 

T.  50.  Eiti  lor  modo  :  e  qaelle  svolazzava . 
Svolazzar  Tali. 

V.  73.  Appigliò  sé  alle  veliate  coste , 
Sé  y  senza  contraposizione . 
V.  102.  Erro.  V.  r. 
T.  105.  Tragitto,  v.  r. 
▼.113.  La  gran  secca .  v.  r. 
▼.  137.  Tanto  cìl  io  vidi  delle  cose  belle*. 
Elocuiione . 


CANTO  I. 

T.  1  \  Dolce  ooW  d'orientai  nffifo  • 

Dolre  caiarj  eoA  /inice  aer -Vedi  ìnt  e*  X.T«  69.  L»II> 

▼.  1 5.  Sino  ti  Terso  21 . 

Bellissimo . 

▼.  17.  Tosto  ched  i'  usci  loor  de  Taora  morte. 

Elocuzione . 

▼.19.  Lo  bel  pianeta  cb'  ad  amar  oonfinrta . 

La  pianeta f  dice  GioTan  Villani. 

T.  24.  Viste  alla  gente .  t.  r. 

▼.  27,  Quelle,  t.  r. 

▼.  31.  Vidi  pretto  di  me  un  Teglie  solo;  sino  al  t«  3! 

Danna  Plutarco  quella  allegoria,  nella  anale  il  tei 
litterale  non  è  conveneTolcy  come  qui  nella  pertonn 
Catone,  al  mio  discorso. 

t.  42.  Diss'  io  morendo  queir  oneste  piome  • 

Piume ,  per  cbiome  o  per  barba  ;  cosi  Oraaio  : 

Dianzi  pronte  a  increspar  le  aurate  piume  • 

T.  46.  90U  le  leni  d'abisso  cod  rotte. 

D'aàiMso,  T.  r.  Rote  la  ferma. 

T.  51.  Rererenti  mi  iè  le  gambe  e  il  ciglio  * 


*?i 


57 

Y.  80.  Tecni.  T.r. 
Y.  94.  Ricin§^  •  T.  r. 
Y.  96.  StìngHe  •  t.  r. 

▼,  99.  Ministro,  cbe  è  di  quei  ^1  Paradiso. 
Dì ,  haaoo  i  migliori  testi:  cosà  il  Petrarca:  f^arta  di 
Puradnom 

T.  106.  Reddita.  y.  r* 

T.  117.  G)iioUn  il  tremolar  de  la  aariaa. 

Bellissimo  • 

▼.  123.  Adoresza.  ▼•  r. 

CANTO   U. 

T.  10.  Lunghesso,  y.  r. 

T.  12.  Suol  presso  del  mattino  • 

Nota  lezione  diversa  dalla  stampata ,  che  ha  sid  presso 
I^  M.  R. 

T.  Iti.  G>tal  m' apparve ,  s' io  ancor  k>  reggia . 

Si^  imprecativo. 

▼•  39.  Pelrchè  F occhio  da  presso  noi  sostenne. 

Perchè  >  onde. 

▼.  41.  Vasello  snelletto*  ▼.  r. 

T.  49.  Di  santa .  y.  r.  Credo  che  voglia  notare,  come  & 
spesso,  che  Dante  ha  usato  di^  non  della  santa  Croce- 
L.  M.  R. 

▼•  52.  La  turba  che  rimase  Ik ,  selvaggia 
Parca  del  loco . 

Elocuzione . 

T.  55.  Da  tutte  parti  saettava  il  giorno . 

Elocuzione  simile  alla  Lncreziana  : 
«  Lucida  tela  dici .  » 

y.  62.  Forse ,  che  siamo  sperti  d'esto  loco. 

Elocuzione . 

V.  69.  MaMvigliando  diventaro  smorte  • 

MeraiftgiiandOj  senza  il  si:  cosi  il  Petrarca:  vergognan- 
do taior . 

V.  71.  Tragge  la  gente  per  udir  novelle. 
^  ^'^ W  y  senza  il  si . 

V.  75.  Quasi  obliando  d' ire  a  farai  belle . 
Nota  la  forza  della  meraviglia. 
Dice  neirinfemo: 
Per  meraviglia  obbliando  il  martire,  (e.  XXV IIL 
V.  54.) 

E  qui  :  Quasi  obliando  ec. 


56 

T.  79.  O  omlm  nne,  fuor  che  ne  l' umetto! 
Tre  volte  dietro  a  lei  le  mani  sninu, 
E  tante  mi  tomai, con  esse  al  petto . 

Netr  espressione  anpera  Virgilio,  sebben  nellt  tmgitet- 
za  è  Tinto.  Non  pnò  aUiracciare  Casellk,  e  prende  i  ca- 
pelli di  Bocca.  —  Vedi  In£  e  XXXU.  t.  104.  e  qui  kI  t. 
81.L.M.  R. 

T.  85.  SoBT^nente  disse  ch'io  ponsse. 

Palasse,  yrìtntt  persona. 

T.  89.  Nel  mortai  corpo ,  cod  l' amo  tciotta  , 

"  e  feminino. 


T.Ì09.  Di  ciò  ti  piaccia  consolare  alquanto 

L'anima  mia. 
ElocuBione. 

CAHTO  ni 

T.  4.  Compagna .  t.  r. 
T-  8.  Dignitma.  t.  r. 
▼■  22.  E  il  mio  conforto:  perchè  pnr  diffidi . 

■  Quando  il  soave  mio  dolce  conforto.  Petrarca . 
T.  25.  Vespero  è  già  colà  dor'è  sepolto. 
F'etperotaen. 
T,  33.  Sveli .  T.  r. 
T.  73.  Benfiniti.  V.  r. 

▼.79.  Comele  pecorelle  escon  delchinso;  sinotlT.92 
Energia  mirabile . 
T.  99.  Soverchiar,  v.  r. 
V.111.  ^(omnto,  avverbio. 

CANTO   IV. 

V.  1.  Dilettarne.  T.r. 

T.  17.  Aduna.T.  r.  * 

>.  18.  Dimando.-T.  r. 

V.  19.  Impmni'.  T.  r. 

▼■22.  Saline,  v.r. 

V.  27.  Con  esso  i  pie .  v.  r. 

▼■31.  Per  entro  ■  V.  r. 

T- 45.  Com'io  rimango  sol,  se  non  ristai. 

Ritlai,  cosi  nell'Inferno:  perchè,  perchè  ristai?  (  InlL 
C  U.  Y.  131.  ].  Ristai ,  dal  veMxi  risto,  ond«  riHtemmo, 
ristanno,  ristette- 

▼.  50.  Carpendo,  v.  r- 


e 


9 


▼.  72.  Mal  non  seppe .  t.  r. 
▼.  93.  A  seconda,  y.  r. 
▼,  99.  Distretta.  ▼.  r. 
▼•101.  A  mancina,  r.  r. 

T.  1 06.  Ed  un  di  lor  che  mi  sembrava  lasso  ;  sin  al  y.  1 20. 
Enerffia. 

▼.  125.  Qttiritta  se:  attendi  th  iscorta? 
Qui  ritta  e  costi  ritta  ^  ayyerbj ,  onde  nell'Inferno. 
Se  tu  costiritto,  Bonifazio?  (  Inf.  e.  XIX.  y.  53.  ). 

CANTO    V. 

T.  10.  Impiglia,  y.  r. 

▼.  18.  Foga.y.  r. 

y.  20.  Dissilo ,  alquanto  del  color  consperso , 
Che  fa  r  uom  di  perdon  tal  Tolta  degno . 

Vergogna . 

▼•  2/.  Mntar  lor  canto  in  un  O  lungo  e  roco- 

Energia . 

y.  32.  E  ritrasse  a 'color  che  yi  mandaro. 

Ritrasse .  per  ripartire. 

▼.  35.  Ayyiso.  y.  r. 

T.  43.  Questa  gente,  che  preme  a  noi,  è  molta. 

Viene-  —  Sembra  accennare  diversa  lezione.  L.  M.  R. 

y.  55.  SI  che  pentcndo  r  perdonando,  fora. 

Pentendo  ,  assoluto  come  mera  vaigli  andò    e    vergo^ 
gnando, 

T.  74.  Ond'uscì  '1  sangue,  in  sul  qual  io  sedea. 

II  sangue  sede  dell'anima. 

y.  83.  M*  impigliar,  y.  r. 

V.  122.  Vèr  lo  fiume  real,  tanto  veloce- 

Fiume  real,  in  questo  significato. 

v.  123.  Si  minò.  v.  r. 

y- 133.  Ricordati  di  me,  che  son  la  Pia- 

Nome  pioprio  con  V  articolo  ,  come  la  Pentesilea . 
.    (Inf.  e.  IV.  V.  124.) 

y.  135.  Innanellata.  v.  r. 

y.  136.  Disposando,  y«  r. 

CANTO   VI. 

y.  6-  E  qual  da  lato  gli  si  reca  a  mente . 

Elocuzione . 

y.  15-  E  l' altre  che  annegò  correndo  in  caccia. 


Annegò .  senxa  il  si 
T.  20.  InveegÌH  .  e.  r. 
V.  47.  Velia,  y.  r. 

V.  34.  Ma  'I  làlto  è  il'  altra  forma  che  luw  slanci . 
Slaiiti ,  iti  questo  significato. 
V.  56.  Colui  che  gi&  sì  cuopre  de  la  costa . 
Colui,  al  Solp. 

*.  58.  Ma  vedi  là  un'anima,  ch'a  posta. 
Poi  fa  ,  nome . 
T.  69.  Dimanilo.  t.  r. 

T.  75.  De  la  tua  tetra:  e  Fiin  l' altro ahhraecia«. 
Come  t'abbracciano?  -Vedi  di  sopra  e-  U.  ».  '9-  e  6j  . 
L.  M.  R. 

V.92.  Inla.v.r. 

T.  127.  A  vergognarti  vien  de  la  tua  fiima- 

Bellissimo. 

T.  126.  Parteggiando,  t.  r. 

T.  136.  Or  ti  U  lieta,  che  la  hai  ben  onde  . 

Elocuiione . 

V.  1^1.  Fecero  al  viver  bene  nn  picciol  cenno 

Verso  di  le. 
Elocuzione . 

CANTO    VII. 

T.  1.  Poscia  che  l'nccoglienze  oneste  e  liete  . 

Furo  iterate  tre  e  quattro  volte. 
Versi  mescolati  dal  Boccaccio  ira  le  prosa. 
V-  7.  Io  son  Virgilio  :  e ,  per  nuli'  altro  rio  . 
H'o,  assolutamente. 

V.  1 5.  E  abl)rBociollo  ove  'l  minor  s' appiglia  ■ 
Come  l'abbraccia  ?  —  Vedi  al  v.  75.  del  canto  pre 
dente.  L.  M.  B. 

V.  21.  Dimmi,  se  vien  d'Intèrno  e  di  quel  cMostraT 

O'  inferno ,  senui  l' articolo. 

T,  28.  Loca  ^  U  giù  non  tristo  da  martiri. 

l«co  è  in  Inferno.  (Inf.  e.  XVIH.  ».  1.  ) 

V.  31.   Parvoli.  V.  r. 

v.  38.  Dà  noi ,  perchè  venir  possiam  piii  tosto. 

Dà  noi .  senza  l'a. 

V.  47,  Merrò.  v.  r. 

V.  56.  Cile  la  notturna  tenebra  ,  ad  tr  sui 

Tinebra  ,  nel  nnmero  del  meno . 

V.  59.  E  pHHeggiar  la  costa  intomo  errando* 


61 

Pa$^g^tar^  col  quarto  caao . 

T.  70.  Sghembo.  ▼.  r. 

T.  75.  In  l'ora,  t.  r. 

T.  7q.  Non  ayea  por  natnra  m  dipinto^ 

Ma  di  soavità  di  mille  odori 

Vi  &cea  un  incognito  indistinto. 
Belliiaimo. 

T.  1 01 .  Fu  meglio .  t.  r. 
T.  120.  Retaggio.  ▼.  e 

CANTO  vm. 

r.  19.  Agnzra  mii,  lettor,  hen  gli  occU  ni  iKro. 
Fa  mentione  dell' allegorìa.  ^  Y^i  Ini*  €•  IX.  r.  61. 
L*  Bl.  R. 

T.  25.  UBcir  de  l'alto.  ▼.  r. 

T.  30.  Ventilate .  t.  r. 

T.  45.  Grazioso  fia  lor  vederti  assai. 

Grazioso^  in  questa  senso* 

T.  49.  Annerava .  t.  r. 

T.  55.  Nullo  bel  salutar  tra  noi  si  tac<|M#- 

Elocuzione . 

T.  59.  Stamane,  t.  r. 

▼.  98.  Vallea..  T.  r. 

T.  100.  Tra  l'erba  e  i  fior  Tenia  la  mala  striscia. 

Siritcia ,  nome* 

T.  1 09.  A  giudice .  t.  y. 

T.  13Q.  Dao  e  oaliura  AM  privilegia. 

Elocuzione. 

T.  138.  ChioTÌ.r.  T. 

CANTO    DL 

V.  7.  Passi  della  notte,  r.  T. 

y.  18.  Alle  sue  tìsìou  quasi  i^dÌTJsiai. 

Sogno  distinto  dall' imita^ioiia. 

T.  27.  Disdegna  di  portarne-  suso  in.  -pitie  •. 

Prede .  —  Cambiamento  cbe  pefe-  folesse  introdurre  nel 
testo  f  ma  tì  s'oppongono  tutti  i  mar  oscilliti  iìiioni  cono- 
sciuti, ed  ancLe  i  Barberiniani .  li.  M..R.. 

T.  28.  Botata  •  y  r. 

y.  33.  Cbe  conyenne  cbe  il  sonno  si  rgwpcsaa . 

Sonno  rotto . 

y.  38.  Trafugò,  y.  r. 


T.  52.  Diimi  iieir«)lMi  die  precede  el  giorao; 
•ino  al  T.  63. 
Nota. 

T.  57.  Si  l'igeroleri  per  U  ma  ria. 
ElociuioDe  • 

V.  58.'Gentil  forme,  rr. 
r.  63.  Ad  un*  ■  ▼•  r. 
T.  78.  Portiere.»,  r. 
T.  83.  Rifletteva.  T.  r. 
».  85.  Costinci.»,  r. 

».  91.  Ed  ella  i  pauì  Toetri  in  Itene  a»uui . 
Eloctuione. 
».  102.  Spiccia.»,  r. 
108.  Serrarne.  ».  r.  / 

».  1 11 .  Ma  pria  ne)  petto  tre  Gate  mi  diedi . 
.Pia^e,  bÌBsitlaba. 
».144.  Stoa.T.r. 

CANTO   X. 

».  1.  Poi  fiimmo.  ».  r. 

».  2.  Disusa.»,  r. 

».  24.  Misurrebbe.  v  r. 

».25.  E  quanto  l'occbio  mio  potea  trard' ale. 

Elocoxione . 

V.  33.  Ma  la  natora  gli  a»erehbe  Komo . 

Elocuzione . 

».  34.  L' Ansel  cbe  venne  in  terra  col  decxet*  ; 
■ino  al  »er»o  43. 

BeUissima  e  mirabile . 

».  58.  Dinanzi  parea  gente ,  e  tutta  quanta  ; 
sino  al  ».  70. 

Espresaione  mirabile . 

».  65.  Trescando .  ».  r. 

».  67.  Di  centra  effistata  ad  una  vista . 

fitta;  per  luogo  onde  si  »ede. 

».  71 ,  Per  arrisar  da  presto  un'  altra  storia  . 

Avvitare^  in  qaesto  significato. 

».  74.  Prince.  »  .  r.  (Qmì  nell'ed.  del  Sessa.) 

».  78.  Atteggiata.  ▼■  r. 

».  79.  Dintorno  a  lui  parea  calcato  e  pieno 
Di  ca»alieri . 

Elocuzione  ■ 

»■  81.  Morieoo .  v.  r. 


65 

y.  116.  Rannicchia,  t.  r. 
▼.118.  DìsTiticchia .  ▼.  r. 
▼.  1 27.  Galla .  v.  r. 
▼.131.  Mensola.  T.r. 
▼.  133.  Rancura,  v.  r. 

CANTO   XI. 

▼.  19.  Adona,  t  r» 

V.  28.  Disparmente .  t.  r. 

T.  30»  Purgando  le  caligini  dèi  mondo. 

Bel  verso! 

▼.  43.  Che  questi  che  yien  meco ,  per  V  incarco 
De  la  carne  d' Adamo . 

Elocuzione . 

▼.  58.  Io  fui  Latino,  e  nato  d'un  gran  Tosco. 

Latino j  italiano; onde  neirinfemo  d'un  Romagnuolo: 
Questi  è  Latino. 

V.  68.  Snperhia  fé',  che  tutti  i  mici  consorti. 

Consorti f  non  solo  del  sangue,  ma  della  ibrtuna  e  dei 
coatnmi. 

▼•  79.  Oh,  dissi  luì,  non  se'  tu  Oderisi? 

Dissi  iuij  qaasi  sempre  senza  l'a. 

T.  81.  Parisi.  V.  r. 

T.  103.  Scindi,  y.  r. 

▼.115.  Nominanza .  v.  r. 

T.  118.  Incora .  v.  r. 

T.  119.  Appiani,  t.  r. 

T.  123.  A  recar  Siena  tutta  a  le  sue  mani. 

Elocuzione  ^ 

CANTO  xn. 

▼.  6.  Quantunque .  t..  v^ 

▼.  1 7.  Terragne .  ▼.  r.. 

T.  27.  Folgoreggiando .  ▼.  r.  Nelle  chiose  ai  preceden-^ 
ti  Tersi  il  Landino  dice  :  «  né  sia  chi  vituperi  il  poeta,  che 
«  con  le  cose  vere  di  Lucifero  mescoli  le  false,  cioè  le 
«  parole  de'Titani  »  -Torquato  vi  annota:  Contra  iprinr 

▼.  o5.  Tratti .  v.  r. 

V.  66.  Mirar  fàrieno  un  ingegno  sottile. 
Mirarr  ,  per  maravigliare . 
▼.  67.  Morti  li  morti ,  e  i  vivi  parén  vivi . 

e 


«4 

Non  TÌde  me' di  me,  chi  Tide  il  Tero^' 
^H^aant'  io  calcai  ^  finché  chinato  gÌTÌ. 
Mirabile. 

T.  70.  Superbite,  t.  r. 
T.  81.  Sesta  ancella  del  dì.  t.  r. 
T.  82.  Di  riTcrensia  il  tìbo  e  gli  atti  adoma. 
Elocusione. 

T.  84.  Pensa  che  questo  di  mai  non  raggiorna  • 
Eloctuione . 

T.  89.  Bianco  Testita .  t.  r. 
T.  90.  Par ,  tremolando,  mattatina  stella. 
Elocnsione . 
T.  103.  Foga.  T.  r» 
T.  105.  Doga.  T.  r. 

CANTO  xm. 

T.  2.  Risega.  t.  r. 

T.  3.  Dismala.  T.  r. 

T.  9.  Petraja .  ▼.  r. 

T.  12.  Eletta.  T.  r. 

T.  18.  Dicea ,  come  condor  si  Tnol  qninc'  éntro* 

Quìnc'  eniroj  per  qui  entro.  • 

T.  32.  Per  allungarsi,  un'  altra  :  io  son  Oreste , 

Passi  gridando. 
Accoppia  spesso  l'istorie  sacre  con  le  &Tole  gentilL 
▼•  62.  jBisogna.  v.  r. 
T.  67.  Approda .  t.  r. 

T.  69.  Luce  del  ciel  di  sé  largir  noti  raole  « 
Elocuzione. 
T.  83.  G>stura .  t.  r. 
T;  94.  O  firate  mio ,  ciattona  è  cittadina 

D'una  vera  città:  ma  tu  vuoi  dire, 

Che  Trresse  in  Italia  peregrina . 
Bellissimo. 

T.  114.  Già  discendendo  Parco  de' miei  «noi. 
Elocuzione  • 
1. 118.  Rotti  fur  quiTi,  e  Tolti  negli  amari 

Passi  di  fuga. 
Elocusione. 

T.  133.  Gli  occhi ,  diss'  io,  mi  fien  ancor  qui  tolti. 
Dante  poco  invidioso ,  e  molto  superbo . 
T.  150.  Rinfiuni .  ▼.  r.* 


6S 


CAUTO  XIV. 

T.  6.  E  dolcenenie,  A  che  parli,  «ccolo. 
jiccolon  con  /  semplice  ;  cosi  disse  di  sopra  rifemi. 
T.  28.  Intendimento  aecamo.  ¥•  r* 
T.  27.  Por  com'nom  &  de  T  orribili  cose. 
Elocnsione . 
T.  29.  Sdebitò.  T.r. 
T.  46.  Botoli.  T.  r. 
T.  47.  Ringhiosi,  t.  r. 
T.  56.  Animenta .  t.  r. 

T.  76.  Perchè  lo  spirto,  che  di  pria  parlómi. 
Parlami^  spesso  usa  di  non  addoppiar  la  consonante 
lontra  la  regola ,  e  li  si  condoni. 
T.  87.  Consorto,  o  divieto .  t.  r. 
T.  90.  Reda .  t.  r. 
T.  143.  Camo,  ▼.  r. 
T..148.  Chiamavi  il  cielo,  e  intomo  ti  si  gini. 

Mostrandovi  le  sne  bellezze  eteme: 

E  V  occhio  vostro  por  a  terra  mira» 
Bellissimo. 

CANTO   XY. 

▼•  6.  Vespero  Ui ,  e  qni  mezza  notte  era. 

Là .  e  <7fii,  ma  qui  posposto .  Vedi  il  Bembo  » 

v.  14.  Solecchio,  v.  r. 

T.  26.  Schermar  a  che  •  t.  r. 

T.  28.  Non  ti  maraviffliar,  s*  ancor  t' abbaglia 
La  fiuniglia  del  cielo. 

Elocazione  • 

v.  36.  Scalco .  v.  r. 

T.  49.  Sino  a  v.  57.  Invidia  in  qnai  beni. 

T.  101.  Che  abbracciar  nostra  figlia,  o  Piiiftrato. 

Nota  che  Dante  masi  sempre  accoppia  le  cose  sacre 
con  le  gentili  ;  cosi  na  fatto  in  tutte  le  figure  del  Purga- 
torio. 

V.  122.  Velando  gli  ocdii ,  e  con  la  gambe  avvolte  ^ 

Elocuzione. 

T.  135.  Xhsammato.  v.  r. 

V.  137.  Frugare,  v.  r. 

V.  141.  Serotini,  v.  r. 

T.  144..  Cansani..T«r.. 


66 


CANTO  XVI. 


T.  1.  al  3.  Parto  dell*  Ariosto. 

T.  5.  Fnmmo .  v.  r. 

T.  48.  Al  quale  ha  or  ciascun  disteso  Tarco» 

Disteso ^  per  il  contrario  di  teso. 

T.  64. 114.  Nota. 

Y.  103.  Ben  puoi  veder,  cbe  la  mala  condotta. 

Cttniiutta,  per  condottiere. 

T.  118.  Or  pnò  sicuramente  indi  passarsi. 

Indi ,  per  di  là . 

T.  142.  Baja.  t.  r. 

T.  143.  Già  biancbeggiare  :  e  mi  convien  partirmi. 

Mi  convien  partirmi  ;  nu  lo  raddoppia . 

CANTO   XVH. 

T.  13.  O  imaginatiyay  cbe  ne  rube. 

Imaginazione . 

V.  t5.  Tube.  T.  r. 

▼.  31.  Bompeo.  v.  r. 

▼.  34.  Surse  in  mia  Tisfone  una  fiinciulla. 

Elocuzione. 

T.  38.  Or  m' bai  perduta:  io  son  essa,  cbe  lutto. 
LfUtOy  verbo. 

V.  46.  Io  mi  Tolgea  per  veder  ove  io  fosse . 

Ifossf ,  prima  persona . 

V.  57.  E  col  suo  lume  se  medesmo  cela. 

Elocuzione. 

V.  58.  Seco.  V.  r. 

V.  62.  Abbui.  V.  r. 

V.  68.  Ventarmi .  v.  r. 

V.  84.  Se  i  pie  FÌ  stanno,  non  stea  tuo  sermone. 

Sfr/t  j  COSÌ  sempre  il  Boccaccio . 

T.  86.  Di  suo  dover  quiritta  si  ristora. 

Qui  ruta  ,  come  a^st  mei  ritta ,  avverbio. 

T.  91 .  Né  creator ,  né  creatura  mai , 
Cominciò  ei,  fìgliuol,  fu  sanza  amore  ^ 
O  naturai  o  d' animo  ;  e  tu  '1  sai . 

Neir  Inferno  mette  per  cagione  universale  de'  peccati 
della  malizia  l'ingiuria,  e  qui  per  cagione  d'ogni  errore 
l'amore.  Amore  naturale  intenderei  piuttosto  quello  cbe 
si  contraddistingue  da  sensitivo;  e  intellettivo^  cbe  segue 


67 

la  cognizione  d' nna  inteìligenza  non  errante ,  quando  k 
in  soggetti  privi  di  senso  e  a  intelletto;  d'animo,  abbrac- 
cia queeli  altri  due  membri,  cioè  intellettiTO  e  sensitivo . 

Y.  1 1 1 .  Da  quello  odiare  o^ni  affetto  è  deciso . 

Concedendo  quei  che  è  dubbio,  cbe  i  dannati  deside- 
rino di  non  essere,  odierfano  Dio.  Ma  forse  Dante  intende 
ogni  affetto  dell'uomo,  perchè  qui  si  purgano  i  peccati 
&tti   dall'  uomo  nella  yita . 

T.  115.  E  chi,  per  esser  suo  vicin,  soppresso. 

▼.118.  E  chi  podere ,  grazia ,  onore  e  fama . 

Di  queste  due  sorte  d' amore ,  che  son  torte  al  male , 
nissuna  mi  pare  convenire  al  superbo ,  ma  l' una  e  T  altra 
airinvido.  Dante  nondimeno  una  al  superbo,  e  l'altra 
all'invido  par  che  attribuisca . 

CANTO    XVUi 

▼.15.  Contraro .  ▼.  r. 
▼.  25.  E  se  risolto  in  ▼er  di  lei  si  piega . 
In  ver ,  col  secondo  caso . 
▼.  28.  Altura .  ▼.  r. 

▼.  31 .  Così  r  animo  preso  entra  'n  disire , 
Cfa'  è  moto  spiritale,  e  mai  non  posa , 
Finché  la  cosa  amata  il  fe  gioire . 
Desire 9  moto  spiritale^   dimiizioue   dell'affetto.  Qui 
par  che  segua  l'opinione  di  S.  Tommaso,  il  quale  distin- 
gue l'amore  dal  desiderio,  e  ▼uole  che  amore  altro  non 
sia  cbe  compiacimento ,  al  qual  compiacimento  seguiti  il 
desiderio,  cbe  è  moto,  sinché  si  quieti  nel  piacere. 
V.  35.  Avvera .  ▼.  r.  , 
V.  37.  Perocché  forse  appar  la  sua  matera . 
Primi  motus . 

Il  Cielo  i  ▼ostri  movimenti  inizia.  (Purg.  e.  XVI. 
V.  73.) 

▼.  40.  Seguace  ingegno .  ▼.  r. 

▼.  47.  Dir  ti  poBs'  io:  da  indi  in  là  t'aspetta 

Pur  a  Beatrice . 
Elocuzione . 

T.  53.  Ma  che .  ▼.  r.  • 

▼.  87.  Vana.  ▼.  r. 
V.  94.  Falca .  ▼.  r. 
▼.  1 00.  Maria  corse  con  firetta  alla  montagna  : 

E  Cesare* 
Quel  che  é  notato  di  sopra,  come  sempre  accoppia  le 
cose  sacre  con  le  gentili. 


m 

T.  109.  Quatti  ch0  me  (e  ccnrto  i'  wm  ^i  bagio). 

Bugio,  rerìio. 

T.  133.  Diretro.  T.r. 

T.  1  ^7.  Fino  a  la  fine  col  figlio  d' Andiitt . 

Sacra  proiinis. 
T.  145.  Sogno. 

CANTO  XDL 

V.  7.  E  seg.  Soffilo* 

T.  8.  Negli  ocelli  gaercia  e  sorra  i  pie  distorta . 
Così  disse,  S(h^ra  i pie  leggiero»  (Ini  e  XZI.  t.  33.) 
T.  9.  Scialba.  ▼.  r* 
Y.  18.  Intento,  v.  r. 
▼.  23.  Ausa.  Y.  r. 
T.  27.  Lunghesso  me .  t.  r. 
T.  29.  Fieramente  dicea  :  ed  ei  TeniTa . 
Fieramente,  in  questo  significato. 
T.  33.  Quel  mi  svegliò  coTpouo  che  n'  oacsf a. 
Puzzo,  maschio. 
V.  49.  Ventilare .  ▼.  r. 
Y.  56.  Novella  vision,  che  a  sé  mi  piega. 
Elocuzione  • 

T.  62.  Gli  occhi  rivolgi  al  logoro  che  gira. 
Lontana  metafora. 

V.  65.  Indi  si  volge  al  grido  f  e  si  protende  • 
Distende.  — »  Sembra  proporre  altra  lesione.  L.  H.  B. 
V.  76.  (> eletti  di  Dio,  gli  cai  soffiriri. 
Soffrirei  gF  infiniti  in  ferma  4i  nome  osa  sposso  il  Boo- 
cacci. 

V.  81.  Fnri.  v.  r. 

V.  88.  A  mio  senno,  v.  r. 

V.  93.  Sosta.  V.  r. 

V.  97.  Diretrì.  v.  r. 

V.  100.  Adima.  v.  r. 

V.  112.  Fino  a  quel  pento  misera  e  partita 

Da  Dio  anima  fili. 
Elocuzione . 

V.  118.  Aderse,  v.  r.     • 
V.  128.  Lo  nostro  amore ,  onde  operar  per  desi. 
Non  dnppliea  )a  oonsoi^tnte . 


69 


CANTO  XX. 

▼.  18.  Fame  capa.  t.  t* 

T.  24.  Portato .  t.  r. 

T.  23.  Segaentementé  intesi:  o  buon  Fahrixie  • 

Le  sacre  con  le  profitie* 

T.  26.  Con  poTertà  yolesti  anzi  yirtute . 

^'i"',  piuttosto. 

▼.  54.  Tutti,  fuor  che  nn,  renduto  in  panni  bigi. 

Elocuzione . 

T.  58.  Che  alla  corona  yedota  promossa 

La  testa  di  mio  figlio  fti. 
Elocuzione  • 
T.  73.  Lancia .  t.  r. 

T.  96,  Fa  dolce  V  ira  tua  nel  tuo  secreto . 
Omero  chiama  dolce  l' ira  più  che  mele , 
T.  125.  Brigare,  t.  r. 
▼•  132.  Occni  del  cielo,  v.  r. 
▼.141.  Finché  '1  tremar  cesso,  ed  ei  oompiési . 
Nondupplioa  las. 

CANTO   XXL 

■ 

▼•12.  Addemmo .  t.  r. 

▼•  25.  Ma  perchè  lei  che  di  e  notte  fisa. 

I^ci  9  prima  persona. 

▼.  31.  Ond'  10  fui  tratto  fhor  de  Tempia  gola 

D' Infirmo. 

ly Inferno ,  senza  T  articolo  ;  così  ooasi  sempre  • 

▼•  35.  Die  dianzi  il  monte,  e  perchè  tutti  aduna 

A  una,  arrerbio. 

T.  40»  Sanza.T.  r. 

▼.50.  Corruscare,  v.r. 

▼.  83.  Fora.  ▼.  r. 

▼.  86.  e  88.  Spirto ,  e  spirto  in  diverso  senso. 

ir.  90.  Mertai .  ▼.  r. 

T*113.  Testeso.  ▼.  r. 

▼.114.  Lampeggiar  di  rìso.  y.  r. 

r.  135.  Disnìento.  ▼.  r« 

CANTO  xxn. 

T.10.  Quando  Virgilio  conuncii;  Amore: 


76 

Acceso  di  YÌrt& ,  sempre  altro  accese . 

Limita  quel  che  pia  generalmente  disse  sopra  : 
Amor,  eh' a  nullo  amato  amar  perdona. 
(Inf.  e.  Vi.  V.  103.) 

▼.  16.  Benvoglienza .  t.  r, 

▼.  22.  Come  potéo  trovar  dentro  al  tuo  seno 
Luoso  avarizia  tra  cotanto  senno  • 

Elocuzione . 

V.  27.  Ogni  tuo  dir  d' amor  m' è  caro  eenno . 

Elocuzione . 

V.  40.  Perchè  non  reggi  tu ,  o  sacra  ùtme 
Dell'  oro ,  V  appetito  de'  mortali  ? 

Non  come  si  hanno  espressi  i  versi  di  Virgilio  • 

V.  62.  Stenebraron  •  v.  r. 

V.  67.  Facesti  come  quei  che  va  di  notte . 

Sino  al  V.  72. 

Bellissimo. 

V.  70.  Quando  dicesti:  secol  si  rinnova  . 

Secolo^  senza  l'articolo. 

V.  81 .  Usata .  v.  r. 

V.  82.  Vennermi  poi  parendo  tanto  santi . 

Elocuzione . 

V.  90.  Fumi .  V.  r. 

V.  113.  Evvi  la  fifflia  di  Tiresia  e  Teti. 

Manto  è  posta  nell'Inferno,  e  ora  qui  si  dice  cba  è  nel 
limbo  9  o  forse  intende  d' altra . 

V.  118.  Ancelle  del  giorno .  v.  r. 

V.  1 41 .  Gridò:  di  questo  cibo  avrete  caro . 

Caro  y  per  carestia ,  usato  spesso  dal  Villani. 

V.  1 42.  Poi  disse  :  pili  pensava  Maria ,  onde ,  ec. 
sino  a4  V.  1 53. 

Meschia  le  cose  sacre  alle  gentili ,  forse  per  mostrarci 
che  tai  peccati  non  solo  sono  coiilra  alla  religione  9  ™* 
€ontra  alla  civilità . 

V.  148.  Lo  secol  primo,  quant'oro,  fu  bello: 
Fe'savorose  con  fame  le  ghiande, 
E  nettare  con  sete  ogni  ruscello. 

Bellissimo . 

CANTO    XXUI. 

V.  3.  Chi  dietro  a  V  nccellin  sua  vita  perde . 
Vista.  —  Farmi  da  considerare  questa  variante  lezione 
proposta' dal  lasso ,  L.  M.  R. 


ir.  8.  Sic.  T.  r. 

T.  36.  G)ino  •  T.  r. 

T.  40.  £d  eeco  del  profendo  della  testa . 

Elocuzione . 

y.  47.  Mia  conoscenza  a  la  cambiata  labbia. 

Labbia ,  asj^tto .  ^ 

T.  48.  Ravvisare,  t.  r. 

T.  68.  Sprazzo .  t.  r. 

T.  86.  A  ber  lo  dolce  assenzio  de'  martiri  • 

Elocuzione . 

T.  127.  Tanto  dice  di  &rmi  sua  compagna  • 

Elocuzione. 

CANTO   XXIV. 

T.  1.  Né  '1  dir  l'andar,  né  l'andar  lui  pi&  lento 

Ariosto. 

T.  4.  Rimorte .  v.  r. 

T.  6.  Di  mio  yiver .  t.  r. 

T.  28»  In  le .  ▼.  r. 

T.  34.  Prezza .  ▼.  r. 

T.  52  a  54.  Nota . 

T.  68.  Suo .  V.  r. 

T.  76.  Risposi  lui. 

y.  84,  Scolpa .  T.  r. 

T.  97.  Valcbi .  V.  r. 

y.  105.  Per  esser  pur  allora  Tolto  in  Idei  • 

Laci ,  come  liei  e  quici . 

T.  108.  Fantolini .  T.  r. 

T.  112.  Ricreduta,  y.  r. 

T.  123.  Teseo  combatter  co'  doppj  petti . 

Elocuzione.  Sacra  prof ani$ . 

T.  127.  Viyagni.  y.  r. 

T.  136.  Drizzai  la  testa  per  yeder  cbi  fossi . 

Fosii^  terza  persona . 

y.  146.  Olezza,  y.  r. 

y.  150.  Orezza.y.  r. 

CANTO   XXV. 

y.  4.  Perchè  come  fa  Y  uom  ch«  non  ^  affigge . 

^ffiSfi^  '  per  doppia  g . 
y.  9.  Artezza .  y.  r. 
y.  11.  S'attenta,  y.  r. 
y.  22.  Aumentassi .  r.  r. 


72 

V.  26.  Image.  ▼.  r. 

T.  i2.  Sic .  V.  r. 

▼.  36.  Dfe .  V.  r. 

T.  57.  Le  posse .  ▼.  r. 

T.  70.  Lo  Motor  primo  à  Ini  si  Tolge  lieto 

Sovra  tanta  arte  di  natura ,  e  spira 

Spirito  noTO  di  Tirt&  repleto  ; 
Che  ciò  che  trova  attivo  quivi,  tira 

In  sua  sustanta,  e  fiossi  un'aima  sola, 

Che  vive  e  sente ,  e  sé  in  sé  rigira. 
Bellissimo.  Sé  in  sé  rigira  (intende),  perchè  TinteB- 
dere  è  circolo . 
v.  91.  Piorno.  v.r. 
T.  101.  Paruta.  v.  r. 
T.  114.  Sequestra,  t.  r. 
V.  123.  Calere,  v.  r. 
v«  126.  A  quando  a  quando,  v.  r. 
T.  131.  Si  tenne  Diana,  ed  Eliee  caccfonne. 
Diana ,  bissillabo . 

V.  138.  Con  tal  cura  conviene  e  con  lai  pasti* 
Forse  tasti  si  dee  leggere . 

CANTO   XX  VL 

T.  3.  Diceva:  suarda,  £^feifi\  ch'io  ti  scaltro. 
Giù  via  —  (Allude  alla  dichiarazione  fotta  dal  Landino 
nel  commento.  L.  M.  R.  )  Scaltro  •  v.  r. 
T.  6.  Celestro .  v.  r. 
T.  12.  Fittizio.  V.  r. 

T.  14.  Certi  si  feron,  sempre  con  riguardo  • 
Certi j  in  questo  significato  • 
T.  16.  O  tu  che  vai ,  non  per  esser  più  tardo, 
Ma  forse  reverente  agli  altri,  dopo. 
Si  loda. 

▼•  26.  Manifesto,  v.  r. 
▼•  35.  Ammusa,  v.  r. 
V.  41.  E  l'altra:  ne  la  vacca  entrò  Pasife. 
Cose  sacre  e  gentili . 
v.  43.  Rife.  V.  r. 
V.  68.  Ammuta.  v.  r.' 
V.  69,  Inurlia .  v.  r. 
T,  70.  Paruta .  v.r. 
y.  72.  Attuta,  v.  r. 
•   n  Landino  nella  Tavola  delle  voci  difficili  che  si  trova- 


73 

no  nella  DÌTÌna  Commedia,  alla  tocc  allula  parki  co^: 
•   La  medesima  voce  usa  il  Boccaccio  nella  noTella  d'A- 

■  liliech,  corrotta  da' moderni  e  fatta  dire  altura,  voca 

■  nh.  toscana,  né  lombarda  e  di  nessun  significato,  b  Tor- 
quato vi  fa  questa  postilla:  •  Tara  si  dice  per  istoppare.  • 

T.  79.  Però  sì  partoa,  Sodoma  gridando. 

Perchè  i  sodomiti  tono  paniti  nel  più  soprano  loco,  se 
la  sodomia  è  maggior  vixio  che  l'iracondia  e  la  gola  e  gli 
litri  PC.  7 

*.  87.  Che  s' irofoestiò  ne  l' imbestiate  schegge . 

Gregge.  --  Avendo  nello  stampato  dato  Ji  penna  allj 
voce  tckeggr:.  L,  M.  B.  Imbestiò.  *.  r. 

T.  88.  Or  sai  nostri  atti ,  e  di  che  fummo  r«i . 

Elocuzione . 

T.  101.  Lunga  fiata,  t,  r. 

T.  115.  Scerno,  t.  r. 

».  117.  Fu  miglior  Édibro  del  parlar  materno. 

Elocuzione . 

T.  118.  Versi  d'amore  e  prose  di  romanzi, 

Snpercbiò  tutti. 

Modo  osato  dal  Villani. 

V.  123.  Prima  ch'arte,  o  ragion  per  lor  s'ascolti. 

Per  /or,  tanto  qu.mtorfa  lor.  Cosi  nell'Inferno. (ci. v.  126.} 
—  In  sna,^agion  per  me  si  vegna;  e  (c.XSlV.T.l  06.  ) 

Così  per  li  gran  savi  si  confessa. 

T.  152.  Nostro,  v.r. 

—  Nella  fine  di  qoesto  canto  è  posta  di  mano  del  Taiio 
la  seguente  annotazione  —  : 

Onde  avviene  che  i  medesimi  peccati  non  sono  puniti 
nell'  Inferno,  e  purgati  nel  Pnrgatovio?  Non  si  vede  nel- 
r  Inferno,  ove  si  puniscano  gli  invidiosi  ;  non  si  vede  nel 
Purgatorio  ove  siano  i  ladri,  gli  omicidi,  gli  eretici,  i  si- 
moniaci e  simili.  Eppur  di  questi  peccati  ancora  s'impe- 
tra perdono.  Dante  dunque  e  nelrnna  e  nell'altra  parte 
è  diletliro. 

CANTO  xxvn. 

V.  23.  Sovresso.  v.  r. 

».  4J.  Pomo.»,  r. 

V.  62.  Non  v'arrestotei  ma  itudiate  il  pau 

Elocuzione. 

T.  63-  AniMra.  ».  r. 


J 


74 

^.  77.  Franse,  v.  r. 
V.  81.  Poffgiato.  T.  r. 
T.  90.  Solere,  t.  r. 

T.  96.  Che  di  fuoco  d'amor  par  sempre  ardente • 
'    Elocuzione . 
Y.  100.  Sappia  qualunque  il  mio  nome  dimanda. 
Qualunque ,  sema  altro  sostantivo. 
T.  101.  Io  mi  son.  t.  r. 
T.  105.  Ammiraglio,  t.  r. 
V.  1 1 7.  Fami .  ▼.  r. 
T.  119.  Strenne.  ▼.  r. 

▼.  132.  Fuor  se' de  l'erte  yie,  fuor  se*  dell' arte. 
Arte^  altrove  disse  arteua . 
T.  141.  E  &llo  fora  non  fiir  a  suo  senno. 
A  suo  senno  j  elezion  retta . 

CANTO  xxvin. 

T.  2.  La  divina  foresta  spessa  e  viva . 
Vedi  che  non  intende  che  cosa  sia  divina  foresti^m  -  Cosi 
il  Tasso  annota  accanto  alla  chiosa  del  Landino.  L.  Bl  R* 
V.  8.  Avere  in  sé  mi  feria  per  la  fronte 

Non  di  più  colpo  che  soave  vento . 
Elocuzione  .  Cosi  nelle  rime: 

£  dàlie  per  lo  cor  d'  una  saetta.  • 

V.  18.  Che  tenevan  bordone  a  le  sue  rime. 
Sue^  nel  meno. 

T.  30.  Verso  di  quella  che  nulla  nasconde . 
yerso ,  a  lato  ;  verso  di  /e,  nell'  Inferno . 
V.  43.  Deh  bella  donna ,  che  a'  raesi  d' amore 

Ti  scaldi,  s'io  vo' creder  a' sembianti, 

Che  soglion  esser  testimon  del  core. 
Bellissimo. 

V.  60.  Intendimenti .  v.  r. 
V.  74.  Mareggiare .  v.  r. 
T.  79.  Meravigliando  tiensi  alcun  sospetto. 

Altrove:  Meravigliando  diventaro  smorte. 
(Purg.  ^.  II.  V.  69.) 
V.  95.  Diffalta.  v.  r. 
V.  114.  Legna,  v.  r. 
V.  122.  Che  ristori  vapor  che  gfel  converta. 

Che  il  cicl .  •«-  Qui  pure  richiama  al  margine  la  di- 
chiarazione del  Landiao .  L.  M.  R. 


75 

CANTO   XXDL 

T.  16.  Un  lustro,  t.  r. 

T.  30.  Lnnga  fiata .  t.  r* 

T.  44.  Falsava  nel  parer  il  lango  tratto . 

Elocazione. 

T.  49.  Ammanna .  t.  r. 

T.  78.  Onde  fa  V  arco  il  Sole,  e  Delia  il  cinto. 

Bellissimo . 

T.  79.  Questi  stendali  dietro  eran  maggiori. 

Strndaìi^  voce  usitatissima  dal  Villani. 

Y.  81.  Dieci  passi  distavan  quei  dijuori. 

Da'  fiori.  —  Così  dal  Landino.  L.  M.  R. 

V.  103.  Li  troverai,  v.  r. 

T.  109.  Ed  esso  tendea  su  V  una  e  i'altr'  ale . 

^/e,  nel  numero  del  meno. 

T.  117.  Ma  quel  del  Sol  saria  pover  con  elio . 

Con  elioj  cioè  rispetto. 

▼.135.  Onestato .  v.  r. 

T.  142.  Poi  vidi  quattro  in  umile  paruta. 

Elocuzione» 

CANTO   XXX. 

T.  13.  Novissimo  •  v.  ^ 

V.  16.  Basterna,  v.  r.  ' 

V.  25.  Ombrata,  v.  r. 

▼.  42.  Fosse .  v.  r. 

▼.  44.  Fantolin.  v.  r. 

T.  51.  Virgilio,  a  cui  per  mia  salute  diemi. 

Dienti .  Dante  rade  volte  è  usato  di  raddoppiare  queste 
consonanti . 

V.  60.  Incora .  v.  r. 

▼.  67.  Tuttoché .  V.  r. 

V.  68.  Cerchiato .  v.  r. 

V.  70.  Realmente  ne  V  atto  ancor  proterva . 

Elocuzione . 

▼.  76.  Gli  acchi  mi  cadder  giù  nel  chiaro  fonte . 

Vergogna. 

V.  77.  Ma  veggendomi  in  esso,  trassi  a  Inerba. 

Elocuzione  «  ^<  Vuole  forse  alludere  a  quello  che  di  so- 
pra notò,  dell'avere  cioè  usato  trassi,  sensa  il  si.  L.M.R» 

V.  85.  Siccome  neve  tra  le  vive  travi. 


10 

Travi ,  femminino . 

V.  92.  Anzi  'I  cantar  di  quei  che  notan  semprc- 
A'otan,  per  cantare, 

V.  97.  Lo  giel  che  m'  era  'ntorn»  al  cuor  ristretto, 
Spirito  ed  ucqun  tiessi,  e  con  aneoscìa 
Da  la  ItocCH  e  dagli  occhi  usci  oel  petto. 
Bellissimo.  Dscir sempre  è  usato  col  ceniliMiqoi 
secondo  e  col  sesto  ca.so  ;  ma  il  secondo  de)  hiogo  piM 
DIO,  il  geflb  del  remoto, 
T.  125.  Seconda  eli.  v.  r. 
V.  136.  Tanto  giù  cadde,  che  tutti  nrgomentl 

A  la  salute  sub  eran  gUi  corti. 
Elocuzione . 
».14a.  F«todiDio.T.  r. 

CANTO    XXXI. 

*.  2  e  3,  Parlar  per  punta  e  per  taglio,  t.  t. 

T.  4.  Cunta.  V.  r. 

T.  6  al  V.  8.  Nota. 

V.  13.  Conittsione  «  paura  iniìeme  miste 
Mi  pinser  un  tal  sì  fuor  de  la  bocca. 
Al  qual  intender  fiir  mestier  le  viste. 

Bellinìmo. 

V.  18.  Foga.T.  r. 

T.  13.  Sottesso.  T.  r. 

T.  20,  Sgorgando,  t.  r. 

T.  31.  Tratta  d'nn  sospiro,  t.  r 

V.  58.  Sino  al  T.  53 .  Bellissimo . 

*.  62.  Dinanzi  da.  v.  r. 

T.  64.  Qual  i  foncialli,  vergognando,  mati- 

ferffo^iìando ,  così  Ìl  Petrarca. 

▼.  66.  Ripentuti .  t.  r, 

▼.  67.  Quando,  v.  r. 

T.  70.  Dibarba.  t.  t. 

r.  71,  Nostrale,  t.  r. 

r.  78,  Apparsione-  ».  r. 

V.  90.  Salsi.  T.r. 

T.  94.  Insino  a  gola.  v.  r- 

T.  109.  Menremti.  V.  r. 

V.  116.  Posto  t'avem  dinanzi  a  gli  sraeral 

Smeraldi,  agli  occhi,  non  so  con  qual  conTeniw*' 
r.  123.  Or  con  uni,  or  con  altri  reggimenti 


!  Jlrgp'menli  in  qnuto  senso,  e  nella  Cantone  della 
bilti:  Con  rrgginirnli  orili. 
r.1Zti.  lào\o. 

1. 1 32.  Daiirniido  al  l«ro  angelico  cariho , 
Garilia.  -  Ricbìnma  qui  la  letione  «lei  comment*  c)ie 
priho,  e  non  caribo.  L.  M.  R. 
(.139.  O  Uplendor  di  viva  luce  flfroa- 
hfUndor,  precedente  la  vocale. 

CASTO   XXXlt 

r.4.  Ed  gmì  quinci  e  quindi  »\fa  parete 

Di  non  caler, 
him  metafora. 
'.10.  Ee.*.  r. 
.18.  Fee.  V.  r. 
i  31.  SI  pBsseggÌHndb  l'alia  &eU'ii  vola. 

Passeggiare,  con  l'accusativo. 
>  32.  Colpa ,  crese .  v.  r. 

35.  EniW>.  T.  r. 
;59.  Di  foglia  e  d'altra  ironda  in  ciaacnn  ramo. 

Distingue  foglia  da  tronda. 
(i43.  Discindi.T.  r. 

'-  50.  Traiselo  al  pi^  de  la  vedova  frasca. 
'tdovajrasca.  Frasca  ,  non  teglia,  ma  ramo  0  lami- 
O,  percbè  di  sopra  ha  detto; 

nna  pianta  dispogliata 

Di  foslia  e  d'altra  fronda  in  ciaACitn  ramo: 
n  Koggiangendo, 

Trasselo  al  pi^  della  vedova  frasca, 
[  altra  cosa  si  può  significar*  per  qssslo  nome  che 
■Bo  fronda. 
,  55.  Turgide .  v.  r, 
,  59.  Novo .  ».  r. 
.  60.  Ramora.  v.  r. 

,  62.  L'inno,  che  quella  genlt>  alW  caittaro. 
krs  in  trnsla  necart.  —  Qui  nota  Tor()uato  p^r  que- 
etempio  tratto  do  Virgilio,  the  anbe  i  I  atini  nwiva- 
l' accordai  e  ai  rrmi  collettivi,  tuttfcrb^  rdopnatì  in 
■ero  singolare ,  t  verbi  nel  numero  del  più .  L.  Al,  R. 
.  64.  Aasonraro.  y.  r. 
'.  73.  Quale  a  veder  de' fioretti  dei  melo. 
''rilrr,  col  genitivo. 
N  61  '  £d  al  maestra  suo  cangiata  stola . 


J 


Suo,  nel  più. 

».  95.  Planatro.  w.  r. 

Y.  105.  Ritornato  di  Ik,  fa  che  ta  icrìve  ■ 

Scrive,  geconda  persona  del  Bnbjantivo. 

V.112.  CcceldiGioTC.T.  r. 

T.  115.  £  fierfoìl  carro  dì  totU  sna  bm- 

Altrore  ( Pnrg.  e.  XIV.  t.  59.) 

E  me  percaota  di  tutta  sua  fona- 
t.  116.  Fortuna.*,  r. 
T.  121.  Ma  riprendendo  lei  di  laide  colpa. 
Laide,  }>ÌBÌÌ)td>o. 

T.  1 28.  Tal  Toce  nsd  del  cielo ,  e  colai  disie  ■ 
CotalycoA. 

▼.131.  Trambo  lerote,eTÌdi  mcimeun  drag*. 
Ti-amòo,  tra  ambo,  collisione,  segnente  a. 
T.  142.  Dificio.  Y.  r. 
Y.  152.  Di  costa.  Y.r. 

Y.  1 54.  Ma  perchè  l' occhio  cupido  e  Yagante  ■ 
Elocuzione . 

Y.  156.  La  flagellò  dal  capo  infia  le  piante . 
ÌR/!n ,  col  qnwto  caso . 

CANTO  xxxm. 

Y.  15.  Ristette. Y.r. 
Y.  23.  T'attenti.  Y.r. 
Y.  29.  Bisogna,  y.  r. 
Y.  44.  Fuia.Y.  r. 

Y.  54.  Del  viver,  eh'  i  un  correr  a  la  nuvte. 
Nota. 

Y.  57.  Dimbata.  Y.  r. 
▼.  58.  Qualunque .  y.  r. 
Y.  59.  Bestemmia  di  &tto .  v.  r. 
Y.  92.  Straniar  me .  v.  r. 
V.  96.  Beesti.v.r. 

Y.  104.  Teneva  il  Sole  il  cerchio  di  merigfl. 
Accorda  merige  con  affi^fs  e  vestige,  che  si  scrivono 
per  aempUce  g. 

V.  135.  Donnescamente,  y.  r. 

Y.  143.  Rinnovellate  di  novella  fronda. 

Puro  e  disposto  a  salire  a  le  stelle. 
Elocucione . 


POSTILLE 

DI 

TORQUATO    TASSO 
AL     PARADISO. 


CANTO    I. 

T.  6.  Fui  io  Y.  r.  Vedi  Inf.  e.  XXII.  t.  48.  L.  M.  B. 

».  30.  Colpa  e  vergogna  .  ».  r. 

▼.  37.  Surge  a'  mortali  per  direrse  foci 

La  [ucerna  del  mondo. 
Ripreso  dal  Casa  nel  Galateo,  e  difeso  dal  Vitlorio  so- 
na Demetrio. 
T-  49.  E  sì  come  secondo  raggio  saole. 
Considera  l'applicazione  di  questa  comparaiion»- 
T.  62.  Essere  aggiunto ,  come  quei  che  puole , 

Aresse  il  ciel  d' un  altro  Sole  adorno . 
Cam*  quelle  aveste ,  invece  di  come  se  quelli . 
».  84.  Acume .  ».  r. 
»,  95.  Sorrise,  t.  r. 
f.  101.  Gli  occhi  dririb  Ter  me  con  quel  sembiante, 

Che  madre  fa  sopra  fìgliuol  deliro. 
Elocfuiono . 

T.  104.  Ordine  è  ferma  dell' universo. 
T.  1 1 3.  Per  lo  gran  mar  dell*  essere . 
Elocuzione . 

CANTO  ir. 

».  3.  Retro  al  mio  legno  che  cantando  varcK. 

Varca ,  assolutamente  posto  . 

T.  9.  E  nove  Muse  mi  aimostrsn  l'Orse. 

Nave  niui'c,  aenu  articolo. 

V.  11.  Pan  deeli  angeli,  v.  r. 

».  13.  Alto  sala.»,  r- 

/ 


T.  14.  NsTÌgio.  V.  r. 

V.  20.  Deiforme.  ».  r. 

T,  23.  E  forse  in  tanto  in  quanto  nn  q 

"       ■     ■        ■  del  mei 


Quadre!,  nel 

T.  34,  Prf  entro,  t,  r. 

V.  36.  Raggio  dì  luce,  permanendo  a 


.  .  poi,  dietro  a' 
a  ragione  ha  cor 


cii  fecesser  tanto  r 


Bellissimo 
T.  67.  Se  r 

La  prima  ragione^  col  negnre  l'indueuce,  tk  a  t«rn, 
T.84.  Falsificalo,  r.  y. 
V.  96.  Fonte  ai  rivi  dell'arti,  t,  r. 
T.  99.     Iraiii'iu^  tra  ambo. 
108.  Frimai.»,  r. 

T.  112.  Dentro  «lai  ciel  della  divina  pace. 
Elocuzione. 

T.  1 25.  Per  esto  loco  al  vero  che  desiri .  ■ 
Deliri ,  verbo. 
».  132.  Image.  ▼.  r. 

CANTO  m. 

T.  7.  Ma'visfon  apparve,  che  ritenne. 

fisica,  per  vista,  non  per  sosno  . 

V.  11.  Nitide,  y.r. 

T.  12.  Persi.»,  r. 

T.  29.  Vere  sastaniie  «in  ciò  che  tu  Yedi. 

Nota  la  forniflla. 

».  30.  Qui  rilegate  per  manco  di  «ole. 

Manco,  mancamento. 

V.  40.  Gnufoso  mi  fia,  te  mi  contenti. 

Grazialo,  in  questo  significat«. 

T.  46.  Sorella .  v.  r. 

T.  54.  Leticia  han  del  suo  ordine  formati. 

Letiziai.  — (Nel  commento  del  Vellutello  si  te^gc  leti- 
lian,  nongià  letìzia  Uaii,  onde  il  Tasso  lo  nota.) 

».  55.  E  questa  sorte  che  par  giù  cotanto. 

Nota  simile  alla  precedente:  accorda  sopra  il   nent 
lingotare  cot  plurale,  e  qui  col  singolare  temminino. 

T.  60.  Che  vi  trasmuta  da'prìmi  concetti. 

Elocuiioue. 

T.  72.  Asseta.  » 


legge  leti- 
a.)L.  M.  R. 


81 

T.  89.  In  cielo  è  Paradiso,  etsi  la  grastm. 

£tsij  ancorcliè,  alla  latina. 

T.  97.  Inciela,  t.  r. 

T.  98 a  la  cui  norma 

Nel  Tostro  mondo  gii  si  Teste  e  Tela . 

Elocuzione . 

T.  1 05.  E  promisi  la  Tia  de  la  sua  setta . 

Elocazione. 

T.  108.  Iddio  si  sa,  qual  poi  mia  Tita  fusi  • 

Iddio ,  in  Terso  rade  Tolte . 

T.  116.  Gontra  suo  grado,  t.  r. 

T.  122.  Vanfo.T.r. 

T.  125.  Perse,  t.  r. 

T.  128.  Ma  quella  folgorò  nel  mio  sguardo. 

Mio,  io  e  tuo  molte  Tolte  sono  osate  hìssiUabi  da  Dante 
in  mezzo  il  Terso  ;  il  Petrarca  una  Tolta  sola  m/o-  accolga 
ii  mio  spirto  -,  e  ciò  per  la  corrispondenza  • 

CANTO   IV. 

T.  4.  Si  si ,  T.  r. 

T.  6.  Si  si  starebbe  un  cane  intra  due  dame . 

Dame,  per  un  m . 

T.  1 3.  Fessi  Beatrice ,  qual  fé'  Daniello . 

Considera  V  applicazione . 

T.  28.  India .  t.  r. 

T,  36.  Spiro.  T.  r. 

T.  78.  Torza.  t.  r. 

T.  101.  Contro  a  grato,  t.  r. 

T.  121.  Amanza,  t.  r. 

T.  122.  Render  toì.  t.  r. 

T.  130.  Lustra,  t.  r. 

T.132.  Collo.  T.r. 

CANTO   Vi 

T.  10.  Seduce .  t.  r. 

T.  10  al  12.  Nota. 

T.  59.  Sorpresa,  t.  r. 

T.  72.  Colto .  T.  r. 

T.  86.  Disiante .  t.  r. 

T.  101.  Traggono  i  peéci  a  ciò  cbeTien  di  fuori. 

Traggono .  senza  il  si . 

T.  125.  Nel  proprio  lume ,  e  che  da  gli  occhi  'I  traggt- 


Mei  primo  Inne .  — Emenda  lo  stampato^  e 
ÌM  yoce  priiprio.  L.  M.  R. 
T.  133.  E  gli  stessi,  t.  r. 

CANTO   VI. 

▼.  7.  E  sotto  l' omhra  de  le  sacre  penne . 

•  Venite  all'ombra  de' gran  gigli  d'oro. 
(Caro,Can»)ne  ).  L.  M.  R. 
T.  12.  Dentro  a  le  leggi  trassi  il  troppo  e  '1  vano. 
Eloca  rio  ne . 
▼•  23.  A  Dio  per  grazia  piacque  dì  spirarmi 

L'alto  lavoro. 
Spirare  il  lavoro ,  come  spirare  la  vendetta , 
Uaato  dal  Petrarca . 
T.  26.  Destra  del  ciel.  t.  r. 
▼.  53.  E  cbi  *1.  ¥.  r. 
T.46.  Cirio.  T.r. 

f-  66.  Sì  che  al  Nil  caldo  re'sentir  del  dnolo. 
Elocazione . 
T.  70.  Da  onde .  t.  r. 
T.  112.  Correda.  T.r. 

CANTO  va. 

T.  12.  Diweta  ,  T.  r. 

▼.21.  MI^.T.  r. 

T.  37.  Ma  per  se  stessa  fu  ella  sbandita 

Di  Paradiso . 
Di  Pitradìso  .  e  non  del. 
T.  43.  Ingiuria.*,  r. 
T.  51.  Vcngiala .  t.  r. 
T.  69.  Imprenta  .  t.  r.  -    - 

T.  87.  Di  Paradiso  .  t.  r. 
T.  99.  Ohediendo.  y.  t, 
T.113.  Fie.T.  r. 
T.  130.  Paese  sincero  .  t.  r. 
T.  139.  Bruto.  ¥.  r. 

▼■  145.  E  quinci  puoi  argomentare  ancora 
Vostra  resuireiion  ,  se  lu  ripensi 
Come  r  umana  carne  fessi  allora 

Che  li  primi  parenti  intramha  fènsi. 
_  Argomenta  Dante    l' eternità    della   carne  db  qoestft, 
cioi  che  procedesse  da  Dio  immediatamente .  Ma  come 


83 

f procede  immediatamente,  se  la  compose  di  terra?  Non 
a  produsse  immediatamente  9  se  si  riguarda  la  cagione 
immateriale)  ma  sì  chi  riguarda  l' efficiente . 

CANTO  vra. 

▼.1.  Pericle.  T.  r. 

Y.  12«  G>ppa.  T.  r. 

T.  23.  Festmi .  v.  r. 

▼.  33.  Givi .  V.  r. 

T.  55.  Assai  m' amasti,  ed  avesti  ben  onde. 

Elocnxione . 

T.  64.  Fulgea.  v.  r. 

T.  67.  Caliga,  v.  t. 

T.  181,  Fogna,  v.  r. 

T.  105.  Cocca,  v.  r. 

T.  108.  Che  non  sarebber  arti,  ma  mine. 

Bellissimo. 

T.  114.  Che  la  natura,  in  quel  eh'  è  uopo,  stanchi  • 

Stancki ,  senza  il  si . 

T.  12x  Quello,  v.r. 

▼.  126.  Pene.  v.  r. 

T.  132.  Da  si  Til  padre,  che  si  rende  a  Marte. 

Elocuzione .  ^<-  Rade  volte  risurge  per  li  rami  eq^ 

T.  1  l7.  E  fiite  re  di  tal ,  eh'  è  da  sermone  • 

Elocuzione . 

CANTO   IX. 

▼.  15.  Chiarire ,  v.  r. 

▼•  31.  D' una  radice  nacqui  ed  io  ed  ella . 

Non  continua  la  metafora,  che  da  radice  venga  la  fa^^ 
cella. 

T.  61.  Su  sono  specchi,  voi  dicete  ec. 

Così  Omero,  Xanto  il  chiamavano  gli  Dei,  e  gli  nomi- 
ni Scamandro . 

v.  79.  Letiziar .  v.  r. 

▼.  73.  Dio  vede  tutto,  e  tuo  veder  s' illuia  • 

Rlida ,  come  immia ,  intua .  Vedi  piik  sotto . 

V.  88.  Litorano .  v.  r. 

V.  92.  Bugea  siede,  e  la  terra  ond'  io  fui . 

Elocuzione . 

V.  98.  Nojando  ed  a  Sicheo  ed  a  Creusa. 

Nojando ,  col  terzo  caso . 


84 

T.  103.  Non  però  qui  si  pente,  ma  si  rìde. 

Pente ,  assolato  • 

T.  71 5.  Si  trvKpilU .  ▼.  r. 

▼.124.  FaTorò.  ▼.  r. 

CANTO   X. 

▼.  1 3.  Da  indi  si  dirama .  t.  r. 

▼.  28.  Lo  ministro  maggior  de  la  aatnra* 

Notabile. 

T.  29.  Imprenta.  y.  r. 

▼.  32.  Spire,  t.  r. 

y.  35.  Non  m' accors'  Io ,  se  non  com'  uom  s' accorga 

Se^  col  soggiuntìyo. 
y.  44.  Sì  noi  direi.  ^  Notabile- 
y.  51.  Fifflia.  y.  r. 
y*  53.  Il  Sol  degli  angeli .  y.  r.  ^ 
y.  56.  A  diyozion,  ed  a  rendersi  a  Dio. 
Elocazione  • 

y.  61.  Ma  si  se  ne  rise.  —  Notabile, 
y.  70.  Riyegno.  y.  r. 
y.  87.  U'  discende .  y.  r. 
y.  93.  Ayyalora.  y.  r. 
y.  1 03.  Serto .  r.  y. 
y.  110.  Spira  di  tal  amor .  y.  r. 
y.  133.  Rigaardo.  y.  r. 
V.  141.  Mattinare,  y.  r. 
y.  143.  Tin  tin  sonando  con  sì  dolce  nota . 
Tin  Un ,  yoce  finta ,  come  cricch . 
y.  1 48.  Insempra .  y.  r. 

CANTO    XI. 

y.  4.  Jara .  ▼.  r. 

y.  11.  M'era,  y.  r. 

y.  15.  Candele,  y.  r.  ì 

▼.  31.  Perocch' andasse  yer  lo  sao  diletw. 

Perocché  t  acciocché. 

y.  33.  Disposò,  y.  r. 

y.  42.  L'opere  sae .  v.  r. 

y.  50.  Rattezza .  y.  r. 

V.  53,  Non  dica  Ascesi,  che  direbbe  corto. 

Elocuzione . 

y.  54.  Ma  oriente,  se  proprio  dir  yuole . 


85 

Propio. 

T.  63.  Dispetta  .T.  r* 

T.  88.  Né  gli  gravìt  viltà  di  caor  le  ciglia . 

Elocazione . 

V.  89,  Fi .  ▼.  r. 

^  91.  Ma  regahnente  sua  durar  intsiiztane . 

Elocuzione. 

T.  106.  Crudo  sasso.  ▼.  r. 

▼.  108,  Portama.  ▼.  r. 

T.  112.  Giuste  erede,  v.  r, 

▼•  137.  Si  scheggia .  t.  r. 

CANTO  Jffl. 

T.  10.  Tenera  nube.  t.  r. 
T.  25S.  Tripudio— V.  r. 

T.  23.  SI  del  cantare,  e  sé  del  fiammeggiarsi. 
Sì  e  sì  :  Sì  del  cammino^  e  ti  della  piei-aie. 
(Iii£II.  ▼.  5.) 

T.  26.  I  move .  t.  r. 

▼.  35.  Ad  una .  t.  r. 

T.  55.  Drudo .  Y.  r. 

T.  56.  Aileta.  t.  r. 

T.  61  •  Sponsalizie .  ▼.  r. 

T.  84.  Ma  per  amor  de  la  Terace  manna .' 

Ferace  manna  ^  la  scienza  legale. 

T.  127.  Io  son  la  rita  di  Bonarrentura. 

Fita^  in  questo  senso . 

T.  129.  Sempre  posposi  la  sinistra  cura. 

Sinistra  etèra  ^  1  aztooe. 

T.  142.  Inyeggiare.  v.  r. 

CANTO   Xffl. 

Y.  1.  Imagini,  chi  ben  intender  eupe. 

Ifnaginì ,  senza  il  si . 

T.  23.  Chiana .  t.  r. 

T.  99.  Attesersi  a  noi .  ▼.  r. 

▼.  33.  Fumi .  T.  T. 

T.  43.  Quantunque  a  tutto .  t*  r. 

y.  56.  Disuna .  y.  r. 

y.  71.  Frutta,  y.  r. 

y.  97.  Enno .  y.  r. 

y.  118.  Perohé  egli  incontra  che  piì  Tolte  piega 


66 

Ineontray jfet  arriene. 
T.  140.  OttQi^re .  t.  r. 

CAUTO   XIV. 

Y.  6.  Vita  di  Tommaso.  T.r.  —Vedi  al  ▼.127.  dei  pie- 
cedente  canto .  L.  M.  R. 
y.  13.  Diteli,  se  la  luce  onde  s' infiora. 
Infiorarsi  della  luce ,  non  risponde  la  metafora . 
V.  20.  A  la  fiata,  v.  r. 
▼.  24.  Torneare,  mira.  ▼.  r. 
T.  26.  Quive.  ▼.  r. 

▼.  28.  Queir  uno  e  due  e  tre,  che  sempra  tìtc, 
£  regna  sempre  in  tre  e  due  e  uno , 
Non  circoscritto ,  e  tutto  circoscriTe . 
Bellissimo . 
▼.  54.  Parvenza,  t.  r. 
▼.  68.  Lustro.  ▼.  r. 
T.  77.  Candente,  t.  r. 
▼.  83.  Translato .  t.  r. 
T.  87.  Roggio .  T.  r. 
T.  93.  Litare .  t.  r. 
▼.  94.  Lucore,  robbi.  v.  r. 
'  V.  97.  Maggi .  ▼.  r. 
▼.108.  Ajbor.v.  r. 
▼.  114.  Minuzie  .  ▼.  r. 
▼.  115.  Muoversi  per  lo  raggio  onde  si  lista 

Talvolta  r ombra. 
Elocuzione . 

V.  119.  Di  molte  corde  fan  dolce  limtinno. 
Tintinno ,  voce  finta . 
V.  1 21 .  Apparinno .  v.  r. 
V.  122.  Meloda.  v.  r. 

CANTO   XV. 

▼.  3.  Lira  del  cielo .  v.  r. 

V.  6.  Destra  del  cielo.  ▼.  r. 

V.  9.  Cb'  io  le  pregasse  a  tacer  fur  concorde  . 

Concorde^  nel  numero  del  più. 

V.  20.  Astro .  ▼.  r. 

V.  22.  Nastro .  ▼.  r. 

V.  27.  Elisir.  V.  r. 

V.  28.  O  sanguis  mcus ,  o  super  infusa  ec. 


87 

Usa  Dante  le  parole  e  i  Tersi  intieri  latini  anai  più 
ipesso  nel  Paradiso,  cbe  nell' Inferno  e  nel  Purgatorio;  • 
molte  Tolte  usa  la  Toce  latina ,  sebben  quel  luogo  è  capar 
ce  egualmente  della  toscana,  quasi  giudicasse  le  parole 
latine  esser  più  atte  ad  esprimere  la  maestà  e  V  altezza 
dei  concetti  del  Paradiso  • 

T.  31 .  Attesi  a  lui .  t.  r. 

T.  39.  GV  io  non  intesi ^d  parlò  profondo. 

Profondo  i  aTTcrbio. 

T.  54-  Gbe  a  V alto  toIo  ti  Testi  le  piume. 

Elocuzione . 

T.  59.  Gaudioso .  t.  r. 

T.  71 .  Pria  cb'  io  parlasse  :  a  arrosemi  un  cenno  • 

jérrisemi ,  dee  forse  dire .  —  £  così  ha  V  edizione  degli 
Accademici.  L.  M.  R. 

T.  8(5.  Ingemmi .  v.  r. 

T.  88.  O  fronda  mia ,  in  cbe  io  compiacemmi . 

Compì acemmij  da  compiacei . 

T.  101.  Contigìate.  t.  r. 

T.  128.  UnaCiangbella,  un  La^  Salterello* 

Lapo  Salterello  ,  non  Salterelli  • 

T.  132.  Cittadinanza,  t.  r. 

T.137.  ValdiPado.T.  r. 

CAUTO  xyi. 

T*  7.  Ben  se' tu  manto,  cbe  tosto  raccorce. 

Raccorce ,  passiTamente  • 

▼•11.  PersCTra.  t.  r. 

▼•  41.  Otc  si  troTa  pria  l' ultimo  sesto . 

Sestieri. 

T.  102.  Pome.  T.  r. 

T.  115.  Oltracotata.  T.  r. 

T.  153.  A  ritroso  •  t.  r. 

CAUTO  xvn. 

T.  12.  A  dir  la  sete,  si  cbe  V  uom  ti  mesca. 

Mésca ^  assolutamente  per  dar  bere,  alla  latina. 

T.  1S.  Insusi.  T.  r. 

T.  21 .  Mondo  defunto .  t.  r. 

T.  24.  Tetragono .  t.  r. 

T.  27.  Che  saetta  praTisa  TÌen  più  lenta . 


8» 

Migliorato  dal  Petrarca  :  —  che 
riaga  per  allentar  d' arco  non  sana  * 

▼.  33.  Peccata.  ▼.  r. 

T.  55.  Tu  lascerai  ogni  cosa  diletta 
Più  caramente. 

Elocazione . 

T.  88.  A  lui  t'aspetta  ed  a'  suoi  benefici. 

£  Wuzione . 

V.  98.  Infìitnra.  t.  r. 

T.  127.  Ma  nondime»,  rimossa  ogni  mencogim, 
Tutta  tua  Tiston  fiai  manifesta . 

Danqae  questa  fu  yisione . 

Y.  1 3^.  Questo  tuo  grido  &rik  eorae  f«Bto  ; 

(  sino  al  T.  36.  ) 

Noto* 

▼.  140.  Haja.  r.  r. 

CANTO  XVIlf. 

▼.  12.  SoTra  sé  taat»)  s' altri  nao  la  gnidi . 

Se^  col  subjuntivo. 

T.  19.  Lume  d'un  sorriso.  ¥.  r. 

T.  32.  Di  gran  Toce .  v.  r. 

T.  41.  Roteando,  t.  r. 

T.  43.  Paleo .  y.  r. 

Y.  77.  VoUtondo  y.  r. 

Y.  1 00.  Cioccbi  Y.  r. 

CANTO   XJX. 

Y.  3.  Conserte .  y.  r. 

Y.  7.  Testeso.  y.  r. 

Y.  21.  Image.  y.  r. 

Y.  35.  Applaude,  y.  r. 

Y.  60.  Com' occhio  per  lo  mar  entro  s' interna . 

Entro ,  con  internarsi . 
Y.  65.  Tenèbra,  y.  r. 
Y.  67.  Làtèbra .  y.  r. 
Y.  91.  SoYTesso.  Y.  r. 
Y.  97.  Roteando,  y.  r. 
Y.  109.  Etiope.  Y.  r. 
Y.  119.  Falseggiare,  y.  r. 
Y.  120.  Cotenna,  y.  r. 
Y.  131.  Isola  del  foco .  v.  r. 


89 


CANTO  XX. 

T.  12.  Cadaci.  ▼•  r. 

T.  14.  Favilli.  V.  r. 

T.  18.  Squilli.  T.  r. 

T.  19.  Udir  mi  parre  nn  mormorar  di  fiumt; 

(sino  al  ▼.  3o.  ) 

Ènersia  grandissima. 

T,  1 00.  La  prima  yita  del  ciglio  e  la  quinta. 

F'ita ,  per  anima  spesso  usata 

T.  121,  Drittura  v.  r. 

CANTO   XXI. 

▼.  12.  Scoscende  •  t.  r. 

T.  25.  Dentro  al  cristallo,  che '1  Tocabol  porta. 

Cristallo;  non  il  ciel  cristallino ,  ma  quel  di  Saturno. 

V.  29.  Scaleo,  v.  r. 

T.  52.  Ed  io  incominciai  :  la  mia  mercede  • 

Mercede  ,  in  questo  significato. 

T.  55.  Vita  beata  che  ti  stai  nascosta. 

f^iia  j  per  anima  spesso. 

T.  59.  La  dolce  sinfonia  di  Paradiso  • 

Sempre  ///  Paradiso. 

▼.  72.  Sorteggia .  y.  r. 

▼.  78.  A  quest'  officio,  tra  le  tue  consorte. 

Consorte,  nel  numero  del  più* 

▼.  93.  A  la  dimanda  tua  non  satisfera . 

Voce  spagnuola. 

T.  94.  5'  inoltra .  ▼.  r. 

CANTO   XXIL 

T.  2.  Parrol .  ▼.  r. 

▼.  5.  Anelo.  ▼.  r. 

▼.  1 5.  Muoi .  ▼.  r. 

T.  17.  Ma  che.  ▼.  r. 

▼.  24.  AbbelliTan .  t.  r. 

V.  43.  Rilusse.  v.  r. 

T.  73.  Ma  per  salirla  mó  nessun  diparte . 

Salir  j  col  quarto. 

V.  78.  Sacca .  ▼.  r. 

T.  1 06.  S' io  tomi  mai ,  lettore ,  a  qual  devoto  m* 


».  132.  Etera,  t.  r. 

T.  133  al  135.  BelliMimo. 

T.  1 35.  Tal  eh'  io  sorrisi  del  suo  TÌl  Mmbiante  • 

Elocoiione. 

T.  1 44.  Circa,  e  ricino  a  lui  Maja  e  Dione . 

Miija  e  Dione,  per  Mercurio  «  Venere. 

T.  151.  L'ÙQola.  T.  r. 

CANTO  xxm. 

T.  2.  Mati .  T.  r. 
▼.  6.  Labór.  t.  r. 
T.  7.  Previene .  i.  r. 
▼.25,  Qnale  ne'pleniluniì  tereni 
Trìria  rìde  tra  le  ninfe  eterne , 
Che  dipingono  il  ctel  per  tutti  i  seni . 
Bellini  mo . 

▼.  30.  Viste  saperne,  t.  r. 
▼.  35.  SoTrania.  t.  r. 

T.  40.  Come  fuoco  di  nube  «i  disserra,  sin»  al  T.  ' 
Mirabile. 

▼.  57.  Del  latte  lor  dolcissimo  plìi  pingue. 
Fin/fue,  nel  numero  del  pi&. 
▼■  67.  non  è  peleggio  da  piccìoU  barca. 
Pareccia.  -  Richiama  alla  rooe  soatittitCa  oAt^ 
to  dal  Velutello .  L.  M.  B. 


91 

Infema.  — -  Accenna  differente  lezione.  L.  M.  R. 
T.  120.  Che  si  IcTÒ  appresso  sua  sentenza . 
Semenza.  —  Emenda  lo  stampato.  L.  M.  R* 
▼,  124.  Candori  .y.  r. 
T.  1 30.  Ob  quanta  è  V  ubertà ,  che  si  soffolce 

In  queir  arche  ricchissime ,  che  foro 

A  seminar  qua  giù  buone  bobolce  • 
Metafora  non  continuata. 

CANTO   XXIV. 

T.  1 .  Sodalizio .  ▼.  r. 

T.  8.  Boratelo .  ▼.  r. 

T.  36.  Miro ,  V.  r. 

T.  81 .  Non  y'  ayria  luogo  ingegno  di  solista . 

Elocuzione . 

T.  87.  Inforsa ,  t.  r. 

T.  95.  Acutamente  si,  che  inverso  d'ella. 

Elia  j  secondo  caso . 

CANTO   XXV. 

▼.  29.  Inclita  yita.  ▼.  r.  —  Vedi  in  parecchi  canti  prt- 
cedenti.L.  M.R. 

T.  32.  Tu  sai  che  tante  fiate  la  figuri. 

Fiate  j  bissillabo. 

T.  66.  Disasconda .  y.  r. 

Y.  78.  Repldo.  V.  r. 

▼.  84.  Infin  la  palma,  t.  r.  —  Vedi  sopra  al  ▼.  13,  del 
e  XVn.  dell'Inferno.  L.  M.R, 

V.  105.  Novizia  .  V.  r, 

▼.  124.  Saragli  .▼.  r. 

CANTO   XXVI- 

T.  4.  Risense .  ▼.  r. 
▼.  22.  Vaglio .  V.  r. 
▼.  7  0.  Dissonna .  ▼.  r. 
T.  85.  Come  la  fronda  che  flette  la  cima 
Nel  transito  del  vento. 
Piega  j  e  trapasso  poteva  dire. 
V.  89.  Stupendo .  v.  r. 

▼•  104.  Dante  9  la  voglia  tua  discemo  meglio. 
Mai  più  non  è  nominato  a  nome ,  se  non  qui,  e  noi  Por-* 


9J 

gatorio  (e.  XXX.  t.  55.)  da  Beatrice: 
Dante,  perchè  Virgilio  se  ne  Tada. 
▼.  119, 120.  Volumi  di  Sol .  y.  r. 

CANTO   XXYIL 

▼.  4.  e  5.  Riso  dell'universo,  v.  r. 

▼.  10.  Dinanzi  agli  occhi  miei  le  quattro  face . 

Face^  plurale . 

▼.  1 9.  Trascoloro . 

▼.  26.  Del  sangue  e  de  la  puzza,  onde  il  perrerso. 

La  puzza ,  e  ir>9iizzo .  V.  Purg*  e  XDC,  t.  36. 

▼.  58.  Guaschi .  v.  r. 

▼.  70.  Etera .  y.  r. 

T.  76.  Assolto .  ▼.  r. 

T*  88.  La  mente  innamorata ,  che  donnea 

Con  la  mia  donna  sempre . 
Donnea  con  la  mia  donna,  r.  r. 
▼.113.  Precinto .  t.  r. 

CANTO   XXVffl. 

y*  15.  Quandunque  .  ▼.  r. 
▼.  23.  Dipigne .  v.  r. 
▼.  27.  Ciene .  v.  r. 
▼.50.  Volte,  ▼.r. 

▼•  54.  Che  solo  amore  e  luce  ha  per  confine. 
^  Amore  e  cognizione,  nell'uno  e  nel!' altro  de'qiuli 
è  riposta  la  beatitudine. 
▼.  89.  DisfìiTilla.  T.  r. 
▼.  103.  Vonno.  v.  r. 
▼.  105.  Terminonno.  ▼.  r. 

'  CANTO   J3SIU 

▼.  3.  Zenit.  ▼.  r. 

▼.  19.  Torpente.  ▼.  r. 

▼.24.  Tricorde.  ▼.  r. 

▼•  36.  Vime,  dissima.  ▼•  r. 

▼.  56»  Superbir.  ▼.  r. 

▼•  96.  Predicanti .  ▼.  r. 

▼'•138.  Appaja.  ▼.  r. 


93 


CANTO  XXX. 

T.  24.  Soprato .  ▼.  r. 

T.  82.  Rua.  V.  r.  ^ 

T.  126.  Odor  di  lode  al  Sol  che  sempre  Tenna. 

Verna ,  in  questo  signiScato  ^^outrario  a  quello  usalo 
neir  Inferno  tra  i  traditori ,  ove  dice  :  U  ombra  che  pres-^ 
so  mi  verna .  (  In£  e.  !SXXIB.  ir.  1 35.  ) 

CANTO   XXSL 

T.  9.  S' insapora .  t.  r. 

T.  45.  Stea.  ▼.  r. 

T.  85.  Tu  m'hai  di  servo  tcatto  a  liberiate • 

Elocuzione  • 

T.  94.  £  '1  santo  sene ,  acciocché  tu  a«sauuni. 

Sene ,  e  potea  dir  Teocbìe  ;  e  di  qui.€»H^reDdi  ^quanto 
asa  più  volentieri  le  parole  latine,  particolarmente  nel 
Paradiso* 

T.  108.  Or  fu  sì  fatta  la  semhianra  vostra? 

Vostra  j  a  Cristo .  Semhra  notare  affetto  di  riverenza  ia 
Dante  j  come  al  v.  83.  del  canto  che  segue .  L.  M .  R. 

T*  131.  Festanti  v.  r. 

T*  1 38.  Delizia .  v.  r, 

CANTO   XXXIl. 

T.  4.  La  piaga,  che  Maria  richiuse  ed  unse; 
'     Quella,  cn  è  tanto  hella  da'suoi  piedi, 

E  colei  che  l'aperse,  e  che  la  punse. 
Hota  costruzione . 
v.  8.  Disotto  da  costei .  v.  r. 
V.  76.  Bastavasi  ne'  secoli  recenti . 
Secoli  recenti ,  per  primi . 

V.  80.  Convenne  a' maschi  a  gl'innocenti  penne. 
Maschili ptnne,  nell'Inferno  (  e.  XX.  v.  4d.  ) 
V.  83  85  e  87.  Sola  ti  può  disporre  a  veder  Cristo. 
Nota  religione  in  Dante,  che  non  accorda  mai  altra  rima 
con  Cristo. 

V.  107.  Di  colui ,  che  ahhelliva  di  Maria; 

Ahh*'Uiva ,  passivamente  senza  il  si . 

V.  121.  S' aggiusta,  v.  r. 

V.  1 39.  Ma  perchè  il  tempo  fugge  che  t' assonna. 


Qui  accenHft,  che  la  sua  sia  risione ,  siccome  sopni  Gac^ 
ciaguida  : 

Questa  taa  yisfon  &  manifissta.  ' 
(Parad-cXVU.  T.  128.  ) 
T.  145.  Veramente,  né  forse,  tu  V arretri. 
iVii^^alla  latina. 
T.  146.  Oltrarti.  t.  r. 

CANTO  xxxni. 

▼.  81 .  Qoantanqae è  di .  t.  r. 

T.  22.  Lacuna .  r.  r. 

T.  24.  Vite  spiritali .  y.  r. 

T.  31.  Perche  tu  ogni  nube  gli  disleghi 

Di  sua  mortalità  co'priegni  tuoi. 
Elocuxione  di  Virgilio. 
T.  40.  Venerati,  y.  r. 
T.  66.  Si  perdea  la  sentenzia  di  Sibilla. 
Di  Sibilla .  Petrarca  : 

Antiquissimo  albergo  di  Sibilla . 
T.  69.  Éipresta .  y.  r. 


POSTILLE 

DI 

TORQUATO   TASSO 

ALLA 

DIVINA  COMMEDIA 

DI  DANTE  ALIGHIERI 

BALLA 

STAMPA  DI  PIETRO  DA  FINO. 


INFERNO 

CANTO   l 

T.  4.  Cammin^  traslasiooe. 

T.  5.  Selva  selvaggia ,  bisticcio» 

T.  15.  Effetto  del  timore. 

T.  16  e  17.  Descrisionc.  Come  dice  dì  sotto  (t.  37.) 
Tempo  era  dal  principio  del  mattino , 
'  0e  di  già  il  Sole  ayea  coperte  le  spalle  del  monte  f 

Spalle ,  traslazione .  » 

▼•  20.  Seguita  r  effetto  del  Wmore*^ lago y  profonditi. 

T.  81.  P/^Va ,  compassione . 

▼•  22.  Comparazione . 

▼.  27.  Che  uccide  ognuno  «.. 

T.  30.  //  più  basso  j  salendo.. 

T.  36.  Volte ^  volto,  bisticciov 

T.  37.  e  40.  Descrizione . 

T.  42.  Gajetta,  leggiadra. 

T.  49.  e  50.  Desiderala  ogni  cosa. 

T.  51.  Grattìf  ^  scontente 

T.  55.  al  57.  Comparazione . 

T.  60.  //  Sfìl  tact .  Traslazirne  dalli  orecdii  alli  occbi  *. 
(«.HL  T.  75. )^oco  lume;  e  (e  V.  t.  28.)  d'ogni  Iute 
muto- 

g 


¥,  79.  Qiirlla/anlr  «te. ,  meUfora. 
T.  90.  Effetto  (lei  Umore  . 
T.  99.  Insanabile . 
T.  100.  /immoglìa,  n  conciunge  . 
V.  101.  //yfl/(/-fi.  M.  CoodellaVala, 
¥.103.  Nonsaricarnale,  né  avaro. 
T.  105,  Tra  trliro  e  Feltro,  Verona. 
V.  111.  Il  Demonio,  invidioso  della  saliUi  deiraonie,lÌ 
mandò  questa  lupa , 

T.  11  i  Luogo  e/erio ,  perchè  l'infcrno  non  (iuir&  nwi- 

T,  113.   Dr'ji/jeraFe,  sema  speranza. 

y.  1 1 7.  Desiderano  che  la  toro  anima  sìa  morta 

y.  119.    Vc/ywYj,  Purgatorio. 

T.120.  ()it>inf/ot'/ic:  iri</,a  suo  tempo. 

V.  122.  Bratrice. 

V.  121.  Traslazione. 

T.  127.  /"  lutie  fiurti  impera.  (Par.  e.  L  V.  2.] 

/'  r  l'universa  penrfr a  e  rhpJrtt'/e. 
T.  131,   Tu  non  cunMC'tti .  che  è  Dio  »ero. 
Y.  134.   Purta  di  san  Pietro,  il  Paradiso. 

CANTO   D. 

T.  1  al  1,  Effetto  dellasera.Qnièda  noi  ai  v  come 
t^  cnnsumasie  un  giorno  intrco,  nt'l  !>ei,iii'nl^  (l) 
aycndo  dello:    Tciiwo  tra   liul  pnncifiio  lid  mattino. 
(y.r.)  _ 

T.  '.   Piriaif,  die  bi«<ì|;na.i  p(>r  quelli  ilaDa«li. 

T.  6.  ftitrirrrri,  d imoM l'ora .  —  La  incHie  the  HOn«if<i, 
mente,  intelletto,  ragione  superiore,  dke  caenùtaoduti 
in  qnelli  vniversali  ha  vora  scienui. 

».  7,  O  ulto  ingegno,  intelletto. 

T.  8.  O  mente .  memoria.  Che  icrìv^ti  ciò  eh' i' 
cioè  che  scrivesti  nella  meaioria. 

T.  13.  Di  Silvio  lo  parante  jEnoA. 

V.  16.   L' avversario  d' o%>ti  male ,  Dio. 

T.  18.  Il  chi  e  7  quale,  la  persona  e  la  tftulilà  m> 

V.  21.  Perchè  ne  nacque  Romolo. 

T.  24.  Maggior  Piero,  il  Papa . 

V.  25.   £(  dai  tu  vanto,  lo  L-eieliri. 

V.  27.  Perchè  venne  edilicatii  Roma,  sede  del  Papa. 


Dui 


(i)  Votici  errore  A 
tegnente    li.  M.  R. 


ritturi,  durrndo  Jire  preetééiia  e 


con  Vii^ 

■,  37.  al  39.  Comparazione  . 

'.  42.  e  43,  Disegna  di  non  srt;iiHiiiP  quello  clie  co» 
lauta  velocità  sTpa  incominciato .  ' 

T.  14.  V<t  m,ifi»uHini-  ,  Virgilio. 

T.  47.  at  T,  49.  ComparaKioiic .  Eifello  della  yilti . 

T.49.  .Wi-i^,  liberi. 

T.  52.  Limbo. 

T.  53.  Beatrice. 

V.  54.   /-.  la  nchirsi.  per  nbl.pdìilii. 

V.  60.  Pprcbè  il  molo  «  misura  del  tempu. 

T.  61 .  Dante ,  clie  orna  In  ^ìrtù,  e  non  le  rici-lie/i;e  e  t» 
prosperità  . 

T.  &.K  lo  or  fia  er.mofata  -  wli^^fatt»  a  pieno. 
^   T.  76.  Il  cielo  della  Luna, 
t.  y.  80.  Sehlirnc  ti  avessi  ohhedito,  saria  tordi. 
W    T.  81.  Non  acciule  che  mi  dica  altro, 
t-    y.  8^.  /Irai .  desideri  con  ardore  . 

».  88.  al  90.  Sentenza . 

».  94.  Vanna  è  gtniil ,  Grazia  preveniente. 

w.  95.  Di  aufifo  impedimenlv ,  de'  tÌzJ  . 

T.  96.  La  divina  grazia  rompe  la  severa  giusliv.ia. 

V.  97.  Lucia  ,  la  Graila  illuminante  . 

T.  102.  R'ic/ii-ic  ,  vita  contemplativa. 

».  103.  La  Teologia  dà  lode  vera  a  Dio. 

».  104.  Dante. 

T.  108.  La  quale  non  rende  hilmto  al  mare. 

».  109,  alni.  Comparatone. 

».  114.  Non  suiiimciite  danno  fama  a  lui,  ma  a  quelli 
che  sesiiono  Mia  dottrina. 

».  120.  Perchè  sarebbe  salito  immediate,  se  non  fosse 
tato  impedito. 

».  121.  Penili, pere/té,  ripigliamenlo. 

».  127.  al129.  Comparaiione. 

V.129.  Leva  qnelloclieM>pra  dice: 

•  Che  m'avea  di  paura  il  cor  compunto,  (e.  I-  t.  15.) 

».  142.  Allo  e  xilvciiro,  profondo  e  deserto. 

CANTO    lU. 

V.  7.  Dinanzi  a  me  non  fur  coterrratr, 

S<^  non  eterne .  La  natura  anfielice  che  dora  elfmal- 


J 


98 

mente:  per  la  quale  tn  Atto  lo  Inrcmo. 

y.  18.  II  vedere  e  Ìl  conoscer  Dio,  cVè  U  pena  diri 
dannato. 

T.  21,  Srcrete  ,  occuhe . 

T.  30.  Comparazione . 

T.  31 .   /-»'  or/ir  ernia  ,  traslazione , 

V.  38  e  39.  Non  seguitarono  Lucifero,  non  ti  accn»U- 
rono  a  Dio .  Qui  si  veda  come  truestì  Angeli  non  futsero 
ribelli  a  Dio,  e  fossero  perse  soli. 

T.  42.  Avendo  maggior  peccalo,  ed  essendo  egualmen- 
te punii  i . 

T.  16.  La  morte  loro  saria  beala . 

T.  50.  Percliè  non  sono  in  Cielo,  né  in  Inferno  , 

T.59.  LomAra.  l'anima. 

V.  63.  Perchè  non  sono  in  Cielo,  iti  nello  Inferno. 

T.  69,  Se  questo  è  ilLimbo,  doTe  non  i  pena  di  sen», 
ma  solnmente  dì  danno,  in  cbe  modi  sentono  rjnesle  mo- 
lestie? e  se  non  è  Limbo,  come  è  innanei  all'Infèrno? 

T.  75.  Fioco  lume ,  Iraslaiionc:  (c.  I.  V.  60.)  dove  'lSal_ 

1.  93.  Allude  al  Purgatorio  f  e.  II.  t.  41.) 
Con  un  vascello  snclletln  e  leggiero. 

Qdì  si  può  dubitare  come  Caron  indovini  quealo? 

▼.95  e 96.  Sentenza. 

T,  102.  Le  parole  crudf. 

!Von  isfieratr  mai  veiler  loeielo. 

((3..i.opra.l..«5.) 

T.  105.  Perchè  ìl  dannalo  verri*  annichilarsi . 

y.  111.  S'ufl„gia,\».TÌ>i. 

■».  112.  al  114.  Companuione. 

T.  115.  Il  mal  seme  d'  Adamo  ,  i  dannati . 

y.  117.  Com' ttugel  per  suo  richiamo,  come  ìl  e 
(ore  chiama  il  folcone. 

T.  126.  Li  sprona  tanto  la  dÌTÌnaGiustiiia,  che  ti  ti 
re  dello  Inferno  si  volge  ìn  desio  di  andarvi. 

V.  134.  yermiglia,  perchè   la  luce  nel)' oscnro 
seggi». 

CANTO    IV. 

T.  9.   Tuono,  strepito.  Traslazione. 
T.  21.  Quello  che  fc  te  temere,  me  muo»e  ■  pietfc. 
T.26,  Pena  di  danno,  non  dì  sen*o— ma  c^,  m;  no* 
che. 


T.  33.  Àndi ,  YaJì. 

».  34.  S'egli  hanno  mercedi,  ae  è   sialo   perdonato 
ro. 

T.  38.  E  questa  fii  idolatriu .  Adunque   do»rebbe  pu- 
rsi  nello  Interno. 
T.  49.  VÌTÌamo  con  desiderio  di  salute,  ma  sema  spe- 

r.  47 per  voler  esirr  irrto 

Di  <fueUaJede,  per  certificarsi  di  quello  che   un 

redea. 

T.  51 .  Percliè  intendea  di  parlar  di  Cristo . 

T.  53.   t/H^wi-'Ue.  Cristo. 

T.  55.  Anima  di  Adamo . 

T.  65  e  66.  Li*  selva,  ripigi iamento. 

T.  69,   Èiiiìiiperìo ,  mezza  spera;  vìrtcia ,  illaminafa. 

▼.73.  O /a,  Virgilio. 

V.  74,  Orransd,  onoranda. 

V.79.  Piacciono  a  Dio  le  virtù  anche  in  quelli;  onde 
anche  nel  Limbo  hanno  vantaggio. 

T.  80.  Po««,  Virgilio. 

V.  84.  Sembianza  né  finta,  i)è /l'efd  ,  gravità . 

T.  92.  !ftl  nome,  di  poeta. 

T.  95.  Di  ijuel  signor ,  Omero . 

T.  105.  Nel  parlare  si  dee  curare  il  loco. 

V.  123.  Grifagni,  lucidi  come  di  sparviero .  Qui  si  può 
dubitare  in  che  modo  Dante  riconoscesse  questi^  eb^  non 
li  avea  mai  visti  ;  siccome  non  coDosce  quelli  del  canto 
seguente . 
_      V.  131.  Aristotele. 
^U     V.  147.  Qidaplarasunt  negocìa,  quam  verba. 


CASTO   V. 


.  2.  hUn  luogo  cinghia,  perchè  andando  al  centro  si 

'.  4  al  15.  Qui  mostra  lui  esser  bnono  legista. 

T.  19.  Di  cui  lu  ti  firlf.  Come  puì»  essere  che  questi 
di'^  buono  consiglio?  — ^fon  si  la«ci  qui  e  appresso  in  pi^ 
luoslii  d'avvertire,  che  Torquato  non  pone  nella  fìne 
delie  postille  panteggiiitura  di  sorta,  onde  rimane  al  gin- 
dizio  de'  savj  determinare  quando  debba  essere  la  senten- 
za ailermativa,  interrogativa,  o  esclamativa.  L.  M.  R. 

Y.  23.  e  24.  Sentenza  . 

V.  28.  D'  ogni luct mulo ,  traslazione  replicata. 
(C.I.T.60.) 


i 


100 

V,  31.  La  bufera ,  turbo  di  T^nto^ 

T.  39.   Talento^  senso. 

T.  40  al  42.  Comparazione . 

T.  45.  Di  minor  pena  ^  rispetto  a  quelli  che  sono  più 
tormentati . 

▼.  46  e  47.  G)mpara£Ìone . 

T.  49  e  50.  Perchè  non  conosce  queste,  come  quelle  di 
sopra? 

T.  54.  Semiramis ,  regina  di  molte  proTincie . 

T.  56.  Fece  che  il  piacer  fosse  lecito ,  per  escasarsi  del 
biasimo  d'aTfer  peccato  col  figliuolo. 

T.  61.  Didòne. 

T.  77  e  78 e.  tu  ..^. .  lipre^m 

.  Per  quclVamor  che  i  m^/kj ,  pregandoli  per  l'amor 
«he  si  portano. 

T.  82  al  84.  Comparazione  • 

T.  89.   Perso ,  negro . 

▼.  90.  Fummo  uccìsi. 

▼.  92.  Re  dell*  universo.  Dio. 

T.  92.  Come  può  esser  che  in  Interno  iia  cortatia? 

T.  98,  99.  Al  mare,  dorè  si  riposa. 

T.  100,  e  seg.  Amor ,  Antor^  ripigliamento . 

T.  107.  Caina,  bolcia,  dove  son  li  traditori,  •  dorè  s'a- 
spetta quello  che  uccise  costoro. 

T.  120.  /  dubbiosi  desiri ,  d' amore . 

T.  121  al  123.  Sentenza. 

Y.  130  al  136.  Effetti  dell'amore. 

T.  1 33.  Riso ,  bocca  ;  effetto  per  la  cagione . 

CANTO   VL 

T.  7.  Piova y  pioggia. 

t.  8  e  9.  Per  esser  eterna  in  un  medemo  modo . 

▼.14.  Xafra, abbaja. 

T.  28.  /^j^fiij^/ta,  desidera. 

▼.  28  al  30.  Comparazione. 

T.  36.  Perchè  haono effisie  d'uomini. 

T*  42.  Nascesti  prima  eh  io  morissi. 

Y,  44.  Mente ,  memoria . 

T.  61.  Firenze, Bianchi  e  Neri. 

▼.  68.  Tre  soli ,  tre  anni . 

▼.  69.  Teste  piaggia ,  ia  il  paciaro . 

T.  70.  Regnerà  gran  tempo . 

T.  72.  Giusti  son  duo:  Dante  e  Guido  Civalcauti. 


T.16. 

■V.  19. 


T.  94  al  96.  Come  Virgilio  confessa  il  final  giudizio? 

T.  106.  A  tua  srtilemti ,  Aristotelica. 

T.  111.  O'euere  tonnenUta  dopo  il  giudizio - 

CANTO   VII. 

V.  1 .  Oh  Plutone  !  oh  Satan  \  oh  SaUa  I  mi  dola» . 
V.3.  Virgilio. 
V.  10.  CupOfioaAo. 
V.  12.  Siriipo,  peccato  dell'  Angelo* 
""  al  14.  Comparazione. 

Stipa ,  calca . 
'.  SI.  Scipa,  dissipa. 
'.  22  e  23.  Comparazione. 
■.  2ì.  «..W/,  Jalii. 
■.  27.  P.yi^j,  petto. 
.aH.   Pur^i,q,n*i. 
.  31.    Tetro,  oscuro. 
.  33.  Oitns'ì  iin-iro,  dispettoso  verso. 
.  iZ.  Non  spesero  mai  eoo  misura.  Avarizia  e  prodi- 

.  45.  Ditpa/u,  separa. 

.  -54.  Non  si  posson  riconoscere. 

.  55.  A  gli  -Iwì  ('>is(.  riscontrandosi  • 

.  57.  Avari  r  prodighi. 

.61.  Bii^rt,  vento. 

.69.    Tra  brune  he ,  in  mano. 

.  72.  linbocche,  intenda. 

,73,  Dio,  somma  sapienza. 

.79.  ran/.  mondani. 

.  81.  I  quali  non  possono  ne'bcni  di  fortuna. 

.  84.  An^ue,  serpe. 

.89.  Nascendo  dal  moto  de' cieli. 

,95.  prime  creature,  sfere. 

96.  f^olfr  sua  spera,  rivolge  questi  beni  mondvni . 

97.  Dove  è  cosa  di  maggior  compassione. 
97.  Passava  mezzo  notte  . 

103.   Persa,  oscura. 
T.  108.  Grige,  hige. 
T.  116.  Iracondi, 
ir*  123.  Accidioso Jummo,  fummo  che  »i  r«rma. 


402 


CANTÒ   Vlft 

T.  6.   Torre ,  yedere . 
T.  7.  Virgilio. 

T.  1 3  al  Y.  1 4.  GomparasioDC  • 
Y.  20.  A  Sfoto  y  intano . 
T.  22  e  23.  Comparazione. 
T.  27.  Essendo  egli  corpo . 
Y.  45.  S'incinse ,  ingratidò. 
V.  70.   Mesciute,  moschee. 
Y.  8^.  Vive . 

Y.  89.  yien  tu  soia,  Virgilio  —  e  quei  seti  vada  j 
Dante. 

Y.  102.  Ritroviam  V orme  nostre ^  ritorniamo  indietro. 
Y.  105.  Da  tal ,  AaTìio . 

Y.  118  e  119.  Rase  (V  ogni  baldanza ,  senza  ardire. 
Y.  123.  Sia  chi  si  Yoglia,  lo  YÌncerò  in  ogni  modo, 
y.  125.  jé  men  secreta  porta ,  a  la  prima  porta. 
T.  130.   Ttf/,  l'Angelo. 

CANTO   Et. 

▼.  3.  Vircilio,  per  non  sbigottir  Dante,  ristrinse  la 
pallidezza  cne  avea . 

T.  5.  Non  potea  Yeder  di  lontano. 

Y.  8.  Se  non  ...  ci  conterrà  tornare  a  dietro  —  tal  ^ 
Beatrice . 

Y.  1 5.  DoYe  disse ,  se  non ,  intese  :  resteremo  in  qaeslD 
luogo. 

T.  25.  Morte. 

Y.  40.  Idre  verdissime ,  spezie  di  serpi . 

Y.  52.  Lo /arem  di  smalto ,  lo  conYertiremo  in  sasso  • 

Y.  54.  f^e/i^/a/ni7to,  Yendicanuno. 

Y.  56.  Se  7  Gorgon  si  mostra ,  IVledusa  e  le  sorelle  • 

Y.  67  al  72.  Comparazione. 

Y.  73  e  74.  Il  nerbo  del  viso ,  la  Yirti  YisiYa . 

Y.  76  al  78.  Comparazione. 

Y.  78.  Abbica  ,  accoglie . 

Y.  97.  Opporci  al  destino . 

Y.  1 1 2  al  11 4.  Comparazione . 

Y.  115  al  131.  Facondia  grandissima,  nominando  li 
sepolcri  in  tanti  Yarj  modi .  —  Con  cinque  ditersì  nomi 
Dante  significa  un  tali  ubbie tto,  cioè  sepolcri  (y.  115)  a* 


103 

■//((T.118)  arche  (T.125)romie  [r.  ^29)  mofumìeiitl 
[y.  131  ).  Quiailì  Torquato  ne  lo  ìoùa  di  taconilia.  Credo 
cbe  cosi  faltu  postilla  Tmla  notula  e  tenuta  a  mdite  in 
pailicolui'e  niaDiera,  poiché  sod  d'avviso  cbe  egli  l' ab- 
bia voluta  tacitameote  replicare  per  tutte  e  Ire  le  Canti- 
cbe,  allorché  cosi  spesso  noia  f'ir^ilìo.  /-Vofmt,  Oio, 
C'is'o,  Anime  e  bìuiÌIì,  indicati  da  Dante  in  forine  quaM 
tempre  variate  .  L.  M.  R. 

*.  1 27.  In  cbe  modo ,  essendo  questo  peccato  gravissì- 
IO,  Dol  mette  di  sotto? 
T.  130.  Eretici  di  ciascuna  setta  insieme. 
T.  134.  Gli  alti  spalUi ,  pavimenti  alti,  mediante  le  si- 
Dlture. 

CAUTO    X. 

T.  4.  O  firtà  somma  ,  Virgilio . 
T.  9.  E  netsungitariiìa/u^<-,  nessuno  si  vede. 
T.  18.  Di  parlare  eoo  alcune  di  questa  anim«. 
T.  32.  /■'■ir/iia(.(,  degli  Uberti. 
T.  J9.  Cotte,  chiare. 
T.  51.  Dì  saper  ritornare. 
T.  53,  Cavalcante  padre  di  Guido. 
T.  55.   Talento  ,  desiderio . 
T.  57,  Fu  tutto  spi- Ilio .  cessò. 
T.  63.  Essendo  celi  filosofo ,  non  curava  i  poeti. 
T.  69.  Non  vive  egli  ? 
T.  79  e  80.  Cinquanta  mesi . 
T.  82,  H'^iSge ,  ritorni . 

T.  87.  Tale  deliberatione  si  fece  iu  Fir«iiie  —  Tela- 
lo ,  traslazione ,  avendo  detto  orazione . 
T.  94.  Semenza  ,  famiglia. 
T.  100,  tace,  vedere, 
r.  102.  Tanto  di  grazia  ci  ha  ancor  fatto  .' 
V.  108-  Dopo  il  dì  del  giudizio,  che  non  sarà  più  tempo. 
T.  120-   h  U  C.trdinalt,  Uhuldini. 
V.  123.  Avendoli   detto  che  sarebbe  cacciato  di  Pi- 
renie . 

V.  130.  Beatrice. 

V.  136.  Z.ez2o,  puizo. 

CANTO   Xt. 


104 

V.  13.  Compenso  ^  modo. 

Y.  22.  Divisione  de*  peccati . 

V.  34.  Ferale ,  ferite . 

V.  36.   Toilette  jfaTii.     • 

Y.  44.  Biscazza^  dissipa. 

Y.  45.  Se  fosse  rissato  nene . 

▼.  50.  Carnali  ed  osarari  cke  violano  la  natura . 

Y.  52.  Che  induce  peccato  mortale  • 

Y.  54.  Non  sono  amici  ne  inimici . 

Y.  55.  Questo  modo  lii  retro ,  che  inganna  chi  non  si 
fida. 

Y.  61.  Per  V  altro  modo ,  che  offende  la  fede  e  i'  ami* 
cizia  -^^obblia  ,  dimentica . 

Y.  64.  P«irt/o,  centro. 

Y.  69,  Baratro ,  profondità . 

Y.  70.  Pingue ,  grasse . 

Y.  73.  Rfti^gia^  rossa. 

Y.  91.  Virgilio. 

Y.  96.  Gruppo^  dubbio. 

Y.  100.  Da  su  arte y  dal  Yolere. 

Y.  104.  Discente j  scolare. 

Y.  108.  Con  arte. 

Y.  1 1 1 .  U  usura jo  Aon  segoe  V  arte^  né  natara^ 

Y.  1 1 3.  Aurora . 

Y.  1 1 4.  Vicino  al  giorno . 

Y.  1 1 5.  Balzo  y  la  costa . 

CANTO  xn. 

■ 

▼•  2.  Per  il  Minotauro . 

T.  3.  Ciascuno  arebbe  aYuto  a  schifi)  di  vederlo. 
Y.  8.  Roccia ,  sponda  —  discotcesa^  pendente .  | 

Y.  1 0.  Burraio ,  Yoragine . 
v.  1 1 .  Lacca ,  precipizio . 

Y,  12.  Infamia  di  Creti^  l'effetto  per  la  cagione  •  Mi- 
notaaro. 
Y.  17.  Duca  d*  Atene ^  Teseo. 
Y.  20.  Sorella  y  Ariadna. 
Y.  22  al  24.  Comparazione . 
Y.  26.  E  quegli ,  Virgilio  — •  varco ^  passo. 
Y.  30.  Che  non  erano  atte  d' essere  calpestate . 
Y.  36.  Roccia y  sponda. 
Y.  38.  Cristo. 
Y.  40.  teda ,  crudele. 


i 


o  tentiise  amor,  cbe  gli  eli- 
Approccia,  vicina. 


n  Tessaglia 


.  41  e  42.  Che  V  Vnivt 
menti  s'uDissero. 

T.  46.  A  valle ,  a  bosso. 

Y.  48.  Noccìa  ,  nuoce. 

T.  51.  Immolle,  bagni. 

V.  54.  La  mia  icor(a,  ■Virgilio. 

«.  66.  Sei  sempre  stato  souecito  a  tao  dsmoo 

T.  69.  Donandoli  quella  camiKÌa  Mnoaìnoia 

*.84.  D'uomo  e  di  cavallo. 

*.  88.    Tu/,  Beatrice. 

T.  89.  Nuova,  non  più  usato. 

T.IOO.  ^cor(a>da,  Virgilio. 

T.  107.   Ahisaniiro.Tiranìx 

r.  11f).   S'affìsse,  fermossi. 

V.  119.  la  grembo  a  Dio,  in  Chiesa. 

T.  120.  Si  cola,  s'onora. 

■*.  122.  Cawo,  petto. 

V.130.  A  più  a  più,  aasai. 

».  135.  Munge,  trae. 

T.  136.   Disserra  ,  apre . 

T.  137.  Pazzo,  de'Paiiì. 

CANTO   Xlf. 

».  4  al  T.  6.  Contrnrieti  e  corrispondente. 

T.  9,  Che  stanno  lolentieri  ne'boschi. 

T.  25  al  T.  39.  Facondia,  nominando  una  com  sola  ili- 
Tersamente.  —  Postilla  simile  a  quella  dì  sopra,  là  per  U 
Tarj  nomi  dati  ni  sepolcri,  qui  ai  bronchi.  L.  M.  R. 

V.  40  al  T.  4&  Comparazione. 

V.  42.  Cigola,  grida.   . 

V.  48.  Rima,  parlare. 

Y.  58.  r son  colui,  Pier  delle  Vigne,  capuano,  lecrc' 
tario. 

V.  64.  £a  oicrrfr/ce,  V  invidia. 

T.  65.  Pulii,, i\i. 

».  72.  Uccisi  me  stesso- 

V.  88.  AoccAi,  nodi. 

▼.9ge111.  Nota  ordine  di  natura. 

T.  102.  E  al  dolor  f erte stra,  mandando  Inori  la  voce. 

V.  103  al  105.  Essendosi  uccisi  da  s^,  non  reiuscit*- 
»nno  col  corpo.  Vedasi,  se  questo  è  veio. 

V.  108.  Moietta  ombra,  anima  travagliata. 


106 

y.  1 1 2  al  T.  1 1 4.  G>mparazione . 
T.  114.  Stormire ,  strepito . 
T.  120.  Accorte  ^  hT^euje  • 

T.  143  e  144. che  nel  Battista 

Cangiò  l primo  padrone,  Firense^  che  il  tempio  di 
IVIarte  consecrò  a  S.  GioTambattista . 
T.  144.  Con  la  gaerra,  arte  di  Marte, 
r.  151.  SMmpiccò  da  se  stesso. 

CANTO   XIV. 

T.  3.  Questo  Fiorentino  non  è  nominato  da  lui  :  e  per 
quale  cagione  ? 
T.  8.  Landa  ^  pianura  • 
T.  9.  Ogni  pianta  rimove ,  senza  alberi . 
T.  1 2.  A  randa  a  randa  ,  a  canto . 
T.  1 5.  Quando  tornò  di  Libia . 
T.  30.  Comparazione  • 
V  34.  Suolo ,  terra . 
T.  36.  Era  solo^  separato  . 
T.  42.  Fresca ,  nuova . 
T.  44.  Perchè  bisognò  V  Angelo  in  ajuto . 
T.  48.  Maturi f  lo  linda  umile. 
T.  51.  Capaneo. 

y.  55.  A  muta  a  niuta^  dandosi  luogo  Tun  l'altro. 
T.  58.  In  Tessaglia. 
T.  60.  Non  muterei  mai  natura . 
T.  69.  Assiser ,  assediarono . 
V.  72.  Fregi ,  ornamenti . 

T.  80.  In  Viterbo,  che  giugne  vicino  al  lago  delle  Me- 
retrici .  Questo  non  pare  cne  si  verifichi . 
V.  84.  Licif  quivi. 
V.  90.  Ammorta ,  spegne . 
V.  94.  Guasto^  disfatto . 
V.  1 00.  Rea ,  moglie  di  Saturno . 
V.  105.  Speglio^  specchio. 
V.  115.  Diroccia ,  diffonde . 
V.  123.  P^i%^agnOj  orlo. 

CANTO   XV. 

V.  5.  Fiotto,  fluctua^  ondeggiare. 
V.  9.  Che  fa  liquefer  la  neve  . 
V.1!).  20e21.  Similitudine. 


107                                        1 

▼.  26.  Cotto,  ano. 

X.  39.  r<ggm,  ferisca. 

T.  55.  Ponendo  il  suo  maettra  nelt' Infamo,  pure  in-           , 

gnUihidine.                                                                                         1 

'      f.  61.  Firenze. 

T,  63.  MadeTio.  pietra. 

T.65.  /.aat/.Mpri. 
T.  67.  Fiorentini  ciecLi. 

T.  69.  y^WW,  netti. 

T.  71.  Famr,  desiderio. 

V.  72.  iungi  fia  dal  becco  l' erba,  IrMltiione . 

▼.  73,  Strame,  spregio.                                                               ' 

T.  7K.  Firenze. 

*.  79.  Se  fosse  stato  il  suo  drsiderio  sntisfatlo ,                            , 

▼.  89.  Di  quello  cLe  li  disse  Farinata . 

•       T.98.  C«rr.j.  rimordo. 

».  10H.  Sodomiti. 

T.111.    rig-ia.male. 

T.  113.  M.  Andrea  dc'Mowi  di  vescovo  di  Firenee  fti 

fatto  TescoTO  (li  Vicenza. 

CANTO   XVI.                                          1 

T.  3.   j^rmV iBpi.Comparaiione. 

».  5.   Termo  :  moHitudine. 

T.  8.  Sostati  tn,  feininti. 

T.  18.  Di  andar  loro   incontro,  per  esser  personaggi 

grandi. 

»,  19.  £A,-,  ahimè. 

T.  26  e  27.  Andavano  roUndo. 

T.  SO.    Tnsia  nsptito  <■  Lrolla  ,  mesto  e  pelato. 

y.  45.  Perclii^  lasciandole,  conTcnne  darsi  alTÌxi«. 

T.  59.   Ovro  .  opra  . 

V.  61 .  Esco  d' Inferno  per  il  Paradiso. 

T.63.  r«m/,yadi. 

T- 66.   lutd,  traslazione. 

T.  73.  Subili ,  illeciti . 

T.  74.  DMm;^ur«,  eccessi. 

.    ».  94  al  103.  Comparazione. 

Y.  103.  Quella  Iwdia  dovea  essere  di  1000  monaci. 

».  114.  fi«rrfl/n.  profondili. 

1      v.118al120.  Sentenza. 

kMM4  al  126.  Sentenza.                                                                " 

108 

T.  129.  Perchè  li  scrittori  le  desiderano  eterne. 
T.  1 33  al  1 36.  G>mparazioiie . 

CANTO  xvn. 

T.  1 .  La  fraade . 
▼.  1 3.  Ascelle ,  alette . 
▼.  19.  Burchi^  barchette. 
▼.  21 .  Lurchi ,  lordi . 
T.  22.  Lo  bcvero^  il  castoro. 
T.  3.1.  Mammella^  poppa. 
V.  39.  Mena ,  stato . 
T.  49  e  51 1  ComparazioDC  • 
T.  60.  Contegno^  siiftilitadine  • 
T.  64.  ScrdFa^  porca. 

y.  72.  U  tavalier  Sovrano^  GioTanni  Bajamonle  a- 
saraio . 
T.  85  e  87.  Comparazione. 
T.  85.  Bi prezzo  y  freddo  aranti  la  jehbre . 
T.  89  e  90.  Sentenza . 
T.  100  e  103.  Comparazione. 
▼.  107  e  113.  Similitudine. 
▼.  120.  Gorgo  ^  g^TgogUo* 
T.  121.  Stroscio,  suono 
T.  122.  Scoscio  j  caduta  dell' accpia. 
T.  124.  Raccoscioj  rannicchio. 
T.  126.  Afa/i,  tormenti. 
T.  128  e  130.  Comparazione  . 

T.  129.  Logoro  y  quello  con  che  si  chiamano  li  ne^lli* 
T.  135.  Stagliata  rocca  j  mal  tagliata  roopia  • 

CANTO   XVUL 

▼.5.  Pianeggia  ^yiucao. 

T.  10  e  13.  Comparazione. 

T.  13.  Ombra. 

T.  16.  Roccia j  scoscesa. 

▼.  28.  e  30.  Comparazione  . 

T.  38.  BerzCf  gambe . 

T.  42.  Digiuno  j  traslazione .  V  arerà  risto  altre  ToHe . 

T.  61.  Sipa,  sì. 

T.  65.  ScuriatUi ,  correggia . 

T.  66.  Da  conioy  da  denari. 

T.  71.  Scheggia y  rottura. 


109 

T.  73.  Pianeggia ,  roto . 

T.  75.  Feggiaj  ferisca. 

T.  79.   Traccia  fyia» 

T.  81 .  Schiaccia ,  rompe . 

T.  99.  ji$$anna ,  morcfe . 

T.  103.  Si  nicchia j  percuote. 

¥•111.  Sovrasta ,  sta  sopra . 

T.  132.  Accoscia^  siede. 

CANTO   XIX. 

T.  9.  Swra  7  mezzo  fosso  y  sopra  la  profondità  di  esca 
l>olgia . 

▼.  10.  EsclamazioDe  —  /7r/^,  i)rovTÌdePza. 

T.  15.  D*  un  Igrgo  tutti ^  larghi  ugualmente. 

▼•  17  e  19.  Comparazione. 

T.  20  a  22.  Come  questo  possa  stare,  i^edasi. 

▼.  25.  Jnfin  al  grosso,  ginocchio. 

T.  26.  Intrambt^  tutte  due* 

T.  28.  Ritcrfe  e  strambe  ^  corde  di  canepa,  e  di  queltf 
si  fiinno  stramhe. 

T.  29  e  30.  Comparazione. 

T.  34.  Succia  j  asciuga  enfeecca. 

T.  42.  JrtOy  stretto. 

▼.  44.  Botto,  foro. 

T.  46.  Che  Lai  il  capo  di  sotto, 

8.  49  e  51 .  Comparazione . 

T.  57,  La  beila  donna  ^  CWesa. 

T.  58  e  6o.  Comparazione . 

T.  70.  DeW  Orsa ,  delli  Orsini  • 

T.  81.  Rossi y  infocati. 

T.  82.  Laida ,  sozza* 

T.  119.  Apocalisse. 

T.  115.  Esclamazione. 

T.  120.  Pio/r,  piante. 

CANTO   XX, 

T,  8  e  9.  Comparazione  ;  al  pano  chcjanno  le  Ut^e^ 
in  quel  modo  delle  processioni. 
T.  12,  (7<»5so,  petto. 
V.  24.  Bagnai^a  dietro. 
T,  25.  /?occ^^  scogli. 
T,  28.  Qui  è  pietà  a  non  ayer  pietà . 


^^^'^             110        ^^H 

e  30,  Sentenza .                                   ^^^H 

33.  Hut.  rovini.                                         ^^^^1 

T.  46.  S'aitfr^a,  si  Tolge  alUschieiw.        "^^^M 

T,  51.   Troic/i,  tolta.                                                   ^B 

t.  52  e  ?4.  Ha  coperte  U  mammelle  con  treccief  S 

petto  volto  di  dleLro .                                                          ■ 

V.  69.  iSV^nar/jo/Ti'a,  dar  la  benedizione.                 fl 

T.  7tì.  Co',  capo.                                                              ■ 
T.  79.  /,flm,i,  palude.                                                    ■ 

T.  81.  Grama,  inferma.                                                ■ 

T.  82.  La  vergine  cruda,  Manlo  incBiilalrice  —  <^[ 

da,  aspra.                                                                              fl 
V.93.  ^orte.nome.                                                        V 

V.  96.  Che  se  ne  impadronì.                                           ■ 

«.  99.  NesRana  hucia  superi  la  TCrìlb .                          fl 

*.  102.  Traslazione.                                                        fl 

T.  105.  «,>ic(^f ,  riferisce.                                   ^_!M 

▼.  109.  Cunr,                                                    ^^^H 

T.  110.  ^ijsufi-,  nomepTYtpri*.                    ^^^^^H 

T.  1 1 1 .  F,uif ,  delle          .                               ^^^H 

T.113.    Tragedia,  Eneide.                          -«^^^H 

T.  115.  Pnci,  asciati».                                     ^^^^H 

r.  119.  Calzolaio.                                              f^^^l 

T.  121.  f.--  triste,  stceehe.                             ^^^^^H 

<.  127.  Quintadecima.                                     4^^^H 

V.  130.  Ititroctjue,  in  questo  meuo.             J^^^^^H 

CANTO   XXI.               I^^^l 

T.  7  ■  9.  Comparazione.                                  1^^^^| 

T.  10.   Trer,  cambio.                                             I^^^H 

▼.  14.  folge  sarte,  torce  canapi.                  ^^^^^H 

▼.15.   Terzrruolo  ed  artinion,KrÌe  àinH^^^^^^M 

r.  25  a  28.  Comparazione.                                ^^^H 

T.  34.  L'omero,  la  spalla.                                j^^^H 

^^_          V.  36.  GAern/to,  alTerrato.                               ^^^^^H 

^^^L        T.  37.  Ma/e^ra'tcA.T,  Diavoli.                           ^^^H 

^^^H        -r.  38.  Di  santa  Zita,  Luce*.                         ^^^^H 

^^^B                                                                                    4^^^H 

^^^m        T.  44  e  45.  Comparazione.                            .'^i^^^H 

^^H                                                           '^^^1 

^^^B        T.  48.  //  santo  Volto .  di  Lucca  -                      '^^^H 

^^^F                    Non                                                           ^^^^^H 
■                         52.  Rafli ,  uncini .                                        V^^^H 

T.  54.-  Aceaffi^  tolga. 
T.  55— -58.  Comparazione* 
T.  55.  Vassalli ,  guatterì. 
4.  60.  Alcun  schermo  t'aja^  li  tustodisoa. 
T.  62.  Come 9  manifeste. 
T.  64.  Co*y  capo. 
T.  67  —  69.  Comparazione  • 
T.  89.  Quatto  quatto^  appiattato. 
T.  90.  Riedi ,  tomi  • 
T.  93.  Dubitai  m^offendessino. 
T.  94  *—  96.  Comparazione . 

T.  112— 114.  Perchè  nella  morte  di  Cristo  si  spezjBas^ 
\  qnel  ponte. 

T.116.  «$*€r/or//t^x ,  scuopre  • 
▼.124.  P^/tff,  panie. 
T.  125.  Scheggio y  grotta. 
T.  135*.  Lessi  dolenti,  lessati  nella  pe^. 

CANTO   XXIL 

*▼»  2.  Stormo ,  tumulto. 

T.  5.  GualdanCf  cavalcate  ». 

T.  10.  Cennamella  ,  cembali  o  altri  stromesti^ 

▼.12  —  15.  Sentenza . 

T.  16.  /lUeja  y  intenzione . 

▼.  21.  S' argomenti n  ,  s'in^egninq. 

▼•  22.  Alleggiare  ,  alleggerire . 

T.  25 — 27.  Comparazione.. 

▼•  33.  Spiccia  9  sr  parte  • 

▼•  41.  Scuoi y  scortichi:. 

T.  58.  «9orco^ topo. 

Te  72.  Lacerto  j^uiò^ 

▼.  74.  //  decurio  loro,  Barbariccia. 

T.  83.  Donno  j  signore . 

T.  94.  E  7 gran  proposto,  Barbariccia  ^ 

T.  100.  Incesso,  ferme. 

▼•  123.  Proposto  lor,  Barbariccia . 

T.  1 30 —  1 32.  Comparazione  • 

▼..133.  ^i^^a,  turba, 

CANTO  XXIfl. 

▼.  3.  Comparazione. 

T.  $•  I  qufui  fiiron  carpiti  dal  nibbio  •. 

À: 


■ 

^^^^^H 

112            ^^H 

7.  CompnrBzione Mo  ed  iita,  ora  e  adrsM.    ^^| 

16. 

Aa^urfla^accMvanie.. 

18. 

Comparaiioiie.  —/icerffa,  \ì  prende  Col  ma 

19. 

EfTcUo  deltimore. 

25. 

l'rcro,  specchio. 

34. 

Non  aven  finito  di  dire  . 

38- 

—  42.  Comparasiooe. 

45. 

/-«.fl,  serra. 

46. 

—48.  Comparazione  ■ 

55. 

L' alta  prov%'id^niM,  Kft., 

62. 

Taglia  y  maniera. 

66. 

Qnando  tornututars  li  aonunì . 

T3. 

Mover  d'anca,  passo. 

88. 

All'alio  dflla  ^olu,  respirando. 

96. 

Gran  villa,  Firènrc. 

.101 

1.  Si  grosse,  bticose.                                            ( 

10! 

;.  Le  quali  cigolano  pw  il  troppo  peao .           * 
\-m.  Comparazione. 

106 

lOf 

1.  Gardingùf  ria  in  Firenee  cosi  delta. 

.Ili 

!.  17ncroc//iiso,Caifos. 

121 

.  .'tiiocTO y  Anna. 

.123 

1.  Perchè  ne  furono  dis&ttì. 

.110 

.  Narrava  il  bisogno. 

148 

1.  PoKc, pedate. 

CANTO    XXIV.           ^^^^1 

.1- 

-  3.  Il  principio  di  GennMO.                ^^^^H 

3.  Comincia  ad  rssere  tanto  il  (fi.  cfiunta  Ift «M», 

.12. 

Hingava^'ia ,  riacquisti. 

14. 

Vincaifii,  bastone. 

Ifl. 

20. 

P'g/.V.,  aspetto.                                                  iH 

25. 

e  26.  Comparazione .                                           ^^H 

26. 

Ronehion ,  pietra  che  sporta  .                           ^^| 
Di  cappa ,  di  piombo.                                       ^H 

3(. 

33. 

f>i  chiappa  in  chiappa ,  Ai  roftwrt  in  M«ui«^| 

34. 

Che  chiude»  la  bolgn.                                         H 

36. 

/>'/»',  Virgilio.                                                  «M 

42. 

^1  scoscende,  cade .                                                  ^H 

43. 

Ca  iena ,  fiato      A  tnunlM ,  «sciatta .                ^^| 

45. 

Ara»/»,  .sedetti.                                              ^M 

46. 

Spoltra ,  destarsi                                      .^^^M 

47- 

,^^^^^H 

US 

r.  5S.  j^OT^djnn,  angoscia. 

r.  54.  Nun  i'  accaicia  ,  nonsì  cida- 

r.  64,  Fievole .  vano. 

'.17*:  78.  Sentenw. 

r.  B2,  Stipa  ,  calca. 

r.  H3.  Ittcna  ,  sorte. 

r.  84.  Scìpa,  sparge. 

r.  93.  Che  li  ascniidesse  - 

r.  100.   CompararioBe. 

r.  106  — 111,  CoiD^Mnuiaiu . 

r.  111.  Dove  nranre. 

^■112  — 114.  Comparazione.    , 

r.  120.  Crojc/'-j ,  percuote . 

1. 127.  Mucci  1  fiigga. 

r.  129.   Vani  di  sangue  e  di  terrucer,  iracondo. 

r.  1J2 — 135.  Come  può  fsser  \ergogna  Jn  iHferno? 

r.  138.  Ve'  belli  arredi  ,.Ae\\esoio. 

F.  143.  Dimagra ,  A'iii^  ■ 

r.  145.  Marte,  goerni. 

r.  148,  Sapra  cuiiipv  Picen,  nel  Val  d'Amo. 

CANTO   XXV. 

r».10.  Jfflitsi,  deliberi. 
[  V.  21.  Labbia^  bocca . 

\  T.  33.  Non   semi  le  ditce  ,  perche   t'  anmaiz^  con 
Mbe. 
'  T.  43.  Cianfa,  de' Donati. 

T.  58  e  59.  Coniparaz.ione . 

T.  65.  Pii/3i>o,  lucignolo. 

».  66.  ^ore,  perde, 

T.  77_78.  MetamorlbBi. 

T.  82.  £'pc,Trntre. 

T.  96,  Scocca  ,  dice . 

T.  101.  A  mutarsi  lì  corpi. 

T.  1f2.  Aitttlf,  scaglie. 

T,  120.  /)/>w/fl,pela. 

T.  132.  /.(MWflccia,  chiocoióla. 

V.  142.  Zavorra ,  bolgia . 
■  T.  144.  ,^iorrii,  alihorrscria. 
I   T.  146,  Smagato    sniairi*». 

r.  151.  GaviUe,  Tilla  di  Val  d'Ara». 


114 


CANTO    XXVI. 

*.  6.  Non  te  ne  [[lorii ,  essendo  di  <]itelU  scM«*. 

T.  7.  Nota. 

V.  p.  Agogna,  desidera  . 

T.  14.  Borni,  bowi. 

T.  IT.  Rocchi,  sassi  alti. 

T.  18.  Andandosi  aggrappando. 

T.  24.  Acciocché  male  operando  non  m'inTÌdii, 

▼.  26  e  26.  DeacrÌTc  la  estate. 

T.  3».  fengkiò,  vendicò. 

»,  41.  ^ur/o,  peccatore. 

T.  43.  Surto,  drillo. 

▼.  48.  Ciascnno  è  cinto  di  fiioco. 

T.  58  e  59.  ...  .  ni  gene 

L'agliata  del  cavai,  per  il  cavallo  fatto  dai  Gri 
T.  65,  66 tea'  prego 

E  ripriego ,  che  il  preso  valga  mille,  ripiglia 
▼.  72.  Taci . 

T.  75.  Non  avendo  tu  la  lingua  greca . 
T,  88,  Comparazione . 
T.  108.  fl<gm»r(/i,  termini. 
T.  110.  Sibilia,  cittk  di  Spagna. 
Y.  116.  Etperienia,sotie. 
T.  121.  Traslafione. 
».  129.  Marin  s-tolo,  marK. 
».  130.  Casto,  spento. 
T.  137.   Turbo,  vento. 
T.  142.  Li  wmmerse. 

CANTO  xxvn. 

▼.  3.  Virgilio. 
V.  7.  e  9.  Comparaiione . 

T.  8.  E  ciò  fu  drillo,  a  ragione,  per  essere] 
quello. 

T.  15.  Grame,  dolenti. 

».  17.  Guizzoy  crollo. 

V.  81.  Issa,  ora,  aÌ7.xo,  provoco. 

V.  27.  A  patire  in  questa  loco. 

».  30.  Dinerra,  discliiude. 

V.  32.   Tentò  di  eosta ,  lo  toccò . 


■ 

^^^Bl 

\ 

r 

1 

115 

1      ,.41. 

L'aquila  da  Polenta,  Goido  Novello  signor  dì 

RaveuiM 

T.  42. 

fanni,  penne. 

' 

-  T.43. 

La  urrà,  r^xr\l. 

J 

T.  48. 

Succhio ,  trivella  e  fora . 

1 

».51. 

IHuta  partr,  parteggia. 

J 

T.  52. 

Cesena. 

T.67. 

Cor Jigllero,  {rate. 

'  ^H 

T.  70. 

Gran  Prete ,  Papa . 
Mrntre  ch'eia  VIVO. 

y.  73. 

^^^H 

T.81. 

Trasliwionet  pensare  alU  moti». 

^^^H 

T.  85. 

Pap». 

'  ^H 

T.  89. 

/fcr/,  cÌttì>dÌSorÌB. 

T.99. 

fi&rr,  senza  senso. 

,  ^^^^1 

T.  105 

.  Celestino, 

'  ^H 

..111 

.e  112.  Sentenra. 

'  ^H 

T.  119 

.e  121.  Sentenza. 

r.t27 

.  Faro,  che  invob  l'anime. 

I^H 

r.  129 

.  Rancura,  lamento. 

1 

V.136 

.  Scommettendo ,  che  non  fanno  quanto 

àcom- 

messo. 

CANTO   XXVIU. 

V.  1 .  Parole  idnUe ,  prosa . 

T.  6.  Seni) .  luogo . 

y.  8.  : 

fortunata,  fertile. 

y.11. 

Anella ,  rapite  di  mano  delli  Romani . 

y.aa. 

yeseia,  botte  —niessu/.  fondo  di  es«a- 

-  iMa, 

&ghe  di  botte  dalla  banda. 

;.3o. 

Oiiacco,  sqnarcio. 

1 

V.  32. 

MI,  servo  di  Macometlo. 

y.37. 

Acàiina,  fende. 

y.58. 

Si  provveda  di  nane  prima  che  venga  la  i 
Terru  latina,  lUMa. 

nere. 

y.  71. 

y.  79. 

Morti  sftranno . 

j 

y.  84. 

ftru(,-,  corsali. 

y.93. 

Curio,  che  li  li.  amaro  di  veder  Arimin 

y.  107 

.  Ca^ /la  cosa /ar/a,  proverbio. 

y.114 

.  Prova,  testimonio. 

y.H5 

e  117.  Sentenza. 

^^^^1 

y.  125 

.  Era  un  solo  in  du<-  parti . 

^^^^1 

y.126 

.  Olici  iO  che  sì  governa ,  luì  solo  Ìl  su . 
.  Tr9'Kone ,  ìtviilo . 

^^^^H 

y.  141, 

J 

1 

110         ^^B 

1 

*. 

ut 

CoKtrapfMUio,  contraccambio .                     9 
CANTO    XXIX.            ^^^k 

Z.  ìaebtriatf,tTaalaiìtynK.                       ^^^^| 

5. 

'i^lfolge,  MAea\si.                                ^^^H 

6. 

f</ioz»ca(c-,  troncate.                          ^^^^H 

15. 

Di utcMO,  perdonato.                           ^^^^H 

33. 

C'in^orCe ,  coosapevotv.                       ^^^^^H 

39. 

.4.^  r'oo ,  sopra .                                    ^^^H 

41. 

(7oi.'rrKr ,  dannati .                          ^^^^^H 

43. 

e  44.  Traslazione.                               -^^^H 

4«. 

e  49.  Comparazione.                           '^^^^H 

49. 

/«««nirr,  insieme.                          >^^^B 

56. 

t'a/fo  Jjrr,Dio.                                            tfl 

57. 

Quirr^/srra,  tra  noi  àfegWsM».                   M 

53. 

e  64.  Comparazione .                                       j^ 

76. 

e  78.  Comparaiione.                             ^^^^| 

85 

0<f>,m^lie,  seiosli.                             ^^^H 

87. 

Tiulaiiooc.                                         ^^^B 

97. 

Rincalzuf  sosteimo.                              ^^^^| 

99 

0. >.»■/«.;.„.„„  eco.                             ^^W 

116.  M  fai  D^Jalo ,  imo  lo  taMsnù  .ol.r» .     1 

127 

e  123.  £,*  fi(^c«.(i.i  (vci;  1 .                                ■ 

Df 

ff/if-'^rtoo,  pietanza  di  aflrviiio  di  garrf*i»t  ■ 

121 

.In  Siena.                                                       fl 

U 

.  l'iman  frotit ,  gran  bosco.                              fl 

112 

.  Cioè  dimostri,  eo.1  il  suo  ooB«im«iiao  .     ■ 

139.  Jtt/Mto,  imitatore.                                           M 

CANTO   XXX.                         j 

ìli. 

Forsennati,  mentecatt».                     -^hJH 

25. 

e  27.  Comonrazione                            -^^^^H 

3». 

Dette  del  ventre  in  tsrID.               "^^^^H 

33. 

i.'onciaW",  trattando.                       ^^^^^H 

41. 

Ftiltì/tcandn ,  traslazione                  j^^^^^H 

43. 

55. 

Arendo  it  Tino  mngro  e  il  Tcntre  gvl^^^^H 

» 

69. 

O^icarm,  dimagm.                           ^{^^H 

70. 

fru^a,  castiga.                                        ^^^H 

7». 

MoneU  GorentinH .                              '^^^^H 

78. 

fnMe  Branda,  in  Siena                    ^^^^^H 

^ 

90. 

Mondìgtìu,  da  mondezza,  spaczatql^^^^H 

».  132. 
IX. 


117 

Quando  V  acqua  è  calda . 

L' una  èla/al$a  ec. ,  moglie  di  Fnraoit 

Leppo,  calore  ardente. 

Specchio  di  yurcitso,  fonte. 
Risso,  adiro, 
e  1 38.  Csmaanuone . 
Fa  canto  d  essermi  prMeate,  «  nan  e 

CANTO   XXXI. 


■»■  4 — 6.  Compttrazkioe. 
,       T.  7.  Dnnmo  li  tiessa,  voltammo  le  ^ijle. 

T.  10.  Crepuscolo, 

».  17.  Getta,  impresa.    • 

T.16e18.  Può  comincinr  ffuwt»  ternario-. 
Hon  sona  sì  terribilmente  Urlando.  . 

».  24.  ^A<wW,erri. 

».  27.  Cammina  avanti. 

».  31  —  36.  Compara 

».  34.  Dissipa,  disia. 
I       ».  36.  Stipa,  empie . 
||       »-  39.  Percbè  conoscea  li  giganti. 
'       »■  41.  monterà sBion,  Castel  di  $i«aa, 
j      ».  49-54.  Discorso. 

]       ».  55.   1/ ar gommi o  delia  mrn'F,  Y  intelletto. 
\       *:  57.  Perchè  concorre  la  forza  con  lo  indegno. 

».  61.  Perizoma,  calze.  —  AllaLumbacda,  inrec4  di 
.  direcakoni.  L.  AL  R. 

▼-64.    TVir  ^r/5on,  uomini  di  Frisi». 

V.  67,  Confusione  di  lingue. 

»-  71.  Area  un  corno  legato  al  collo, 

ÌT.  "jZ.  Sega,  corda. 
*.  75.  E  vedi  lui,  il  gran  conio. X'it^  , copie. 
»,  77.  yolo,  desiil«ria. 
Il     ».  79.  ji  voto,  indarno. 

'      ».  81,  Non  intende  e  non  è  inteso,   o«de  si  rischiara 
quello 

Haphel  mai  antec/t  zab\  almi Con  la  qual  postil- 
li» Torquato  dimostra  1'  ìnutiliti  di  ÌWl4>i»  »  diufaiuja- 
tzione  di  qucglo  verso.  L,  M.  lU- 
»,  84.  Maggio,  maggiore. 

V.  89.  In  SII  io  scoperto,  della  partcr^J^  *»ania»«  ^O' 
ì  del  pOZKO. 


■ 

^^JJ[ 

118                   ^^H 

..90. 

Cinque  volte  lo  circondaci.              ^^^^^^| 

».91. 

1. 106 

e  107.  Comparazione.                         ^^^^M 

T.110 

.  Dotta ,  pan»                                     ^^^^^^^| 

..Iti 

.  RilortK,  tiini.                                      ^^^^^H 

..113 

4^^^B 

,.  las 

1.  La/rCi!iiir,i  serra,  diacci».             -^^^^^B 

T.  US 

.  Cbe  è  d' esaere  immortalato.                        ^H 

..  12;1 

.  Junanzi  Um/io,  innanzi  ai  tempo  prefisso. ^H 

..132 

:.  Quando  combatteo  in  tem  con  Ercole .     ^M 

..115 

.  Anteo  li  prese  ambiiiue.                                 ^H 

..136 

<.  Cariieri'ia,  torre  in  Bologna ,                       ^H 

..141 

.  Per  il  timore .                                                 ^H 

..1« 

i.  Comparazione.                                     _^^^^^H 

CANTO   XXXU.           J^^^l 

^^          ..1.  C&''«ce,  roche.                                 ^^^^H 

..3. 

Rocce,  coste.                                      '  ^^^^^H 

..7.  ( 

Sa&^,  giuoco.                                    -I^^^^H 

..9. 

Putto.                                                     ^^^^1 

..10. 

Qaet/r  fioitne ,  yiuse  ■                           -^^^^^^H 

..13. 

^^^^^H 

..14. 

'^^^^^H 

..15. 

4^^^^^| 

..24. 

J^^^^H 

..25 

e  27.  Comparazione.                            -^^^^M 

..26. 

Àustericch,  Austria.                          4^^^^H 

..28. 

b29.    Tubcrnicch,  Piclrapaita,  nKM^^^^^H 

..30. 

Cricch,  Strepilo  alcuno.                     ^^^^^^| 

..33. 

Spi^nlari-,  raccoglierle  spiaìie.       ^^^^^^| 

..36. 

^^^H 

..38. 

Vedendosi  l'alito  e  le  lacrime-            "^^^H 

..49. 

Comparazione.                                                    "^H 

..  54. 

fn  noi  li  specchi^  ci  guardi.                              ^H 

__           ..  60. 

^^^■.           ..  61  e63.  Utorìe.                                                           ^M 

^B 

Essendo  egli  unta  empio,  ch'io  noa  sarò  t^H 

^^^^H 

9 

^^H 

Rezzo,  ombra.                                               ^M 

^H 

^^H 

Di  non  esser  nominato.                                      ^H 

^^V 

Lagna,  iio\<t.                                              i^H 

t 

^^^H 

119                                    ^^H 

•».  ')^. 

^^^^1 

▼.102 

Tomi.,  tormenli.                                                     ^^^^H 

T.115 

Perchè  fu  corrotto  da  loro  con  danari.                 ^^^^^H 

».  120 

Gorgiera    gota                                                          ^^^^^H 

■«.126, 

Un  capo  sopra     altro  ■                                              ^^^^H 

T.  127 

ComparsKione                                                            ^^^^H 

T.129 

Ifuca ,                                                                        ^^^^H 

T.135 

Per  tal  convegno,  con  qnesto  patto.                     ^^^^^H 

CANTO   XXXllI.                               ^^^1 

».  2.  ForifnfWn,  nettandola.                                                           1 

».  6.  S 

imile  ■■  Che  nel  pensar  rinova  la  paura .                               H 

:lnr.  e.  I 

y.6.1                                                                         ■ 

T.  9.  Parlare  dalla  parte  del  Conte,  e  lacrimare  dallo               ■ 

ir«;Ì¥e»eo»o .                                                                                             ■ 

».22. 

Moda,  traslazione  dal  Inogo,  dove  ai  mettono  li                 ■ 

parvicri  a  mudare .                                                                                 ^| 

».26. 

Pia  lumi,  più  giorni  —  sonno,  della  morte.                      ^1 

1.29. 

lliuaoe  iiupidni,  esso  e  li  fieli  —  at  monte,                 ^| 

L  Gioliano .                                                                                    ^H 

T.  35. 

•5'rianr,  denti.                                                               ^^^^^| 

T.  45. 

Avendo  sognato  che  si  morta  dì  fame .                    ^^^^^| 

T.  54. 

'S'o/,  giorno.                                                                ^^^^^| 

T.75. 

Qui  lascia  di  dir  la  morte,  ma  la  suppone              ^^^^^| 

Y.  79. 

Esclamaiione,                                                               ^^^^B 

y.sa. 

Il  si  e  no,  in  Toscana.                                                             V 

».  88  e  89.  Ifo^'ella ,  noveiia  .ripetizione  ■                                    ■ 

..92. 

Fascia ,  contiene .                                                        ^^^M 

».95. 

Rinioppo,  riscontro.                                                  ^^^^^H 

».96. 

A  in  ùa  sci  a,  affanno.                                                   ^^^^^H 

».!I9. 

Coppo,   concavo  dell' OKbio.                                  ^^^^H 

..108 

Il  fiato  piove,  soffia ,  traslazione  ■                            ^^^^^B 

..109 

Fredda,  crosta  ,  diaccio .                                                            V 

.■120 

Riprendo  dattero  per  figo,  piglio   nna  pena                ■ 

■WRg'Or 

dell'altre.                                                                        ■ 

Y.  123 

Nulla  scienza  porto ,  non  lo  so.                                          ■ 

..  128.  /ni'etnare,  diacciate.                                                           ■ 

..  135 

/^erna,  fredda.                                                                     H 

».  136 

—  141.  Considerisi  come  qnesto  possa  stare.                     ^| 

..142 

—  147.  Come  questo  possi!  essere,  Tedasi.                          ^| 

..  150 

.  A  non  goene  iiprire .                                                             ■ 

..151 

Diveru ,  knUn..                                                  ^^^ 

120 

CANTO   XXXIV. 

T.  4  — 6.  G>mpara£Ìone  • 

y.  1 2.   Trasparean ,  por  il  dÌMOW  -^ernnm  fcUund  in 
i*e/ro.  Comparazione. 
▼.15.  /averle,  Yolge. 
▼.  18.  LadìferoTé 

y.  22.  Gelato  e  fioco  ^  stupido  e  mate. 
▼.  28.  Lucifero  • 
▼.  45.  Avvalla ,  sbocca . 
y.  56.  Maciulla ,  granNihi  é 
y.  60.  Brulla ,  nuda . 
y.  70.  Ainfinghiai ,  cinsi  • 
y.  75.  Del  diaccio . 
y.  90.  Burella ,  yia  stretta  • 
y.  100.  Divella  ,psrlii. 
y.  1 08.  Lucifero  • 
y.  110.  Piiii/o,  centro, 
y.  111.  Le  cose  grayi. 
y.  113.  Secca ,  tetra . 
y.  115.  Cristo, 
y.  116.  Spera ysStnL. 
y.  1 1 7.  Giudrcca ,  Jerusalem . 
y.  118.  lMifo4i. 


W POSTILLE               1 

1 

B                         DI                          ■ 

^ 

1          TORQUATO    TASSO 

I 

1                     ALPURGATOBIO.                     J 

1 

CAIttO    L 

1 

V.  1.  Traalanone. 

V.  12.  Perché,  contendendo  le  ^)M  cOil  loTo,  direu- 

»ero  cornacchie. 

-    T.  18.  Petto,  la  Wsa  che  coirtien*  p«»  la  «inlénirta, 

cioè  r animo. 

*.  19.  Venere. 

T.  24.  Prima  gente ,  Adamo  ed  Et*  . 

V.  26.  Esclama  contro  di  noi. 

T.  31.  feg/i«.„;„.  Catone. 

T.  40.  Ceco,  oscuro. 

*.42.  Oneste pium<-,cÌB\itt. 

T.  49-51.  SeDanlB  conobbe  ArÌ5tolele  e  \i  altri  nel  lU 

■dell'Inferno,  perchè  non  eonosce  Catone? 

-    T.  66.  Balia,  costosa. 

T  78  e  79.  . .  .  Detcrrckio  o^e  son  gli  oeehi  eatti 

Di  Marzia  tua,  del  Limbo. 

T.  82.  Do»e  si  porgano  IÌ  selle  peccati  mortali. 

¥.  96.  Stinga,  levi . 

I.  97.  Sarprìso,  soprappreso. 

».  99.  Alli  Angeli.                                                          J 

^^^1 

T.100.  ^(/ imo  a^.Vno,  per  lutto.                              '  ^ 

^^^1 

T.  105.  Seconda,  pi«ga.                                                     ■ 

^^H 

T.  106.  fi.-'/rta,  tornaU.                                                       ■ 

».  119  e  120.  Comparailone. 

^H 

T,  122.  Pugna  col  Snl,  resiste  per  ps«i^p  alP ombra. 

V.  123.  Dorè  è  grande  ombra. 

^H 

■T.127.  Pwa»er  risto  r  Inferno.                                         ■ 

■ 

^^                                                                                     % 

m 

122 

V.  131.  Disertò,  abbandonato  • 
T.  133.  AUriU,  Catone  . 

CANTO   IL 

t.1.  L'alba. 

▼.  3.  Punto,  £enit< 

T.  4.  A  lui ,  Sole  • 

T.  5.  Con  le  bilance,  col  segno  della  Libbra. 

▼.  9.  Rance,  gialle. 

T.  1 1  e  1 2.  Compirazione  • 

T.  31 .  Argomenti  U/naai ,  arte  • 

▼.  32.  Traslazione. 

T.  42.  Andaya  sopra  V  acaue . 

V.  44.  Si  leggea  come  scritta  la  beatitudine  • 

T.  54.  Comparazione. 

T.  55.  Mezzodì . 

T.  70.  Comparazione. 

T.  79.  Percnè  si  redono . 

y.  81.  Siccome  tocca  Bocca  e  quelle  d^ir  Inferno,  od^ 
de  lo  prese  per  la  cuticagna;  percbè  non  queste? 

y.  91.  Castella  mio,  musico. 

y.  93.  Perchè  sei  stato  tanto  tempo? 

y.  95.  L'Angelo. 

y.  110.  Persona,  corpo. 

y.  1 1 2.  Canzona  di  Dante . 

y.  114.  Conforme  a  quello:  Che  nel  pensar  tintuma  im 
paura.  (Inf.  e.  1.  y.  (i.) 

y.  1 1 9.  pregilo  onesto ,  Catone . 

y.  1 22.  Spogliargli  lo  scoglia,  purgare  il  peccata .  Tra- 
slazione . 

y.  124.  Comparazione. 

y .  130.  fresca ,  nuoya . 

CANTO    IH. 

y.  3.  Fruga ,  spinge . 

y.  4.  Virgilio . 

y.  8.  Dignitosa,  piena  di  dignità. 

y.  p.  3Jo  rso,  s  t  imo  lo . 

y.  10.  I^i  piedi  suoi ,  dì  y ir giìio  • 

?•  11.  Sentenza -^D/j/Tt^^a,  trae  fuori  di  s^, 

y.  12.   Ristretta,  contusa. 

y.  1 5.  Dislaga  ^  allarga . 


123 

V.  16.  tÌoggìo,TQna. 
V.  17.  pHcendo  ombra . 
».  21.   /.«  /erra  oscura  ,  l'ombre  aua. 
T.  22.  E-l  mio  t:nTiJorro,\u^ì\h. 
▼.  28.  Perchè  non  avendo  corpo,  non  &c«Tit  omhsK 
T.  30.  Siccome  ooo  cielo  non  mt^ombra  l'altro. 
».  33.  Sve/i  ,  .eciiopra. 
T.  37.  Non  cercale  il  perchè. 
T.  39.  Che  ci  revelasse . 

T.  42.  Poiché  non  hanno  l'ono^ciiilo  Dio,  stanno  dr( 
Limbo  —  lutto,  pianto, 
■r.  47.  Bcccia ,  costa . 
».  48.  Proni'-,  yzinoi. 
T.  72.  Comparazione. 
T.  78.  Sentenza . 
T.  79  e  84.  Comparazione. 
T.  86.  A7Hii/.'*-/a  ,coinpiip<iin. 
T.  89.  Per  l'ombra  che  facea  il  corpo  di  Dante. 
T.  96.  E  l'isj.  ,  fbonilira. 
f.  11«.  Morto. 
T.  122  e  123.  Sentenza. 
T.  128.  Co,  capo. 

T.  12'>.  Mora,  mola,  coperchio  di  sepoltura. 
T.  133.  Wrt/*rr/,;,ofl,  scomuniche. 
T.  13^.  Mentre  clie  li  vive  . 
T.  1.ì6  e  140.  Vedasi  se  questo  è  vero. 
▼.'141.   Prr  /lavfi  prrgfii ,  per  sufFragì. 
T.  144.  Di  entrare  in  Purgalnrio . 

CANTO   IV. 

T.  1  e  12.  Discorso. 
T.10.  Udito. 
».  11.  Intera,  vera. 

».  12.  Quella  ,  anima  »era  —  f ue//f/ ,  anima  sensitiva. 
».  14  e  16.  Era  stato  tanto  intento  ad  ascellare  Man- 
fredi ,  che  non  si  era  accorto  che  il  tempo  era  passato. 
».  18.  Qui  è  veltro  dimando,  la  strada  che  demandate. 
T.  19  e  21.  Comparazione, 
».  22.  Saiinr,  %ali. 
T.  2fi.  Cacume,  sommiti . 
».  29.  Quel  condotto,  Virgilio. 
V.  40.  Che  vincea  la  vista,  che  non  si  vedca. 
»,  43.  Sapida  come  la  Hn**  dei  i>iC77o  quadiaato. 


W       ,,,       V 

Y.  45.  Kiflai,  ti  fermi .                                             ^M 

V.  ^46.  /fiff n  ^uffi  li  tira ,  liitMgaa  ir« .                       ^M 

T.  47.  v/i^(/fVafu/«mr,BM)straD<iomì.                 ^^^H 

T.  51.  /jf  dni;hio,  il  oiroaito  del  nioiite.        ^^^^H 

57.  Dsl  R^le.                                              ^^^H 

T.  59.  Luce,  »ole.                                          ^^^H 

T.  60.  f^i'p,  quando.                                                     ^H 

r.  61  e  62.  Se  fosse  in  Gemini .                                   ^M 

V.  64.  /fuéccc/ijo,  rosso.                                                ^H 

r.  66.  CtiMnùn  vicakio,  dateli  da  Dio .                        fl 

V.  68.  J,on .  per  la  città  di  JernsKlsm .                       ■ 

V.  78.  Manco ,  manclie»ole .                                            ■ 

T.  80.  yflcun'arle,  astrologia.                                         H 

lo  effetto.                                                                               S 

T.  84.  Calda  parte,  meuodì.                                         H 

V.  87.  Essendo  altissimo .                                                 ■ 

r.  99.  Oittreira,  bisogno.                                             -^1 

T.  105.  Cnmparaiione .                                                   ^H 

V.  106  e  108.  Descrive  l'  accidÌow>  .                             ^M 

T.  116.  Che  mi  affrettava  1'  aodìto.                  ^^^^B 

T.  123e124.  ...  BrUcqua,  a  me  OM  rfiM^^^^^I 

Di  te  ornai ,  perchè  «ei  hWo                      'Ì^^^^I 

T.  125.    y^»<fnc/i  m  ifcorfdr' upelli  tagni4u^^^^^H 

T.  126.  Riprìso,sai»\\ia.                                V^^^^H 

T.  129.  f  aceti  di  Dio.  )'  An«;elo .                  ^^^^1 

T.  139.  Marrotco,  la  Hauritania  o£cìJeRUk^^^^^^| 

CANTO                        ^^^1 

T.  5.  Facendo  ombra.                                        ^^^^^H 

V.9.   />urn,r,/>.,rmr,mesolo,nO0»lttrÌ.     T^^^l 

T.  17.  .V.rfin«,finp.                                                                    ■ 

T.  18.  La  foga  dell'  an  pernierò  rende  vano  l"»hro.    ■ 

T.  20.  Co/o/-,  rosso.                                                          H 

V.  25.  Avendo  corpo .                                                      ^| 

d'Oinroca  voce.                                                                 S 

V.  30.  Jngs',  sapere.                                                       ■ 

V.  37  e  39.  Comparaiione .                                              ■ 
v.  54.  Lume drt del,. antw.                                     ^| 

V.  66.  Parche  le  force  non  manobìno  al  rel^tre.          H 

1 

r.  75.  Ih  grembo  a  gli  Aitmòri ,  in  quel  4i  Fulova^ 

L          J 

«.  79.  Mrd,  lilla  (nel  Venefi«no.) 

1.81.  Vi*eiei. 

»,  102.  liima.ir  io  mio  carne  iolti)  moni. 

V.  106.   Eterno ,  aniioa . 

T.  1 1 1  e  1 1 3.  Coiiipsrazi(>p« .  KoU  conte  in  ijuesUt  pnr- 
te  (fitcori'c  delle  metro». 

*.  112,  JUai  volrr,  Demoni». 

».  116.  I  Demoni  possono  pù>f;gi€^n£|}bìe  eco«e  6ÌmÌlt. 

T.  118  e  123.  Bella  conUima7.ìoncl 

V.  125,  RubeMo,  feroce. 

*.  126.  Cbe  avea  fatta  con  le  bntccia. 

».  1 33.  La  Pia ,  donna  cosi  detta  . 

T.  135.  .S'a/ii  cc/ut,  ilDiwitocWlfVTiitak)  ip  ndnllerìn 
r  uccise , 

V.  136.  Gemma,  anello. 

CATETO    \\. 

T.  1.  //  giucco  della  ^ara ,  si  fa  cop  tre  da4i . 

T.  4.  Con  l'allro,  col  TÌn«itore  . 

T.  7,  Arresta ,  firma  . 

y.  12,  Promriteiido,  dj  predar  per  lero. 

T.  19.  Ciacco  Tarlali . 

*.  18.  Il  padre  suo  pazientissimo. 

T.  20.  /^ife^^ia  ,  inridia. 

V.  23  —  Mentre  TÌve  sì  penta ,  acciò  non  ti*  di  quelli 
dell'Inferno. 

T.  27.  jiuacci.,  aflVetli. 

T.  37.   jlvvalla,  abbassa. 

T.  38.  JmoTy  carità. 

V.  39.  Chi  fuf  a'atlaUa,  cbi  qna  si  ferma. 

T.  41.  Di/>r/r>,  peccato. 

V.  42.  Essendo  nello  ibil'emo  M-parati  Ivtdnijeiit»  da 
Dio. 

V.  43.  Soipello,  dohhio. 

V.  45.  llluminato-dalla  Teokigia. 

».  47.  Jn  su  la  velia,  [a  cima. 

».  51.  H  poggio  i' omérA  getta ,  sì  fa  ter» , 

T,  54.  iffdnsi,  pHMÌ. 

».  56.  Colui,  il  Sole. 

V.  61,  O  anima  lombarda ,  SmràvWn  amutuano  , 

T.  66.  Comparazione . 

T.  72.   nomila,  sola. 

V- 76.  Esclamazione. 


116 

V.  86.  Compìlaniln  le  leggi. 

».  89.  Se  la  sella  é  vola ,  trasUiioiK . 

V.  92.  Desidera  l' impero  in  Italia . 

T-  96.  j4lla  predella,  alla  briglia. 

T.  105.  Con  trappoli  K  io  ne . 

T.106— 117.  Il  Volpi,  nel  Cataloga  delle  Edinotfl 
della  DÌTÌna  Commedia  (pag.  18),  aveva  notato  che  nell* 
Edirione  dì  Pietro  da  Fino  qui  erano  stati  tralasciati  do- 
dici versi .  Di  questo  mancamento  s'  era  por  avrcduto  il 
Tasso,  e  perciò  qui  La  traiicritto  di  lua  matiQ  ì  dodiaf 
vei^i  lasciati  nella  stampa.  L.  M.  R. 

T.118.  Ow««.«oCwe,  Cristo. 

T.  121  a  122.  Permetti  questo  per  maggior  bene? 

T.  123.  ^c/wo,  diviso. 

r.  427.  Ironia. 

T.  131.  Traslazione. 

T.  133.  Locomune  incnrco,  il  governare. 

V.  135.  >yoiAfircOi  soltentro. 

T.  137.    Tu  ricca,  tu  canpace,  tu,  ripetizione  . 

T.  145,  Rimembri-,  li  ricordi. 

V.  147.  Cangiato  stato. 

T.  149e15i.  Comparaxione . 

».  151.  Scherma,  ripara. 

CANTO  vn. 

,      T.  3.  Questa  medesima  difficultli  di  non  conoscerti^ 
detta  di  sopra . 
V,  7.  filo,  difetto. 
T.  10  12.  Gomparailone. 
T.  1 5.  Oue  il  minor  s'  appiglia ,  giù  basso. 
T.  18.  Deliaco,  ond'iofui,  Mantova. 
V.  25.  Non  per  male  fatto,  ma  per  non  uverP  kìt- 
V.  26.  L'alto  Sol,  Dio. 
T.28.  Limbo. 

T.  34  e  35 le  ire  sanie 

flirta,  teologiche. 
V.  4t.  jé  guida  mi  t  accosto,  per  goidarti. 
T.  54,   !Von  varcheresti,  non  anderesti  oltre. 
V.  60.  Di  notte . 
▼.  6).   Liei,  quel  luogo. 
T.  68.  Face  di  sé  grembo ,  piega , 
T.  70.  Sghembo,  Aaiio. 
T.  71,   C^eca,  discesa. 


127                                 ^^H 

1    T.  72. 

TI  lemho       estremiti                                                 ^^^^^| 

■     >.  73. 

Cotxo,  simile  a  zaferano.                                         ^^^^^^M 

■      ▼.  74. 

Indica,  azzurro  oltramarino .                                  ^^^^^^| 

■     T.  73  e 

;  76.  Comparazione                                                     ^^^^^^| 

■      >.  81. 

Jndisiinco,  non  separato  dalli  bIUì.                       ^^^^^^| 

■    .T.Ht. 

Etsendo  ascose .                                                          ^^^^H 

■     <.  90. 

Lama ,  pkiio .                                                         i               ^^M 

■     v.%'. 

Per  che  ne  anche  gli  altri  Imperatori  la  reerea-               ^H 

^■BO  e  restaurano .                                                                                       ^H 

■^  1.105 

.  Per  il  danno  che  fece  alla  Francia.                                    ^M 

,.100, 

.  Del  mal  di  Francia    di  Filippo  il  cattivo,  Re                ^H 

di  Francia.                                                                                               ^H 

T.  113 

.  Ma4chÌo  naie,  ^raa  naso.                                                    ^M 

..  117 

.  Di  vaio  in  i-ff.w,  di  re  bnono  in  nn  altro.                         ^M 

T.  120, 

,  Retaggio,  ereAìt\.                                                                ^M 

T.  1J1 

e  123.  Considerazione.                                                           H 

T.  130, 

.  Semplice,  buona.                                                        ^H 

■    T.i3a, 

,  JVe'rami  luoi,  nellagna  prole.                         '■)    ^^^^^H 
.  Canavcsti,  terra  in  quel  d' Alesaandritt .               ^^^^H 

■     T.136, 

1 

CANTO  vm.                         ^^^H 

1     .1. 

6.  DeticrìTe  la  sera.                                                    ^^^^^| 

■      V.  9.   ifurfd,  dritta.                                                                VV^^H 

■       T.  34. 

Testa  bianda,  capelli  biondi.                                           ^^M 

T.  39. 

;^fl.-,o,oraora.                                                                      ■ 

T.43. 

A'^f^alliamo ,  discendiamo.                                                       ^| 

T.49. 

L'aer  t' annerala,  facea  notte.                                              ^| 

T.  54. 

liei,  dannati.                                                               .I^^H 

T.  .57. 

tonfa»' acyue,  dal  TeTere.                                   ,    ^^^^H 

».68< 

:  69.  Dio  — /o  suo  primo  perchè,  U  laa  pnnu  ^^^^H 

ragione. 

^^^^^^M 

■       Y.78. 

In                                                                                            ^^^^H 

■     T.  74. 

Essendosi  rimaritatH.                                                  ^^^^^^| 

■     Y.  80. 

La  vipera,  arme  de' Visconti.                                 ^^^^^^| 

■      T.  83. 

Zelo .  autore .                                                                        ^^^^^H 

■      T.  82- 

-84.  Dimostri,  io  fàccia  cii  che  ha  net  core  .                     ^H 

■      T.  86.  Verso  il  settentrione.                                                        ^M 

9      ..95. 

JVattro  avversaro ,  serpe .                                                     ^^H 

"       T.104 

.  jÌ star  celestiali,  aogeVì..                                            ^^^^^H 

..109 

.  ^  Giudice,  tiino.                                                 .    ^^^^H 

..112 

.  Grazia  pretenienle .                                                ^^^^^M 

..113 

■.  Per  sostenere  il  lume.                                             ^^^^H 

■       ..114 

■ 

.  Sommo  .imo/fo,  prima  caaM. 

T.  Ila  — 114.  TrislMÌone. 
T.  120.  Dover  di  amor  umano  ditien  di»iii 
T.  128.  Sfregia  ,  difforma  . 
T.  129.  Per  essere  stali  liberali  e  giusti. 
T.  1 3,1 .  Torca  da  veia  strada . 
T.  133135.  Non  passeran  sette  «nm.  M»  e 
•lui  predire? 
▼.139.  Chiovì,  eft-tti. 
T,  139.  arresta  ,  ferma. 

CANTO  rx. 

T.  1.  L'Aurora. 

T.  5.  Fri^ittJo  animate ,  scùF'pioìit . 

T.  10,  Quel  d'  Adamo,  Ìl  corp*- 

T.16  — 18.  Onde. 

Ma  se  presto  al  mattin  det  ver  ti-MMoa  «e. 
(Inf.c.XXVI.T.  7.) 

V.  24  Sommo conciitopa,<:ie\a. 

y.  25.  Piede,  ferisce. 

T.  43.   // mio  (.on/orto,  Virgilio. 

T.  45.   ror/o, Tolto. 

T.58.    ^"--w.:, anime. 

T.  l>4 —  66.  Comparazione. 

T.  72.  fi/nca/io,  fortifico. 

T.  112.  Sette  /'.,  peccati  mortali. 

T.  122.   Top/)!),  serratura. 

T.  123.  Calla, fOTia. 

V.  124.  Quella  dell'oro  è  1' autorità, 
gento  la  scienia. 

r.  126.  Oi  sgroppa  ,sciog\ie. 

T.  132.  JVon  progredì  est  rerrogre 

T.  1 35,  Mostra  la  sorta  della  serratura 


T,  138.  Macra, 


priva. 


r.  144  e  145.  Comparazione 


CANTO   X. 

Y.  2.  Cbe  il  peccato  non  l' usa .  ' 

T.  6.  Avendomi  detto  1'  Augelo  che  non  tornul 

dietro .  ' 

I  Y.13.  Scarsi,  Urdi.  [| 
▼.  16.  Cruna,  via  stretta  . 

L                         T.  19.  Xo  atancafo ,  per  essere  col  oorpB.  .^J 


^^H 

m  Y. 

Sarrbhe  nipprtitu                                                       ^^^^^^H 

■    ..  3e. 

Aspettando  e  turdanttit.                                             ^^^^^^H 

■     •.  39. 

Purea  Tiro.                                                                    ^^^H 

■   •. 

Maria                                                                                        ^H 

^m     V.  52.  Rena,  costa.                                                                  ^^1 

■        V. 

Perchè  Olia  fii  arso ,  fecendo  l' iiffiiio  noè  «io-      ^^^^M 

■     ..  59. 

Ai  due  miei  temi,  tede»  e  iidim .                         ^^^^^M 

■     1.64. 

Benedetto  vaso.  Arca.                                             ^^^^^H 

■     ..  G5. 

Salmitta ,  David                                                       ^^^^H 

H        T.  74. 

Roman  prince ,  Traiano .                                             ^^^^^H 

..94. 

Dio.                                                                                ^M 

T.99. 

fabbro  loro ,  DÌO .                                                                   ^H 

T.  106 

.    Ti  f maghi,  muti -piofOiìlo.                                                     ^H 

T.  110 

.  Senso  la  ihcceisiun ,  parche  anderanno  in  pa-               ^H 

ndito. 

H 

..116 

.  Rannicchia ,  inchina .                                                           ^^M 

..118 

.  Dfii'KiccA/a,  sviluppa.                                                         ^^M 

..126 

.  Schermi ,  far  ripari .                                                             ^H 

..127, 

.  Ja  aito  galla ,  va  in  alto .                                                              ^H 

..128 
_.ii.ioni. 

.  Entomata  in  difetto,  animali  pieni  d'  impai>,                 ^H 

— 132.  Comparazione.                                                            ^^È 

Vt.133. 

,  Rancura,  compassione.                                                         ^H 

1 

CANTO    XI.                                                     ^1 

■    ..2. 

3.  Ma  per  pii^  amore,                                                            ^| 

f        Ci, 

a  primi  effetti  di  là  su  tu  hai^  aimile  a  quijtlo:                  ^H 

u. 

(loria  di  coIdì  che  tutto  muore  ec.                                         ^H 

(P.r.c.l.  ..Ireg.                                                                            H 

..  3.  //  luo  nmie,  la  lama  della Sapieiua,  il  figlrooln  -                ^| 

r'I  tuoi                                                                                       ^^^^^ 

'alort,  potenEiB  al  Padre.                                                              ^H 

T.6.  r^npore  ,' amore,  cioiSpirìto  Santo.                          ^^^^^^| 

..19. 

J"a<^oru,  si  vince.                                                           ^^^^^H 

,.25. 
_       ,.  30. 

Ramogna ,  orosperitì  .                                               ^^^^^1 
Caligini  dfl  nxwu^o,  peccati.                                   ^^^^^H 

%     ..34. 

Note ,                 .                                                         ^^^^M 

■     ..41. 

Quelli,  Dante                                                             ^^^^^H 

■     ..41. 

■     ..53. 

,  tessa                                                              ^^^^^H 

■     ,.63. 

Comune  madre ,  morte                                              ^^^^^^| 

■     ,.81. 

Alluminare ,  miniare .                                               ^^^^M 

■     ..91. 

-93.  Senlen».                                                            ^^^H 

1 

Che  continuino  groMotana mente,                                                  1 

L 

.     A 

130 

T.  97.  CaTslcanii  a  Guinicelli» 
T. 99.  Dante. 

T.  103  e  104 se  vecchia  scindi 

Da  te  la  carne  ^  maorì  Teccliio . 

T.  105.  Il  dire. o  danari. 

▼•  108.  L'ottaya  sfera. 

▼.119.  Tumor  m' appiani ^  gonfiamento  abbassi . 
▼.126.  7V0/7/7' oso  y  presontaoso. 
▼.128.  Or/o,  fine. 
▼.  1 40.  Fucini  tuoi ,  Fiorentini . 
▼.142.  Opera  ^  caLTÌtìi^  gli  tolse  guet  confini  j  locon- 
dosso  in  Purgatorio  • 

CANTO  xn. 

▼.  3.  Il  dolce  pedagogo ,  Virgilio. 
▼.  4.  Varca ,  va  acanti . 
▼.  5  e  6.  Traslazione . 
▼.  1 4.  Alleggiar ,  leg^erire . 
▼.11  —17.  Comparazione. 
▼.  22.  Sprona  i  pii  a  dolersi . 
▼.  22.  Erano  più  belle  che  qua  non  si  fanno. 
▼.  24.  Erano  scolpite  in  qael  parimento,  ma  a  cbe 
proposito? 

▼.  37.  O  Niobe ,  figlinola  di  Tantalo . 

▼.  38.  Segnata  \  scolpita . 

▼.  49.  Duro  pavimento ^  perchè  era  di  marmo. 

▼.  69.  Givi ,  andai  • 

▼.76.  Co/ui  9  Virgilio. 

▼.  81.  V ancella  sesta ^  l'ora  sesta. 

▼.  84.  •  Raggiorna ,  ritoma . 

▼.  88.  Cr^tf^iira  ^é//a,  Angelo.    . 

▼.  94.  Andando  i  più  in  Inferno. 

▼.101.  S.  Miniato. 

▼.  1 02.  La  ben  guidata ,  Firenze  • 

▼.103.  Montata. 

▼.  104-  oca/re,  scale. 

▼.  1 05.  Non  si  falsavano  i  libri . 

▼.121.  P.  peccati. 

▼.123.  Atf 51,  purgati. 

T.  1 27  —  1 32.  Comparazione . 

▼.  133.  Scempie f  semplici. 

▼.  135.  Quel  dalle  chiavi^  Y  Angelo. 


^^^^^^^^^H^H^^^HI^^^^^^I 

1»                                            H 

CANTO  xia.                      ^^^1 

'^.8.  Srcondam^Mc,  \n  seconda  volta  dopo/UprimA              ^| 

nrtadc 

Purgatori»—  Si  riseea,  attraversa.                                    ^1 

T.  3.  Diimata  ,  purga .                                                                       H 

T.12. 

EUtCa ,  eleKione  d' ire  i                                                            V 

ir.  16. 
T.  27. 

O  dolce  lume,  ly'w.                                                                 H 

InTÌIaroDO  alla  carità.                                                             1 

•,.31. 

Io  ìono  Oretti:  ,  came  pa&  essere  Orect*  ìn  qns«                ■ 

•D  luogo 

^^1 

Diligite  ìnimicos  vestros .                                          ^^^H 

y.  37. 

^y.rsa,  purga.                                                           ^^H 

i  ».  52. 

^nfoi,  ancora.                                                             ^^^^H 

».61  « 

66.  Comparazione.                                                    ^^^^^| 

».  66. 

v/g^gr.^,  muove.                                                                ^^H 

».  67. 

Aon  approda ,  non  fa  lume .                                      ^^^H 

».  71  « 

72.  Comparaiione.                                                       ^ 

».  75. 

Consiglio  saggio,  Virgilio. 

».76. 

Muto,  premuto. 

».88. 

Bìsalva  le  schiume ,  lava  le  macchie. 

».  103 

Dome,  purghi. 

».  107 

Rimonao,  purco.                                                                 ' 

».  108 

/4  colui  chi:  se  ne  preiti ,  a  Dìo  che  doni  se 

stesso. 

».111 

Invidiosa. 

».  114 

Dopo  il  meztD  dì  mia  vita. 

».  120 

^d  ogni  altra  dn/iuri,  grande. 

».  123 

.  Che  pensò  di  genonro  fosse  passato  il  verno. 

».  131 

.  Porti  gli  occhi  sciolti,  sei  vivo. 

».  132 

Sì  come  io  credo,  perchè,  sendo  cieco,  non  1» 

»edea . 

».150 

.  Ali  rinfami,  riponga  in  fama .                                 ^^^^H 

».  153 

.  /Pianti,  fiume  cosi  dello.                                        ^^^H 

CANTO    XIV.                                 ^^H 

V.  6.  eccolo,  accoglilo  dolcemeiitc.                                              | 

».  10 

eli.  Fitta  nel  corpo,  riyì.                                                     1 

».17. 

Arno .                                                                                         M 

».1!>. 

Di  so'jr'  fsìo ,  da  Firenie .                                                       ■ 

».22. 

Jcearno,  comprendo .                                                            fl 

».  29 

Si  sdebitò  cOìì ,  satisfacendo  alla  dimandi.  ■                         V 

»    ».31. 

Dov'  e'  sì  presso,  d*  acque,  dove  na*ce  il  Tever».                "M 

t 

m 

1S2 

T.  34.  Jnfin  là ,  al  mare ,  doTe  sboccano  i  fiumi . 
V.  39.  Frmga ,  stimola. 
T.  42.  Dorè  conTertia  li  nomini  in  bestie . 
T,  43.  Aretini. 
T.  47.  Ringhiati ,  orgogliosi* 
T.  52.  Cupi ,  profonot . 
T.  54.  Occdpin  Tinca. 
T.  59.  Traslazione  • 
T.  64.   Trista  selva ,  ^ìff^  i^cst^, . 
T.  67  e  69.  Comparazio^. 
T.  89.  Aiarso^  acceso . 
T.  87.  DoTe  si  priya  c|m  pois^dl|B . 
T.  91  i  Brullo^  nudo 4 

T.  93.  jil  i^ero  e  al  trastullo^  all'  intelletto  e  alla  to- 
lontÀ . 

T.  102.  Poicbè  di  piccolo  divl/^ne  crande. 

T.  118.  I  Pagan.^  g^ntil/upmini  di  Faensa. 

T.  120.  Qnia  nnllos  sine  crimini^  ^i^it. 

T.  128.  Ci  seminano  andar,  percbè  erano  cieche. 

T.  131.  G>mparazione. 

▼.  1 36.  Poiché  più  nofi  la  adimmo . 

T.  1 38.  Panre  balene  e  tuonp . 

T.  1 43.  Canto ,  Areno . 

T.  145-151.  Sentenza  i 

T.  151.  Chi  tutto  discerné^  Dio. 

CANTO   IV. 

T«  1  -6.  Descrive  Torà  yespertipa. 

T.  3.  Perchè  mai  sta  ferma. 

T.  6.  Quiy  in  Italia. 

T.  7..  Andando  Terso  il  Sole. 

T.  10.  La  fronte^  la  vista. 

Y.  14.  Solecchio y  ombra. 

T.  15.  Toglie  il  lume. 

T.  16  -  21.  Comparazione. 

T.  18.  Jforfo /larcccA/o ,  parimente . 

T.  21.  jlrt^y  prospettiva. 

T.  22.  Ri/ratta^  ripercossa, 

T.  25.  Do/ce ;w»Jrc,  Virgilio. 

V.  33.  Secondo  la  tna  capacità. 

V.  36.  Scaleo^  scala. 

T.  37.  Linci  y  di  quivi . 

T.  38.  Beati  miseneordes  f  (juomam  merees  vetirM  eie 


^^^r~i 

1 

1 

...     m 

39. 

Che  vinci,  che  purghi  li  pecMtt.                                       ^H 

42. 

Prode,  ione.                                                                        ^M 

B  ** 

48, 

Perchè  mrn  sfi  piagna.,  mt  «v«r  men  pena.                     ^H 

^v 

50. 

Invidiando  il  bene  altnii.                                                       ■ 

H      T. 

52. 

Detta  spera  supfrina,à\lì\o.                                                    ^| 

1 

55. 

Qoanti  più  sono  a  dire:  «jnestv  è  mio  .                                 ^H 

H 

S8. 

D' rtsrr  conltnto  ptù  dmiuno ,  meti  OontentD .                     ^H 

H 

61  63.  Dubiu.                                                                      ^M 

H          T 

66. 

Dispicchi,  cavi .                                                                             ^^| 

H 

69. 

Comparar  ian« .                                                                       ^^| 

H        T 

75. 

Comparazione .                                                                                ^H 

H 

76. 

OM>»,a.887.Ìa.                                                                               H 

1 

78. 

Brama,  desiderio.                                                                  ^H 

H        T 

80. 

Cinifne piaghe,  cinque  peccati  mortali.                              ^1 

81. 

Si  saldano  per  la  contrizione.                                                ^H 

82. 

Appaehe ,  sodisfei .                                                                   H 

1         T 

8;e86.  Es>mineiUsi.                                                             ^ 

H 

88. 

Do/)/»,  Maria.                                                            ^^^M 

97. 

rr7/a,citU.                                                               ^^^H 

1    * 

98. 

^^^H 

V 

107 

Giovinetto,  S.  Ste&no .                                            ^^^^1 

T 

112 

^//o                                                                             ^^^^H 

11 

P/'erti  diisrrra,  morirà  pietà.                                ^^^^^H 

116 

Erano  nnln  T«re  nel  significato.                              ^^^^^H 

117 

Finita  l'eHtasi.                                                                   ^^H 

^      T 

123 

Comparaiionp .                                                                       ^H 

127 

.  L-irvf.  maschere.                                                            H 

131 

e132.  Tmlaiione.                                                                 ■ 

132 

.   El-rnoJorUe,T}\o.                                                                      f 

135 

.  Disanimalo,  morto.                                                            ^H 

139 

.  F'Mpcrn,  la  stella  della  sera.                                             ^^^| 

111 

.  Serotini  e  lucenti ,  tardi  delU  lera .                                    ^H 

1« 

.  G/<occA.',  iUedere.                                                             ■ 
CANTO    XVI.                                            ^1 

Y 

1  < 

3.  Comparnxione.                                                       ^^^^^H 

T 

10 

B  13.  Comparaiione.                                                  ^^^^^^È 

T 

11. 

Dar  di  roszo,  percuotere.                                       ^^^^H 

13. 

,9/izio,  brutto.                                                           ^^^^^^1 

T 

15 

jVo/)  sie  mozzo,  non  li  diparta'.                                ^^^^^H 

T 

18. 

^^^M 

T 

19. 

hsordia,  principi.                                                    ^^^H 

T 

1 

22. 

Or  tu  shi  tei?,  aDanlc— /e/t(/i,apn.                  ^^^^H 

h 

1S4 

T.  29.  Come  se  in  nTessi. 
T.  32.  Colui  che  ti  fece  ^  Dio. 
▼.  S4.  Lece^  è  lecito. 

T.  37  e  38 Fascia , 

Che  la  morie  diuolve  j  carne. 
T.  44.  Fareoj  passo. 

T.  45.  Perchè,  non  vedendo,  ifndaTa  allo  scuro* 
▼.  52.  Perjede  mi  ii  icgo^  ti  prometto. 
▼.  63.  Chi  dalle  stelle,  e  chi  da  noi* 
T.  64.  Affetto . 
T.  72.  G>ntrapi>08Ìzioni . 
T.  73.  Inizia^  uà  principio. 
T.  74.  G>ntrarj. 
T.  83.  Sicheggia^  si  domandi. 
T.  91  e  96.  TrasUaione . 
T.  96.  Se  non  tutto,  almeno  in  parte. 
T.  98.  Pastor  che  precede  j  Papa . 
T.  99.  Traslazione. 
T.  101.  Di  beni  temporali. 
T.  103.  Condotta y  guida. 
T.  1 07.  Duo  soli ,  Papa ,  Imperatore . 
▼.  114.  Traslazione. 

T.  118  e  120.  Non  trovasi,  non  ci  è  persona  liberak* 
T.  129.  Cade  nel/angOj  non  potendoli  sosfeneve* 
▼.  1 32.  Non  erano  possessori  di  beni  temporali  • 
T.  135.  Rimproverio^jìtauenO'^  del  secolo  selvaggi 
per  la  malignità  de  Ili  uomim. 
T.  140.  Gaja,  he\\9i. 

CANTO    XVIL 

T.  1  e  6.  Comparazione . 

T.  13.  Esclamazione. 

T.  20.  Rondine. 

T.  22.  Qui  ^  in  questa  imagine. 

T.  32  e  33.  Comparazione  • 

T.  40  e  43.  Comparazione  • 

▼.  51 .  Raffronta ,  Tede . 

T.  52  e  54.  Comparazione  • 

T.  56.  Prego ,  esser  pregato . 

T.  58.  SegOy  con  se  stesso. 

T.  75.  Di  camminare . 

V.  87.  Traslazione . 

T.  97.  Sei  primo  ben  ^  uiDIa. 


135 

T.  101.  Bene^  mondano. 

T.  104  e  105.  Di  bene  e  di  male. 

T.  108.  Tute^  secure. 

T.  114.  Z/mo,  corpo. 

T.  123.  Mostrando  l'odio. 

T.  124.  Questo  triforme  amor^  di  cose  terrene  • 

▼^131.  Cornice ,  luogo . 

CANTO    XVUI. 

▼.10.  S^  aifvivaj  cresce. 

▼•  16.  Traslazione. 

V.  28  30.  Comparazione. 

▼.  34  e  36.  Sentenza,  t.  35.  Jvvera^  afferma  perderà. 

▼•  42.  Di  dubbiar  più  pregno  •  più  dubitare. 

T.  45.  Non  è  suo  merto^  percbè  non  consentendoTi . 

T.  49.  Sustanzial forma ^  anima -'-je////, separata. 

T.  57.  Cbe  sono  li  primi  moti. 

T.  63.  DeTe  custodire  l'entrata  del  consenso. 

T.  66.  accoglie  e  viglia  j  aduna  e  lega. 

▼.  69.  Scriydndo. 

T.  75.  Imprende j  insegna. 

T.  81 .  In  occidente . 

T.  83.  Pictola ,  villa . 

T.  84.  Ayendomi  soluto  il  dubbio. 

▼•  94.  Falca ,  Tolge. 

T.  105.  Sentenza. 

T*  109.  Non  vi  bugio ,  non  dico  bugia. 

▼.  123.  /'oua ,  possesso. 

T.130.  E  quei  ^ytv^ìio. 

T.  145.  Come  si  cagioni  il  sogno . 

CANTO   XK. 

Y.  1  e  6.  DescriTe  l'Aurora. 

T.  7.  Balba ,  scilinguata . 

T.  9.  Scialba  y  brutto  colore. -~  La  falsa  felicità  « 

▼.  10  e  11.  Comparazione. 

T.  20.  DismagOj  distruggo. 

T.  24.  Appago  y  satisfo. 

T.  26.  Una  donna  ^  la  virtù. 

▼.  39.  Andando  verso  occidente. 

V.  42.  Andando  chinato . 

7.  45.  Marmj  provincia. 


T.  138.  Percbè  la  morte  toglie  TaatariU. 
T.  1 39.  Arresti ,  fermi . 
T.  140.  Stanza j  dimora. 

CANTO   XX. 

T.  3.  Traalasione.  Mi  qii^taijt  «ebbene  non  ero  e 

T.  5.  Roccia^  costa. 

T.  7.  Fonde  a  goccia  u  goccia^  liMBri|i»«>« 

T.  8.  H  mal  cA«  tufio  iimqiufo  occupa ,  afikrisie 

T.  9.  Approccia^  appressa. 

T.  12.  Cupaj  profonda. 

T.  15.  A>/ire<la,  si  parta. 

T.  24.  Portato^  parto. 

T.  31.  Larghezza,  elonO^ifie* 

T.  43.  Traslazione. 

▼.  44.  Aduggia  ,  consuma. 

T.  48.  Lui  che  tutto  giuggia  i  Dip  eh»  lotto  givi 

▼.  54.  S.  LadoTico. 

T.  62.  Perchè  si  ytnofgoAy^i^'^^vQìJ^^  . 

T.  69.   Tomaso,  S.^Tomam''ÌlAiÌvÌM^^ 

T.  70.  ^/k?òr,  ancora. 

T.  81.  Q>mparaxioae  • 

T.  82.  Esclamasione. 

T.  87.  Catto  j  preso. 

T.  93.  Desideno  di  beni  diChigi» 


^^ 

^   ,„      ■ 

! 

CANTO    XXI.                                     ^^H 

▼,  1.  La  irU  naturai^  i\ia^t^.                                                    ^^| 

*.  5.  /m/tdcc/a/ai-io,  penile  età  pienad'tnijiie.                        ^| 

T.  12. 

/Iddr'iimo ,  accorgemmo.                                                       ^H 

».  16, 

Ad  beatotoncih»,  in  >iiel».                                      ^^^H 

».  19. 

Adendolo  seguito  in  fretta.                                          ^^^^^H 

».  ». 

^^^^H 

..28. 

1...  30. 
».  37. 

Adotchia ,  V  ede .                                                       ^^M 
Cnm/i,  niezzn.                                                                         ^H 

..10 

t  <^2.  E  sempre   questa   ìmg^  rfUguKet  »  uno                  H 

kodo- 

■ 

».48. 

Delle  porte  del  Purgatori©  .                                              ■ 

..50, 

Corruicar,  balenare  — >"ì;//<i  di  Xaun'ftnle ,  Ar-                  H 

,..51 

■ 

Perchè  «aria.                                                                             ■ 

..52 

Skco  vapor,  venti.  ( Forse igeiiltfutor  d'  venti)                    ^| 

..54 

/Vear'o.  l'Angelo.                                                                   ■ 

..61 

/)r//a  mondiziauji' etsere  purgato-                          ^^^M 

.,63 

•ì'o/79/-crnr/r,  snpraprende-                                            ^^^^^| 

.,69 

Di  miglior  soglia  ,  d' andare  «vanti .                          ^^^^1 

.,77, 

Scalappia  .  $:Ìega .                                                         ^^^^^| 
Coppia,  intcndn.                                                          ^^^^| 

.,81 

..8i 

Df^ncrizione-                                                                   ^^^^| 

..84 

^^^H 

.,85 

Co/ nome,  di  poeta.                                                 ^^^H 
Morse  avanti  che  la  finisse.  Traslaiione.                      ^^^H 

,    .,93 

.,97 

98 BUimma                                              V 

Fammi ,  ejummi  nutrice  ,  ripetmonc ,                                         H 

.,  1 01 ,  Un  Sole ,  un  anno,                                 ^                         H 

.,102,  Al  mie  iucir  di   bemdo,  <U  lU™    in   P»re.-                  ^ 

torio. 

H 

T,  1 08.  Hanno  manco  forza .                                                                 ■ 

..109.  y*nini(cea.  accenna,                                                     ^^^H 

.,111,  Piò  si  coiio.^oe  l' affetto ,                                               I^^H 

»,  1 1 2,  ^uommi ,  prendi ,                                                      ^^^H 

T.  135.  Mimenlo,  dimentico.                                           ^^^^M 

xxjr.                         ^^^H 

..6. 

Con           et             juslitiam .                                  ^^^^| 

..12 

i 

Pnrcbè  l'amore  ai  apparisaf .                                       ^^^^H 

138 

t.  28  —30.  Sentenza . 

T.  36.  Lunari^  mesi. 

T.  40.  Quid  non  mortalia  etc. 

V.  42.  Giostre  grame ^  incontri  tristi. 

▼•  46— -48k  Sentenza. 

T.  49*  Rimbecca ,  ribatte .. 

T.  54.  Per  lo  eonirario  suoj  prodigalità . 

T.  57.  Virgilio. 

T.  60.  Sine  fide  etc  (  cioè  :  sine  fide  impotùbile 
piacere  Deo  ) . 

▼.  61.  Qu€U  lufhi  e  t/uai  candele  ^  che  dÌTina  iUan 
zione.. 

T.  67 — 69.  Sentenza. 

T.  75.  Traslazione . 

T.  76.  Pregno ,  pieno  • 

V.  79.  Profeti. 

y.  81 .  Usata ,  usanza  • 

T.  91.  Come  può  esser  questo  • 

T.  94.  La  difficoltà. 

T.  96.  Ci  avanzava  d' ire  al  sesto  balzo . 

V.  101.  Qt^l  Green y  Omero. 

T.  102.  Traslazione. 

V.  105.  NiUrieì  nostre^  Muse. 

▼.117.  Partff/,  sponde. 

V.  118.  Ancelle  del  giorno  ^  ore . 

V.  1 20.  Ardente  corno ,  la  testa  di  esso  timone  • 

▼.  1 33  —1 34.  Comparazione . 

Y.  1 44  — »1 54.  Esempi  di  astinenza . 

CANTO  xxni. 

▼.2^-3.  Comparazione. 

V.  16—18.  Comparazione. 

▼.  30.  Che  per  fame  mangiò  il  figliuolo. 

▼.  35.  Brama ,  appetito . 

▼.  39.  Squama ,  pelle . 

▼.  45.  Non  Tavea  conosciuta. 

▼.  58.  Sfoglia ,  smagra . 

V.  68.  Sprazzo ,  spruzzo  d' acqua . 

▼.  70.  Spazzo  I  pavimento . 

V.  87.  Pianger  dirotto ,  sufiragi . 

▼.94.  Barbagia  jhàTh^Tidi. 

▼.  107.  Antfnanna  ,  apparecchia. 

T.  110-111.  Putti. 


139 

T.  1 20.  La  suora  di  colui ,  Luna . 

T.  126.  Voi ,  che  il  mondo  fece  torti ,  peccatori. 

T.  1 33.  Sgombra ,  separa . 

CANTO   XXIV. 

T.  1.  Né  per  ragionare  andayamo  più  lènti,  né  nel  cam- 
mino ragionavamo  meno. 

T.  4.  Bimorte ,  morte  più  volte. 

T.  6.  Si  accorsero  che  io  viveva. 

T.  13  e  14.  Era  bella  e  buona. 

T*  16.  Fieta  ,  nega. 

T«  1 7.  Munta ,  macra  • 

T.  18.  Dieta ,  digiuno . 

T.  22.  Papa  Martino  lY. 

▼.  30.  Rocco ,  pastorale  . 

T.  37.  Ei  mormorava  j  parlava  infra  sé .  —  Gcntucca , 
nome  proprio . 

T.  39.  Pilucca  ,  tormenta . 

T.  43.  Sendo  giovanetta . 

T.  49.  Co/m,  Dante. 

T.  55.  Jssa,  ora, 

V.  64.  Comparazione. 

T.  72.  Affollar  del  casso ^  aniar  del  petto. 

T.  80.  Spolpa ,  priva . 

T.  84.  Nello  Inferno . 

T.  85.  La  bestia j  il  Diavolo. 

T*  87.  Con  infamia  muore. 

T.  94—96.  Comparazione. 

T.  97.  Falchi ,  passi  • 

T.  105.  In  Idei ,  in  là  • 

T.  1 08  —Comparazione . 

¥.112.  /{icrei3^ix/a,  fallita. 

T.  121.  Maladettij  Centauri. 

T.  129.  Miseri  f  illeciti. 

¥.133.  i^o//re,  soli  tre. 

¥.  135.  Poltre ,  pigre. 

V.  1 45  —1 47.  Comnarazione . 

V.  150.  Orezza,  oaore. 

V.  154.  Perchè  banno  sete  di  cose  giuste. 

CANTO   XXV. 
V.  1.  Aorpiio^  impedimento. 


T.  «.  Vene  va  ., 

«.  47.  Qaello  dell'  noma  «  Art,  0  qk«Kè  dfeÉA'd 
patire. 

T.  57.  Poue,  foieaix  ~  ond' è  uménie,  ottÓe 
dono. 

T.  72.  L'Anima, 

V.  77  fi  78.  Comparazione. 

T.  80.  Sottreii  dalla  carne  ,  mnor-'-  e  i'ji  virtM 
■ttmlmentc . 

t;  86.  All'una  delle  r/we,  allo  Inftriio  o  al  Purg 

T,  91.    Piornn,  pieno  d' acqua, 

T.  96.  L' anime  nan  soinÌf;lianze  di  corpi)  aereo . 

T.  1 08.  Perchè  apparisce  che  si  dimagrino , 

T.114.  Seq uesl r-i  .Mparti. 

T.  115.  Schiuso ,  aptrìo . 

T.  123.  Caler,  ctinre. 

*■  126.  Aifuando  a  quando,  a  part«  a  pnto. 

CANTO   3XVI 

V.  3.  Jo  li  Kaltro,  rendo  avTedtrto. 
T.  4  e  6  I<a  «era . 
▼.  7.  Boveate,  caldo. 

T.  12.    PWfTÌTO. 

T.  15,  Per  non  relatdarii. 
T.  SS.  Come  sei  tìtoF 


1« 

T.  81.  Per  purgarsi  presto. 
T.  87.  Pasiie. 

;  fatti . 
y.  93.  Essendonii  pentito  aranti  la  morte  . 
▼.  94  e  95.  Comparai  ione  . 
T.  96.  JVon  a  tanto  insurgii,  a  quuito  sarsao  eui  per 
bbrarciarsi. 

103.   P'iìciuto,  traslaiioiW.  i 

T.  105.  Con  giuramento . 
».  108.   Aar  éip'D  ,  oscurare. 
'».  11'.  Traslaiiane-. 

.  i*w/  J'  Lrmoiì,ArBa]àr)I)anìeno. 
T.  121  e  123.  Sentenift. 
l.nS.  Traslazione. 

CANTO    XXVIi 

.1  —  5.  Descrive  la  sera  . 

.  15.  Comparatione . 

.  33.  Non  pensando  voler  toccate  i|uel  liiouo. 

.37-    39.  Comparazione. 

.42.  P.jiiipoiiti.  TÌmice. 

.  45.  Comparaiione  ' 

.51.  W«rV  misura. 

.  62.   Sfut/ìaCt  ,  trasìatione. 

.  67.  Pochi  scaglioni  eramo  saliti. 

.  73.  Si  pose  a  giacere  . 

.  76—  84.  ComparaxioDc . 

.  76.  Mante,  fernu. 

'.  82.  ÌUandrian  ,  pastore. 

'.  82.  Peculio  suo,  suogicg^er 

'.91.  /{Hmina/i'/u  ,  esaminando . 

'.  92.  ÌHi  prest  U  MmaOfH  *#«nO(  ripigliffmrjita. 

-94.  Visione. 

'.  95.  Cilerea  ,  Venere. 

r.  98.  Landa,  campagna. 

Y.  104.  Smaga  ,  parte  . 

r.  105.  Ammiraglio,  specchio. 

r.  109.  jlntelucani  .ìnvaìtàf^ana. 

r.  115.  Qufl  dolctpiimr,  sommo  benn. 

'.  119.  Strenne  ,  niancie. 

r,  121.    Tanto  voler  sopra  \-oltr,  ripi^ionicDta . 

r.  132.  Urte  vie,  ^ric  ^  a  gnomi  nano  nr. 


I  t'.  60 


y.  1 42.  Qol  h  da  notare  che  Dante  non  rirpt 
alcuna,  onde  mostra  grande  iDgratitudine. 

CANTO  xsvra. 

Y.  3.   TVm/Mrai'ii,  Èicea  parer  pi&  bello. 

V,  6.  Oliva ,  odorara . 

T.  7.  jlfufatnenrc,  alterazione. 

y.  18.  Bordane,  ìenarc- 

r.  19— ZI,  Comparazione. 

V.  31,  Bruna  bruna,  par  cosi  per  l'ondire 
beri. 

T.  36.  Mai ,  rami . 

*■  37  —  39.  Comparazione. 

T,  44  e  45.  Sentenza  . 

V,  45.  Fisonomia . 

T.  52— 54.  Comparaiìonc . 

T.  57.  Comparazione  - 

Y.  60.  Si  intendeano  li  concetti. 

T.  68.  Traendo  più  color,  cogliendo  fiori . 
T.  71  —  74.  Comparazione  - 
T.  80.  Dìlectasti,  me  Domine  in  feotara  tu». 
T,  90.  L'errore  che  t'impedisce. 
T.  91.  Lo  sommo  bi:n.  Dio. 
T.  94.  DiffaUa,  peccato. 

T.  94  e    95.  Diffalca  ;  per    tua  diffaUa ,  ri 
in9nto . 

T.  102.  Il  Purgatorio  . 

T.  101.  Prima  fij/fa,  primo  mobile. 

T.  105.  Dai  venti. 

▼.110.  /njpri-^raa,  traslazione . 

T.122.  MBteore. 

T.  135,  Sete,  desiderio.  TniBlazione. 

T.  138.  S'io  dico  pii  che  non  ti  promi 

cAiSTo  xax. 


'■  * — 6,   Compar  _.   

'■18.  £uTf/-o,  splendore. 

»■  2ì.  Biasmare  la  temerità  di  Eva  . 

Y.  27.  Perchè  volesse  sapere  ogni  e 

▼.  43.  Allegoria . 

'.  49,  Diicarso  ammannit ,  porge  d 

».  60.  Conparatione . 


▼.  66.  Fuciy  fa. 

T.  75.  Pennelli ,  stendali  di ...  • 

▼.  76.  Egli ,  aere .  • 

T.  91  •  Luce  luce  ,  agnominazione . 

T.  92.  Quattro  animali ,  Evangelisti . 

y.  115  —  1 20.  Comparazione  • 

T.  1 20.  Arcanamente ,  sommamente  • 

t:  121.   7Ve  é/o/»/ir  .  Virti\  teologiche  • 

▼.  136.  Quattro y  Virtù  cardinali . 

T.  136—137.  S.Laca. 

T.  138.  Uomini. 

T.  140.  S.  Paolo. 

▼.147.  ^ro/o  I  corona . 

CANTO   XXX. 

T.  1.  //  iettentrion  ,  il  carro  detto  di  sopra. 
T.  1 3 1 5.  Comparazione . 
T.  16.  Basterna  j  CSLTTO , 

▼.  22 — 27.  Descrive  1'  A^rora . 

▼.  35.  A/franto^  smarrito. 

▼.54.  A  il  re  ^  oscure, 

▼.  58  —  60.  Comparazione. 

▼.  7Q».  Pt'ottrva ,  grave . 

▼.  72.  Sentenza. 

▼.  76.  Specchiandomi  in  esso . 

▼.  79.  Comparazione. 

▼•  85  —  90.  Comparazione . 

▼.  89.  Purché  la  terra ,  che  perde  onihra ,  porche  il 
▼ento  Austro. 

▼.96.  S tempre^  struggi. 

▼.  1 01 .  Sostanze  pie ,  Angeli . 

▼.118  —  1 20.  Comparazione  • 

▼.131  e  132.  Sentenza. 

▼.  131).  Uscio  de'  morti j  Inferno. 

v.  142.  L*  alto  fato  di  Dio^  la  pro^idenza  di  Dio. 

▼.  145.  Perchè  il  fiume  dii  Lete  non  si  passa  senza 
oontrizione . 

CANTO    XXXI. 

▼.  2  e  3.  Traslazione .  t; 

▼.  4.  Guata ,  tardare . 

▼.  16 — 18.  Comparazione. 


1-44 

T.  21,  Varco,  TÌa. 

T.  25,  Impsdimenti . 

V  28.  Miglioramenti. 

T.  29.  ÀUre,  doDO«. 

T.39.   Tol^'ud-c<^,Dm. 

*.  62  e  63.  Senlcnaa  . 

¥.  64  —  66.  Comparaiìiooe . 

T,68.  La  itìrtd,  il  TÌ8ò. 

V.  70.  Dibarba  ,  svpH«  . 

T.  75.  Percliè  non  era  d' età  da  rergbgnarsi . 

T.  80.   Fiera,  grironc. 

T.  B4.  Li  parea  più  bella. 

V.  90.  Coiti,  Beatrice. 

T.  96.  Spola  ,  con  la  quale  si  tesse  . 

y.  104.  Quaiiro  hi:lie,  virti  nidrali. 

T.  109.  i)/err^/i(i,  ti  meneremo. 

T.  121,  Comparazione. 

T.  132.  Gariùii,  modo. 

T.138.  SrcO'iàa,  divina. 

▼.  145.  Ti  mostrasti  divina. 

CANTO    XXXIf. 

T.  2.   Disbramarsi ,  saiiarsk  -"  DvaeRiìV 
T.  4.  Esti ,  occhi . 
T.  5.  Ca/c/-,  curare. 
T.  tì.  Come  avea  Éitlo  in  vita. 
T.  8.  Quelle  Drr  ,  le  IJI  Virti'. 
T.  13.  /?//(wmDMi ,  restanrò. 
T.  18.  Scltejiam'nr,  VII  Virtù. 
11.  Comparazione. 


r.  28.   /-.i 


.nfrrentlii 


T.  30.  Segnò  la  terra  cofi  minor  c..^^,...,...—^ 

T.  31.  Sri^'ii  fola,  il  Paradiso  volo  per  cd|«»j 

V.  39.  L'arltore  del'bmee  del  male.  ' 

V.51.  QurlUifei,  iltimone. 

T.  32  — 57.  Comparazione. 

V.  54.  C'ieite  LuiCii,  segno  di  pesci.  *' 

T.  55.   Turgide /ansi ,  ingrossano. 

V.  64.  Assonnaro,  addormentarsi. 

T.  67  — 69.  Comparazione.  , 

T.  73  — 75.  Comparazione.  ' 

V.  73.  &r/ »ji^/o,  che  transfignrò. 

T.  81.  Jto/a, veste. 


U5 

T.  95.  Plaustro f  carro. 

T.  97.  Claustro,  chiostro  • 

T.  100.  Silvano,  di  questa  selya. 

T.  102.  U  cielo .  Allegoria . 

T.  103.  Proy  utile. 

▼.  109—111.  Comparasìone. 

T.  116  e  117.  Comparazione. 

y.  118.  Nella  cuna^  ncA  cuore  e  seno*. 

y.  122.  Pula,  fuga. 

Y.  133  — 135.  G>mparasione'. 

CANTO    XXXIU. 

T.  3.  La  distrazione  della  Chiesa . 

T,  15.  fi  savio  y  StsStìo , 

T.  25—27.  Comparazione. 

T.  36.  NoÀ  hasta  sacriBòio  jp'ef  ^hcMB'.  "" 

T.  58.  L' aguglia ,  Y  Aquila .  ' 

T.  42.  Sbarro y  impedimento. 

T.  43.  Enigma.  DUX, 

T.  48.  Àtiuia ,  oscura . 

T.  49.  Nnjafie  ,  Ninfe  di  fonti . 

T.  51.  Alludendo  alla  médesiiòàk  &4^òhi. 

T.  57.  Dirubata ,  spogliata . 

y.  63.  Cristo. 

y.  67.  IVon  fosser  acqua  d*  Elsa ,  non  fbssino  irìdur^i . 

y.  78.  Lo  riporti,  come  fònnb' il  segttb  li  (t^Végflnl. 

y.  90.   Festina <t  corre. 

y.  96.  Ancor  y  ancora . 

V.  97  —  99.  Argoménto'. 

y.  103.  Corrusco y  splendido. 

y.  108.   ^V^^/^^re*,  pedate. 

y.  1 30  e  1 32.  Comparazióne. 

y.  11 3  e  144.  Piante  nós>ellè 

Rinovellate  di  novella  froHà'à ,'  rij^fgliàmento . 


POSTILI 


TORQUATO    TASSO 


AL    PARADISO 


CASTO    I. 


d 


T.  1  e  3.  In  tutte  parti  impera  e  quivi  rrsgC' 
r.  127.  ) 
T.  7.  Oìsire,  desiderio. 
T.  16.   jiringo,\uoga. 
T.  21.  Fu  scorticato. 
T.  23.    Tuo  dtirii'i /•■ano,  aWovo. 
T.  33.  Asseta,  (a  sitibondo. 
▼.  36.  Cirra ,  cittì  nel  monte  Parnaso. 
T.  36.  La  lucerna  dttl  iihìiiHo,  traslaaiooe. 
T.*»!.  M-mtlitna  erra,  lerra. 
▼.  49  e  51.  Comparazione. 
T.  60.  Comparazione. 
▼.  6i.  (^uei  che  puoi  e ,  Dio. 
T.  70.    Trasuninnar,   farsi  divina. 
T.  74.  Senza  peccato  . 
T.  78.  htfrni,  ordini. 
y.  80  e  81.  Comparazione. 
T.  65.  Conoscea  il  mìo  desiderio. 
T.  qO,  Scosso,  svegliato. 
T.  91  e  92.  Comparaiioue. 
V.  102.  Comparazione. 
T.  1 08.   Toccata  nvrma ,  strada  bai 
T.  109.  JccUwy  inclinate  . 
T.110.  Aa'ure,  creature. 
T.  112.  /"orti.  fini. 
T.  115.  pi4c.i{i,  naturale  istinto. 
T.  116.  Promuove  a  cercare  il  bene> 
T.  117.  Che  sia  nel  centro . 


147 

T.  119.  Quest'arco  saetta  jT^Lslanont. 
T.  121.  Assetta^  ordina. 
T.  129.  Per  la  mala  disposizione. 
T.  132.  Del  suo  libero  arbitrio. 

CANTO   IL 

T.  1  e  9.  Traslazione . 

▼.  13.  yilto  sale^  mare  profondo. 

T.  16  e  18.  G>mparazione . 

▼.  19.  Concreata ,  creata  con  noi  • 

T.  23.  Quadrel ,  un  strale . 

T.  30.  Prima  stella  yhxin?L. 

T.  34.  Eterna  margarita.  Luna. 

T.  37.  Qui  non  si  concrpe ,  non  si  cape  qui  da  noi . 

T.  38.  Cosa  che  sia  corpo. 

T.  39.  Repè ,  penetra . 

T.  48.  Remoto,  diviso.  > 

T.  49.  Segni  bui,\e  macchie  della  Luna. 

T.  54.  Disserra  ydi^re. 

▼.66.  ^o//i, figure. 

▼.  76.  Esio pianeta.  Luna. 

▼.  83.  Cassi,  annulli, 

▼.  91.   Tetro,  oscuro. 

▼.  106  e  108.  Comparazione. 

▼.114.  Dio.  ^ 

▼•  126.  Guado,  ▼ia. 

▼•  128.  Comparazione. 

▼.  139.  Lega,  anione. 

▼.  1  '*4.  Per  pupilla  vii^a^  per  gli  occhi. 

▼.  145^  Da  luce  a  luc^,  da  stella  a  stella. 

CANTO   UI. 

▼.  1.  Quel  Sol,  Beatrice  • 

▼.  1 0  e  1 5.  Comparazione  • 

▼.  13.  Postille,  imagini. 

▼.  18.  Narciso. 

▼.  26.  Quoto,  qualità. 

▼.  27.  Non  si  quieta  nel  ▼ero. 

▼.  30.  Per  manco  di  voto ,  pef  non  serrare  il  roto, 

▼.  32.  Appaga^  aggradisce. 

▼.  36.  Smaga,  consuma. 

▼.  41.  Non  conosce  ed  è  in  Paradiso. 


V.  46.  Fergincf Ofelia  jitionacsL. 

▼.  51.  Spera  più  tarda ^  Luna. 

T.  55  e  57.  G>ine  si  retfu:<|4,iù>  Ip  an%cui/cnieslo  hio|o. 

V.  63.  Latino^  facile. 

▼.  75.  Cerne ^  elegge. 

Y.  87.  Dio  e  la  natara. 

T.  K9.  Etsì ,  benché  . 

V.  91  e  93.  G>mparazione .  .         ' 

T.  %.  Al  co  al  cap9  —  spola^  da  ordire 

Y.  123.  Comparazione. 

CANTO  IV. 

Y.  ^f.  Brame  ^  TOgli^. 
T.  6.  Zzarne,  dai^i. 

Y.  21.  Sé  uno  allo  forzato  toglie  il  mexiV»  • 
Y.  25.   facile y  Yolantà . 
Y.  27.  Felle,  difficultà. 

Y.  28  e  36.  Sia  chi  si  ▼uole  Yicino  a  Dio,  non  sU  in  <^ 
tro  cielo  che  nel  cielo  empireo . 
Y.  39.  Lana. 

Y.  43  e  ^8.  Belle  imagini . 
Y.  53.  Decisa y  partita. 

Y.  58  e  59.  Come  il  Yalore  alla  stella  di  Marte  • 
Y.  61.   7br5e,  ingannò. 
Y.  63.  Per  Dei. 
Y.  66.  Non  ti  può  dannare . 
Y.  73.  Pai  e ,  è  sformato. 
Y.  76.  La  Yolontà  non  si  può  sifonEar^  • 
Y.  78.  Violenza  il  eorza ,  lo  Tolge  il  Tento . 
T.  101.  Gra/o ,  Yolontà . 
Y.  1 09  e  1 1 1 .  Sentenza . 
Y.  115.  Tal  fu  la  risposta  di  Beatf^cc . 
Y.  1*iS7.  Lustra y  bosco. 

CANTO   V. 

Y.  1 .  Fiammeggio ,  scaldo . 
Y.  1 1  e  1 2.  Dccipimur  specie  recti . 
Y.  33.  Di  mal  tolletto^  di  cosa  mal  ^pm . 
Y.  41  e  42.  Sentenza. 

Y.  48.  Sì  propriamente;  quando  dis^i:  Vitiinu^ /assi 
di  questo  tesoro.  ( V.  29) . 
y.  57.  Jorisdizione  ecclssiastica . 


149 

T.  63.  Non  H  può  permutare  ìd  altro  modo . 

▼.  65.  Bteciy  ciechi. 

▼.  72.  Coleo,  sacrificio. 

T.  o1  e  92.  Comparazione  • 

y.  100  — 103.  Comparazione- 

V.  111.  Carizia  ,  carestia. 

V.  1 1  ^>.   Trionfo  fiier/nU  i  Cb^sa  trionfante . 

V.  117.  Innanzi  mort^» 

T.  118.  Dio. 

▼.126.  Corrii^ra,  ri^plendp. 

▼.  129.  Con  f^ii  altrui  raggi  j  d^l^Sole- 

▼.  1 33  —  1 35.  Comparazione . 

T.  134.  Roscj  consunte. 

CANTO   VI. 

T.  3.  Enea. 

▼.  4.  Uccel  di  Dio ,  Aquila . 

Y.  12.  Compilò  le  leggi. 

T.  2^.  L*alto  lavoro,  di  comjiUar  )e  leggi. 

T.  32.  Sacrosanto  segno ,  a(jiMla  « 

▼.  39.  1  tre  a*  tre ,  Orazj . 

▼.  51.  Labiy  corri. 

▼.53.  c7o//e,  di  Fiesole. 

▼.  68.  Cuba  .  giace. 

▼.  73.  Bajuioy  sergente. 

V.  77.  Colubro  y  serpe  . 

▼.  79.  Lito  rubro y  mar  rosso. 

▼.  81 .  Che  non  s' apria  se  non  19  guerm  • 

▼.  88  —  90.  Perchè  fu  cìt>ci6MO  Cripto . 

▼.100.  Gigli  gialli  y  Franzesi . 

▼.112.  Correda ,  adoma . 

▼.118.  Gaggi y  meriti. 

▼.  1 24.  Comparazione  • 

▼.  1 27.   Margarita ,  stella  • 

▼.  138.  Più  di  quello  non  avea  ^  avere. 

▼.141.  A  frusto  a  frusto^  a  pezzo  a  pezzo. 

CANTO  vn. 

▼.  3.  Horum  Malaoth ,  horum  regnornm . 

▼.  6.  Adtlua^  doppia. 

▼-  1 5.  Assonna ,  s' addormente  • 

▼.  24.  Presenit ,  dono . 


^ 

150                            1 

^^^^^!6. 

Queir uom  ehi-  non  naci/ue,  Adamo. 

^H 

Vendicata  aa  Tito. 

^B 

Spcrne.  scaccia. 

^V 

Livore,  ìt^jìdì^. 

1                       T.  68. 

Non  ha  fioi  fitte ,  è  eterno. 

(                        T.  59. 

/m/j™/K«,Ìmagme. 

L                       V.  71. 

Libero  è  tiUio,cnm'k  l'anima. 

^^               y.  76. 

A^vanlag^ia ,  privilegia . 

^K 

La  ditj'ranca,  di  libera  la  &  serra. 

^H 

Imprenta,  sigilla. 

^V 

Dal  principio  e  line  del  mondo. 

^^          V.  no 

Di  coinpltMi'in.  oolenztata,  di  elementL 

T.  143 

Bfniriiiiizii ,  bont^ . 

V.  1 18 

Essendo  fatti  di  cosa  noa  creaU,  debboii 

msciUre 

CANTO    VOI.                     ^ 
Quando  èra  l' Idolatria .                                   i 

T.  1. 

T.  2.  Ciprigna ,  Venare . 

T.  3.  Epiciclo,  cerchio  . 

T.  12. 

Or  da  coppa  or  da  ciglia ,  0  da  sera  o  da  1 

tino. 

».16 

-18.  Comparanonc .                                    ji 

T.  22 

e  23.  Comparacione .                                     V 

T.SI. 

Principi  e  f  lesti  y  principali.                        fi 

T.46, 

Piae,più.                                               à 

T.54. 

Comparaiione .                                             U 

T.  61. 

S'imborgat  si  fa  borgo.                             Jl 

T.  67. 

C<i%^ .  fii  nebbia .                                       .] 

T.  70. 

Nascente  solfo,  che  nasce  in  quelle  ptrli. 

T.  73. 

accora,  molesta. 

V.  81. 

Non  si  carichi  più.                                         , 

y.  8Ì. 

Mcitfr  in  'irca,  accumular  denari .             | 

T.  96 

Intenderai  anello  che  ora  non  redi.           i 

T.  10" 

.  Con,p.r,ie:                                         ! 

V.  110 

.    Ilaiichi  ,  manchevoli . 

T.  in 

ft'  itooo  ,  bisogna . 

T.  116 

.  .Se  non  fosse  c'^-^-civilità. 

V.12 

.  // /iifl«/ro  voiCo,  Aristotele.                   ^ 

T.  12f 

.  Dedalo.                                                         ', 

I.  1 29.  Corpo  albergo  dell'  aniun .                         1 

T.  13 

.  a«rmr..Bomolo. 

p.  1 36.  Intendi  quello  che  non  intcndeTÌ . 

151 

T.  1 38.  Ammanii f  yesU . 

T.  147.  È  da  sermone j  da  esser  frate. 

T.  148.   T'rtfccia ,  yia  e  cammino . 

CANTO   EL 

T.  7.  Lume  santo ,  Dio . 
T.  9.  Tanto ,  bastante . 

T.  13.  Splendori  j  anime .  Nota  che  non  le  cliiama  più 
ombre . 
T.  37.  Gioja^  stella.  Sopra  la  chiamp  margarita. 
T.  45.  Battuta ,  flagellata . 
T.  52.  Dif fatta  ,  mancamento . 
T.  54.  Malta  ,  torre  nel  Padovano . 
▼.  58.  Questo  prete  cortese  ^yescoro  di  Feltro. 
T.  63.  Buoni ,  veri . 
V.  87.  L* altra  letizia  ,  anima. 
V.  69.  Comparazione . 
V.  71 .  Àbbuja ,  oscura . 
V.  73.  Illuja^  trasforma  in  lai. 
V.  75.  Fuja^  fdrata. 
V.  7  7 .  Fochi  pii .  Serafini . 
V.  78.  Fannosi  cuculia  ,  si  vestono  • 
V.  81.  Intuassij  transformassi. 
T.  85.  Discordanti  liti^  di  Turcbi  e  Cristiani  . 
T.  88.  Li tt orano  j  abitatore . 
V.  96.  Imprenta ,  impronta . 
V.  105.  Dio. 

V.  107.  //  hene^  il  sommo  bene. 
V.  112.  Lumera,  anima. 
V.  114.  Comparazione. 

V.  120.  Trionfo  di  Cristo  ,  spoglia  del  Limbo . 
V.  123.  L*  una  e  l'altra  palma  y   mani  confitte  in 
croce .  ' 

V.  126.  Non  si  curando  di  recuperare  il  sepolcro. 
V.  127.  Di  colui y  di  Lucifero. 

CANTO   X. 

v#  B.  Dio. 


mente  o  per  occhio ^  Angeli  ed  orbi  celesti. 
ntro  a  se  l'ama^  ideai 


V.  4.  Per 

V.  11.  Dentro 

V.  13.  Dirama j  divide. 

V  1 4.  Oblico  cerchio ,  Zodiaco . 


•152 

r.  16.    Torta,  obbliqan  , 
T.  17.  Sarebbe  aempresm*  o  sempre  T 
T.  21.   Preliba,  giist?  . 
T.  28—30.  Descrive  11  Sole. 
T.  32.  Spire,  circoli. 
V.  35  e  36.  Comparasione . 
T.  49.  Quarta  fami  glia,  si^n, 
y.'j'y—y}.  Comparatione . 
V.  60.  Ecclmò  neWol'btio,  diifieDlici. 
V.  65.  Restammo  in  mezzo . 
V.  67.  l'ijflia  iti  Latona,ljìjjM. 
V.  75.  Essendo  incnarrahili , 
T.  76.  Ardenti  Soli,  aoirn^. 
T.  88.  Fiala,  fiasco. 
V.  93.  Avvalora,  fovalpraso. 
T.  102.  Serto,  corona. 
T.  1 1 4.  Salomone . 
V.  UL.  Dionisio  (l'AreopagiU). 
».  120.  Paolo  Orosio. 
3.  121.    'frani ,  traduci. 
T.  12J.  ■S"'-/'',  desiderio. 
T.  126.  Boezio. 
T,133.  Per  esser  l'ultimo. 
«.131.  Srggier,,  logico. 
T.  140.  Siioia  di  Uio,  Chiesa. 
T.  'A\.  Mattinar  lo  sposo,  tij&uaic. 
T.  U4.    T'urge,  empie. 
T.  1-18.  Insemfjra  ,  perpetua. 

CANTO    JX. 

T.  2.  Sillogismi ,  argumenti . 
»,  6.   Regnar  per  sofis'ni ,  persUAde^e . 
T.  15.  Comparazione. 
V.  19.  Del  suo  raggi  t),  4i  Pjo. 
V.  28.  Ricerna,  dicbiari. 
T.  24.  Si  sterna ,  si  spiegbi . 
V.28.  Dio. 

V.  29.  Ogni  aspetto  —  Crrat},  ogni  i otelletlo. 
T.  30.   yada  al  fondo,  penetri  dentro. 
T.  35,  Duo  principi,  .S.  Francegco  «  S.  DomeniM 
V.43.   Tu/Jino,  fiume. 
y.  48.  Greve  giogo,  sovercliie  grl)TCZ/B. 
I  V.  50.   Un  Si^,  metafiim. 


153 

"  T.  55.  Orlo,  naaci menta. 
T,  58.    Tftt  donna  «  porertà . 
T.  64.  Primo  inaritu,  Qrista. 
t.  69.  Ce»re. 

T.  84.  Sposo,  Cristo — sposa,  porertii. 
*.  89.  Fi',  figliuolo. 
T.  92.   Innucinzio,  Papa. 
T.  98.   tterno  spiro,  spirito  santo. 
*.  99.  jlrchimandntu,  capo  di  ReligiqBC. 
T.  106.  Falterona. 
».  107.    Ultimo  sigillo,  siima\e. 
».  111.  Pusillo,\i.jai\.^.  ^ 

T,  113.  Sua  donna  più  cffMy  poTcrli. 
T.  118.  S. Domenico. 
T.  126.  Diverti  salii,  Tarj  pascoli. 
V.  136.  Cotttenla  j  satisfatto  il  primo  <l ubi) !«■ 

CASTO   XIJ. 

V.  7.  (!^£;niD,ripiglÌBinento. 

».  9.  flf/>«e,  riflettè. 

T.  10  e  15.  Comparazione. 

».13.  Qu^ld,  fuori,  Iride. 

T.  ì^.  Vaga,  Eco. 

T.  16.    Presagli,  iniloTJna. 

».  18.   S'allaga,  per  il  Diluì Ìo. 

».  22.    Tripudio,  liallo. 

T.  26.  Comparazione. 

T.  30.  Cpme  si  volge  l' ago  alLf  iteilp  con  |a  calamita . 

».  32.  MiC'i ,  S.  Dotneniéo.  , 

»,  38.  Riarmar,  salvare. 

V.  46.  Descrive  il  luogo  di  Spagna. 

».  50.  Foga ,  cammino  . 

T.  69.  Si  nominava  D'<niÌnico. 

».  83.    Taddeo,  Dottore. 

V.  92.   Prima  vacante,  ])enefiiìo. 

».  96.  Santi. 

y.  101)  e  108.  Traslawone. 

V.  114.  Il  bene  i  guasto. 

».  117.  Vanno  allarovescia. 

T.1t9.  toe^/o,  «izania. 

V.135.  LiteWi,  libri. 

¥-144.  jCafino,  sermone. 


■ 
1 

154                                  1 

m  '    J 

CANTO   XOL              ^^MH 

1.  Cupe,  desi<lert-                                   ^^^^^| 

3. 

Utpf ,  scoglio                                          ^^^^^H 

6. 

Compage,  composizione.                      i^^^^^H 

7.  Carro,  orsa  maggiure  .                          ^^^^^ 

n. 

Slfh,  legno.                                         ..^^^ 

14. 

La  figtiwUa  di  Minai ,  Arianna  ■ 

19. 

0-HÌ/-fl,imafiÌne. 
Peana,  Apollo. 

25. 

.30. 

Cura  in  cura,  amore  «n  amore. 

31. 

Conc-r-/i  numi ,  anime . 

34 

37. 

Net  petto,  d'Adamo. 

38. 

Li  beila  ga.incia,  la  parte  per  i\  tallo. 

10. 

Cristo . 

42 

avendo  tanto  Mtisfalto. 

48 

Salomone. 

51. 

Farsi  co'ne  centro  in  tondo,  conTCnire- 

54. 

Il  nostrosire.  Dio. 

55. 

Mea,  procede. 

57. 

In  Inr  t' intreo .  »'  interna  in  loro  - 

67 

CTa,  materia. 

80. 

SeniamsEio. 

106.    7/ò'u.  e,a<menodisopra<letlo.                    1 
112e114.  Trailoìone.                                            1 

111 

et 23.  Sentenza. 

128  8  129.  Tmlaiione:  guaidandosi  in  ona  spada,  | 

apparisce  il  »Ìso  torto.                                                           | 

130  6)38.  Sentenza. 

1 J9.  Donna  Berta  e  ser  Martino,  alcuno  sciocca. 

CASTO    XIV. 

1- 

6. 

3.  Comparaiione . 

19 

—  21.  Comiiaraiionc. 

27 

Plof.!,  felicità. 

28. 

Quell'uno  e  due  e  Ire,  Dio  ano  •  trino  - 

33. 

Muno,  dono. 

34. 

Dia,  divina. 

41. 

L'ardor,  repp|i*.ione. 
Lume,  repctuione. 

48. 
■ 

155 

T.  52  e  54.  Q)mparazioiie . 
T.  56.  Carne  ^coTfo. 
▼.  59.  Forti  j  disposti. 
▼.  63.  De  corpi  morti j  di  risuscitare. 
T.  66.  Sf'tnpittrne  fiamme ,  anime  saWe . 
▼.  69.  G>mparazioiic. 
T.  73.  Susst,strnzfj  sustanze. 
T.  76.  Esclamazione. 
▼.  77.  Candente ,  chiaro . 
T.  84.  j4  pili  alta  soiutt ,  al  pianeta  di  Marte . 
T.  5)3.  Litarej  sacrificare. 
T.  9f.  Robbì ^  rossi. 

T.  96.  O  Elios ,  che  sì  gii  addobbi  ^  o  Dio  che  :•    ^ .    i 
orni. 

T.  99.  Galassia^  ria  lattea. 

T.  1 00.  Costellati ,  uniti . 

T.  1 01 .  Se^nn ,  croce . 

▼.  1 02.  Crociati . 

T.  112  e  11^.  Comparazione.- 

▼.  114.  Minuzia ,  atomi . 

T.  118.  Gfga  ed  arpa ,  instrumenti  di  musica . 

▼.  125.  Resurgi,  e  %fiìàci ,  Cristo. 

T.  138.  Dischii4so  j  tL^erìo .  ■     ^ 

\      CANTÒ  XV. 

T.  1 .  Liqua ,  liquefa. 

T.  4e6.  Traslazione. 

T.  10  e  12.  Sentenza. 

T.  13  e  18.  Comparazione. 

T.  20.  Astro  ^  anima. 

T.  26.  Nostra  maggior  muta,  Eneide  di  Virgilio. 

T.31.  Xume,  anima. 

▼•  08.  Spirto j  anima. 

▼.  42.  Vincendo  V  intelletto  umano. 

T.  43  e  45.  Traslazione. 

T.  49.  Digiuno y  desiderio. 

T«  51.  Dio. 

T.  54.  Traslazione. 

T.  55.  Mei^  proceda. 

T.  57.  Deirun,  aritmetico. 

T.  71.  Arrisemi  un  cenno j  significò. 

T.  74.  Prima  egualità ,  Dio . 

T.  85.  Fivo  topazio^  Anima. 


iSKi 

y.  88.  Esclamazióne . 

V.  1 01 .  Coniigifite ,  con  calzetUr  tftf[^miMe . 

y.  118.  Esclamazione. 

y.  1 20.  Per  la  Francia  ,*  fltìr  là  Inéi'CJftoIra . 

y.  138.  Fu  detto  Al«j(hicri. 

V.  1 43.  Di  quella  legge ,  maomSttSiW. 

y.  146.  Ucciso. 

y.  147.  Deturpa j  macchia. 

CANTO   XVI. 

y.  3.  Langue^  inferma, 
y.  9.  Force,  forbici'. 
▼.  10.  Sofferte ,  a  ^rre  in  oso . 
y.  13.  Scevra  y  diyisa. 
y.  18.  Levate,  alzate, 
y.  28.  Comparazione . 
▼.  33.  ParlaTa  latino. 
y.  34.  AB  Incamatione-. 
T.  38.  Foco,  Marte, 
y.  58;  Il  Clero . 
y.  67  —72.  Sentenza. 
y.79  — 81.  Sentenza, 
y.  83.  Il  (lusso  del  mare* 
y.94-96.  Traslazione, 
y.  105.  Per  ayerlo  fiilsato. 
T.  1 1 4.  Visdomini ,  Tosinchi  t  tim^ikm  * 
y.  126.  Quei  de  la  /^«r^ ,  Peruzzi . 
y.  128.  Gran  barone^  Conte  Ugo. 
y.  143.  Fussi  annegato. 
V.  1 45.  Marte . 
T.  1 46.  Fesse ,  facesse . 

y.  147.  Postrema^  ultima.  —  Qtìfès^  é  binili  dcisé  non 
par  conyenga  di  dirle  in  Paradiso. 

CANTO  xvn. 

y.  3.  In  conceder  quanto  dimandano . 

y.  5.  Lampa ,  Anima . 

y.  12.  Per  dire  il  tuo  desiderio  chlrti  si  satisfikòéia. 

y.  13.  Irtsusr,  Ieri  in  alto. 

y.  1 7.  Punto,  Dio .  —  Sta  nella  metafora . 

y.  24.    Tetragono  ,  fondato. 

V.  31.  /4mbage^  lunghi  sermoni. 


15^7 

▼.  35.  Latin  rispose ,  élic  tòA  p«flaVa . 

T.  39.  Di  Dio. 

T.  41-42.  Comparaxione . 

T.  51 .  Roma . 

T.  52.  11  Giusto  •ùéécàiòft!. 

Y.  62.  Di  quelli  ronditi  con'fof. 

▼•  69.  Startene  solo. 

T.  71.  Gran  Lombardo .  Metòèr  Cane. 

▼.  75.  Darà  prima  clie  cBiéda. 

T.  77.  Sfelia  forte ^  Marte. 

▼.  81.  Ha  18  anni. 

T.  96*.  Pochi  ^iri^  fii6t\A  àlMi. 

Y.  99.  Vedrai  tue  vendetta . 

V.  1 01 .   Trama ,  di  tesàér  Itf  téht . 

▼.  1 08.  Sentenza . 

T.  1 1 1 .  Carmi ,  versi  che  io  «ìirNò . 

T.  122.  Corrusca,  piìàpfetodida. 

T.  1 29.  Basso  stile . 

T.  1 30-1 32.  Traslazione . 

T.  1 33—1 34.  Comparazione . 

CANTO   XVWl. 
Y.  2.  Spirto,  Atìm, 

Y.  8.  Mio  conjortoj  Bétrfricé*. 

Y.  25.  Fulgor  santo ,  AiiiiHéf. 

Y.  33.  Opima,  grassa. 

Y.  37.  Lume,  Anima . 

V.  39;  \?eir  lo  spfendor  clie  feee. 

Y.  42.   ignito,  che  si  Yolgea. 

Y.  43.  Comparazione. 

Y.  50.  j4ima ,  Aniiiia'. 

Y.  53.   //  mio  dos^ere  ,  che  flir  doVrisW'. 

Y.  58-^0.  Comparazione . 

Y.  63.  Beatrice. 

Y.  68.  A  differenza  di  Marte. 

Y.  73  — 75.  Comparazione. 

Y.  73.  Gru. 

Y.  78.  Enigma. 

Y.  82.  O  Uix^a  Pegasea  ,  CatYibjpé'. 

Y.  85.  R/ievi,  possa  rtti'akrc. 

Y.  88.  Sta  nell  enigma  « 

Y.  93 .  Sezzaj ,  ultimi . 

Y.  94.  iVf//'A/,  terram. 


158 

Y.lOO — 103.  Comparazione . 
T.  1 00.  Ciocchi ,  tizzoni  • 
T.  105.  Il  Sol  jDìo. 
V.  109.  Dio. 

▼.114.  Imprenia ,  forma  dell'  aquila . 
▼.115.  (re/nme  y  anime  • 
▼.  1SS2.  Tempio y  chiesa. 
▼.  1 29.  Pio  padrr ,  Dio . 

▼.130.  ^a  ^£1 ,  Papa  — /Ttfr  cancellare  j  per  dìspca 
sare. 

▼.  1 34.  «^i  a  co/ii/ y  al  danajo . 

▼.  135.  S.  Gio.  BattbU  per  i  salti  d' Erodiade. 

CANTO   IDL 

▼.2.  //7ttf gè,  dell'aquila. 
▼.  3.  Conserte^  inserite  in  essa. 
▼.  4  —  6.  Comparazione. 
▼.  6.  Rifrangesse ,  riflettesse . 
▼.  7.   Tesleso ,  ora  testé . 
▼.  1 0.  Che  un'  aquila  parlasse . 
▼.  19.  CoQiparazione. 

▼.  21, 22.  Perpetui  fiori—  De  l'eterna  letizia^  adirne 
▼.  25.  Digiuno i  desiderio.  Traslazione. 
▼.  30.  Velame y  impedimento. 
▼.  34  —  36.  Comparazione . 
▼.  40.  //  sesto ,  le  seste . 
▼.41.  A  lo  stremo ,  intorno. 

▼.  42.  Tanto  ocriUto  e  manifesto^  tanto  le  coM  ceca 
te,  come  le  manifeste. 

▼.  43.  Imprt-sso,  imprimere. 
▼.  46.  Primo  superh'ìy  Lucifero. 
▼.51.  E  YÌdL  finita  ad  infinito. 
▼.  52-  Veduta ,  intelletto . 
▼.  61  — 63.  Traslazione. 
▼.66.  ^e/ie/io ,  difetto . 
▼.  69.  Crebra  j  spessa. 
▼.  81 .  Sentenza . 
▼.  86.  Prima  volontà ,  Dio . 
▼.  91  —  93.  Comparazione . 
▼.  100.  Lucenti  incendi ,  anime. 
▼.107.  PropCj  ▼icino. 
▼.111.  Al  dì  del  Giudizio . 
V.  114.  Dispregi  y  peccati . 


159 

T.  118.  Duolo  ^  dolo  ,  ÌDcanno. 
T.  1 20.  Essendo  morto  da  un  cinghiale  in  caccia . 
T.  127.  Clolro,  zoppo. 
T.  128.  Eniema. 
V.  1 29.  Più  li  male  che  il  bene . 
T.  1 31 .  Isola  dtl fuoco ,  Sicilia . 
T.  133.  Quanto  è  poco  ^  è  di  poco  valore. 
T.  134.  Mozze  yhreyì» 
.   T.  1 38.  Bozzc^y  Tote . 
T.  147.  Lor  bestia ,  lor  re. 

CANTO   XX. 

V*  1  —  3.  Descrive  il  Sole . 

V.  5.  Rìjà  parvente^  dimostra. 

T.  8.  Segno  del  mondo  ,  aauila . 

Y.  16.  I cari  e  lucidi  lapilli^  anime  . 

T.  21.  Cacume  ,  cima. 

T.22«-2'4.  Comparazione. 

▼.  J7.  Bugio ^  aperto. 

T.  34.  Fuochi^  splendori,  anime. 

T.  44.  Colui ^  Trajano. 

T*  51 .  Ezechia . 

T.  54.  Che  prolunga  la  yita  • 

T.  55.  L*  altra  che  st'gue y  Costantino • 

T.  66.  Fulgore^  anima. 

V.  73—  TT).  Comparazione. 

T.  78.  Quale  lì  piaee  tale  diventa. 

V.  79  —  80.  Perchè  mi  conosceano. 

v.  83.  Dfl  suo  peso  ^  del  dubbio. 

v.  91  —  93.  Comparazione . 

▼.  97  ~  99.  Ripigliamento . 

T.  98.  Si  lascian  vincere ,  perchè  cosi  vuole . 

V.  1 05.  P  a  ssuri  e  passi ,  venturi  e  venuti . 

V.  1 1 8  —  1 20.  Traslazione . 

V.  127.  Donne  ,  virtù . 

Y.  127— 129.  Bisogna  vedere  se  questo  è  ^ero . 

V.  132.  Prima  cagione  .Dio. 

V.  133— 135.  Argomento  a  majori .  Pare  che  sia  con- 
tro a  sé,  avendo  detto,  che,  rimirando  in  Dio,  vedono 
ogni  cosa . 

V.  1 36.  Ci  contenta  il  non  sapere  • 

V.  1 42.-^1 44.  Comparazione . 

T.  148.  Fiammelle,  anime. 


160 


aslaiione.  ' 
bidirU  edl 


CANTO   XM. 

T.  6.  FmIi,  si  fece, 

T.  7  e  8 per  le  scale 

Dell'  eterno  palazzo ,  Cielo .  Traslaiii 
».  12.  Comporaiione. 

▼.  19.  Era  la  pastura,  ii  pascea.  Traslaiione. 
V.  2^.  L'un  COI*  l'altro  lato,  V  ubbidirla  ~^ 
rarla. 
».  25.  Satamo . 
¥.29.  Scaleo,  scala. 
T.  35.  Po/p,  cornacchie. 
T.  50,  Colui  che  tutto  vede,  DÌ 
T.  55.  f-'iVa  ieafo  .  anima . 
T.  61  —  63.  Non  arebbe  potuta  adire 
▼,66.  Ammanta,  co<pTc. 
V,  73.  Sacra  lucf ma,  ^airaoL. 
T.  82.  Amor,  a.n\m.a. 
T,  87.  A/mi/iv,  premuta. 
T.  106.  Descrire  l' Apcnnino. 
T.  10!».  Citó".  gonfio. 
».  123.  S.  Maria  di  Ravenna. 
».  127.  Cephas  ,  S,  Pietro—)/  gran  vatelh,  ft 
V.  136.  Fianimelle,  anime. 

CANTO  xxn. 

T.  5.  Anelo,  che  Bonpira . 

▼.  21,  Ridtu,  ridaci. 

»,  23.  Sperule,  anime. 

▼.  25—27,  Com  parai  ione . 

»,  46.  Fuochi ,  anime . 

V.  48.  Traslazione . 

▼.  55.  Dilatata  mia  fidanza  ,  fatto  confidente 

V.  56  e  57.  Comparazione. 

V.  66,  Sempre  era,  non  »i  è  moto. 

».  67.  S'impola,  si  muove  col  polo 

».  69.    Ti  s' invola ,  f  è  tolU  . 

»,  75.  Perchè  non  si  esegnia, 

»,  76  — 78.  Traslazione, 

».  79  e  80.  !Ha  grave  usura  tanto  k ._    . 

Cantra  il  piacer  di  Dio,  non  dispiace  ttlj 


ontÌto3i 


1(M 

Y.  84.  Mtro  più  bruito^  di  meretrìci . 

T.  87.  Traslazione. 

T.  94.  Volto  è  retrorso  j  Tanno  a  contrario .    • 

T.  99.  TVir^o,  Tento. 

T.  109  e  110.  Comparazione. 

T.  1 16.  Padre  d*  ogni  mortai  viia  »  Sole  • 

T.  127.  Inleij  tifiiocia  sua. 

S' io  m'intnassi,  come  ta  t'immB.  ' 
(Pnrg.  cK.  T.81.) 
▼.  13o— 138.  Sentenza. 
T.  1 89 — 1 53.  Astrologia . 
T.  15Ò.  Qaanto  sia  dairano  all'altro. 
T*  154.  Occhi  belli  j  di  Beatrice . 

CANTO  zxhl 

T.  1  —  6.  Comparazione. 

T.  6.  Labór  ,  fatiche . 

T.  12.  Meridiano. 

T.  14  e  15.  Comparazione . 

T.  15.  Appaga^  contenta. 

T.  20.  Frutto^  delle  tne  etiche . 

T.  85— 27.  Comparazione. 

T.  28.  Lucerne^  anime . 

T.  31.  FiVa  luce^  umanità  . 

T.  32.  Lucente  gustanza ,  difinità  •  . 

T.  37— Cristo. 

T.  40  —42.  Comparazione  • 

T.  43.  Dape,  TiTande. 

T.  49  —  51 .  Comparazione . 

T.  53.  Grado,  gratitudine --CAe  mai  oon  si  stingue  ^ 
Dal  libro  che  7  preterito  rassegna  ^  che  non  si  di* 
mentica. 

T.  66.  Non  è  cosa  da  gahbo  il  detcÌT-«re  il  fendo  all'  u- 
niTcrso. 

T.  67—69.  Traslazione. 

T.  67,  Peleggio ,  pelago . 

T.  73.  La  Vergine . 

T.  74.  Gigli j  Apostoli. 

T.  79—81.  Comparazione. 

T.  79.  Meij  raggi. 

T.  85.  Tmprentt ,  impronti. 

T.  88.  8^1 /?or,  la  Tergine. 

T.  97-99.  Comparazione. 


r.  101.  Se/ BO/TJrO;  Tergili 


Angelo. 


T.  102.  Inzolfi, 

».  103.   Amor  »r,^<-l-co. 

y.  107.   /?r<7,  alvina. 

T.  112.  Il  primo  mobilp. 

T.  116.   /'ur^ffnErt,  paruU.  ' 

T.  119,   Cnrnn/i'/i  finii.mn ,  cirCoUtO  BpleOtlortJ 

T.  121-123.  CompflraEione . 
▼.  124.  Cun'tnr,,  animcr. 
T.  125.  /"Jd/Hnju,  splpndore. 
T.  130.   ^^n/ce,  ricovera. 
¥.  1 32.  Poh-.k'- ,  aratori. 
T.  139.  S.  Pietro. 

CANTO   X3UV. 

v.1-6.  Tmlarione. 

T.  1.  JiWa/izfc,  compagnia. 

T.  2.  BenedFlti!  Agni-ilo ,  Cristo  . 

T.  4.  Prc/iAa,  gusla. 

T.  8.  Rnriifc/c,  bagnatelo  . 

T.  11.  Si /;-ro  .v/jire  ,  girando. 

T.  13-15.  Comparazione. 

T.  16.  Carole,  balli.  —  differeìUe-Htnle, 

T.  2Ò.  Foco  tìfetice,  anima  di  S.  Pietro . 

T,  26.  Pieghe ,  ombre . 

T.  28.  O  sartia  suora ,  Beatrice . 

T.  32.    V;,,>„,  parlare. 

w.  40.  Fede,  sperania  e  carità. 

▼.  42.  Cristo. 

T.  46-48.   Co  m  parai  ione . 

▼.51.  ('u<'ref((e,  domandante. 

T.  56-57.  Traslazione . 

T.  59.  /*r/»ij/>i/t>,  capo  degli  Apostoli. 

T.  62.  Caro /rate,  S.  Paolo. 

T.  64-65.  Fede . 

T.  66.  Quiditale,  esse  mia  . 

T.  71.  Largiscon,  mostrano. 

V,  75.  S' intende  per  tinstaiua. 

"f.  78.  latenza,  intendimento. 


T.  82.  Am 

Y.  83-87.  Traslai 

T.87.  In/orsa,  i 


ifceio ,  aninu. 


A 


463 

Y.  88.  Luce  profonda  ^  làmmm. 

T.  91 .  /  loja  ,  grazia . 

Y.  93.  Carte  de'  due  testamenti . 

T.  96.  Ottusa  ,  rintuzzata . 

T.  98.  J^roposiziont^  testamento. 

T.  101.  Opere j  miracoli. 

T.  1 02.  Essendo  soprannaturale  . 

T.  1 08.  Ottimo  questo  (  argomento  ) . 

T.  1 1 1 .  Or  è  fatta  pruno ,  contrario . 

T.  115.  Quel  baron ,  S.  Pietro . 

▼.115-117.  Traslazione. 

Y.  118.  I>o/i/ie^,  domina. 

Y.  126.  Entrando  dinnanzi  a  S.  GioTanni. 

Y.  1 38.  Aln^t ,  divini . 

Y.  141.  Snm  ft  t^ut^  singolare  e  plurale. 

Y.  1  '18-1 50.  Comparazione . 

Y.  52.  Fu  anche  cinto  il  poeta  tre  volte  da  quel  giusto. 

Y.  53.  U  apostolico  lumt; ,  S.  Pietro .  ' 

CANTO   XXV. 

Y.  1-  Poemi».  Y.  r. 

Y.  2.  Parlando  di  cose  umane  e  divine.^ 

Y.  5-6.  Agnello  ninùco  ai  lupi^  contrarj. 

Y.  7.  Fello ,  pelo . 

Y.  9.  Cappello ,  corona  di  lauro . 

Y.  1 0.  Conte  y  manifeste . 

Y.  1 4.  Primizia  ,  S.  Pietro . 

Y.  1 7.  Barone ,  S.  Jacopo. 

Y.  1 9-21 .  Comparazione . 

Y.  24.  Prandej  gusta. 

Y.  29.  Inclita  vita ,  a  S.  Jacopo  —  larf^hezza  miseri- 
cordia . 

Y.  30.  Si  scrisse ,  della  qual  tu  scrivi . 

Y.  33.  A'tre^  Pietro,  Giovanni  e  Jacopo. 

V.  36.  A* nostri  raggi  si  maturi ,  con  le  tre  virtù  si  per- 
fezioni . 

V.  37.  Foco  secondo  y  S.  Jacopo . 

Y.  39.  Col  troppo  pondo  y  con  troppa  chiarezza. 

V.  41 .  Lo  nostro  imperador ,  Dio . 

V.  54.  Dio. 

V.  55.  D*  Egitto ,  dal  inondo . 

Y.  56.  In  Gerusalemme y  in  Gelo, 

v.  64-66.  Comparazione . 


164 

Y.  66.  Disasnonda  ^8O0f T9L, 

T.  67.  Definizione. 

T.  72.  Dayid . 

V.  73.    Tua  Teodi a ^Beitìi  tua. 

y.  76.  Agnominazione  • 

▼.  78.  Vostra  pioggia  replùOj  s^rgo  la  Tostra 

Y.  80.  Incendio j  anima. 

T.  84.  Pa//wa,  vittaria. 

T.  94.   Tuo  J rateilo  j  S.  GioTannì. 

y.  95.  Bianche  stole  ^  anime . 

V.  99.  Carole^  balli . 

y.  102.  Perchè  occuperebbe  V oscurità  della  notte. 

y.  1 03-1 05.  Comparazione . 

y.  113.  Nostro  Pellicano ,  Cristo. 

y.  1 1 4.  Ad  essere  figlio  di  Maria . 

y.  118-120.  Comparazione. 

y.  1 33-1 35.  Comparazione  • 

CANTO   XXVI. 

y.  3.  Spiro j  yoce . 

y.  4-5.   Ti  risense  —  Della  vista  ,  riabbi  il  yedere. 
y.  7.  ^/i/7ri/tf^z, indirizza, 
y.  1 0.  Dia ,  diy ina . 

y.  1 7.  Alpha  ed  Omega ,  principio  e  fine . 
y.  35.  Cerne ,  yede . 
y.  40.  Sternel ,  dichiara . 
y.  44.  L' alto  preconio  ^  S.  Grioyanni . 
y.  51.  Morde  ^  tira  . 

y.  58.  Il  yedere  e  il  considerare  il  móndo . 
T.  59.  La  morte  . .  .  perchè  viva ,  oontraposizioDe . 
y.  64-65.  Traslazione — fronde, . .  inf randa,  agnoi 
nazione . 
y.  70-75.  Comparazione. 
y.  70.  Si  dissonna ,  esce  del  sonno . 
y.  72.  Di  gonna  in  gonna,  di  pelle  in  pelle  dell' occb 
y.  74.  Nescia,  ignorante . 
y.  76.  Quisquilia ,  immondizia . 
y.  78.  Milla,  miglia, 
y.  83.  Anima  prima.  Adamo, 
y.  85  —  87.  Comparazione . 
V.  91  —93.  Descriye  con  traslazione, 
y.  97.  jBro^//a,coBimuoye. 
y.  103.  Spirò,  parlò. 


105 

V.  106.  Verace  Speglio,  Dio  —  Speglio,  Epeccliio. 

V.  107.    Pa reglie,  perfette. 

V.  106.  Non  perfette  come  Dio  . 

Y,  109  — 114.  Domanda  quattro  COBC . 

Y.  1 1 7.    Trapassar  del  segno ,  dfsobbidietua . 

Y.  118.  Quimii  f  onde  mosse,  del  Limbo  . 

Y.  119— 120.   rnluinidi  Soi.anai. 

».  121.  Aui.nSoIe. 

T.  122.  930.  Anni  visse  Adamo. 

Y.  125.  Opru  tnconsummabile  ,  U  torre  cha  non  s 
finì. 

Y.  127-132.  SenleoM. 

Y.  134.  Wk  i' appellava .  Questo  bisogna  vedere  se  J 
TWo. 

Y.  137  e  138.  Compiraiiooe  . 

-Y.  142  e  143.  Mezzo  gioroo .  Vedasi  sa  <jucslo  è  vero. 

CAMTO    XXVIL 

T.  3.  Attrìboisce  al  gusto  l'udire. 

Y.  6.  Esclamazione. 

Y.  10.  Faci-,  anime. 

Y.  14  e  15.  Comparazione — Diventi!'  rosso. 

Y.  17.    Vice,  vicenda. 

».  22.  Papa . 

V.  23.  .//  luogo  mio,  ripigliamento. 

V.  26.  Perverso  ,\J^xc.\{tTa . 

V.  28  —  36,  Comparazione. 

Y.  63.  Conct/j/o,  eapisco. 

>.67— 69.  Comparazione- 

Y.  69.  Quando  il  Sole  è  ìn  capricorno.  ^ 

V.  75.  InRno  che  non  fa  impedimento .  Qui  si  avverh- J 
Ka  se  in  cielo  si  poi  dar  mexio  che  impedisca  il  vedern.  T 

Y.  86,  Ajuola.  il  mondo. 

Y.  88.  Donnea,  yaaheeaia. 

Y.97.  /„J«/,.,  concesse. 

Y.  98.  Del  bel  Nido  Hi  Leda,  de' Gemini. 

Y.  99.  Cieio  velocissimo,  primo  mobile . 

Y.  107.  Ilmezin,  ta  terra  in  mezzo  al  eielo- 

v.  111.  P/we  ,  influisce, 

Y.  1 1 4.  Coliu  eh'-  7  cinge ,  Dio . 

Y.  117.  Siccome  dieci  nasce  da  mezzo  e  da  quinto,  co*"^ 
Mscono  Inlti  H  altri  moti  celesti . 

v.  121.  Esclamazione. 


166 

▼.12^—126.  Sentenza. 
▼.  145—148.  Traslazione  . 

CANTO  xxvm. 

y.  3.  Beatrice. 

▼.  4—9.  G>mparazione . 

T.  1 5.  Quandunque^  ogni  ToUa  che  • 

▼.17.  Affoca^  infìamma. 

▼.19—21.  Comparazione. 

T.  20.  Come  quel  cerchio  della  Lana  di  nebbia. 

▼.  27.  Primo  mobile  . 

▼.  28.  D  un  altro  circoncinto ^  cinto  da  un  altro. 

▼.  33.  Arto ,  stretto . 

▼.  34.  L' ottai^o  e  7  nono^  Cori  nove  delH  Angeli. 

▼.  38.  La  favilla  pura ,  Dio . 

▼.  43.  Serafini. 

▼.  55* L*  esemplo 

E  V  esemplare ,  mondo  sensibile  ed  intellettaale  • 
▼.  67.  La  più  perfetta  &  maggior  operazione . 
▼.  70.  Rath^ ,  rapisce  . 
▼.  72.  Serafini. 
▼.  75.  Cori  angelici . 
▼.  79  —81.  Comparazione . 
▼.  81.  Lenoy  forte. 
▼.  82.  Koffia ,  nebbia . 
▼.  %'\,   Parroffia  .  loco . 
▼.  89.  Comparazione . 

▼.  93.  Pili  migliaja  del  nomi^ro  degli  sciocchi  (la  le 
zione  del  Danieio  ha  sciocchi  invece  di  scacchi,  L.M.R. 
V.  1 1 0.   P'imi  j  cerchj . 
▼.101.   Punto,  Dio. 

▼.  108.  Tanto  sono  felici  quanto  piii  intendono. 
▼.  111.  Perchè  tanto  amiamo  Dio  quanto  lo  conosciam 
Y.  118.  Svern'i,  canta  . 
Y.  119.  /'l/e/o^/' ,  melodie . 
▼.121.   Dee,  intelligenze. 
▼.  138.  S.  Paolo  che  fìi  rapito  al  terzo  cielo. 

CANTO   XXIX. 

▼.  1.  Figli  di  Laiona,  Sole  •  Luna. 
▼.  3.  Zona-,  cintura. 
▼.  9.  Dio. 


167 

T.  It.  Ove^  in  Dio. 

T.  1 5.  Risplendendó ,  nelle  creature . 

T.  18.   L'eterno  amore ^l^io. 

▼.21.'  Non  essendo  prima  tempo. 

T.  22.  Congiunte  t  purrtte^  tutte  tre  insieme. 

▼.  24.   Tre  saette ,  materia,  forma ,  atto. 

T.  28  —  30.  Comparazione . 

▼.  49.  L'Angelo  peccò  subito  creato . 

▼.  51.  Penetrò  T  Inferno . 

▼.  57.  Nel  centro. 

T.  66.  Per  la  buona  Tolontà . 

T.  84.  Il  peccar  per  malizia  che  per  ignoranza. 

▼.  106  e  107.  Traslazione. 

▼.  118.  Traslazione.  —  Uccel^  diavolo. 

▼.  1 31 .   In  numero ,  in6nito . 

▼.  136.  La  prima  luce^  Dio  . 

▼- 1 41 .  Tepe ,  tepidisce . 

▼.  143.  Eterno  valor,  Dìo. 

CANTO   XXX. 

▼•  1—9.  Comparazione.  Parla  come  matematico. 
▼.9.  jì  la  pili  bella ,  Venere . 
▼.  1 0.  Lude ,  gira . 
T.  11 .  Punto  che  mi  vinse ,  Dìo  . 
T.  19.  4.9/  trasmoda^  è  fuor  di  modo. 
T.  25.  Comparazione.  —  Trema  ^  è  debole. 
T.  30.  Preciso ,  tronco . 
▼•  34  e  35.  Traslazione. 
T.  40.  Luce  intellettual ,  rìpigliamento. 
▼.  43.  V  una  e  l'altra  milizia^  li  Angeli  e  li  Santi. 
Y.  45.  Ultima  giustizia^  il  dì  del  giudizio. 
▼.  46  —  48.  Comparazione . 
T.  46.  Discetti^  aisperda. 
T.  57.  Andai  più  gagliardo. 
▼.  61 .  Riviera^  fiume . 

T.  62.  Fulvido  diJulf^or<i  splendido  di  splendor. 
T.  6^.  Faville  vivcj  Angeli. 
T.  65 .  Fiori ,  sante  anime . 
▼.68.  Gfirgcr,  fiume. 
▼.70.  Z7rge,  stringe. 
▼.72.    TYirgf*,  cresce.  ^ 

▼.  75.  Beatrice . 

▼.  78.  Ombri/eri  pre/azj,  isno  ad^nibrate  dimostra- 
zioni del  vero. 


168 


».  81.  Superbe ,  9VÌMir\ 
T.  8^-84.  ComparazioT 
T.  85.  Spegli,  specclii 


■.  87.  S- 


T.91.  £«" 


iritaiegi 


fS/,  di» 


,  maschere. 


mgUo 


» 


L 


T.  91-93.  GomparaBÌone. 

».  95.  Li  fiori,  l'anime  dc'beati,  —  /<r/di'iWf,  UJì 

T.  96.  Ambe  le  corti ,  Angeli  ed  anime . 

T.  97.  Invocaiiooe.  ' 

Y.  1 08.  flvi^re  e  poieaza ,  moto  e  potesti  d' inM 

».  109-111.  Co  m  pardi  ione .  " 

».  109.  Clivo,  nmnte. 

y.  113.  Soglir. ,  gradi . 

T.  115-11 7-  Argomento  a  maiori . 

».  121-123.  Sentenza, 

y.  125.  Hidole,  rcade  odore. 

».  126.  Fior  che  nemprc  verna.  Di 

T.  127.  Comparaiione - 

r.  US-I  38.  Questo  bisogna  »edere  come  p81 

».  140-Ht,  Comparazione. 

CANTO    X3ÌXI. 

V.  4.  L'  a/(/'a ,  Angeli . 
V.  7-9,  Comparaiione  . 
».  9.  S'instipora^s\iaAo\ce. 
T.  2^.  Per  impedirla  . 
».  27.  F^iso  ed  amari;,  intelletto  «  tq] 
».  28,    Trina  luce.  Dio  trino- 
V.  29.  ^/7^(iga,  contenta. 
».  31-40.  Argomento  dal  mena  al  pìài 
».  35.  Laiereino,  la  parte  per  il  tntt*. 
».  36.  Vinse  il  mondo. 
».  37-38,  Contrarj. 
».  43-45.  Sentenza. 
».  49.  Suadi ,  da  persuadere . 
»,  59.  Sene ,  S.  Bernardo .  La  partita  di  Beatrif 
Tar  motto . 
».  73.  Regione  dell'aria. 
V.  78.  Non  era  impedita. 
V.  9J.   t'icrnajontana ,  D'ìQ . 
».  98.  Acuerà,  fera  acuto. 
»,  103-108.  Comparatone. 
».  110.  Carità,  vàmta- 


169 

T.  114.  Al  fondo,  buMÌ. 

¥.116,  Reina  ,  Madonna . 

V.  118-121).  Comparai i onc . 

T.  124-126.  ComparaBÌone. 

T.  1 24.    Ttmo ,  curro  solare . 

T.  127.   ytrìafiamma ,  ^aciic»  SamraÈ . 

\.  132.  Di  splendore  e  W  art r,òi  Rplendoreft  d'officio. 

».  140.   Caldo  suo  calar,  Maria. 

CANTO   XXXII. 

V.  1.  Contemplante ,  S.  Bernardo. 

T.  2.  ,*Mnrt<c,  elesse. 

Y.  4-6.  E»a,  contrarj, 

¥.  7-12.  Descrive, 

¥.12.  David. 

¥.30.  Cerna ,  divisione , 

¥.  33.   Inferno,  i)  limbo. 

».  40.  /^(We,  divide. 

V.  42.  Per  nullo  proprio  meUlo ,  per  rsser  putti . 

T.  49.  Sili,  stai  cheto. 

V.  57.  Dall' annello  al  dito,  ogni  cosa  a  misura.  Tn>- 
slarione . 

V,  58.  Festinata,  rs^endo  morti  putti. 

V.61.  Pfl<,.<fl,po^i,. 

T,  6!).  Esnu  e  Jacob. 

V.  70-72.  Si  dà  coronu  secondo  la  diversilh  delle  grazie. 

V.  75.  Nel  primiero  acume  ,  nella  prima  grazia .  • 

T,  76-78.  Dunque  son  oggi  dì  pcggiof  condiiìone  li 
patti  che  non  si  salvano  per  fede  delli  parenti .  —  A  me 
pare  che  il  Tasso,  argomentando  dall'assurdo  ebene  se- 
guiterebbe ,  miri  a  notare  come  non  vera  l' opinione  di 
Dante ,  cbe  ne'  tempi  avanti  a  Mos J  i  fanciulli  si  salvasse- 
ro per  la  fede  de' parenti;  né  s'appone  male,  a  mio  avvi- 
so, poicbè  né  le  Scritture,  né  la  Tradizione,  secondo  i 
pia  riputati  teologi ,  non  dicano  questo,  ed  ignoriamo  al 
lutto  per  qual  modo  ne'  fanciulli  non  giunti  ancora  al- 
l'uso  di  ragione  venisse  cancellalo  di  quc' tempi  il  pec- 
cato originale .  L.  M.  R, 

».  83-^4.  Non  ha  luogo  senfa  battesimo . 

».  85-86 ne  lajaccia  che  a  Critto, 

Più  s'astomiglia,  l'accia  di  Maria. 

¥.94.  £  quell'amor,  arcangelo  Gabriele. 

T.  107.  Di  colui,  S.Beriiuda. 


T.  112.  Pix/ma,  annunsio. 
Y.  113.  S'incarnò. 
T.  1 16.  P curici ,  cittadini . 
T.  1 1 9.  Augusia  y  Maria . 
y.  123.  Adamo. 
V.  1 2'>.  S.  Pietro . 
T.  1 29.  S.  GioTanni . 
y.  1 32.  Moisè . 
y.  1 36.  Adamo . 
y.  1 39.  Assonna ,  tà  dormire . 
y.  1 40  e  1 41 .  Comparazione . 
y.  1 4'i.  Primo  amore ,  Dio . 

y.  1 45.  G)ntrar) .  Pensando  d' andare  innanzi ,  torni 
addietro. 

CANTO  xxxni. 

V.  15.  Traslazione*. 

y.  22.  Infima  lacuna ,  basso  . 

y,  54.  Mia  luccy  Dio.  —Da  se  è  vera^  indeprndente . 

y.  57.  E  cede  y  ripigliamento.— La  menioria  non  ciba 
luogo . 

V.  58  —60.  Comparazione . 

y.  94—66.  Comparazione. 

y.  67.  Somma  luce^  Dio. 

y.  82.  Presunsi  y  fui  ardito. 

y.  85—87.  Traslazione. 
«     y.  94.   Letargo^  obliyione . 

y.  1 1 1 .  Sempre  il  medesimo . 

y.  112.  S*  a^^valora^a ,  cresceva . 

y.1l6.    7>e^/r/,  la  Trinità. 

y.  1 1 8 — 1 20.  Comparazione . 

y.  1 24.  Si  di .  sussisti . 

V.  125  e  126.  Ripiglìamonto . 

y.  127.  Concreti  a  ^  congiunta .  — Coracr^r/zz  e  non  con" 
cena  l'edizione  nel  Daniello.  L.  M.  R. 

V.  133— 135.  Comparazione. 

y.  135.  Indigc  ,  ha  bisogno. 

y.  1 38.  Come  ui  s*  indo\>a ,  in  cbe  consiste . 

y.  1 39.  Traslazione.  Non  ayea  forza  abbastanza . 

y.  1 41 .  Di  yedere  V  Umanità  congiunta . 

V.  142.  Qui^  in  questo  punto  . 

y.  143— 145.  Fece  della  sua  yolontà  quella  di   Dio- 
siccome  la  mole  è  mossa  dal  suo  motare  • 


VOCI 

MODI  DI  DIRE  E  VERSI 

SEGNATI  NELLA 

DIVINA  COMMEDIA 

DI  DANTE  ALIGHIERI 


BA 


TORQUATO  TASSO 

La  Lettera  F.  indica  V  edizione  di  Pietro  da  Fine  , 
e  la  Lettera  S.  quella  del  Sessa . 


INFERNO 
CANTO   I. 


T.  1 .  Di  nostra  tìU  .  S* 

T.  3.  Via.  S. 

T.  6.  F. 

T.  22-24.  S. 

T.  28.  Poich'  ei .  S. 

T.  30.  S.  e  F. 

T.37.  S. 

T.  63.  F. 

T.  64.  Diserto.  S. 

T.  66.  Sie .  S. 

T.  79-81.  S. 

T.  1 1 5.  Disperate .  S. 

▼.116.  Antichi  spiriti.  S. 

▼.  1 20.  Qnando  cne  sia  •  S. 

▼.124-129.  S.eF. 


CAUTO  n 


▼.  37.  Dismoi  •  S. 
▼•  41*  Consumai  T  i 


impresa .  S. 


CANTO    Ut 

V.  8.  Io  eterno  duro.  S. 

▼.16.  Sem.  S. 

T.  54.  F, 

T.  67^.  F. 

T.  79-81.  F. 

r.  83.  Per  antico  pelo.  S. 

T.  88.  Anima  tìt»  .  S. 

T.  101.  Dibatterò.  S. 

T.111.  Qoalunqne  s'adagia.  S.'^^l 

T.  117.  Persuo  rickiamo.S. 

T.  131-132.  F. 

CANTO   IV. 

r.  9.  Trono .  S. 

r.  13,  Cieco  mondo.  S. 

r.19,  F. 

r.  30.  Infanti .  Tiri.  S. 

r.  33.  Andi.S. 

r.34.  Mereedi.S. 

F.  41.  Di  tanto.  5. 

f.  64.  P. 

f.  76.  Nominanza.  S. 

r.  98.  Con  nalulirrol  cenno.  S. 

r.101.  Simifecer.S. 

'.102.  S. 

,  1«q    S 


175 

CANTO  V. 

• 

T.  1.  Prìmaio.S. 

T.  3.  A  guajo.  S. 

T.  4.  Rinoma .  S. 

T.  6.  ÀTTingliia.  S, 

T.  12.  Quantunque  gradi.  S. 

▼.16—f7.S. 

T.  27.  S. 

T.  31*  Bufferà.  S. 

T.  35.  0>mpianto.  S. 

T.  39.  S. 

T.  48.  Traendo  guai.  S. 

T.  55.  S. 

T.  56.  Libito  fé'  licito .  S. 

T.  62.  Ruppe  fede.  S. 

T.  89.  Aer  perso .  S. 

T.100— 107.  S. 

T.  139—142.  S. 

CANTO  Yl 

T.  1.  F. 

Y.  5— 6.  F. 

T.14.  F, 

T.  18.  bquatra.S. 

T.  21.  I  miseri  pro&ni.  S. 

T.  22^-27.  S. 

T.  28,  Vermo.,S. 

T.  26.  Ambe  le  pugna.  S. 

T.  27,  Bramose  canne.  S. 

T.  30«  Intende  e  pugna.  S 

T.  33.  Esser  yorrebber  sorde  •  S. 

T«  36.  Sopra  lor  yanità .  S. 

T.  38.  Ratto.  S. 

T.  44.  S. 

T,  44.  & 

T.  48.  F,~  Spiacente.  & 

T«  50.  Trabocca  il  sacco  •  S« 

T.  52—54.  F. 

T.  54.  Mi  fiacco.  S. 

T.  68.  Infira  tre  soli.  S. 

T«  84.  S.  e  F» 


^V^^^l^l 

374 

».  88.  Dolce  mondo .  5. 

T.  89.  A  la  mente  altrui  mi  rechi.  S. 

T.  106  — 108.  F.      . 

T.  108.  Doglienza.  S. 

J 

CANTO  vn. 

T.2.  Chioccia.  S. 

! 

T.16.    LaCCH.S. 

i 

T.  21.  Scipa.S. 

i 

T.  21.  Riddi.  S.                                     ^ 

J 

V.30.  BnrIi.S.                                         ^B 

■ 

T.  39.  Cliercuti.5.                                   ^1 

■ 

T.  61.  Buffa.  S.                                          ^M 

■ 

T.  94.  S'è  beau.  S. 

4 

T.  96.  Beata.  S.  —  Forse  foole  notare  la 

ipS 

della  voce  troppo  vicina.  L.  M.  R- 

T.  98.  S. 

T.  110.  Incidemmo.  S. 

il 

▼.119.  Pullnlar..S. 

'I 

T.123.  Fummo.  S. 

T.125,  Gorgoglian .  S. 

CANTO    VIB. 

Y.  5.  Brnd<>r  cenno.  S.                              «fl 

d 

T.29.  Prora.  S.                                        ^M 

■ 

T.  45.  S' incinse .  S.                               -«■ 

■ 

».  47.  S.                                                  T*« 

m 

Y.  19-51.  F.  —  L'ullimo  «no  i  pur  ««fi 

Mri 

Sewiana.  L.  M.  R. 

1 

».  65.  S. 

T.  77.  Vallan.S. 

1 

¥.  85.  S. 

II 

».  91.  Folle  strada.  S. 

T.94.  Pensa,  lettor.  S. 

».  95.  Nel  snon.  S. 

».  111.  F. 

▼.118  e  119.  Le  ciglia  HTM  rase, 
f                               D'ogniiwldania.S. 

▼.120.  Le  dolenti  ca9«.  S. 

▼.123.  Qualche.S. 

■1 

'                        V.  126.  Serrarne.  S. 

1 

».  120.  Tal. 

L 

i 

175 


CANTO   DL 

V.  2.  Tornare  in  Tolta.  S.  e  F. 

T.  7.  Punga .  S. 

T.  18.  Cionca.  S. 

T.  S».  Che  tutto  gira.  F. 

T.  31.  Che'l  gran  puzzo  spira .  S. 

T.  36.  Royente .  S. 

T*  39.  Aysno .  S. 

T*  45.  Erine .  S. 

T.  61  -63.  F. 

▼.  81 .  Passaya  Stige .  S. 

T.  82.  Grasso  aer  •  S. 

T.  91 .  DLspetta.  S. 

T.  93  •  Tracotanza . . .  s' alletta  •  S, 

T.  94  -  %.  F. 

T.  94.  Ricalcitrate .  S. 

T-  97.  S, 

T*  113.  Davante.  S. 

T.  117.  SaWo  che .  S. 

T.  127.  £re8Ìarche*F. 

CANTO  X. 

T.  15.  F. 

T.  45.  F. 

T.  72.  Supin .  S. 

T. 82.  Regge.  S. 

T.  91-93.  F. 

T»  116.  Ayaccio.  S. 

y.  119.  Qua  entro.  S. 

CANTO  XI. 


y.  16—33.  S. 

y.  48.  S. 

y.  55-57.  S. 

y.  61  e  62.  S. 

y.  93.  F.  Non  men  . 

y.  110-111.  S. 


.  m'aggrata.  S. 


m 


^^^■1 

^H 

^^^^n 

^ 

fc          .,. 

^3 

CANTP 

^H 

T.  88. 

Scarco.  S. 

^^1 

r.«. 

Sentisse  Binor.S. 

.^^^^1 

T.  44. 

Bocci».  F. 

^^^^H 

1                         ▼.  46. 

S' approccia.  S. 
-51   V. 

'^^^^H 

1                         ,.49- 

,^^^^H 

1                         T.  182 

,  Casso.  S. 

>^^| 

CANTO 

xm.     ^^M 

T.  54. 

Tornargli  lece.  S. 

^^M 

T.  55. 

Adeschi.  S. 

..57. 

A  ragionar  m' inveschi 
-61.  S. 

^^M 

T.  58. 

^^^M 

T.69. 

F. 

^^^^H 

T.72. 

S. 

^^^^^M 

..95. 

Disveli*.  S. 

^^^^M 

T.103 

-IO'..  .S. 

^^^^È 

T.11Ì 

'.  Tosta.  S. 

^^H 

CANTO 

XIV.     "^^M 

..H. 

Spa7:io.  S. 

^H 

T.14. 

KÉ;^ 

,.67. 

^^H 

..84. 

Il  pas!io  era  liei .  S. 
e  98. lieta 

^^^H 

..9' 

'^^^^1 

D', 

jcqna  e  di  fronde.  S. 
ì.  Far  la  grida.  S. 

..  ms 

!^^^M 

▼.103 

1-101.  F. 

.^^H 

G  A  N  T  O  ^.         ^^1 

,.6.  . 

Avvenla .  S. 

^^M 

,.16. 

-F. 

^^^^H 

,.19. 

naoTaLona.  S. 

^^^^H 

T.  34. 

Venprcco.S. 

^^^^H 

,.39. 

Arrostarti.  $• 

,.49 

-51.  F. 

;^H 

T.56. 

S. 

^^H 

..73 

-78.  F. 

T.95 

e96.F. 

.      .                      -Jl 

J 

177 

T.  104.  Tacerci.  S. 

ir.  106  e  107 fUr  cherci 

E  litteniti  grandi .  S. 

CANTO    X\\. 

T.  35.  Tutto  che.  S. 

T.  64  e  65.  S. 

▼.  75.  Ten  piagni .  S. 

T.87-89.  F. 

T.  108.  A  la  pelle  dipinta.  S. 

T.  113.  Di  lungi.  S. 

T.  1 1 7.  Si  seconda .  S. 

T.*  134.  L'aggrappa.  S. 

CANTO   XVI. 

T.  5.  Venisse  a  proda .  S. 

T.  18.  Imposte .  S. 

T.  21.  Lurcbi.  S. 

T.  50.  Ceffo.  S. 

T.  54.  Io  m' accorsi  •  S. 

T.  63.  Burro  .  S. 

T.  1 02.  A  gioco .  S. 

T.  114.  Veduta.  S. 

T.  1 1 6.  Me  n'  accorgo .  S. 

T.  119.  Stroscio.  S. 

T.  121.  Scoscie.  S. 

CANTO   XVIU. 

T.  1.  Luogo  è  in  Inferno.  S. 
T.  3.  D'intorno  il  Tolge.  S. 
T.  6.  Ordigno .  S. 
T.  14.  à^gli.  S. 
T.  18.  E  tronca  e  raccogli.  S. 
•  T.  41 .  Pungenti  salse .  F. 
V.  60.  Apprese .  S. 
T.  65.  Via.  S. 
T.  66.  Da  conio .  S. 
T.  90.  Dienno.  S. 
T.  99..  Assanna.  S. 
V.107.  S. 
V.  1 1 7.  Laico  o  cherco.  Sw 


178 


r.126.  Stucca.  S. 
r.  129.  Altinghe. 


T.  i6.  Giunte .  S. 

».  37.  F. 

T.  ^6.  Torre  a  Ingnnno .  S. 

T.  71.  Arvniwar  gli  orsatli-  S. 

T.  82.  LaiH'opra.  S. 

T.  92.  In  sua  halio  .  S. 

T.  95.  Fu  sortito.  S. 

T.  VI.  S. 

T.  115-117.  S. 

T.  115.  Maire. S. 

T.  117.  Patre.S. 

CANTO   XX. 


▼.  11.  Travolto.  S. 


T,  30.  Passion  porta.  S. 
T.  33.  Bui .  S. 
».  'l6.  S'atterga-  S. 
T.97.  T'assenno.  S. 


CANTO   XXL 


T.60. 
T.63. 
T.93. 
T.  114. 
».  128. 


Proda.  S. 

S. 

Non  ha  laogo.  S, 


Non  tenesser  patto .  S. 
Compier.  S. 
Aadianci  -  S. 


CANTO  xxn.  ■ 


L 


V.11.  Pedoni.  S. 
T.  35.  S. 


179 

T.  41.  Scuoi.  S. 

V.  47.  Ond'  ei  fosse.  S. 

V.  80.  Venire  a  proda .  S. 

T.  85.  Lasciogli  di  piano  .'S« 

V.104.  Sufolerò.S. 

T.130.  Di  botto.  S. 

V.  1 3 J.  Buffa .  S. 


CANTO  xjin. 


T.14.  Beffa. S. 

T.  18.  A^gueffa  .  S. 

V.  22.  Tostamente .  S. 

T.  34.  Non  compiè .  S. 

T.  44.  Supin.  S. 

T*  46.  Doccia .  S. 

T.  47.  Terragno.  S. 

T.  64.  Si  cV  egli  abbaglia.  S. 

T.6"-69.  S. 

V.  70-73.  F. 

y.  78.  Aura .  S. 

T.  82.  Ristetti .  S. 

T.  109-1 14.  S. 

T.  1*i&1.  Si  stenta.  S. 

T.  144.  F. 


CANTO   XXIV. 


T.  3-6.  F. 

T.  9.  Biancbeggiar  tutta.  S. 

T.  74-75.  F. 

▼.90.  Ee.S. 

▼.93.  Entropia.  S. 

▼.112.  Como.S. 

▼.  122.  Io  pioTvi. S.    --- 

▼.  126.  Bestia.  S. 


CANTO   XXV. 


▼.  25-30.  S. 

▼.  31 .  Biece .  S. 

▼.  32.  Sotto  la.S. 

▼.  33.  Diece .  S. 

▼.  39.  Intendemmo  pur.  S. 


180 

T.  55.  Diretani .  S. 
y.  77.  S. 
».82.  Epe.S. 

T.  85-96 è  preso 

Nostro  iilimenlo ,'  S. 
V.  119-  Genera  il  pel  anso.  S. 
T.  120.  11  dipela.». 
Y.  132.  Lumaccia.S. 
Y.137.  Safolando.  S. 

CANTO   XXVI. 

T.  8.  Di  qua  del .  S. 

T.  13.  Scalee.  S. 

T  48.  Si  fascia  di  quel.  S. 

T.  73-90.  S. 

CANTO   XXVII. 


T.  30.  Si  disserra.  S. 
T.  90.  Di  Snidano.  S. 
T.  116.  Frodolenle.  S. 
T.  129.   Mi  mncuro .  S. 
T.  1 J6.  Scommettendo .  S. 


CANTO  xxvni. 


T.  24.  Si  trulla.  S. 
T.  54.  S. 
T.  79.  Di  lor.  S. 
T.  91-93.  S. 
r.  98  e  99.  S. 
T.  134.  Quelli.  S. 


CANTO   XXK.  ■ 


L. 


T.5.  Sisoffolge.S. 
T.  6.  SmoKKÌcate .'  S. 
t.  41.  Conversi.  S. 
T.  43  e  44.  S, 
»,  49.  Insembre  .  S. 
T.  51.  Merabre.  S, 
T.  97.  Rincaho.  S. 
T.  99.  Di  rimbalzo.  S. 


▼.  112<  Parlando  a  gioco .  S. 

CANTO  laC3L 

T.  8.  Leonessa .  S. 
».  12.  Quella.  S. 
T.  15.  llrefuaasW'X. 
T.  27.  Sischiade.S. 
».  57,  Riverte.S. 
».  59.  Gramo .  S. 
T.  63.  Gocciol.  S. 
T.  68.  L'imaginelor.  S. 
T.  »7.  Non  ci  ha  S. 
».  103.  Tiimburo.  S. 
».  147.  Piato.  S. 

».  i4a  s.  ; 


».  24.  Aborri.  S. 
».  49-57.  S. 
T.  61.  Perizoma. S. 
T.77.  Coto.S. 


CANTO   XXXO. 

».  1.  Cliiocce.S. 

». ').  Abbo.S. 

».  31.  Gracidare.  S. 

».  46-4«.  F. 

».  72.  Gelati  gnaui .  S. 

».  79.  Mi  peste .  S. 

1.  96.  Lama.  S. 

».  129-131.  S 

».  113.  Bestiai.  S. 

».  134.  Odio  sovra  colni-  S. 

CAUTO  jxxm. 

».  .ì.  Di  retro.  S. 

».  27.  S. 

».  28.  Questi  pare»a  a  me.  S. 

».  39.  Con  meco.  S. 

».  55-63.  F. 


T.  5»  e  59 era  nalU 

Verso  il  graffiar.  S. 
T.  71.  S. 

T.  83.  Ansando .  S, 
T.  98.  Naturai  burella .  S. 
T.  103-105.  F.        , 
V.111.S. 

T.  115.  Senta  pecca .  S. 
T.  123.  Fé'  del  mar  velo.  S. 


VOCI 

MODI  DI  DIRE  E  VERSI 


SEGNATI 


NEL   PURGATORIO. 


CANTO   L 


▼.  1 .  S. 

▼•  12.  Disperar  perdono.  S. 

▼.  71.  F. 

T.  93.  Ricbegge  •  S. 

▼.  126*  Di  sua  arte.  S. 


CANTO   fi. 

T.  7.  Gaance .  S. 

T.  9.  Rance .  S. 

T.  26.  L'ali. F. 

T.  32.  Velo.S. 

T.  35.  Eteme  penne.  S. 

▼,  45.  Sediero.  S. 

y.  106-108.  S. 

▼.127.  EUi.S. 

CANTO   Ut 

▼.  28-W.  S. 

▼.  34-36.  F. 

V.  102.  Coi  dossi  de  le  man.  S. 

T.  118.  La  persona.  S. 

T.  121-123.  S. 


CANTO  IV. 


^ 


▼.24.  Partine. S. 


:  92.  Latina .  S. 
,.1^8.  F. 

F.  152.  PerderagU.S. 
r.  153.  Diana.  S. 


I 


CANTO  xrv. 

y.12.  Ditta.  S. 

V.  31  -36.  S. 

y.  50.  F. 

V.  73.  F. 

V.  78.  Vuomi.  S. 

T.  ^4.  Di  livore  spano  .  f>. 

CANTO   XV. 

V.  18.  Parecchio.  S. 

T.  61-7B.  S. 

r.  88  e  89.  Con  atto 

Doler  di  madre  dicer.  S. 
r.  102.  Mite.S. 
T.  111.  S. 
».  116.  S. 
r.  1 33.  l'er  ijuel  che  foce  .  S. 

CANTO    XVI. 

V.  18.  Le  peccata.  S. 

f.  55-57.  F. 

V.  67  e  68 ogni  ragion  reoaln 

Pnr  susoal  cielo.  S. 
T.  109  e  110 giantu  la  spada 

Col  pastorale.  S. 
V.  127 -129.  S. 


CASTO   XVII. 


y.  5.  Spera.  .S. 
*.  6.  Dieldlenienle . 
T.  13-18.  S. 
T.  33.  Sifeo.F. 
T.  41.  Il  viso.  S. 
V.  53.  S. 
T.  59  e  60.  S. 


187 

T.  60.  Si  mette  al  nego .  F. 

T.  66.  Ai  mio  primo  grado  ibi.  F. 

T.  84.  F. 

T.  103-111.  S.eF. 

T.  1 1 5.  Sino  air  ultiino  •  S* 

T.  115.  Soppresso.  F. 

T.129.  Contende.  S. 

CANTO  xvm. 

T.  3.  Frugava.  S. 

T.  9.  F. 

T- 43-60.  S. 

T.  58  e  59.  Che  sono  in  Toi  siccome  studio  in  ape 

Di  far  lor  mele . 
▼.  63.  Assenso .  S. 
T.  66.  Viglia .  S. 
V.  67-7^5 
T.  79.  S. 
▼.  96.  S. 

w.  105.  Rinverda.S. 

T.  107.  Ricompie.  S«  * 

▼.1V4.  F. 
▼.117.  F. 

CANTO   XIX. 

T.  45.  Marca.  S. 

T.  62  e  63 al  logoro  che  gira 

Lo  rege  etemo  ec.  r. 
V.  76-78.  F. 
▼.133-138.  S. 
▼•  140.  Disagia.  S. 

CANTO  XX. 

▼.  9.  S'approccia.  S. 

▼.10-15.  S. 

▼.  25.  Seguentemente  .^S. 

▼.  36.  RinnoTelle  •  S. 

▼.  37—39.  F. 

▼.  48.  Giuggia.  S. 

if,  73  .  74 con  la  lancia 

Con  la  qual  giostrò  Guida.  S. 


E 

H 

fc                   ,» 

J 

^v 

-84.  S.  e  r. 

^H 

-151.  F. 

^^^^^H 

^1 

CANTO 

xn^^n 

^H 

Dea.S. 

^H 

Ui.  F. 

^B 

Conocchia .  S. 

^^H^ 

^H 

Compila.  S. 

^^^H 

^H                    Y. 

Cruna.  S. 

^^^H 

^H 

-75.  F. 

^^^^È 

^H 

Prode.  S. 

-    ^H 

^H                    T. 

Si  scalappia.  5. 
Congaudetc.  S. 
i-lOS.  F. 

^V              r.TS. 

^^^^1 

^^                T.103 

^H 

T.ioe 

i_108.  S. 

Y.109.S. 

^^^^M 

Y.126 

:.  De' Dei.  S. 

^^M 

CAHTO 

^H 

T.  7.  Labore  .  S. 

^ 

T.14. 

S. 

r.ì9. 

Matera.  S. 

^^^H 

t.  31. 

Avvera .  S. 

^^^H 

T.  14. 

Pentemi .  S. 

^^^1 

T.  108 

;.  F. 

^^^H 

T.119 

*.  Temo.  5. 

^^^^È 

V.133 

.  Si  disgrada.  S. 

^^^M 

T.i4a 

1-150.  F. 

s 

CAUTO 

xxiii.      -^B 

T.  3.  Fiulinole .  S. 

^^ 

T.22. 

-4-4.  s. 

T.  60. 

S. 

T.  94. 

=  96.  Barbagia.  .S.— 1 

Porse  ba  volato  nota 

troppa  V 

icina  ripetizione  della 

voee.L.M.R.          i 

Y.  103 

.  Spiritai;.  S. 

CASTO 

XXIV. 

Y.  3.  Pinta  da  buon  vento,  f 

Y.  52- 

-63.  S. 

M 

189 

T.  64.  Vernali .  S. 

▼.  71.  Esì.S. 

T.  115.  Trapassai' oltre .  F. 

▼.145-147.  S. 


CASTO  XXV. 


y.  6.  Trafigge .  & 

▼.  7.  Callaja .  S. 

▼.  9.  Dispaia.  S. 

▼.10-12.  S. 

▼.  1 3.  Spenta .  S. 

▼.  27.  F. 

▼.  30.  Piage.  S. 

▼.  34—75.  S. 

▼.54.  S.F. 

▼.  72.  S. 

▼9  74   In  sua  snstajdca .  S. 

▼.79-108.  Nota.S. 


CANTO   XXVt* 


▼.  16-18.  S. 
▼.  52.  Grato .  S. 
▼.  121.  A  Toce.  S. 


CANTO  XXVU. 


▼.  17»  Mi  protesi.  S. 

▼  21.  F. 

f  49-51.  S. 
▼.61-63.  F. 
▼.  83.  Pernotta   S. 
▼.  84'  Sperga   S 

▼  106-108.  F. 

▼  109.  S. 
▼.113.  Levami.  S. 

▼.  133.  Sino  all'  ultimo.  S. 


CANTO  xxvm. 


▼•  5.  Prendendo  la  •  S. 
▼.  36.  Mai.  S. 
▼•  73.  S. 


f.  88-120-  S. 

T-  92.  Fece  l' uom  buono  a  bene  .  S. 

T.  127 -148.  S. 

T.  136.  Corollario.  S. 

CASTO   XXIX- 

T.  31  e  32  ....  Tra  tante  primiù* 

Dell'eterno  piacer.  S. 
V.  37.  Fami .  S. 
¥.43-48.  S 
T.  31.  Osanna. S. 
T.  52.  Arnese-  S. 
T.  66.  Fnci .  S, 
T.  82.  Seniori  -  S. 
w.  83.  Fiordaliso.  S. 

CANTO   IXX. 

T.  18.  DìtIu.  S. 

T.  22-27.  s. 

T.  27.  Lanca  fiata.  S. 

Y  48.  S. 

T.  76-81.  S. 

T.88.  Trapela.  S. 

T  95.  Lor  compatire  a  me.  Si 

T.  97-'i9.  F.  ' 

T.  108.  F. 

r.  109-111.  F. 

T.  113.  PioTa.S. 

T.  122.  Occhi  gioTinelti .  S: 

T.  127-129.  F. 

¥.131  e  132.  S. 


CANTO  xxxr. 


».7-9.5. 
T.  28-30.  S. 
r.  70-72.  S. 
T.96.  Spola.  S. 
T.  121.  In  lo.  S. 
*.  187 -129.  F- 


191 


CANTO    XXXll. 


,.  35.  Disfrenata .  S. 
,.  55  e  56.  S. 
,.  97.  Claostro-S. 
T,  100.  Slhano.  S- 
,.HH.  ClTe.S. 
12.  Futa.S. 

CANTO    XXXIH. 

f.  4.  Sospirosa,  S. 

5.  Si  fatu  .  S. 
,.3tì.  Snppe.S. 
,  4R.  AUuja.S. 
T.53e5*.  F. 
y.  74.  F. 
T.  83.  S. 

».  90.  Feslioa.5. 
▼.  117.  Se  da  »e  lonUn»-  ». 


L 


VOCI 

MODI  DI  DIRE  E 

VERSI 

SEGNATI 

k 

KEL    PAR  ADI 

1 

se. 

1 

^ 

CANTO  l 

i6-ia.  s. 

34.  F. 
48.  S.  e  F. 
55-72.  S. 
70.  Tpamon 
91-93.  S. 
96.  Irretito 

tanar .  S. 

S. 

CAUTO  a 

5.  PeLso.S 
3.  Miner... 

'.. Apollo. S. 

T 
T 
T 

T 
T 
f 
T 
T 

17.  S'ammiraron.  S. 

28.  F. 

31-36.  S. 

35.  Recepe.  S. 

43-45.  S. 

115.  Ch'ha  tanti  «edote.S. 

123.  F. 

133.  A»oatra  polre.  S. 

CASTO   111. 

T 

24.  S. 
39.  Gallala 
63.  Latino. 
82-64.  S. 

poa  s'intende.  F. 
S. 

19S 


T.  M.  Pontano  igoalBieiite.  S. 

t.i7.  FiUe.S. 

».  MjW.  & 

T.  59.  S. 

V.  69.  Eretica  neqnilU .  S. 

T.  105.  S.  •  F. 

T.1S4.138.  S. 


T.  1,  Ti  fiammeggii}.  S. 
T.  33.  Maltolletto.S. 
▼.  84.  Seco  medeaioo .  F. 
T.  97-99.  S. 

T.  115.  O  bene  nato.  S. 
T.  116.  Eternai.  S. 
T.113.  Du.S. 


T.  10.  S. 

▼.25.  Commendai.  S. 
Y.  45.  Collegi.  S. 
▼.48.  MiiTO.S. 
▼.  49.  Arabi.  S. 
▼.  51.  Uhi.  S. 
▼.  77.  Colubro.  S. 
▼.  79.  Rnbro.  S. 
▼.81.  Delubro.  S. 
▼.  83.  Fatturo.  S. 
».  109-111.  F. 
▼.118.  Gaggi.  S. 
».  120.  Maggi.  S. 


▼.  5.  FuTisoame. 
▼.6.  S'addua.S. 
▼.  18.  F. 
▼.  19.  S. 
▼.  «8.  -s. 


194 

».  39.  S.eF. 

T.  àtQ.'i8.  F. 

T.  64-75.  S. 

T.  76.  S'aTvantageia.  S. 

T.  79.  Disfranca.  S. 

Y.  85.  Tota.  S. 

T.  ^12.   U90.S. 

T.  94-102.  F. 

T.  10(j.  Imprenta.  S. 

T.  124.  S"in  .tUiMinu).  9. 

T.  125.  Misture.  S. 

▼.  1 43.  Bentnanca .  S. 

CANTO  vm. 


T.60. 
V.  61. 
Y  61. 
V.93. 

Y.115. 

Y.  139- 


A  tempo .  S. 
D'Ausonia.  S. 
.Sgorga .  S. 
F.  S. 
121 


■.  139. 


19-141.  F. 

o  air  ultimo.  5. 
Y.  147.  Fat«redÌtBl.S. 

CANTO   tX. 

Y.  6.  Di  retro . 
T.  19.  Compenso.  S. 
Y.  25.  PraTB.  S. 
Y.26.  lUlica.S. 
T.  3  I.  Indulgo.  S. 
Y.  37,  Laoulcnta.  S. 
Y.  40.  S'incinqua.  S. 
Y.52.  DifFalta.S. 
Y.  6'.  In  die  S. 

V.  81.  IntuBSse ìmmii.  S. 

Y.  103-1lt5.  F. 

Y.1I4.  Mera.S. 

V.  IIB-1 19. ...  l'ombra  s'appunta 

CliR   lYoslro  mondo  lare  ■  S. 
Y.  135.  Vivagni.  S. 


k. 


195 


CANTO   X. 

T.  36.  S. 

T.  48.  F. 

T.  60.  EccKpsò.  S. 

T.  74.  S' impenna.  S. 

T.  130.  Spiro.  S. 

CANTO  XL 

T.  1.  Insensata.  S. 

T.  13.  Ne  lo.  S. 

T.  90.  Dispetto.  S. 

▼.114.  L'amassero  a  fede.  S. 

▼•  137.  Si  scheggia.  F. 

C  ANTO  XIL 

T*  9*  Rifiise .  S. 
▼.11.  Paralel  li  e  concolori  •  S. 
▼.  39.  Sospettoso  •  F. 
▼.  82-84.  S. 
T .  99.  Ch'  alta  vena  preme .  S. 

CANTO  Xffl. 

y.  14.  Di  Minoi.  S. 

▼.32.  Vita.S, 

▼.  52-78.  S. 

▼.  57.  S' intrea .  S. 

V.  70-72.  F. 

▼.  85-87.  S. 

▼.  98.  Necesse.  S. 

T.  100.  Esse.S. 

CANTO  nv. 

▼.17.  Rifatti.  S. 

▼.  33.  Mano .  S. 

▼.  34.  Dia .  S. 

▼.  48.  Condiziona .  S. 

V.  49-63.  S. 

▼.  62.  Amme  •  S. 


y.  86.  AITncato .  S. 
..149.  Vinci.  S. 


CAUTO  XV. 


T.  1.  Siliqua.S. 

T.  13-18.  S. 

▼.  16.  Tramnti.S. 

T.  55.  Mei.S. 

T.  56.  Baja.  S. 

T.63.  Pandi.  S. 

,.  88-90.  S. 

».  92.  Tna  cognazion .  S. 

T.  93.  Inla.S. 

T.111.  C.lo.S. 

T.117.  Penneccbio.  S. 

T.  124.S. 

..129.  Corniglia.S. 

T.145.  Turpa.S. 

».118.  F. 


CAUTO    XVl 


».  1-9.  S. 

»,  30.  Blandimenti .  S. 

..  33.  S. 

».  49.  CitUdinanaa .  S, 

..102.  Poma.S. 

Y.108.  Alle  conile.  S. 

CAUTO   XVH, 

r.  31 .  Ambage .  S. 
..  37-15.  S. 
».  52-54.  F. 
».  55-60.  S. 
».  57.  F. 
».  66.  F. 
».  73-75.  S. 
».  139-142.  F. 

CANTO    XVlil. 

T.  47.  Goltifredi.  S. 


IH 


r.  57.  Sotere.  S. 
r.  70-81.  S. 
r.  77.  FMieDti.S. 
r.  79.  Morìenri.  S. 
r.BI.  Tideui.S. 
r.83.  Longeri.S. 


CANTO   XOE. 


r.S.  Fraì.S. 

r.  34-36.  5. 

r.  SI.  Secon  wnùsDn.S. 

r.88^.S. 

r.1S3.  Meta.S. 

T.135.  Parrò.  S. 

T.  137.  Bari».  S. 

T.  138.  Boue.  S. 

r.  140.  IKRaKia.S. 


CANTO   XX. 


r.  8.  a.  S. 
r.1&  LapilU.S. 
r.  136.  Scemo.  S. 


CANTO   XXL 


'.1.  Kifisù.S. 
r- 11.  Fulgore.  S. 
r.18.  Farcente.  S. 
r.  B9.  Roteando.  S. 
r.  81.  MoU.  S. 
Fi 97.  Mondo  mortai.  S. 
r.  109.  Gn>bo   S. 
r.llg.  Fertilemente.  S. 


CANTO  xxn. 


r.  3.  Cott.  S. 
r.  16-08.  S. 
r.ei.  Ridai;  S. 
r.23.  Spemle.S. 
r.  25-87;  S. 
r.86.  S'attenta.  S. 


196 


w.  i^.  LncolenU  ■  S. 


».  ^9.  Come  turbo.  S. 


',  136.  Approbo.  S. 


CANTO    rJOIL 


'.  fi2.  PoemH  .  F. 
'  fi9.  Parca.  9. 
'.  79.  Mei .  S. 
f.  90.   AvrJsar.S. 
r.  121.  Far.toIln.S. 
r.  132.  Bobolce.S. 


CANTO    3CXIV. 

r.  16-17 differente-mente.  S. 


2.  Spi 


..S. 


r.91.  Ploja.S. 
r.  '<  I.  Cuoia.  S. 
r.  96.  Ohtusa  .  S. 
r.  118.  Donnea. S. 
r.1^2.  S. 

CASTO   XXY. 

T.  17.  II  barone.  S. 
T.    2.  Fiale.  S. 
V.  3ft.  A'  monti .  S. 

Y.  55-56 H'  Eftilto 

Vegna  in  Jet  usale  in  me .  5. 
».  79-51.  S. 

CANTO   XXVL 


r.2»-30.F. 
t.2,9.  Maggio 


199 

T.5?.    De  l'aqDiladiCrislo.S. 

v.JA.  NrEcia.S. 

T.  76.  QiiiBquilia .  S. 

Y.93.  ^^lro.S. 

T.  9t.  Supplico.  S. 

T.97.  Bioelia.S. 

▼.107.  Pwelio.S. 

T.108.  Pareglio.S. 

T.  12^.  Aiiivail  ultimo. 5. 

CAUTO  XXVU. 

T.  13-15.  S.  \ 

V.  28-  33.  S.  -^  Nfl  tnarsine  è  qnMl*  nota  abbreria- 
ta  clie  io  non  so  intendere  :  Aff>  KB.  £»  H.  K. 
y.  33.  Fané.  S. 
▼.«-  M.  F. 
T.W.  Fleto. S. 
T.97— 12(1.  S. 
T,  126.  Boizaccbioni  -  S> 
V.127-  135.  F. 
T.  133.  BalliDriendo.  S. 
T.  142.  Sinerni.S, 

CANTO  xxvm. 


3.  Imparadisa .  S. 
28.  Circuncinto .  S. 

39,  S'inTera.S. 
40-  57.  S. 
53.  Tempio.  S. 
82.  RoflU .  S. 
84.  Paroffia.S. 
106-114.  S. 

CANTO  XXa. 

T.13-36.S. 

T.  16.  In  sBa  eternila  >  S> 

T.  18.  S'aperse. . ..  l'eterno.  S. 

V.  21.  Qnest' acque.  S. 

T.aa.  Pi.rette.  S. 

T.  65.  Meritoro .  S. 

T.  69.  Ajutoro.  S. 


T.  76-81.  S. 
^.H").  Isi;ede.S. 
T.13f;.  Baja.S. 
T.144.  Speculi.  S. 

CANTO   XXX. 

T.  7  R  8 cbiarissitna  ancella 

Del  Sol .  S. 
».  9.  Di  vista  in  vista.  S. 
».  19  e  20 li  tnmpfld» 


Non 


di  Id  da  n 


-12.  S. 
».  44.  Di  Parodiai.  S. 
».  54.  Canaio .  ■. 
V.  62.  Fulvido .  S. 
V.  68.  Hiprofondavan  .  .  .  gur 
».  71.  Vei.S. 
».  72.  Turge .  S. 
».  78.  Ambrlfpri  prefazi .  S. 
».  87.    S'iramegU.S. 
».  88.  Gronda.  S. 
V.  91-93.  S. 

V.  93.  La  sembianza  non  sua . 
V.100.  Lumt-èlbfu. 
».  12'>.  Rigradii  e  ridole  .  S. 
».136.  AogosU.S. 

CANTO   XXH. 


k 


T.  19.  Ventilando.  S. 

V.  25.  Gaudioso .  S. 

T.  27.  Viraed.raor.S. 

T.  45.  Sidir.S. 

T.  48.  Ricirciilando.S. 

».  59.  Sene.S. 

Y.  61-93.  S. 

».  77.  Effige.  S. 

..79.  Vige.S. 

V.  81 .  Veatlge .  S. 

».  9(1.  Si  dimodi.  S. 

V.  112.  Figliuol  dì  gnuia 

V.  127.  Oria&umma.S. 


CANTO  xxxn. 

,.1.  Affello.S. 

f   7.  l  teni  sedi .  S. 

V.  19-21.  S. 

».64-69.  S. 

T.  93.  Tanto  sembiante .  ». 

T.  119.  Ananata.S. 

»T.  130.  Siede  lunghi  esso-  a. 
-  117.  S' impetri.  S. 

CANTO   XXXID. 


F 


INTERLOCUTORI 


CORNELIA  moglie  d'Alberto,  creduta  moglie  d-Mtt- 

CAMMILLO,  che  sarà  Perseo,/ìsiio  di  Cornelia  e  tTJt- 

berlo. 
MAGAGNA  si-rvo  di  Cornelia  . 
FRANCESCHETTO  figlio  piccolo  d' Menandi 

GEALAISE  Napoletano. 

FLAVIO  lotto  nome  di  Cosmo,  servo  finto  del 

no.  Maglio  di  Manilio,  e  innamorato  dì  LaAnia, 
LAVINIA  figliastra  di  Alberto  ,  e  figlia  di  Leonora. 
P\S()V\S\  sua  serva. 
ALBERTO,  i.7i«  sarà  Mutuo  marito  di  Cornelia, 

duto  marito  di  Leonora. 
MANILIO  vecchio pudre  di  Flavio. 
FLAMINIO  innamoralo  dì  Ersilia,  che  si  trova  poi  «> 

fratello . 
BÌANCHETTAru^a«a. 
ERSILIA  figliastra  di  Alessandro  e  di  Cornelia,  M» 

morula  di  Camnirllo. 
ALESSANDRO  marita  di  Leonora,  creduto  marilii^ 

Cornelia . 
LEAN  ORO  suo  crealo  accorto . 
LEONORA,  che  sarà  Brianda  moglie  di  Alenanti 

creduta  moglie  d' Alberto . 


PROLOGO 


ITTO  DA  VENERE  IGNDDA  COR  ORA  CRIRtlSDA  DI 
UTIiLLE  E  ROSE  ,  E  CON  DN  VELO  IKCABHATO  NELI.H 
SPALLE  GONPia,  POBTAKDO  IL  MONDO  IN  UAAO  ,  B 
ASSISA  SOPitA  UNA  ConCBIGLIA  TIRATA  DA  DDE  CIGNI 
n  MEZZO  AD  DIf  KAKI. 


^on  prenderò  fatica  in  dimostrarrì , 
Ch'  io  sia  Ih  Dea  iV  amor  ;  poiché  vi  è  nota 
La  mia  sembinnia,  che  ben  mille  volte 
Vieto  m'avete  nel  vicino  Monte, 
Ch'  i  vostri  antichi  già  mi  coiraacraro  : 
Ben  conoscete  voi  Venere  vostra. 
Sol  fia  mcstier ,  che  la  cagìon  vi  conti 
Perchè  discesa  io  sia  novellamente 
In  terra,  e  a  vo!  qnivi  in  scena  apparsa. 
Dna  schiera  nfflittisaima  d'amanti 
D'ogni  et^,  d'ogni  sesso,  d'ogni  stato 
Con  voti,  e  con  solenne  sacrificio 
Pur  or  venuta  è  a  querelarsi  meco 
Del  mio  figliuolo,  e  n  domandarmi  aita 
Con  caldi  prìcghi.  Udite  bell'Intrico. 
Questi  m'ha  (ietlot  con  geloso  iardo 
Cupido  tuo  nt'  ha  punto  :  onde  ho  lasciato 
La  propria  moglie  ad  un  vìi  servo  in  preda. 
Quasi  un  altro  Fcreo  fero  Alessandro . 
Soggiunse  un  altro  con  tremante  voce  ; 
Io,  eh' era  Persio,  or  fatto  son  Cammillo, 
Tolto  alla  patria,  e  al  mesto  padre  mio; 
E  Cornelia,  ed  Ersilia  mi  fan  guerra  . 
Dea  {  segue  un  altro)  ed  io  son  trasformato 
Dì  Flavio  in  Cosmo,  e  per  Lavinia  moro , 
Se  ben  la  crvdel  m'odia,  e  mi  disprewa; 
Se  nan  curi  di  me,  novali  almeno 


5  PROLOGO 

Manilio',  Ìl  Teccbio  e  sconsolato  psdre, 
Chp  ppr  amor  lascintn  bo  in  abbandoDO. 
Indi  tiii  Flaminio  si  querela,  e  plora 
La  cru.leli;i  d'  Ersilia.  Ob!  cbe  diletto 
Ho  !;entilo  d'uu  veccbio,  Alberto  detto, 
Cbe  si  cbianuva  Muiio!  ei  con  Manilio 
Va  tbrsennato;  quel  Cornelia  adora; 
Qnesli  Leonora;  tremoli  e  pendenti 
Piangeano  entrambi.  Un  Capitano  intanto 
Napolitano,  amante  di  Pasqnina 
Ruflìana,  e  da  lei  odiato  a  morte  , 
Prega  il  mio  Nume  :  nn  putto ,  un  serro  tea! 
SniaEcellano  di  dietro  da  le  rìsa. 
Lascia  il  dir  de  le  Donne  supplicanti . 
Maggior  Intrico  in  somma  unqua  non  lidi . 
Non  fé'  mai  sì  bel  groppo  il  6glÌo  mio. 
Or  io  mossa  a  pietà  de  l' infelice 
E  travialo  stuolo,  vo  cercando 
Il  mio  diletto  figlio ,  il  qual  m'  è  avrin 
TroTarlu  in  questo  loco,  dove  io  veggio 
Un  de  la  stirpe  mia,  sceso  d'  Augnato, 
Ami  da  Marte  stesso.  Oh!  come  io  godo 
Vederlo,  contemplarlo,  rimirarlo 
Tutto  di  deitfi  pieno,  e  spirante 
Gioja,  faror,  graiia,  belt^,  decoro. 
Felici  voi,  elle  lo  godete  in  terra! 
Ma  venir  sento  gì'  Intricati  Amanti  ; 
Voglio  celarmi  da  le  lor  querele. 
Se  quivi  è  il  mio  Cupido,  alcun  di  voi 
Gli  dica,  cb'  io  lo  cerco,  c*bo  da  dirli 
Cose  al  nostro  divin  scettro  importanti. 
Voi  con  sommo  diletto  e  otil  vostra 
Udite  gli  amorosi  Intrichi,  e  i  lai, 
Cbe  per  ciò  forse  qui  raccolti  sete, 
lo  felici  successi  vi  prometto. 
Orsù,  beiCigui  miei,  prendete  il  volo. 


^ 


ATTO  PRIMO 


SCENA  PRIMA 

LEitroRo,  CoGHEtii,  Ebsilia,  Cammillo  rientro.  Laviuia] 
injinestrn,  Pììqoib*  in  porla, Yl^sìo,  sotto  i\ 
Cosmo  vestilo  e  tinto  ita  Moro ,  in  strada . 

X,ean.  xjh  !  clie  dolore,  oh!  die  pietìi,<:lic  tn'han  dnto,tf  I 
danno  tuttavia  queste  povere  donne,  le  (|uali,  intesa 
la  repentina  morte  del  Sig.  Alessandro  da  me ,  oltrs 
l'aTersì  Tr>stile  tutte  di  negro,  ed  anncgrìto  ancora 
con  i  panni  le  mura  della  casa ,  bau  prima  con  bas- 
se, e  poi  con  alte  voci  codì  dirottamente  pianto,  che 
■arebbe  V^n  di  pietra  cbì  non  pian{;esse  come  bo 
pianto  anch'io,  con  tutto  che  sappia  questa  morto 
non  esser  vera  ,  ma  supposta,  e  finta  da  Alessandra 
per  alcuni  suoi  caprìcci .  Io  son  alato  l' imbasciatore 
di  sì  trista  novella  :  e  se  ben  l' imbasciatore  non  deve 
portar  pena ,  non  perà  mi  pare  eh'  alcuni  mi  mirino 
con  occhi  storti ,  e  alcuni  mostrano  di  non  poter 
comportare  eh' io  dimori  pi&  in  quella 
son  risoluto  di  uscir  fuori  cosi  per  tema  di  qualche 
disordine,  come  per  trovare  il  detto  Sig.  Ale^sanilrn 
mio  padrone,  e  persuaderli,  che  lasci  questi  vestiti 
à'  Kstroìopfl  con  li  quali  intende  chiarirsi  se  Corne- 
lia e  CnmmìUo  sono  l'cdeli  ;  poiché  con 
ietto  smisurato  di  moglie,  e  uell'altro  sincerità  gran- 
de  di  servo. 

Cnr.  O  marito! 

£rsit-  O  padre  ! 

Cam.  O  padron  mio  ! 

Z.ean.  Ma  senti  che  pur  piangono. 

X,au.  Olà,  quel  giovane! 

I^an.  Chi  mi  chiama  ? 

J,au,  Che  gridi  e  che  pianti  son  quelli,  che  silàni 
casa  (Iella  Signora  Covnnlid  :' 


208  INTRIGHI  D'  AMORE 

Fiav.  Ditemi,  di  graiia,  percliè  si  piange  in  can  del  Sig.  1 

Alessandro  7 
l'asq.  Olà,  ferma ,  die  In  padrona  liesidera  sapere  clir  n- 

more  è  in  casa  della  nostra  vicina. 
Lean.  Che  cosa  è  questa 7  come  posso  in  an  trailo  rispon- 

dere  a  tanti,  e  a  nn  tempo?  Iio  Aa  tàr altro,  né  so<{mI 

che  cercate;  se  volete,  lo  potrete  saper  da  eue,  cbe 

io  vado  per  li  fatti  miei,  e  non  caro  saper  gli  altrui. 
Ptìiq,  Uh  come  ^  fantastico  !  Andrò  a  dire  alU  padmna 

che  ho  Tediito  un  uomo  a  guisa  di  lampo,  che  appir- 

Te  e  disparve  in  un  tratto. 
F/ai',  Mi  piace,  cli«  l'uno  e  l'altro  sì  è  partito,  dandomi 

luogo  di  vedere  e  contemplar  colei ,  per  coi  iia9c«a> 

do  me  stesso  a  me  stesso . 
Lav,  Ma  ecco  Cosmo,  il  Moro  di  colui,  che  è  Tertmenle 

pia,  che  barbaro,  crudele. 
Flav,  Ma  ecco,  che  in  sua  presenza  perde  quelle  parole i 

che  in  assenni  dico  mille  volte  l' ora . 
Lav.  Cosmo,  che  fai  qui7  cbe  cerchi?  £  dove  è  il  tuo  e 


Signoi 


Flav.  Cerco  chi  trovo,  e  non  trovo  chi  mt  cerca,  percbì 
conforme  a  quel  che  voglio  sotto  altre  forme,  c«rrn 
chi  trovo  sempre  contraria  al  mio  volere.  Ma  tii  éii^ 
sei  qui  ora,  perchè  di  novo  cerchi  quel  che  noato- 
lesti  mai  ;  ne  mai,  cercando  altrove,  trovasti  mrglio, 
ch'ai  tuo  voler  c^rrispondesM  7 

irte  Tu  non  rispondi  a  proposilo,  se  pur  non  vorrai  ii- 
re,  che  fiinno  molto  a  proposito  mio  le  tne  primis  pa- 
role; perchè  cerco  colui,  che  trovo  sempre  contn- 
rioal  voler  mio:  e  se  ben  lo  cerco  di  novo,  non  è  ca- 
rne tu  t'immagini,  cbe  non  lo  volesse  mai,  sapendo 
che  non  desidero  altro  cbe  l' amato ,  ma  non  amante 
tuo  padrone.  Che  segni  sono  quelli,  cbe  fiu  col  capo, 
e  con  le  mani? 

flav.  Ahimè  ! 

£«i'.  Tu  sospiri, e  perchè?  Ti  dispiace  forse,  chclcrn- 
dele  mi  è  ci-udple  ?  Lev;»  su  gli  occhi  ;  parla.  Tu  no» 
mi  rispondi?  ed  hai  ragione,  non  meritando  riipv- 
sla  l' ingratitudine  del  Sig.  Già.  Luigi . 


ATTO  PRIMO  a09 

Flav,  Ah  sorte  crudele  ! 

Lav,  Sarte  veramente  erodete  ;  poicliè  mi  filì>rza  ad  ama- 
ro un  uomo  assai  più  crudo  di  coccodrillo,  che  ucci- 
de, e.  piange  ;  ma  egli  uccìde,  e  ride. 

^^i*.  Ahi,  Flavio  1 

rf.  E  a  Flavio,  che  tu' ha  amata  tanto,  vuol  cV  io  rivoi' 
ti  questo  rio  costume,  che  Decidendo  <juel  mìsera, 
mi  rido  del  suo  morire.  Tu  parli,  piangi,  e  ti  parti? 
,  Hon  ti  partire,  aspetta,  fermati  un  altro  poco.  Si  fr 
pur  partito ,  mosso  a  pietà  del  mìo  tormento  .  Ahi  I 
che  dissi  hen  io,  che  l'amato  mìo  hene  è  pììk  che 
barbaro  crudele  ;  poiché  un  bar1>aro,  som'  è  Cosmo, 
fti  move  a  pietà  di  me  ;  ed  <>glì  pììi  crudo  che  mai  si 
incrudelisce  sempre;  onde  ìo  pietosa  dì  me  stessa, 
Tengo  meno  per  pietà  . 

SCENA  SECONDA 
CoRNBr.u,  Camuillo 

Corn.  Dunque  Alessandro  è  morto?  Dun(|ue  Alessandro 
Bon  vive?  Come  iiou  muori,  Cornelia,  se  non  vive  più 
colui ,  ch'era  la  vita  tvia?  Ohimè,  che  io  scoppio  dì 
doglia;  non  mì  trattenete,  di  (^raiia,  che  io  voglio 
nscir  fuor»  scorrendo  per  tutto,  acciò  le  strada  sap- 
piinio  ancora  che  io  sono  la  misei'a,  che  Ìo  sono  l' in- 
felice. 
>i.  Infelice  è  venwnente  colui,  che  non  pui  soffrire  le 
sue  infelicitadi ,  poiché  le  disgratìe  non  uccidono 
gli  uomini,  ma  il  non  aver  paiienza  in  quelle.  Da- 
tevi dunque  pace;  fermatevi  pure:  dove  volete  an- 

Cor,  Dovp  mi  mena  il  duolo ,  a  piangere ,  e  sospirar  sem- 
pre, perchè  le  disgrafie,  che  toccano  il  cuore,  ma- 
lamcntc  si  ponno  soffrire.  Ahimè,  ahimè! 
n.  Se  le  lagrime ,  Signoro  mia,  tasserò  potenti  a  risor- 
ger  morti ,  non  farei  altro  che  piangere  ,  per  ritorniti' 
in  vita  colui  da  chi  confesso  questa  vita,  e  quanto 
tengo;  ma  se  nulla  riUyano,  non  piangete,  di  graji 
Concolutevi  oiniiii. 


3 


■^ 


sto  laTRlGIlI  D'AMORE 

Cor.  Come  posso  comolarmi,  se  io  sconsolata,  e  Tedu», 
soootre  volte  e  sconsolata,  e  vctlova?  E  in  quali 
terza  mi  sì  cooviene  quel  verso, 

Trt  volte  cadde ,  ed  alla  terza  giace; 
poiché  oggi  giacciono  a  terra  tutte  le  mie  ipenn», 
tutte  le  mie  consolazioni.  O  marito  caro,  o  redon 
infelice.'  Dolente  ancora,  clie  non  vi  vidi  ìaotfo, 
Alessandro  mio  dolcissimo. 

Cdflt.  Ami,  essendo  più  Bcerlra  il  vedere,  cbe  l'udirti* 
cose  che  ci  apportano  noti),  i:  stato  manco  il  nule  t 
non  vederlo  morto,  perchè  il  dolore  più  ìnlenmnPD' 
te  vi  avrebbe  trafitto  l' anima  con  perìcnlo  della  vib. 

Cor,  Morte  non  fii  giammai  cosi  beata,  come  swfeUie  si*- 
la  la  mia ,  se  io  fossi  morta  appresM  CoIuì ,  mui  ià 
quale  morrò  mille  volte  il  giorno. 

Cam'  Poiché  le  mie  persuasioni  non  danno  rimedio  >l 
male,  che  h  veramente  comane  fra  di  noÌi  vogliala', 
come  donna  prudente,  e  savia,  rimettere  ■)  tnttu  in 
man  del  Cielo,  il  quale  sa  meglio  compartire  )e  tue 
graiie,  che  noi  altri  non  sappiamo  eleggere;  contat- 
tatevi della  volontà  sua,  e  credete  che  qnanto&c 
tatto  per  nostro  meglio. 

Cor.  E  vero,  ma  chi  è  di  carne  non  pnù  far  che  non  iet- 
ta il  dolore  della  carne  propria  ;  dico  propria,  pcn:U 
il  marito  e  la  moglie  sono  dne  in  una  camr. 

Cam.  Sta  bene,  ma  consolatevi,  poiché  vi  ha  Uuciito  G- 
gUnoli,  che  rappresentano  il  padre;  vi  Iw  Wci»'» 
robba ,  con  die  possiate  soccorrere  alle  vostre  necc^ 
site .  Sete  voi  tale,  che  con  la  prudenia  vostra  tutta 
le  cose  passeranno  ln?ne,  e  ultimamente  avete  me, 
che  se  bene  vi  son  figliastro,  vi  ho  rÌpntAta,coine  ri- 
puterò sempre,  da  propria  madre;  e  volendo  accet-' 
tarmi,  mi  offro  ancora  per  amorevole,  e  aflétion«ui" 
limo  servitore . 

Cor.  Vi  ringrazio  di  qncslo,  figlio  mìo,  che  figlio  cbii-    1 
mar  vi  posso,  per  l'amor  grande  che  io  vi  porto.*  >'"« 
voi  mi  portate.  Ma  circa  l' altre  cose,  che  ovete  detto, 
a  comparazion  del  marito,  son  tutte  nalle.  Ahilcbe 
questa  è  perilita  pur  grande! 


ATTO  PRIMO  ali 

'am,  è- gr&Xide  Teramente;  ma  se  altro  non  si  paJi,  hìso- 
gna  uver  pa£Ìciiz,i ,  e  vcdsr  di  rimediare  in  quaklie 
inodoa  cotesta  gran  perdita, che  dite. 

Cor.  Il  rimedio  sarà,  che  io  muora;  che  morte  sola  da r& 
rimedio  a  tanti  affanni;  leTatevi  di  qua,  lasciatemi 
pur  gire . 

Cam.  E  possibile,  Si^ora ,  che  in  tutte  le  vostre  aiìont  vi 
sete  dimostrata  pnidenti:.  e  in  questo  caso  (perdona' 
temi  se  vel  dico  )  Iritc  cosa  da  iiazza  ?  Si  pertlono  pure 
ai  mando  i  padri,  le  madri,  e  ■  Iratelli,  e  non  se  ne 
&  tanto  strepito  quanto  ne  fate  voi. 

Cor.  Tutte  coteste  perdite  snn  nulla  ;  perctiè  se  la  donna 
perde  il  padre  ,  la  madre,  e  i  fratelli,  è  una  perdita 
sola  ;  perdendo  il  marito  s'accoppiano  Inttc  le  perdi- 
te insieme;  perchè  quando  il  marito  è  buono,  come 
era  Alessandro  mio,  ti  fa  l'offiiio  di  padre,  ntadre, 
e  fratelli;  anzi  più  di  quel  cbepoliiano  liire  il  padre, 
la  madre,  e  i  fratelli. 

'.Questo  lo  so  molto  bene;  e  però,  Signora  mia,  per 
rimediar  a  tanta  perdita,  io  direi  (con  licenza  vostra) 
che  vi  accasaste  di  nuovo;  perche  avendola  fàcnlià 
grande,  e  i  figli  piccoli ,  saik  bene  la  casa  non  vada 

Cvr,  Ahimè  !  che  dite?  e  dove  troverò  mai  un  altro  Ales- 
sandro? e  se  pur  lo  trovassi,  non  vorrei  far  torto  a 
quella  benedetta  anima,  nò  dar  materia  alle  genti  di 
mormorare  così  presto  contra  di  me. 

Cufn.  £  che  importa?  quell'anima  vi  scuserà),  che  voi  lo 
fitte  per  necessitA,  e  non  per  volontà.  Alle  genti  di- 
remo alla  Spagnutìln:  Vaia  ealiente,  y  rogasse  la  gen- 
te; che  in  lingua  nostra  vuole  inlèrire:  Venga  la  to- 
sa buona,  e  rida  ogni  persona. 

Cor.  Dite  il  vero  ;  ma  perchè  nel  matrimonj  non  si  tro- 
vano cosi  facilmente  i  partiti,  che  siano  a  gusto  no- 
stro, bisogna  maturamente  considerare,  con  occhio 
aperto  vedere -intender  molto  bene,  e  poi  conclude- 
re ;  perchè  sono  cose  che  si  fanno  una  volta  sola ,  e 
dopo  fàlt?  non  giova  il  pentire. 


212  INTRIGHI  D'AMORE 

Cam,  Noi  nego.  Nientedimeno,  dandosi  tempo  al  teafg^l 
passei-ù  il  tempo. 

Cor,  Quando  per  sorte  mi  venisse  alle  mani  un  uomo  di  I 
quell'essere,  e  di  quelle  rare  qualità,  che  setetw* 
non  vi  metterei  troppo  tempo  in  meao. 

Cam.  Gentilissima  Signora  mia,  sono  pur  rari  Ì  Eitm* 
che  V.  5.  mi  là!  Se  ì»  me  è  nulla  di  buono  hascc  ibi' 
la  bontà  dell'  animo  suo  . 

Cor.  Non  entriamo  in  queste  rcttoriche,  Cammillo.  Basta 
che  io  vi  amo  piii  clic  da  figlio,  e  vi  amerò  sempre, 
particolarmente  perchè  spesso  mi  solete  contoia- 
re,  come  al  presente  mi  avete  consolata;  c)>è  tirin- 
domi  da  parola  in  parola ,  sarete  causa  di  farmi  pren' 
dere  qualche  risoluzione. 

Cam.  Risolvetevi,  Signora,  che  io  gili  mt  risolvo  troiani 
UD  partito  tale,  che  sia  di  comune  soddisiaiioiK.  M> 
perchè  bisogna  Magagna,  degnisi  V-  S,  di  Ikr»  so- 
pra, ordinando  che  venga;  perchè  quando  si  ht 
tempo ,  non  si  deve  aspettar  tempo . 

Cor.  Io  vado)  e  ricordatevi,  che  io  mi  riuorderìi  di  l'ir 
•empre  quanto  voi  Toletc  . 

SCENA  TERZA 

CtMMlLLO   solo. 

Non  Ì!  dubbio  nessuno,  che  rado  si  ricupera  l' occa- 
sione, che  si  lascia  perdere .  lo  vedo  chiaramente  chi) 
la  Signora  Cornelia  ha  chiuso  nel  suo  petto  l' isl 
fuoco,  che  io  tengo  serralo  nel  mio;  ma  le 
fiamme  non  possono  esalar  fuori  ;  perchè  ella  tcnWii 
che  non  le  sia  da  vero  figliastro,  e  così  combatte  cu 
l'impossibile  di  potermi  avere  per  marito.  £  dlall'a 
tro  canto,  conoscendo  l'indegnità  mia,  non  osai 
scoprirmele,  poicliò  se  ben  mi  dovesse  giovare  i 
scoprirmi  oon  esser  figlio  del  Sig.  Alessandro  boi 
memoria,  nondimeno  mi  nuocerà,  pubblicando  che  i 
lìii  schiavo  giù  riscattato  dal  IrateUo  molti  i 
e  du  lui  per  sua  gentilezia  chiamato  figlio  propria< 
I,  che  io  sono  a  lasciarmi  uscir  di  man»  e^ 


ATTO  PRIMO  213 

sì  l>uuna  fortuna!  f  non  considero,  lIic  quell'  amoif, 
il  quale  hit  accf.'c^ilii  la  Sì;;.  Coruciiii  iu  amarmi  ii  trm- 
po  ,  elle  si  credeva  c-isere  figliHìiIro,  ([uuH' is tesso 
Isrii  cbc  alla  cieca  ella  conseutu  al  suo  privato  appe- 
tito, sema  mirare  alla  mìa  bassa  condizione  .E  forse 
sono  questi  li  primi  colpì  fatti  da  tp,  o  Amore?  Ma 
disleale  e  ingrato  Cnmmillo,  che  fui?  chepen8Ì?Noii 
ti  ricordi  delli  benefirì  riccTuti?  Non  li  vergogni  a 
mancar  di  fede  a  chi  con  tanta  lede  mise  el^ggiTti 
per  suo  figlio?  Viuliire  il  suo  letto!  prender  per  mo- 
glie la  moglie  !  questo  è  il  premio  che  renili  ?  questa 
è  la  ri'crenia  che  porti  a  chi  ti  giovò,  a  chi  It  fu  pa- 
dre? Ritorna,  ritorna  in  te  ;  scoccia  questo  rio  pensie- 
ro dall'animo  tuo  ;  muori  pia  presto,  che  far  cosa  co- 
li indegna  dì  te.  Ma  che  colpa  è  la  mìa,  se  Amor  mi 
afona,  mi  spinge,  e  mi  sprona?  poii'hè  amo,  e  sono 
amato  ,-  mentre  amo,  e  sono  amato  da  Cornelio,  non 
mi  è  lecito?  Sono  amato  da  Ersilia  sua  dgllustra,  ed 
io  non  l'amo.  Amo  Lavinia  Rglia  di  M.  Alberto,  ed 
ella  min  mi  ama  .  Che  strani  lacci,  che  armi  inusita- 
te .«on  queste ,  con  le  quali  mi  hai  ferito ,  e  preso?  Eo- 
va  Mugugna  )  non  posso  pìCk  dire ,  mi  fermo . 

SCENA  QUARTA 

MaOACHI,    ClMHILLO 

Mag.  Ohimè.  Vhimè .  Ahimè. 

Cam.  Tu  pur  piangi  Magagna!  e  non  consideri,  che  col 
tuo  pianto  accresci  il  pianto  della  Sig.  Cornelia?  Par- 
mi  che  quanto  più  ti  è  detto,  tanto  manco  intendi. 

i^Og.  Io  non  piango  altrimenti  :  ma  questo  è  un  certo  ri- 
ledio  da  lar  passar  il  pianto. 

Cam.  E  come? 

jtfif,?.  Pigliale  le  prime  tre  lettere  delli  tre  sospiri  che  ho 
fatto,  come  ÙWv  IO  da  l'Olnmè,  il  V  dalVhim^-  e 
l'A  dall' Ahimi',  e  cunglungetele  insieme,  che  dico- 
no OVA.  Datemi  una  frittata,  e  se  io  piango  più,  di- 
temi un  tristo.  Dovete  pur  pcnsure,  che  da  questj 
ualtioB  all' alba,  che  si  seppe  Iu  n 


nsure,  clc  uà  qucsui  , 

u  nova  della  morte  ^m 


214  INTRIGHI  D'AMORE 

padrone,  non  ho  mangiato  ;  carne  volete  dunque,  dbl 
»'  inlend»?  Non  sapete  quel  proverbio:  CUeil  » 
ventre  Tolentieri  le  parole  non  intende? 

Cai».  Hai  ragione  :  ma  non  sai  tu  quest'  altro ,  che  è  i 
ro  chi  spetta  aiuto  dal  misero  7  io  non  posso  aiutai 
ti,  perchè  son  piìi  che  misero. 

JUag.  Tal  misero  ioss'  io ,  che  da  misero  dtTenteret  Mc*- 
aere,  poiché  per  la  morte  di  tuo  padre  sarai  domi 
domìnantium;  misera  son  io,  clic  ds  quando  mia  nw 
dre  mi  sfoderò,  setnpre  leci  i  latini  per  i  pani 
mai  per  i  superlativi . 

Cam.  Ahi!  die  altro  tarlo  mi  rode ,  altro  mal  mi  peDeb% 
altro  coltello  mi  passa  il  cuore . 

JUag.  DiavoI,  fallo  tu,  che  si  morisse  quest'altro;  «corti 
Magagna  Mugnus  Carlos.  Ma  ditemi,  padrone  mìo, 
che  cosa  avete?  perchè  vi  mutate  di  colore?  Voi  MI 
parlate;  ol^,  che  dite?  dove  pensate? 

Cam.  Penso;  ma  voltiam  di  qua. 

Ma^.  Di  grazia. 

CarA.  Dove  siamo? 

^1^.  Quest'è  unaltro  intoppo,  la  cosa  non  è  lesla*  vai 
smaniate . 

Cam,  Ma  che  ti  pare?  Wem  niente? 

lìla^.  Niente. 

Cam.  Pensi  tu  che  mi  voglia  bene  ? 

Sliig.  Bene. 

Caw.  Che  si  dirà? 

^ag.  Hiente.  I 

ipro,  saràheoe? 


A/fl^.  Brne . 
Cam.  E  se  no 
jl/f7i;.  Niente. 
Cam.  Ma  che 
jtfD^.  Niente. 
Ca/n.  Che  si  dice? 
Ma§.  Niente . 
Cam.  Voltiam  di  qua. 
Mag.  Ohimè,  questo  povp 
nente,  e  ìo  con  tante 


li  scopro,  che  sorbi 
potran  fore? 


:i  non  ha  Inogo  pefmf 
li  muro  della  fame. 


'      ATTO  PRIMO  S15 

et  egli  non  fa  niente,  e  io  non  iàrò  tiene,  perchè  di 
niente  si  fa  niente,  e  non  fa  bene  clù  non  mangia  be- 
ne; se  posso  scappar  ninnle,  a  hisciarlo  siirà  bene, 
che  per  me  non  TOglio  niente,  se  Ìo  non  troTerò  Iwntì. 

SCENA  QUINTA 

Fbarceschf.tto ,  CtttHiLLO,  Macacka 

Fran.  Signora  si,  statene  sicura,  che  t'  avvertirò  d'ogni 
cosa.  In  baoua  fc ,  che  se  la  Signora  madre  mi  darà 
sempre  tpiestimostaccioli,  io  le  farò  servii]  dell'altro 
mondo .  Mi  ha  detto  che  io  debbo  spiar  secrelamen- 
te  qael  che  tratta  il  Sìg.  Cammillo  con  Magagua  per 
riferirlo  poi  a  lei .  Mi  disse ,  che  erano  nella  strada , 
e  non  vi  sono.  Ma  eccoli  pnre  :  mi  starò  qui  dietro. 
4fam,  Sappi  Magagna ,  che  non  è  uomo  in  questo  mondo 
tanto  savio,  né  tanto  fedele,  clie/iion  si  ritiri  al  suo 
comodo,  ogni  volta  che  se  gli  attraversa  qualche  pro- 
prio interesse  ■ 

Mag.  E  chi  no  'i  sa  ?  perchè  tutti  naturalmente  desideria- 
mo, che  piò  presto  n'iivanKÌ  la  roba,  che  ne  manchi. 

Cam.  Sappi  ancora,  che  colui  si  deve  chiamare  amico,  che 
confida  liberamente  all'amico  le  cose,  che  portano 
pericola  di  levarli  la  vita, 

Fran,  O  Dio!  non  posso  sentir  molto  l>rne.  Magagna  par- 
la di  roba,  e  Cammillo  di  levarli  la  vita,  qualche 
tradimento  faranno  alla  Signora.  Passerò  pian  piano 
innanti  per  sentir  meglio. 

Uag.  Eh  quietatevi  :  perche  non  dite? 

Cam,  E  perchè  mi  si  apprcsenta  occasione  di  accomodar- 
mi per  sempre,  non  avendo  altri  a  cbi  possa  confi- 
dare un  secreto  di  tanta  impoi-tanza,  eccetto  te ,  per 
l'animo  che  ho  avuto  sempre  di  ferii  piacere;  di  mo- 
do che  non  da  t;ervo,  ma  da  vero  amico  t'ho  ripula- 
lo,  vengo  a  coiilcrir  teco  1*  intrinseco  del  cnor  mio. 

i/flj.  Troncale  le  cerimonie  Sig.  Cammillo,  che  con  li 
servidori  fedeli  come  sono  io,  basta  dir  &,  che  subi- 
to è  fatto. 

tJPam,  Or  intendi ,  Io  riputato  da  tutti  figlio  del  ^ig-  Alci- 


* 


216  IISTRKIHI  D'AMORE 

stindro,  non  Sono,  né  fui  giammai  suo  ffgllo,  ma  irr- 
vo,  e  per  dir  meglio  scliiaTo,  riscattato  dal  Sig.  Slt- 
£u\o  suo  fratello^  il  come,  il  quando,  il  dove,  il  don- 
de,  e  chi  son'jo,  noi  so.  Ma  so  che  si  ntroT^  Kritto 
in  un  foglio  di  cart»  ch'egli  diede  serrato  al  Sif. 
Alessandro  al  tompn  che  inoriTa,  con  ordine  che  non 
s'aprisse  se  non  passava  il  decimo  anno  dalla  su»  miT- 
te  :  che  già  qucst'  anno  era  l' ultimo ,  se  morte  con  lj 
morte  del  Sig.  Aleswodro  non  fnccTa  la  mia  ultimi 
rovina,  perchè  se  io  sapessi  chi  sono,  forse  non  lui 
sarehhe  difficile  11  tentare  i\ae\  che  tento  adesto. 

Fran.  Oh,  oh,  oh,  dmmillo  è  schìavd!  tn  non  mi  halle- 
r^i  più,  poiché  non  mi  sei  fratello . 

Atag.  Schiavo?  ah,  ah!  Cammillo  i  schiavo;  rcUsm  è  >' 
tempo  della  sorte  mia. 

Cam.  Talché  come  fortuna, e  amor  Vuole,  rilro«ndomi.. 

Mag.  Come  a  dire  innamorato. 

Cam.  Cosi  non  fosse. 

Mag.  E  io  similmente  mi  trovo  innamorai». 

Cam.  Di  chi? 

lUag.  E  voi  di  chi  ? 

Cam.  Di  una,  che  mi  tiene  Ìl  cuore. 
-JUag.  E  io  di  una,  che  le  tengo  il  cuore  - 

Cam.  Beato  te!  poiché  tenendo  il  san  cuore,  tirai  qa*at'> 
desideri . 

Mag.  Ami  beato  voi ,  che  tenete  il  vostro  cuore  dentri  il 
suo  ;  e  non  io ,  che  non  posso  tenere  il  cuore  mia  den- 
tro al  suo . 

Cam.  Ta  burli,  ma  io  voglio  dire... . 

Ufog.  Taci ,  aspetta,  ferma,  non  passar  innami.  GiaccW 
Cnmmillo  ed  ie  siamo  tu t fu tio,  procuriamo  entrami» 
(ài-ci  bene .  A  me  parrebbe  bene ,  che  non  vi  disco- 
priste esser  schiavo,  mattarvi  sotto  la  medesinu crr- 
demti  di  esser  figlio  del  Sig.  Alessandro,  perchè 
facilmente  vi  potrete  pigliar  Ersilia  sua  fìgliaatra 
moglie,  e  io  copularmi  con  la  padrona 

/'rd/f.  Ersilia  moglie  dì  Cammillo?  oh  buono.'  ma 
copularmi  io  non  V  intendo . 

Cam.  E  questo  i  quel  che  più  mi  tormenta  :  perchè 


apct    J 


ATTO  PRUIO  StT 

D9D  mi  ibopro,  oon  posso  »Ueaere  qamto  desidero; 
KÌo  mi  smpro.  passerò  un  mare  di  perìcoli  ;  ano  cote 
'altro  io  casa.  Oh  sorte  crudele!  iter 
Gerite  in  no  medesimo  tempo,  e  il  rime- 
I,  che  giova  all'ana,  nuoce  all'altra.  Lavinia  mi  ri- 
~i  tanto  più  sapendo  l'indegnità  mia,  la  quii 
s' io  nascondo  non  potrò  ottener  Cornelia ,  cnore  del 
mìo  cuore.  Che  debbo  dii'e?  che  debbo  &re?  che  mi 
consigli,  Amore?  Se  io  ho  Cornelia,  e  non  LininiQ, 
morrò  per  Lavinia:  sebo  Lavinia,  e  non  Cornelia, 
morrò  per  Cornelia. 
^  Mag-  Che  Cornelia?  che  Cornelia?  che  parli  di  Curnclia  ? 
I  Don  mi  levar  di  graiia  Cornelia,  che,  ha  più  ili  tre 

t      ■ ,       anoi  benedetti,  che  mi  cosse  il  cuore  di  sorte,  che  sc^n 
diveiitato  fornace  ardentissima ,  che  non  &ccio  altro 
che  coocere  carboni,  cenere,  e  facelle. 
Frati.  Oh  che  beli'  Intrigo  d'Amore,  di  Lavinia,  di  Cor- 
nelia ,  e  d' Ersilia  !  io  non  l' intendo . 
Cam.  Tu  burli,  Magagna. 

Ma^.  Io  non  hurlo  per  l'nninia  della  prima  figlia  di  mia 
suocera;  e  non  accade  di  trattarne,  perchè  il  pare 
centra  il  pare  non  ha  imperio . 
f'iini.  E  questo  di  più!  Oh!  misero  Cammillo,  che  cosa  hhi 
latto?  Non  ti  venne  a  memoria,  che  l'uomo  non  sì 
deve  fidar  di  villani  ? 
/Wag.  E  ti  dico  un'altra  cosa,  che  Cornelia  mi  tocca  per 

ragione  de  juris  congruo. 
Cam.  Se  valesse  questa  ragione,  toccherebbe  a  me,  che 

son  stato  più  congruo  di  nessuno. 
Mag.  Ed  io  vi  dico  di  no;  perchè  quando  il  Sig,  Alessan- 
dro viveva,  se  era  in  casa,  io  1'  ero  pi^  di  nessuno 
vicino  ;  vicino  a  spogliai'lo,  vicino  a  veittirlo,  vicino 
a  darli  da  mangiare;  se  uBciva-fuorn,  Magagna  ap- 
presso; se  fucevu  questione ,  Magagna  intorno  ;  e  in 
tutte  le  azioni  sue  io  1'  era  vieinoi  ergo  Magagna 
Protomiseus . 

f  sogna  al  mio  dispetto  darli  hnone  parole.  Basta, 
ugna  mio,  che  con  la  continua  protica  con  li  Mu- 
ti sapete  i  termini  di  leggi. 


ron  li  stu- 

J 


218  INTBIGHI  D'AMORE 

Mag.  E  quanti  asini  più  di  me  si  «on  fatti  dottori! 
Ci7»i.Ma  ecco  il  Napoletano.  Voltiamo  di  qua, aoàòteo»-  | 

(amcnte  possiamo  trattare  le  cose  nostre . 
Mag.  bl ,  voltate ,  e  vivoltate  quanto  volete ,  che  indan- 

to  è  il  cuore  di  Faraow  ■ 
Fran.  Andate  pure,  che  io  tì  lascio.  Vi  ho  interi  n.  VV 

glioDo  uccider  la  Signora;  Magagna  piglieli  per  mit- 

glie  Ersilia,  e  Lavinia  Canunillo.  Non  mi  gab!>)ti> 


SCENA  SESTA 
GuLATsi  Napoletano ,  Flavio  sotto  nome  di  Cotma 

dal.  La  importanzia  sta,  Coscmo,  cite  IÌ  primi  motti  no* 
Bongo  io  potesld  nostra,  né  l'ommo  tene  li  eompiui 
qnanno  ha  da  dicere  con  arcuno,  clia  noneccnltli 
tiermini.  Tu  botivi,  cha  Ìo  avesse  sciaccato  a  cliiMiS< 
Don  consideravi,  che  se  io  avisse  acoomeosato  »  (h- 
reli,  dia  l'averla  sciattato  eoo  li  togononi?  ed  ecco- 
ma  poi  di  zeppo,  e  di  peso  In  'ncoppa  a  Torre  di  Vo- 
un.  Dico  'ncoppa,  pecche 'ncoppa  stanno  li  CaTalicn 
di  Sieggio,  come  songo  io. 

Ftav.  Padron  mio  caro,  al  duello  non  sì  va  con  tajatecon- 
eiderazìoni,  e  mentre  l'uomo  è  provocato,  si  pa&  li- 
beramente risentire  senz.-i  timore  della  corte >  Seio 
fossi  stato  in  voi  non  averci  comportato  per  la  vila, 
che  colui  mi  chiiimasse  animale  come  chiamb  V.  o- 
ma  subito  gli  rispondeva  con  una  mentita  tosta,  e 
avere!  anco  messo  mano  alla  spada . 

Cjd/.  Si'gnorante,  e  perzò  dici  accoù.  Noi  antri  Napolita- 
ni, che  sapemo  le  regole  delli  duelli,  non  potemoM 
be  bolessemo  errare .  Hai  da  sapere ,  che  la  nentiU  . 
bisogna  eh'  aggio  fonnamienta, 

Flav.  O  bella',  per  digerir  che? 

Gial.  Con  tutto  cha  non  sai,  liaì  parlato  metaforica 
co  chella  parola  digerire  ;  pecche  come  h 
si  digerisce  di  lìi,  cosi  la  'ngiuria  si  digerisce  d 
mentita.  Ma  io  bo  fennamiento,  no  'nteuto  C 


ATTO  PRIMO  ZÌO 

su,  ma  se  bene  Tappuccio,  a  pedamcnto,  come  U  bo- 
li mo  chiamare . 


F/a<:  Io  non  v'intendo. 

aia/.  Ora  cha  saccio  cba  ih 
Ecco  mo  :  tu  me  Hirrai  'i: 
ra,  la  mentita  vale  ;  mu 
mentita  novene. 

Flav.  Dunque  è  vero,  che 


a;  cbilln 


)  te  diraggìoV  1 


sete  un  animale? 


Gtat.  Songo  troppo  ;  ma  loicamente  però:  pecche  ognun» 
di  nui  è  anemale  rationale:  quanno  nt'avisse  ditto  ani- 
mule  irrazionale ,  aUora  l'averta  mentito,  e  rutto  U 
denti  de  chiù. 

Flav.  Ma.  non  vi  avendo  messo  né  razionale,  né  irrazional*, 
eccetto  clic  in  colkra,  vi  disse  animale^  pigliandosi 
poi  le  parole  secondo  la  volontà  de)  proferente,  e- 
non  dell'  intelligente,  seguita  di  ragione,  che  voi  aie-   , 


ten 


&>a/.  Épossibele  che  quanto  chiù  stai  co'mico,  tanto  man-   I 

I  co  sai  ;  poiché  non  t  avvertiste  de  chìUo  aiiefieio 

Bti      sato  pe  me,  cha  pe  sapere  in  che  maniera  isso  1'  av 

P         ditto,  io  lo  provocai,  dicennoli  mulo  cornuto? 

Flav.  Sì ,  ma  non  fu  a  tempo  ;  che  lui  s' era  partito  di  tao-  J 

do  olle  non  l'intese.. 
Giai.  Mettimnto  accossl  proprio,  come  tu  dici:  ma  io 

convenco  co  quella  stessa  autorità  eh' bai  ditta  poc» 

nnnte  ,  zoè  che  la  parola  se  'ntimne  seconda  lavolon— 

tìi  dello  proferente,  e  non  dello  intelligente  ;  dico  alla 

proposito  che  la  volnntate  mia  fu  di'  dircncelo  ;  cht> 

non  m' aggia  intìso  isso,  peio  pe  isso. 
Fiat-.  Mi  piace  che  vi  tate  scorgere  oncont  in  questo,  come 

in  tutte  l'altre  cose. 
Giai.  r4ui  lassamo  annare  'no  poco  lì  duelli ,  e  pariamo  ' 

poco  d' amore .  Ma  scopettami  prima  la  cauzietta  :  cft^  ( 

cà,  villino  allo  tallone. 
Fiat:  Non  vi  sta  pure  un  pelo  ;  che  volete  scopettare? 
dal.  Scopetta  pnro,  cha  una  delle  cose  principali  ped 

accattarese  amore  è  la  policia. 
Fiat:  E  a  cbe  serve  la  pelliccia?  a  scaldarvi  le  reni  forse? 
Giai.  Oli  coma  se  aseno!  Folicia  non  significa  pelliccLa , 


INTRrCHt  D' AMOBE 
<  .m»  l'andar  polita,  netto,  candidoie  perciò  tluu  la 
Petrarca  ; 

•   III  campo  Iterile  un  candido  Mrmrllino , 
Ftav.  E  motto  stirato  qneslo  verso,  e  panni  cli«  non  Cn^rii 

a  proposito  nostro. 
O'al.  Anzi  fa  :i  propositissinto;  pecche  lo  candido  arnirlli- 
no  ilcnotH  lo  'nnamorato  netto  e  polito  :  lo  venie  li- 
gnifica speranza  ;  ert(o  lo  'niiamoraln  p<)lil4)  posa  so- 
pra la  speranza  d'amore,  sema  la  quitle  polìiia  è  nit- 
ta  sua  speranza:  come  isso  pure  scuoto  cbìtlo  aiilr» 

Ratta  è  Calla  Colonna  e'I  verde  Lauro. 
Verde,  eoe  speranza  d'  amore.  Che  a  te  pare? 

f/uCi Solenne,  orrendo,  tremendo,  slupendo. 

dal.  Massime  cliìUi  poi,  che  se  la  fanno  co  persone  m*- 
(;nate,  e  d' iraportanzia,  come  &zio  io,  cbe  me  «degno 
farr  l'amore  se  non  fosse  quarche  Preoccpes»,  Du- 
chessa, Marchesa,  o  eh' avisse  almanoo  titolo  di 
Conlessa . 

Plav.  E  che  vuol  dire,  che  vi  vedo  pur  SJ 
di  Pasqatna,  tàntesca  di  M.  Alberto? 

Gioì.  Io  pretenno  chella  no  ped  itutro  cha  pe  rariar  p 
e  ped  averene  allo  qnatierno  mio,  ch'aperzona  ■ 
lionarella  cì  scrisse  1'  antro  jorno. 

Flav.  Lo  credo ,  perchè  queste  son  le  sue  coso  ordini 

C'«/.  Ch'hai  detto  mo? 

Flav,  Dico  )  che  mi  fate  veder  cose  «traordinarie  ■ 

Gial.  E  Leder  te  ne  ^raggio  perai .  Tu  bidè  mn,  cba  lafl 
gnoruLavinia,  la  patrona  de  chilla  cornutiella,  scia 
toria  pe  me  ;  e  io  chiù  non  la  pouo  patire . 

Flai'.Mumil 

Gial.  Cita  cosa  liai  ? 

Fio'-.Mì  dolgo,  padrone,  del  torto  che  5itn  a  cfuella  p 
Signora,  che  essendo  cos'i  Ixilla,  virtiioui   i 
non  ve  ne  dovereste  sdegnare  a  prenderla  par  rt 

Gial,  Cha  dici?  cha  dici?  lo  Segnor  Gialaise  Fi*rniiri| 
ella  sta  d'ora  in  ora  pe  fnrese  spnlire  la  cansa 
entrare  enSieggio,  se  bolo pìglinrff  In  figlia  de' 
tor^  de  studio?  Sfratta  da  cn;  se  no  me  iÒMC  d'af* 


ATTO  PRLMO  221 

fronto   Ai  afirontarcle  'n  presenzia  mia,  te  daria  'na 
mazztata  bona ,  azià  no  le  scappassero  chiù  simile  pa- 

It       role  dalla  vocca. 
Wlav.  lo  volevo  dire,  clie  è  peccato  a  non  limarla,  aman- 
dovi ella  con  tanto  amore  e  affciionc. 
dal.  Be,  de  chell'autra  manera  bnoi  dicrre  tu7  A  chesM'  i 
te  responno,  che  essendo  amore  'no  desiderio  de  co»-  1 
segnire'na  cosa  amata;  ìo  non  la  desiderando, issa  non 

tme  pò  conseguire . 
av.  Mi  pare,  che  la  conseguenza  sia  centra  di  voi  ;  per- 
chè essendo  amore  nn  desiderio  di  conseguir  la  cosa 
amata ,  secondo  dite,  ella  avendo  questo  desi' 


deve  du 


ique  conseguir 


a  amata,  che  sete  *i 


tial.  Hai  rascìone,  a  fé:  aggio  equivocato.  Io  bolevo  di- 
cer«,  cha  essendo  amore 'na  conformili  dì  volun- 
tade ,  io  non  volennola,  issa  non  me  pò  avere. 
^av.  E  questo  pnr  v'  è  contro  a  rispetto  di  Pasquino;  che 
essendo  amore  una  conformitii  di  volere ,  ella  non  vi 
^L^      volendo,  voi  non  la  potrete  avere  contra  il  voler  di  lei. 
^HB/a/.Sl,  ma  non  sai  chili' autra  regola,  chaVhi  major'i^ 
^H         minor  cessai?  essendo  l'ommo  maggior  della  lem-- 
^B         mena,  bcsogna  dia  la  lémmena  cessi ,  e  si  sottnmettif  \ 
^^^       «H'ommo,  e  non  volendo  l'ommo,  non  potè  la  frm- 
^^p        mena  sforzarlo.  Dunque  essrnno  io  ommo,  e  volen^  i 
^^        noPasquìna,  bisogna  cha  issa  se  sottometta  a  me;  e  pv  j 
^■T        lo  contrario  poi  essendo  Lavinia  femmena,  e  io  notf  j 
^B  la  bolendo,  non  me  pò  sforzare.  Haila  'ntesn  i 

conclusione,  che  le  femmene  a  dispietto  lorohìsogfM  1 
cha  stiano  sotto  a  nni7 
Flav.  Oli  che  sensi  dialiolici  ! 

Gial.  Tropoloici ,  buoi  dicere  tu ,  e  no  diabolici  ;  'nipai'R} 
'mpnra.  Ma  ecco  Lavinia  co  chella  cornutiella  de  Pi-  j 
sqnina:  retiramoci  ca,  e  spiamo  cha  cosa  dicano. 


t 


SCENA  SETTIMA 

iniit  E  PASQnitÀ /i  y^ortii ,  GriLjttse 

E  Flavio  da  parte. 

i  trista  forluiia,  che  da'  prira' unni  i 


!2a  I5TRIGH!  T 

^el  padre,  quell' istf ssu  n 
farmi,  aTendomi  impresso  nel  petto  l'amore  di  o 


li  fa  oggi  il  peggio  At  pn4  I 


lui  che  Ila  il  e 


nsol  di  pìptrn. 


a  di  (luriuiRia  1 


i  risoWe  III  iiilii 
le  mie  pnrole  dispregiale  semprr  da  lui^  tltxiilrro 
che  vada  a  ritrovar  Biaiicbetta,  pregandola  che  von 
manchi  di  venire  a  darmene  certa  risoluzione. 

G:a/.  Chessa  parla  de  me  cìerto;  e  se  bene  n'  aggio  pici*- 
de,  no  pozto  sopplir  a  tante,  pe  vita  mia. 

Fla^:  OL  scioccUe  donne!  oh  donne  ingrate!  ohcnidelìssi- 
nie  donne  ! 

Pasif.  E  perchè  non  fate)  padrona  mia ,  come  *i  disseBUn- 
clietta  laltro  giorno?  Ama  chi  l'ama,  e  chi  non  t'ama 
lascia.  Che  ne  volete  lare  di  questo  Gùlaise,  pnidli 
non  Ti  ama? 

Giij/.  E  lo  Segnore  dove  l'hai  lassalo,  male  errata? 

Pasf.  Amate  il  Sig.  Gimmillo,  che  vi  ama  tanto  dt  caoni 
che,  a11;t  fede,  min,  ne  ho  compassione  ogni  volti  At 
mi  dice:  Piisaiitiia  mia, prega  per  me ,  raccomaiMumi 
alla  Signora:  io  muoro  per  lei,  ed  ella  non  si  cttn<li 
me;  che  certo  mi  fii  venir  voglia  di  piangere. 

Oinl,  In  quanti  modi  me  prejiidica  chessa  latrina! 

/'Vili'.  Che  dite  di  latrin»?  parlate  onesto. 

Già!.  Non  è  chilla  ella  tu  pensi.  Dico  latrina,  loèUtrapi^ 
Cirilla....  Mn  ma  sentimmo,  sentimmo. 

Lai-.  Ahimè!  non  posso  amar  altri,  essendo  amor  p«r 
destino,  enon  per  elezione;  mi  destiuò  la  sorto  ad 
amar  costui,  e  non  posso  né  voglio  elegger  altri- 

J'asq.  Non  potete,  perchè  non  volel«.  Forse  che  GiaUi» 
è  più  liello  del  Sig.  Cammillo?  Val  piìt  la  grazia,  l'«** 
■ere,  anzi  una  parola  sola  di  Cammillo,  che  ceala 
Gialaise.Che  Giulaiso  solamente?  il  nome Laueto* 
che  tiene. 

Ftav.  Qui  caderehhe  al  proposito  la  menlitn. 

Gìal.  Eh  no,  pecche  all'assente,  e  morti)  noit  si  Gì  'nginri*. 

Flav.  E  voi  ci  sete  presente  ;  come  dite  di  no .' 

Gìal.  Ci  sono,  e  non  ci  hoglio  essere  ;  che'mpnrla  chcslo' 

iac.  Pnsrpiina,  non  è  bello  qnel  che  è  Ivllo,  ma  (jurl  clic 
diletta  e  piace.  Agli  occhi  miei  piace  ,  e  diletta  \m- 


ATTO  PRIMO 
'  \o  ijnel  traditore,  che  fuor  d!  lui  ■ 


283 


i  bella  I 


■  bnilto. 

n'dtni  cosa,  che:  l'altro  giorno  mi  disse  il  suo 
I  trMto:  Mira  cbi  eniii  la-tua  padrona!  una  bestia,  uu 

ìgiliòraYitone  ,  cbe  pale  di  milia,  ed  Im  l'arnia. 
f4al.  Oli  diavolo  'nce  t'  ha  ditto  ?  Tu  sii  stuto. 
•'laf.  lu,  non  per  certo.  Ab  piidrDnC)  io  tal  cosa?  Dio  me 

ne  guardi. 
'rial.  La  borria  accìdere  chesta  fauzaria. 
■ai^  Non  è  Tero  ;  ma  lo  dicono  artifizi  osa  mente  per  le- 

Tiimr-lo  dall'animo;  c  ftmno  pregio,  perchè  quanto 
w  più  si  batte  il  sigillo,  tanto  più  s' imprime.  Credete 
m-  forse,  che  io  sia  cesi  sciocca,  che  non  mi  avveggiadi 
B  ogni  cosa  ?  Io  so  che  più  volte  abbiamo  ragionato  in- 
■  sieme,  e  mai  il  Signor  Gìulaise  s'  è  dimostroto  tuie. 
'a*7.  E  se  umore  tÌ  ha  l'atto  straTedere? 
•iai.  La  mala  pasqua,  che  ti  venga,  Pasqiiina  . 
at^.  Mi  disse  ancora,  che  ha  avuto  il  mal  francese,  e 

the  non  è  più  uomo  . 
ial,  Gii-ca  lo  m&l  fiancese  è  lo  vero.  Ma  'ntjuanto  all'es- 
ser ommo ,  songo  chiù  omnio  ora,  che  mai . 
av.  Dimmi ,  chi  è  questo  creato,  che  te  1'  ha  detto? 
as^.  Il  Moro,  che  si  dimanda  Cosmo. 
ial.  Ah!  traditore. 
lav.  No  certissimo. 
ai:  Oh!  oh!  questo  Cosmo  È  si 

te  mi  Ila  riferite  mille  bugie 

rtifdnnu  dì  Cammino. 
l'i/.  Ab!  vcgliaoco  infame. 
Cav.  Muora  disperato,  se  è  tal  et 
iVi/.Machi'ncel'hadìtt»? 
(ii'.Nolso. 
ial.  Come  lo  sa? 
I(i>'.  Nolso. 
ìat.  Caoosciame  a  me? 
liiv.  Conosco. 
ial.  Te  boglio  spuntare. 
Mv,  Spansainc. 


lospetto ,  perchè  altre  vol- 
li dubito  che  eglisia 


22*  INTRIGHI  D'  AMORE 

GìaL  Non  te  boglio  spanzare  mo,  ma  me  ne  boglio  'nfer' 

mare  meglio. 
flaw  Informisi  V.  S.  che  mi  troverà  innoceatissimo. 
Pasq.  Non  poò  stare,  che  Cosmo  m'abb^  detto  la  bugia, 

perchè  mi  tuoI  bene;  mi  ama,  mi  piisica,  mi  givtti 

la  mano,  mi  dà  mille  cosette,  e  io  TOgUo  ancor  boM 

a  lui,  sa? 
GiaL  £  chisso  de  chiù?  confessati,  e  zitto. 
/Vai'.  Oh  Dio!  che  possono  fare  li  testìmonj  "blsi? 
Lat^.  Ancora  non  arriTi  a  dodici  anni,  e  coek  figlinola  Ulti 

messa  nel  ballo  d' Amore? 
Pasif.  Sì,  perchè  roi  cantate  pi&  Tolte  qael  sonetto: 
S'amor  non /osse ,  U  mondo  non  saria  ^ 
E  gli  uomini  sarian  com* animali. 

Non  TOgUo  esser  animale  io,  padrona  mia  • 
Lav.  Ma  aspetta;  come  .sai  che  Cosmo  ti  Tnol  bene  ì 
Pasq,  Lo  so,  perchè  me  Tha  detto  lui,  e  per  questo  io  €i 

qnant' egli  mi  comanda. 
Lav.  Che  cosa  ti  comanda  ? 
Pasq.  Mi  ha  comandato,  che  quando  io  veggo  Gialais6f. 

^gg^9  lo  scacci,  e  Todj  come  la  morte. 
Gial.  Cha  dici  mo,  vegliacchissimo  Caosemo? 
Fiav.  Costoro  mi  han  Teduto  del  certo;  e  ne  Yoglione  fiir 

corrivi . 
Giai.  Appila,  zitto;  sentimmo,  sentimmo, sentimmo, cha 

poi.... 
Lav  Dunque  il  Sig.  Gialaise  fa  l'amore  con  te? 
Pasq.  E  chi  non  lo  sa?  Oh!  oh!  non  Te  T  ho  detto  ancora? 

egli  spasima,  e  muore  per  me. 
Lui^,  Sì,  ah?  e  perciò  ne  dicevi  male,  per  lerarmelo  dal 

cuore?  tu  sei  da  tanto?  tu  ardisci  òpporti  all' amor 

mio?  Tu  sei  causa  del  mio  traraglio?  Per  te  non  mi 

ama  colui?  per  te  m'odia?  Non  so  chi  sai  tiene,  die 

non  ti  cavi  gli  occhi.  To,to,ribaldella;  to,  toi^traditoca. 
Pasq,  Ohimè!  che  colpa  è  la  mia?  Rista,  che  io  non  gli 

voglio  bene  • 
Giai.Ahl  cane  mastino,  tradetore Cuosemo !  tu  m'hai 

sprofonnato;  tu  m'hai  accise;  pe  te  me  scaccia Pa- 

.«tquina  ;  pe  te  mi  fugge  ogn'ora. 


ATTO  PRIMO  225 

P'iav.  Ecco,  come  si  paté  a  torto. 

£.ai'.  Ah!  ingrato,  e  Teiiwnenle  sciocco  OblaUe!  Ingcnlo, 
che  paghi  d' ingrulituilìne  cbì  ti  serve,  chi  t'ndit^ 
rs  .  Sciocco ,  che  (tiivamanclo  me,  che  son  pure  (Iella 
(jualìlà  tua,  unii  una  vii  femiiiinella! 
'al.  Ah!  pozza  Pa^quinaichc  lasci  la  rosa,  e  pigli  la  spi- 
na :  lasi^ì  me  cha  te  boglio,  cha  te  pozzo  tijre  patro- 
na ;  e  pigli  chillo,  cha  non  ti  biiolc ,  e  non  lì  piiole  f^r 
autro,  cha  lànlesca! 
DI'.  Sciocche  noi,  ch'abbiamo  Rilucìa  In  serve,  che  sempre 
incostanti ,  sem|ire  infedeli  sono!  Ma  perchè  io  non 
mi  vendico  con  le  proprie  mani?  ladra,  traditora  ;  a 
questo  modo,  ah?  ti  tirerò  questi  capelli ,  n)Ì  ti  man- 

^ajy.  Ohimè,  Dio!  ohimè,  Dio!  Voglio  dire  ogni  cosii  al 
padrone,  e  anche  al  padre  di  Flavio,  che  voi  foste 
causa  della  sua  diaperaiione. 

^av.W  padrone,  ah?  e  questo  di  piri?LevamItidiniin)iI,  solo 

—  ■  perchè  m'hai  nominato  Flavio,  il  cui  nonif  aMmrri- 
sco  come  si  abborrisce  U  febbre.  Ami  vicn  qua,  che 
dentro  la  camera  terrena  me  ne  sazierò  a  posta  mia. 

fati}.  Che  liano  maledetti  quanti  Gialaisi  si  trovano  ! 

dal.  Ecco  oscurato  lo  mio  sole,  per»a  è  la  luce;  e  tulio 
per  causa  tua,  ruffiano  di  Cammillo,  traditore  dc'po- 
tronl  tuoi .  Spogliati  cha  mo^  spogliati  chessì  vcitìtì  ; 
Jammi  ca  chessa  spala:  priesto,  non  tricare  chiù. 
|ff7o''.  Non  vi  accostato  di  graiia,  che  questa  spada  biso- 
gnerà pigliarla  per  l;i  puntu;  e  forse  che  la  giusta 
cagione,  che  ho  di  lamentarmi,  si  sfogherà  sopra  <U 
voi  ;  e  se  pur  ne  volete,  mettete  mano . 
v/d/.  No  ce  sarta  l'onore  mioa  mettere  mano  co 'no  vainsso- 
ne,  e  massime  co 'no  desperato  comò  si' tu.  Avcrlmo 
liempo,  si:  lassarne  annare  dallo  Governatore,  chu 
a  ìana  ,  o  liuna  voglia,  hìsognar't  cha  restituiscili  la 
rnbha  alto  patrorw. 

SCESA  OTTAVA 
Flavio,  &otlo  nome  di  Cosmo ^ nolo 
lu  fina  è  vero  quol  proverbio,  che  un  uomo  rlien:i- 


Ì26  INTRIGHI  D-  AMORE 

tn  è  di  valor  dotato ,  e  un  uomo  mal  soflrenle  Ooii  irai» 
esser  valente.  Ecco  già  l'espericnta  delle  bellr  nu- 
scìte  di  questo  mio  padrone  posticcio,  ritratta  «to 
della  sctoccheuii  e  vanità  del  mondo.  Ma  «ciocco  uà 
io,  che  vado  calcolnndo  li  fiitti  uttnii,  e  non  somnnu- 
merare  i  miei  ;  ami  quanto  più  penso  dedarrc  tr«»»- 
glio  dallasomtnu  de'iniei  truvugli,  tanto  pi&  il  nuuu- 
1*0  si  fa  infinito.  Io  son  Flavio >  e  non  Cosmo;  quel 
Flavio  abborrito  dalla  crudelLavinid,  i;uiiie(i'l>W- 
risce  la  febbre .  Io  sou  colui ,  cbf  avendola  amaU  ptr 
molto  tempo,  in  ricompensa  dell'amor  mio,  non  lin 
ricevuto  alti-o  cbe  ripulse,  dispregi  ed  un  continua 
no.  Intanto  che,  dandom.!  in  preda  alla  dìcperMiaMi 
son  tiiggito  di  casa,  lasciando  il  mio  padre  vecctiio.  eliti 
(lou  tenendo  altro  tìglio  che  me,  vive  dUoonteotM^ 
■no .  Diedi  nuova  cbe  ero  andato  alla  guerra  di  Fiio- 
dra;  ed  ò  un  mrse  che  vado  vestito  da  serra,  tinln 
da  Moro  per  non  esser  conosciuto,  ponendomi  a'  kt- 
TÌgj  del  Napolitano,  con  proposito  cbe  Lavinia, aman- 
do guest'  uomo  cosi  lit^ramente ,  potewi  come  a  sui> 
servoavercomoilitàdi  parlarle,  e  vedere »e ella  *fi>- 
tiva  dolore  della  mia  disperata  partila;  e  se  pure  b 
torte  mi  avesse  conceduto  di  comiBOverla  ad  attr 
qualche  pietji  dì  me .  Ma  ora  veggio  apertamente  die 
mi  odia  piìicbe  mai,  e  .-ima  un  soggetto  ctnl  indegni 
di  sé,  come  è  il  Napoletano!  e  quel  che  è  peggio»'  'i 
aggiunge  un  altro  concorrente,  cornee  Cammìllo.  ]>'<' 
cui  procura  Pasquina:  ed  Ìo  misero,  non  ho  nci'un» 
che  procuri  per  me,  ami  tutti  mi  sono  cantrar|'<^' 
sorte  crudele,  osteite  inimiche!  O  ciel,  perchè  non 
mi  cadete  sopra?  O  ternt,  percbi  non  m' inghiaiti -' 
O  acqua,  perchè  non  m'afloglii?  Fuoco,  perchè  non 
m'ardi?  Aere,  perchè  non  m'ammorbi?  chi  cbiKi 
per  contrari  la  sorte,  le  stelle,  i  cieli,  il  fuoco,  i'arii, 
l'acqua  e  la  terra,  non  merita  di  viver  pii^.  Ma  per- 
chè mi  mantenete  ìn  vita?  per  (armi  sentir  inag[;i<>r 
pena  cbe  di  morte?  Io  mi  tolgo  le  vesti,  getto  b  f\i^ 
da  ;  aati  questa  prendo  per  passarmi  il  petto.  Oliimc' 
Ecco  mio  piidre,  ripiglio  le  restì,  e  iiiggo  di  <1"'' 


SCENA  NONA 
Albeuto,  cioè  Muzio ,  e  Mahilio  vecchio. 

'Or.  Quae  de  nwo  emcrgunt,  novo  ìndigfnl  ausilio.  La< 
sciale  dunque,  M.  Maniliu  mio,  il  lantn  condolervi 
della  fuga,  o  vogliamo  dire  dclln  perdita  di  vosti-o 
figliuolo,  e  H  questo  «novo  ai-cidislile  porgete  niiovn 
rimedio:  come  saria  in  disporre  nllrimenti  della  vi- 
tu,  e  drlla  rohn  vostra  ;  perchè  il  figliuolo,  elle  è 
viiioio,  e  disobbedienle  al  padre,  deve  esser  privato 
dell'eredità,  autore  Eschino  Prelio  in  certa  orazio- 
ne a  Bodio;  anco  tutte  le  leggi  ne  parlano  diffuse- 

ian.  Il  mio  giustissimo  dolore  mi  ha  di  sorte  penetralo  il 
petto,  che  non  posso  fur  altro,  che  dolermi  continua- 
mente, considerando  che  non  aveva  al  mondo,  ec- 
cetto quest'  unico  figliuolo,  cresciuto  con  tiinte  deli- 
EÌe,con  tanti  comodi,  sotto  speranza  che  egli  dove- 
va essere  il  bastone  della  mia  vecchiezza  ;  e  ora  me  li» 
vedo  tolto,  non  so  da  chi,  non  so  cornei  o  non  so  do- 
ve sia  capitato. 

Uù,  l'rltx  i/uem/aciuni  aliena  purìcula  cuuCam , 
Casus  demeiuis  correciia  fit  sapìentìs . 
Di  modo  che  io  mi  risolvo ,  e  co^  si  devono  risolvere 
tutti  i  padri  di  lamìglia,  a  &rsi  ciiuli  con  l'esempio 
nostro,  cioè  dì  non  ullevare  i  figliuoli  con  tanti  co- 
modi, e  permetter  loro  tutto  quello  che  dinuuidauo; 
poiché:  detrriorrs  ninnirn  lìceittia  .\uiitui;  e  cosi  (|ue- 
ste  delizie,  queste  licerne  sono  le  spinte,  che  trahoc- 
rano  li  figliuoli,  e  sono  le  cause  potissime,  che  dan- 
no polo  amaro  ai  poveri  padri. 
lUan.  Perchè  di  me  stesso?  dehho  dolermi  della  madre,  la 
quale  da  principio  non  mi  ha  lasciato  riparare  al  dan- 
no, elle  io  prevedeva  doverne  succedere,  lo  pur  le 
dicevo:  vedi,  moglie  mia,  che  Flavio  è  troppo  licen- 
zioso,  mira  che  è  discorretto  ;  non  ti  opponere  quan- 
do io  lo  castigo,  lascia  &r  a  me;  sappi  die  il  mal 
suo  si  converte  in  satuni,-  considera  che  quando  vor- 


228 


INTRIGHI  D'  AMORE 
n  potremo  ritrarlo.  Sì,  nppunto  nulla  S»,u 


-epHcaTa  dicendo  : 
che  questo  figliuolo,  e  tu  pensi  furia  luoiit-e  sotto  Ir 
stirature;  lasciamolo  fHi'R,  perchè  quuado  l'arbur.- 
è  buono,  è  metallo  il  frutta.  A  chi  potrà  rassomigliar- 
si »e  non  al  padre?  E  con  simili  girandole  a  poco  a  f- 
co,  crescendo  di  naie  in  peggio,  in'  \ut  indollo  a  ipic- 
sto  pessimo  termine. 

^Ib,  Agrnles .  et  cansenCienCes  pari  poena  pwuunCur.  Voi 
BTete  consentito  al  cavezKo  di  vostro  figliooloi  meri- 
tale r  istesM^ena  che  merita  la  mndre  ;  e  certo  qnel- 
la  che  diede  Solone  ad  un  patire  che  ave^B  nemlila 
iliigliuolo, secondo  mi  rìcordoaTer  letta  nd alene- 
rai istorÌadelSabellicu;cfu,che  il  figlio,  incolpMu!» 
il  padre,  che  egli  era  stato  causa  della  sua  vita  liee»- 
EÌosa,  perchè  non  osava  castigarlo  a  Lerapo  chr  m 
£glÌuolo;  il  padre  replicando,  che  se  bene  toIcté ca- 
stigarlo ,  egli  non  l 'obbedì va, Solone  sententìù,  che  il 
padre,  perchè  non  l'aveva  castigato,  non  lÌMse  dc^ 
di  sepoltura  dopo  la  sua  morte;  e  il  figlio,  perchè  oan 
l'aveva  obbedito,  fosse  privato  tlellì  boni  patemi  :  du 
che  il  figliuolo  di  esso  giovine  succedesse  poi  all'  r- 
reditk ,  perche  ilelictum  palrii  JUio  nocere  no* 
tirbct. 

Man.  E  provvide  circa  le  robe,  in  poter  di  olii  daftnn» 
restare  tra  quel  mezzo,  clic  il  vecchio  fosse  «enuto  * 

ilib.  Signor  s\,  che  provvide;  e  fu,  che  le  robe  lijMem 
depositate  in  mano  d'un  terzo  degno  di  fede,  che 
desse  da  mangiare  al  padre  sin  che  viveva ,  e  bce^ 
una  sepoltura  al  figliuolo,  dopo  che  morii'Sc.  Che  li 
pare  di  questa  sentenza?  Volesse  Iddio,  che  coi'i  )i 
osservasse  oggi,  perchè  tanti  padri,  castigando  i  ^ 
gliuoli,  non  sarebhono  infelici,  e  tanti  figliuoli,  obbe- 
dendo ai  padri,  riuscireblwno  perfetti . 

Mail.  Ohimè!  che  queste  maledette  donne  sono  itale, « 
sono  causa  della  nostra  rovina,  opponendosi  senipn 
a  qtiel  che  noi  procuriamo  alla  salute  de'  (igliu 


ATTO  PMMO  229 

mirando  solo  al  presente,  e  non  al  futuro  icoza  di- 
«crt^zionr , 

jttb.  La  donna  non  ba  nessuna  discreiione  ;  mn  noi  dui- 
l'altro  ciinto  dobliiamo  ovviare  a  questa,  uontradiccn- 
dola  espressamentej  cfaè  se  ben  la  moglie  è  compa- 
gna nostra,  notidimeno  non  è  nostra  superiora. 

Alan.  E  vero;  ma  poi  subito  ti  fanno  il  muso  torto,  ti  voi' 
tan  la  schiena ,  e  mai  ti  danno  pace  ;  e  l' nomo  strac- 
co dagli  altri  pensieri ,  come  non  li*ovn  la  moglie  al- 
legrH  in  casa ,  vive  in  continuo  interno. 

rf*/i.  Accade  questo,  perchè  omnc  nìmium  conver/ilur  in 
vitium  ;  e  però  sì  deve  motto  bene  avvertire  dal  prin- 
cipio a  non  assuefar  la  moglie  in  farle  troppe  card- 
ie, e  concedere  a  loro  quanto  dimandano.  Percbc, 
mulier  est  mala  herba-,  mala  herba  cito  crescil.  Devo- 
no dunque  stare  accorti  i  mariti  in  tener  le  mogli 
radrenate  di  sorte,  che  per  troppa  briglia  non  isca- 
veziinn,  nr  per  troppo  sproni  sballino. 

Uan.  Che  stradai  dunque  sì  ha  da  tenere? 

jilb.  La  strada  di  mezro,  perchè,  niediam  vìam  (emtere 
braù  i  voglio  dire  che  alcnna  volta  si  devono  ammo- 
nire, e  alcuna  volta  conceder  loro  quanto  ti  par  con- 
venevole, 
in.  Ma  a  che  giova  trattar  questo  al  presente,  se  il  fat- 
to è  fotto,  e  io  non  mi  posso  in  conto  alcuno  consola- 
re? Figlio  mio,  dove  sei?  Figlio,  come  hai  lasciato 
discontento  il  tuo  vecchio  padre!  Figlio,  che  non  IL 
vedo  più!  Coltello,  che  m'hai  passato  Ìl  cuore!  ferita 
che  non  sanerà  mai  !  Ohimè  !  ohimè  ! 

Alb.  Ecco  il  frutto  che  si  ha  dai  figliuoli.  Quanto  sono  i- 
gnoranti  molti  uomini,  che  con  le  continue  orazioni 
pregano  Iddio,  che  dia  loro  i  figliuoli,  e  nescìunt 
tfuid  /lemnf.  Dall'altro  canto,  messer  Manilio  mio, 
riiHirenate  le  lacrime,  e  non  mostrate  al  mondo,  che 
sete  altro  che  quel  che  gli  altri  vi  reputano;  sete 
prudente,  e  li  prudenti  non  si  han  da  dare  cosi  in 
preda  alla  disperazione. 

hinit.  Come  non  voglio  disperarmi,  considerando  che  do- 
vendo morire,  il  sudor  della  mi»  vita  sm^  perduto? 


232  INTRICni  D'  ANfORE 

Flam.  Ob!  che  solenne  mariolal  Riposatevi  sopra  di  nu, 
Biiincbetta  mia .  Orsù  mi  sod  messo  in  qnesto  cants- 
Kf .  Chiamatela  pure. 

SCENA  UNDECIMA 
BiincnETT»,  ^\.Ktt\v\o  in  strada ,  Ekììlia  alla  Jt/testm. 
Bi'an.  Toccherò  la  porta.  Tic,  toc.  Ohimè!  Doasentt^nn- 

Flam.  Toccate  più  forte. 

Bian.  Vorn-i  parlaste  spagnolo ,  per  assuefarvi . 

Flam.  Deagamos  a  honis  las  burlas.  Battide  mal  foerlr. 

Bian,  Ohi  così  vi  voglio.  Tic,  toc,  toc.  Io  batto  al  vento.. 
Ma  eccola . 

Flam.  Ecco  par  quello  splendore,  che  alluma  le  tenebri) 
rischiara  gli  abissi ,  e  abbclla  il  tutto  . 

Ers.  Chi  è  quel  che  cosi  forte  halle? Oli,  V  è  nudonat 
Bianchetla.  Che  cosa  cercate?  > 

Siari  Cerco  di  farvi  sempre  semiiio,  eprocnro  cosa,  chi 
risulti  in  benefizio  e  soddÌstiiEÌon  vostra;  ma  pfÌDU 
ch'io  parli  d'altro,  ditemi,  che  lutto  è  quello  che 
tenete  sopra  ? 

Ert.  E  morto  Ìl  Sig.  Alessandro  mio  patrigno  in  GenoTi, 
dove  s' era  conferito  per  ricuperare  alcune  eredìtadi, 
e  jcri  appunto  s'ebbero  lettere  per  corriere,  che  i 
pnssato  all'altra  vita. 

£(iin.  Iddio  gli  dia  santa  requie,  e  a  noi  comoda  saniti,  vi* 
ta  lunga,  e  denari  da  spendere.  E  perchè,  Signora 
Ersilia  mia,  se  ben  considero  che  adesso  oon  sarebbe 
tempo  di  dirvi  quanto  ho  procurato  in  servizio  vo«troi 
non  però  Toccasione  di  questa  morte  m"  invita  mag- 
giormente a  dtrvelo ,  che  ìl  tempo  è  già  opportuno 
di  accettar  il  partito,  ritrovandosi  Licosa  vostro Ko- 
tà  il  suo  capo. 

Ers.  Diic  pure ,  e  sia  subito ,  perche  mi  vergogno  a  stare 
in  finestra,  con  tutto  che  sta  Inogo  rimoto,  e  non  *■ 
passino  genti . 

Bian.Voi  sapete,  Signora  min,  quante  volte  con  le  brac- 
cia aperte ,  e  con  le  lagrime  agli  occhi  mi  avet«  pre- 


ATTO  PRIMO 
i  miro,  mi  provocate  al  riso;  ■ 


231 


mentre  vi  miro,  mi  provocate  al  riso;  cosi  rassomi- 
gliate in  tutto  e  peE  tutto  al  Capitan  Lopes;  tanto 
più  cbe  con  i|uella  barba  posticcia  rassonugliate  liit 
stesso  .  E  certo  è  stata  buona  ventura,  cbe  ii  abbia 
prestato  i  vestiti  lìberamente  con  spada  e  cappa. 
Flaat.  Un  che  è  nato  nobile,  è  fona  che  sìa  cortese  e  gen- 
tile. Il  Sig.  Capitan  Lopes  è  gentiluomo,  e  non  può 
degenerare  dalla  natura  de'huoni  gentiluomini. 
I,  Ogni  cosa  va  bene  ;  e  io  credo  certamente,  che  la 
Signora  crederà,  che  siate  il  Capitan  Lopcs  suo  inna- 
morato, per  cui  ella  si  muore;  ma  dubito  che  non  vi 
conosca  al  parlare  ;  però  proYate  un  poco  come  riu- 
scite alla  lingua  spagnola. 

Flam.  Lasciate  Ìl  pensiero  a  me,  che  avendo  praticato  di 
conlinno  con  Spagnoli,  ne  parlo  eccellentemente  la 
lingua.  Pensate  forse  cbe  bisognando  non  sapessi  fa- 
re una  bravati!  alla  Spagnol»  ? 

Sìaa.  Mi  piace.  Orsù,  Signor  mia,  fatevi  rjui  dietro,  cbè 
io  vo' chiamarla,  e  con  bel  modo  vi  &rù  comparire: 
che  forse  oggi  otlFrretc  il  desiderio  vostro. 

J/nm.Deb,  Bianchetta,  in  voi  sta  la  salute  e  la  vita  mia, 
e  del  resto  mi  vi  turò  conoscere  persona  gratissima. 

Bian.  Nou  vorrei  faceste  come  suol  fare  In  maggior  parte 
di  voi  altri  giovani,  cbe  sete  lu-ghi  di  parole,  iìnehè 
avete  l'intento,  e  poi  dite;  a  Lucca  mi  ti  parse  d' 
vedere. 

F/am.  Sapete  già,  cbe  non  son  di  quelli ,  percbè  altre  vol- 
te J' avete  turco  con  mano. 

Bian.  È  vero  cbe  io  mi  lundii  di  voi  ;  ma  noi  dico  già  per 
disegno  di  pagamento.  Dio  noi  voglia,  cbè  in  questo 
modo  sarei  ruffiana  ;  dicolo  sì  Itene ,  acciò  sappiate 
che  COSI  sì  costuiDii  oggi ,  e  cbe  meco  non  giovano 
quest'  offerte . 

Flam,  Tanto  ò  quanto  voi  dite:  e  io  vi  ringraùo  somma- 
mente. Alla  gioruuta  vedrete  che  io  corrispondo  » 
questa  vostra  amorcvolczia . 

Minn.  Non  voglio  niente,  guarda!  cbe  se  bene  averci  biso- 
gno d'  una  gonnella  di  sotto,  non  me  curo,  non  pre- 
teodo  nulla  du  voi . 


234  ISTitlGHI  D' AMORE 

Lopes .  Eccolo  qua,  Signora;  ascoltatelo,  solantnitc 

una  parola. 
Flam.  Baso  las  manos  de  V-  M.  por  mil  veies  :  sìenUendiK. 

Senoora  mia,  lus  juslissimas  caiisas,  clie  tiene  de  t» 

amarme,  però  creami  por  cierto,  que  me  ■fBdo  de 

voluntad  de  corrisponder  all'  e^^ensivos  amom,  (jne 

V.  M.  me  bu  querido  sìeiupre;  me  alTido  w  l>  dtnw> 

Btracion  por  ver  corno  persislia  ne  la  iìrineiB  de  nù 

amores,  y  ja  que.... 
Eri.  Y  ya  que.  Non  bisogna  passar  più  isnarui,  chÈ  fi* 

oggi  è  stato  a  voi,  adesso  stari  a  me  :  sodate  per  lì 

fatti  TOstri. 
JVa/)i. £scuchame,Scnnoramia,dos  otras  palabras.V..lt 

non  Gar^  lumada  da  todos  la  crudel  Ersilia,  qae  ardi 

y  qtte  ma  los  ombres  affecionados? 
j&j.  Quel  che  si  diceva  dtvoì^  mentre  mi  lòstecrudetti 

queir  istes.so  mi  contento  si  dica  di  me  oggi  • 
£ti^n, Eli,  Signora  Ersilia,  lasciate  questa  ostinaKÌoncinal 

perdete  la  sorte  clie  vi  viene  in  casa. 
Ers.  Se  io  non  considerassi ,  che  ho  hisogno  di  voi ,  ^ 

persuadere  colui  a  chi  novamente  ho  dato  Ìl  mio  cM 

re,  vi  darei  una  buona  risposta.  ] 

fian.  Dite  quel  che  volete,,  vi  djr^  scjnpre  eh'  avete  B 

l!rs.  U  torto  è  stato  pur  suo,  che  non  doveva  dispregisn 
chi  con  pura  fede  lo  serviva  ■ 

Flam.  Es  herdad  entraimas  de 

corno  à  culpado,  y  fallido  de  rodillas,  suppKco  ^  V> 
M.  que  me  1'  haga  ì\  perdonar ,  y  rccebir  &  quien  p<fl^ 
tido  de  SU9  faltes  le  promette  una  perpetua  y  lira» 
serbi  tnd . 

j^rj.  Giungesti  tardi.  Andate  in  buon' ora,  lasciatemi  slarb 

^/d ni. Espetta  onopoquitto,  por  vida  soya.  De  nvuie)^ 
que  V.  M.  quiere  che  yo  mueru? 

£rs.  Muori  ■ 

Flam.  Y  los  desis  da  veras? 

£«.  Davero. 

Flam.  Y  por  que? 

iVi. Perchè  non  posso  più  amarvi. 


ATTO  '^RIMO  2Ì1 

Flam.  Y  porqne  no  me  pnode  ornar  mas? 
JSVi.  Non  posso,  percliè  l'iimore,  die  ti  portavo  allors,  l'ho 

collocato  in  altri. 
J-'lam.  Y  qaien  es  eato  liicn  ave  n  tu  rado  ? 
Ert.  Oh!  come  sete  importuni,  toì  altri  Spagnoli. 

r^'^m.  Mi  pena!  que  cs  infinita  las  causa. 
an.  Aspettate,  Signor  Flaminio;  clii  sa,  forse  la  ruot« 
della  Fortana  sarà  rivolta  in  laTorTOstro,  e  sarete  for-  \ 

//am. Piacesse  a  Dios!  Digame,  Scnnora  mia,qni  cs  est*  1 

affccionado  di  V.  M?  qnì  sa  se  foesse  Flaminio? 
Ert.  Che  Flaminio  ,  che  Flaminio?  La  fiamma  di  colui 
se  bene  è  cocente,  non  haetcrì  mai  a  scaldarmi,  noR  | 
che  a  cuocermi . 
Ftam,  Ab  ingrata,  disleale ,  crudele,  disamorevole  Ersilìof  ' 
Ecco  che  io  non  sono  il  Capitan  Lopes,mo  l'infelice 
Flaminio,  che  vive  tra  cocentissime  fiamme.  Che  l'ho 
fatto  tu,  che  m'odj  tanto?  Qual  segno  d'amore  e  dì 
a  affezione  non  l' ho  io  mostrato  sempre?  perchè  go- 
di delle  mie  fiamme  ?  perchè  fuggi  chi  l'ama  7  perche 
dispregi  chi  t' adora?  Ahimè  !  che  non  posso  più  di- 
vinto  dal  profondo  dolore. 
ft-f.  Dunque  non  sete  il  Sig.  Lopcs?  Dunque  sete  Flami- 
nio? Ahimè!  che  io  fingeva  di  non  volerlibene  per  con- 
fermarlo tallio  più  nell'amor  mio;  m»giE)  che  sono  in- 
gannata da  voi,  mi  dolgo  che   sete  il  mìo  bene,  e  voi 
doppiamente  odio,  e  dispregio.  Andate  in  mal'ora,  che 
io  serro . 
•^lam.  Che  dici ,  Rianchclta? 

Bian.  Che  posso  dire,  se  non  che  ragionevolmente  vi  po- 
tete dolere  ?  Povero  giovane  !  Il  giusto  sdegno  gli  ha 
occupato  di  sorte  l'animo,  che  sen^a  poter  parlar  pi& 
*i  è  partito  alla  disperata.  Vo' girli  dietro.  O  donne 
ingrate!  ohe  la  colpa  è  la  vostra,  per  non  amar  chi  vi 


ATTO  SECONDO 


SCENA  PRIMA 
ALEsSANnitn  in  aitilo  d'Astrologo,  LeARDKO  sua  eraUo.  J 

^le.  Cj  vero,  Leandro,  che  la  vita  ÌDqnìPta  tua  Ì  alta 
che  una  continua  morte;  nondimeno,  considenodod 
la  Mispizionc  non  si  toglie  se  non  con  l'esperieDUM 
vedere  il  contro  dì  quel  che  l'uomo  sospetta, 
della  min  inquietudine,  e  dell!  travagli  in6mli  cWh 
potito  e  paio  a  star  tanti  mesi  fuori  di  casa 
varrai  opgi  travestito  ,  e  sotto  abito  d'astrologo,  a 
tre  considero  dovermi  quietar  la  mente  dal  Mspe 
che  ho  tenuto,  e  tengo  di  Cornelia  mia  moglie,  e  di 
Cnmmitlo  mio  servitore.  Che  se  sarU  cosi,  coinè  con- 
getturi (Inlli  segni  passati,  farò  che  da  Iiù  prend^m 
esempio  tutte  le  mogU  ad  eoser  caste,  e  da  lai  lutti  li 
servitori  ad  esser  fcdrli.  Ella  conoscerà,  che  il  nunK 
che  ha  sale  in  tncca.  sa  cuocere  li  caprìcci  delle  niofjli; 
ed  egli,  quanto  può  lo  sdegno  d'un  padrone,  che  è  stato 
cortese  verso  un  servitore,  che  se  gli  rende  in(jrBln- 
M»  quando  sarà  il  contrario,  comii  par  che  tu  mi  Tad) 
ragionando,  ella  averfi  da  uie  la  corrispondenza  di  per- 
fetto marito,  ed  egli  di  padre,  non  che  di  padrone 
amorevole.  Però,  dimmi  nn  poco  pili  per  minuto,  elie 
motivi  fece  Cornelia,  quando  intese  la  nuova  della  □■>■ 
morte,  e  che  disse